di Aaron Pettinari
Lo scorso settembre, quando il Gup Marina Petruzzella ha rinviato il processo ad oggi aveva colto di sorpresa in molti, dai pm, agli avvocati, passando per i giornalisti, ed i cittadini che erano presenti per conoscere la decisione del giudice in merito se condannare od assolvere l’ex ministro della Dc Calogero Mannino, imputato in abbreviato al processo trattativa Stato-mafia. L’accusa è nota, ovvero violenza o minaccia ad un corpo politico dello Stato (reato disciplinato dagli articoli 338 e 339 del codice penale).
Non è dato sapere quel che accadrà all’udienza odierna. Quel che è certo è che i pm non prenderanno la parola per le repliche in quanto il 30 settembre scorso lo stesso procuratore aggiunto Vittorio Teresi (rappresentante dell’accusa con i pm Nino Di Matteo, Francesco Del Bene e Roberto Tartaglia) ha già annunciato che “non vi è nulla da aggiungere rispetto alle conclusioni discusse in precedenza”.
Secondo l’accusa “Mannino si inserisce come ispiratore di atteggiamento nella violenza e minaccia di Cosa nostra per deviare le attività nei pubblici poteri” e pertanto è stata richiesta “una condanna di tredici anni e sei mesi di reclusione che ridotta per l’abbreviato diventa di nove anni di reclusione e pene accessorie previste dalla legge”.
Secondo i pm, "non vi sono dubbi sulla comprovata responsabilità dell'imputato": Mannino sarebbe "istigatore e ispiratore principale del contatto tra Mori, De Donno, e Cosa nostra perchè si riuscisse a evitare in qualche modo che la mafia lo ammazzasse". Salvo ulteriori sorprese, che a questo punto è impossibile escludere, oggi il Gup entrerà in camera di consiglio.
In attesa della sentenza riproponiamo ai nostri lettori l’articolo pubblicato sulla nostra rivista cartacea in cui si ripercorre la requisitoria dei pm Vittorio Teresi e Roberto Tartaglia dove si vengono ricostruiti i fatti di quegli anni terribili che hanno visto Cosa nostra protagonista di stragi ed attentati.
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