Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.

scarpinato eff c giorgio barbagallodi AMDuemila
L'analisi amara del pg di Palermo, intervistato da Il Fatto Quotidiano

“Chi conosce la storia italiana sa che la corruzione è una componente stabile della costituzione materiale del Paese. Dallo scandalo della Banca Romana del 1893 a oggi, viviamo in un’eterna Tangentopoli. Le vicende di oggi sono la replica, mutatis mutandis, di quelle di ieri e dell’altroieri, anche nei loro esiti finali di sostanziale impunità”. E’ così che il procuratore generale di Palermo, Roberto Scarpinato, interviene nel dibattito sulla giustizia in Italia che si è creato dopo le recenti parole del presidente dell’Anm Piercamillo Davigo. Intervistato dal direttore de Il Fatto Quotidiano, Marco Travaglio, Scarpinato ripercorre alcuni punti cruciali, rimarcando che in Italia “il numero di colletti bianchi oggi in carcere per espiare la pena è irrilevante come ai tempi dell’Italia monarchica e di quella fascista”. Rispetto al passato però, specie dopo le grandi inchieste sui rapporti tra criminalità e potere, “il sistema, dopo lo choc dei primi anni 90, ha prodotto una serie di riforme che nella sostanza hanno ridotto ai minimi termini il rischio e il costo penale per la maggior parte dei reati tipici dei colletti bianchi”.
Scarpinato sottolinea come da quando l’Italia è entrata nell’euro la corruzione “viene finanziata tagliando i servizi dello Stato sociale”. “Sessanta o più miliardi di euro all’anno di corruzione - dice -, più almeno 120 miliardi di evasione fiscale sono un colpo al cuore del Welfare, in una fase storica di recessione e dopo l’introduzione nella Costituzione dell’obbligo di pareggio del bilancio”. E per equilibrare gli scompensi, anziché tagliare drasticamente corruzione ed evasione si cerca di compensare con i tagli allo Stato sociale.

La corruzione e lo smantellamento dello Stato sociale
“Il paradosso - secondo il pg - è che più la corruzione si diffonde e si rivela irrefrenabile, più fa il gioco di chi è interessato ad accelerare lo smantellamento dello Stato sociale, alimentando nei cittadini la convinzione che tutto ciò che è pubblico è corrotto e inefficiente. Dunque l’unica soluzione è di privatizzare tutti i servizi sociali, dalla sanità all’acqua pubblica alla scuola… Negli Stati Uniti le privatizzazioni della sanità, della scuola, dello stesso circuito carcerario si sono rivelate una fonte di inesauribile guadagno per potenti lobby a spese dei cittadini, costretti a subire impotenti la lievitazione dei costi”.
Scarpinato evidenzia come in favore della corruzione vi sia un rapporto costi-benefici sbilanciato che ne favorisce la diffusione.
Quindi punta il dito contro la prescrizione, a cui nessuno rinuncia e che viene spesso spacciata per assoluzione, che “garantisce ai corrotti la possibilità di sottrarre tutti gli anni in cui sono riusciti a non farsi scoprire, dal tempo totale concesso ai magistrati per indagare e arrivare a sentenza definitiva dopo ben tre gradi di giudizio”. Quindi indica anche la soluzione prevedendo una prescrizione che “partisse non da quando ho commesso il reato, ma da quando l’hanno scoperto. O si arrestasse al momento della richiesta di rinvio a giudizio”.

Corruzione e criminalità organizzata
Alla domanda su “cosa farebbe se fosse al governo?” il magistrato palermitano risponde con sicurezza che prenderebbe atto “che oggi la corruzione è una forma di criminalità organizzata e un’autentica emergenza nazionale. E adotterei la stessa strategia vincente che è stata utilizzata contro la mafia: alzare il rischio e il costo penale con strumenti ad hoc. Se in questi vent’anni noi magistrati avessimo dovuto contrastare la mafia con gli stessi strumenti che abbiamo a disposizione contro la corruzione, lo Stato avrebbe perduto da tempo la sua battaglia”. Le armi da adottare? Il regime normativo delle intercettazioni previsto per i reati di mafia, l’introduzione della figura dell’agente provocatore, dell’infiltrato, o agente sotto copertura “che ha dato risultati nella lotta al traffico di droga” e poi ancora “inserire i reati contro la Pubblica amministrazione nello speciale elenco previsto dall’articolo 157 del Codice penale che prevede il raddoppio dei termini di prescrizione per alcuni reati ritenuti di particolare gravità”.

Secondo Scarpinato “siamo in una fase storica molto preoccupante: stiamo passando dalle istituzioni rappresentative a quelle elitarie. C’è una progressiva concentrazione del potere in poche mani e, di conseguenza, il forte pericolo che venga disinnescato il sistema dei bilanciamenti e dei controlli reciproci tra i poteri”. Ed infine conclude con pessimismo: “Il ‘gioco grande’, come lo chiamava Falcone, si è fatto molto più complesso rispetto al passato e si conduce al di fuori della visibilità della gente comune: fuori dai luoghi della rappresentanza e dentro circuiti elitari sempre più sovranazionali… In questi mesi, tutto è ancora in gioco. Ma, se poi questa transizione dovesse compiersi, temo che il peggio debba ancora arrivare”.

Foto © Giorgio Barbagallo

ANTIMAFIADuemila
Associazione Culturale Falcone e Borsellino
Via Molino I°, 1824 - 63811 Sant'Elpidio a Mare (FM) - P. iva 01734340449
Testata giornalistica iscritta presso il Tribunale di Fermo n.032000 del 15/03/2000
Privacy e Cookie policy

Stock Photos provided by our partner Depositphotos