Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.

mori obinu sentenza 20160519di Aaron Pettinari - Fotogallery
La Corte ha confermato la sentenza del primo grado. Trasmessi atti alla Procura contro Ultimo e altri militari per valutare eventuale “falsa testimonianza”

Nessun colpo di scena al Processo in secondo grado contro gli ufficiali dell'arma Mario Mori e Mauro Obinu. Dopo poco più di tre giorni di camera di consiglio la Corte d'appello di Palermo, presieduta da Salvatore Di Vitale (a latere Raffaele Malizia e Gabriella Di Marco), ha confermato la sentenza di assoluzione emessa in primo grado il 17 luglio 2013, nei confronti dei due imputati, accusati di favoreggiamento del boss Bernardo Provenzano. La procura generale, rappresentata in giudizio dal procuratore Roberto Scarpinato e dal sostituto Luigi Patronaggio, aveva chiesto la condanna dei due ufficiali dell'Arma a quattro anni e mezzo di reclusione per Mori e tre anni e mezzo per Obinu.
Secondo l'accusa, nell'ottobre del 1995, pur essendo a un passo dalla cattura del padrino di Corleone, grazie alle rivelazioni del confidente Luigi Ilardo, non fecero scattare il blitz che avrebbe potuto portare all'arresto del capo mafia garantendogli un'impunità che sarebbe durata fino al 2006. La Corte d'Appello, però, ha confermato in pieno l'assoluzione con la formula "perchè non costituisce reato". Secondo questa logica, dunque, “l’omessa attivazione” di tutte le indagini e “l’omessa comunicazione” alla magistratura sarebbero quindi avvenuti senza però costituire reato. Anche perché, se l’omissione l’avesse fatta ad esempio Michele Riccio (principale accusatore dei due militari, che in quegli anni gestiva il rapporto con Ilardo), Mori e Obinu dovevano essere assolti “per non aver commesso il fatto”. Se l’omissione invece non ci fosse stata allora dovevano essere assolti “perché il fatto non sussiste”.
Da oggi scattano i 90 giorni entro i quali la corte dovrà motivare la sentenza e allora si capirà anche il motivo per cui la Corte non ha condivso la richiesta della Procura generale che, rispetto al primo grado, aveva chiesto di escludere l'aggravante dell'art. 7, cioé aver agito per favorire Cosa Nostra, ed anche l'aggravante di cui all'art. 61 n. 2 con riferimento al processo Bagarella + altri, quello sulla trattativa Stato-mafia.
Restava però la contestazione del favoreggiamento personale (art.378 comma 2 cp.) con l'aggravante di aver commesso il reato ricoprendo la funzione di ufficiali di Polizia giudiziaria (art.61 comma 9).


Se da una parte c'è stata l'assoluzione per i due ufficiali dall'altra la Corte ha anche disposto “la trasmissione alla Procura di Palermo di copia dei verbali e delle trascrizioni delle deposizioni rese da Mauro Olivieri, Francesco Randazzo, Pinuccio Calvi, Giuseppe Mangano, Roberto Longu e Sergio De Caprio (meglio noto come “Ultimo”), per valutare l'eventuale sussistenza del reato di falsa testimonianza”. I militari erano stati sentiti durante il dibattimento di secondo grado per riferire in merito ai fatti di Terme Vigliatore, con la mancata cattura del boss Benedetto Santapaola ed un assurdo inseguimento, svolto da parte degli uomini del Ros del capitano Sergio De Caprio, conclusosi con una sparatoria che per poco non uccideva il giovane Fortunato Giacomo Imbesi, scambiato per il latitante Pietro Aglieri.
La lettura del dispositivo è avvenuto in un clima surreale, alla presenza di ogni organo di informazione possibile (mai così presenti durante l'intero processo di secondo grado durato circa due anni). Né Mori, né Obinu erano presenti al momento della lettura della sentenza e sono stati informati dell'esito telefonicamente dall'avvocato Basilio Milio. Dopo la conferma dell'assoluzione il procuratore generale Roberto Scarpinato e il sostituto pg Luigi Patronaggio non hanno voluto rilasciare alcuna dichiarazione e si sono subito allontanati dall'aula bunker del carcere Pagliarelli di Palermo evitando di parlare con i giornalisti.
Tra il pubblico vi era anche Vincenzo Agostino, il padre del poliziotto ucciso il 5 agosto 1989 assieme alla moglie, incinta, Ida. Il suo volto era particolarmente deluso mentre usciva dall'aula. “La legge non è uguale per tutti. Lo Stato non vuole processare se stesso - ha commentato - Ci sono certi soggetti che sono intoccabili, come i politici, e cane non morde cane. Sono dei graduati e non pagano mai il conto, gli unici a pagare sono gli 'scassapagghiarì (i poveracci ndr). Quelli che hanno fatto davvero del male all'Italia non pagheranno mai".

ARTICOLI CORRELATI

Mancato arresto Provenzano: non costituisce reato
di Salvatore Borsellino

Processo d'appello Mori-Obinu, si attende la sentenza

Processo Mori-Obinu: Ultimo round?

Processo d’appello Mori-Obinu, ex carabiniere Longu: “A Terme Vigliatore per ricognizioni”


L’ex maresciallo Scibilia al processo Mori: l’arte di negare e non ricordare

Randazzo: “Non ho visto nessuno che scappava. Non ho fatto nessuna perquisizione”

Processo Mori: onestà, logica e coerenza nella deposizione di Riccio

Sentenza Mori-Obinu: quando il “virtuosismo” giuridico fa a pezzi la verità

Processo Mori-Obinu, chiesta la condanna per favoreggiamento

ANTIMAFIADuemila
Associazione Culturale Falcone e Borsellino
Via Molino I°, 1824 - 63811 Sant'Elpidio a Mare (FM) - P. iva 01734340449
Testata giornalistica iscritta presso il Tribunale di Fermo n.032000 del 15/03/2000
Privacy e Cookie policy

Stock Photos provided by our partner Depositphotos