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cutro ignazio che tempo che fadi Francesca Mondin
Il Ministero dell’Interno resta in silenzio

“Dopo il silenzio da parte del ministero dell'Interno non mi resta che darmi fuoco” il testimone di giustizia Ignazio Cutrò rinnova con maggior decisione, disperazione e amarezza la volontà di arrivare ad un gesto tanto estremo per denunciare e mettere fine al suo martirio da testimoni di giustizia. “Non sono un perdente nè tanto meno un codardo, ma mi hanno tolto tutto - scrive - mi hanno tolto la speranza di essere un imprenditore libero, di lavorare nella mia terra e dare ai miei figli un futuro migliore”.
L’ex imprenditore di Bivona aveva minacciato di darsi fuoco lo scorso 18 marzo perché strozzato da banche e Serit. In suo sostegno erano intervenuti il deputato del Pd Giuseppe Lumia e il coordinatore dei V Comitato della Commissione Antimafia Davide Mattiello. Dopo l’appello di don Luigi Ciotti, fondatore di Libera dal palco del 21 marzo anche la CGIL aveva scritto al Ministero dell'Interno. Ma la Commissione centrale, incaricata di tutelare i testimoni di giustizia ad oggi, non si è ancora espressa, nemmeno con un commento di solidarietà nei confronti di Cutrò. A questo punto il testimone di giustizia, stanco di attendere le interminabili risposte del Ministero, vuole lanciare l’ultimo segno (mortale) di protesta giovedì pomeriggio alle 15.30 davanti al monumento delle vittime di mafia. "Mi hanno fatto pagare per le mie proteste - scrive ancora - per la nascita dell'Associazione nazionale dei testimoni di giustizia, per aver dato voce ai miei fratelli testimoni di giustizia. Mi hanno rubato il sogno che avevo fin da piccolo di diventare un imprenditore libero. Io sono fiero di essere siciliano e difendo la mia terra. Noi testimoni di giustizia siamo morti che camminiamo: la mafia non dimentica".
“Non posso vivere con un coltello puntato nella gola, vivere una vita che non è vita - spiega Cutrò disperato - il fondo è stato toccato quando hanno deciso di farmi chiudere non applicando le perizie”. Tra il 2011 e il 2012 infatti un perito statale, incaricato dal Viminale aveva steso due perizie che mettevano nero su bianco che tutti i danni contro l’azienda Cutrò derivavano dalla sua scelta di testimoniare contro la mafia. Nelle perizie inoltre si evidenziava la necessità di un intervento urgente per aiutare il testimone di giustizia. Intervento che, secondo quanto riportato da Cutrò non arrivò mai e che se attuato gli avrebbe permesso di non chiudere l’azienda più di un anno fà.

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