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di Jorge Figueredo - 21 ottobre 2015
Una piazza "è un spazio urbano pubblico, ampio e all’aperto, che ospita normalmente una vasta varietà di attività. Ce ne sono di ogni forma e grandezza, costruite in ogni epoca, ma non esiste città al mondo che non abbia la sua piazza".   

La storia paraguaiana, sudamericana, ma anche mondiale, è ricca di avvenimenti storici che hanno dato nome ad una piazza. Alcune ad esempio, portano il nome di eroi che si sono distinti per le loro gesta.

La grande manifestazione pubblica dello scorso 16 ottobre a Curuguaty per reclamare giustizia, nella ricorrenza del primo anniversario dell'assassinio del giornalista Pablo Medina e della sua assistente Antonia Almada, per mano dei sicari del narcotraffico al servizio della mafia, si è svolta appunto in una piazza:   Cap. Troche y sus 34 Curuguateños, dedicata al giovane ‘curuguateño’ capitano Mauricio José Troche, uno dei padri dell'indipendenza. Nel 1811 ebbe un ruolo decisivo nella rivoluzione in Paraguay, mentre stava rischiando di spegnersi, prese il comando della Caserma di Plaza de Asunción che costituiva il principale centro di appoggio del governo spagnolo.

medina nikon

La Plaza del Congreso fu teatro del cosiddetto Marzo Paraguaiano, che scaturì dai gravi fatti del 23 marzo 1999, quando venne ucciso il vicepresidente Luis María Argaña, e durante il quale furono assassinati otto giovani e centinaia di persone ferite. La Piazza fu anche fonte d’ispirazione per il giornalista e scrittore Andrés Colman Gutiérrez che scrisse il romanzo "El País en una Plaza. La novela del Marzo Paraguaiano” (Il Paese in una Piazza. Il romanzo del Marzo Paraguaiano).

Anche la grande mobilitazione cittadina del 18 novembre 2014 ad Asunción, ad un mese della morte di Pablo Medina, per chiedere giustizia per la sua morte e per quella di tutti i giornalisti uccisi dalla narco politica, fu celebrata nella Plaza de la Democracia. Una Piazza che ha sempre ospitato, dopo l’istaurazione della democrazia nel paese, incontri di diverse organizzazioni sociali, civili e politiche che hanno manifestato contro la corruzione e il crimine organizzato, rivendicando una migliore e più equa qualità della vita.


E proprio il 16 ottobre di quest’anno, durante la manifestazione realizzata a Curuguaty in memoria di Pablo Medina ed Antonia Almada, ad un anno esatto della loro morte, la Giunta Municipale di Curuguaty ha deciso di dedicare la piazza del quartiere industriale a Pablo Medina Velásquez. Il documento ufficiale è stato letto di fronte a tutti i presenti con grande soddisfazione di tutti i giornalisti antimafia presenti dell'Uruguay, Argentina e Paraguay. Una piazza che si presenta emblematica per il futuro del Paraguay.

Una piazza che si  presenta emblematica per il futuro del Paraguay.
Potrà ospitare grandi manifestazioni e incontri contro il crimine organizzato e la mafia, così come le festività storiche e religiose.  

Una piazza che accoglierà gli ideali e lo spirito di Pablo: giornalista, umanista, ecologista, amante della verità, della giustizia, della libertà e soprattutto dell'amore per la vita.   

Non sarà un palazzo di giustizia di pietre fredde, un mausoleo inerte contenenti ossa e polvere, questa piazza sarà vitale e attiva, circondata da un'esuberante bellezza naturale, un simbolo della lotta contro la mafia dove un martire ha sacrificato la sua vita per la Giustizia, per tutti noi, per le future generazioni. Sarà la piazza di Pablo, la piazza di una nuova civiltà che risorgerà dalle ceneri della vecchia umanità violenta, assassina e criminale. Questa sarà la piazza dove prevarrà la giustizia, la pace e l'amore come Pablo aveva anticipato con il suo esempio di vita.



Pablo Medina, l'eroe di Cartes
di Jean Georges Almendras - 18 ottobre 2015

Sono trascorsi trecento sessanta cinque giorni da quando una raffica di piombo mise fine alla vita del giornalista Pablo Medina e della sua assistente Antonia Almada. Mentre i sicari sono ancora latitanti ed il mandante si trova dietro le sbarre in Brasile, la commemorazione per rendere omaggio ai caduti ha investito le città di Asunción e di Curuguaty, ed il luogo stesso dove cadde il sangue dei giornalisti.

La ferma ed insistente partecipazione popolare nel reclamare giustizia si è manifestata con tale veemenza che dal governo di Horacio Cartes si sono adoperati ad "accompagnare" e rimarcare l'appoggio alla causa contro l’omicidio di Pablo Medina.Come ha scritto il giornale ABC Color: "Attraverso un comunicato, il presidente della Repubblica Horacio Cartes ha ricordato come un eroe il giornalista Pablo Medina. Cartes ha espresso la sua solidarietà alla famiglia e gli amici dei due scomparsi e si è poi rivolto ai giornalisti dando loro degli eroi. Idealizziamo nella persona di Pablo l’impegno di tutti i giornalisti che lottano per trovare delle informazioni che rivelino la verità dei fatti. Questi eroi della stampa sono indispensabili per costruire un paese migliore, decente e più trasparente. Ha anche sottolineato che la trasparenza è uno dei capisaldi non negoziabili della sua amministrazione, e ha evidenziato il lavoro svolto sotto il suo mandato per far luce sulla morte dei colleghi".
Ma che questa solidarietà istituzionale sia ancora una volta una mossa per mantenere intatta l'immagine del governo? Un'immagine che d'altra parte risulta ormai sufficientemente deteriorata da ogni angolo, sia all’interno che all’esterno del territorio nazionale?
"In seguito ha detto che il desiderio del suo mandato (di Cartes) - si legge ancora in ABC Color - è che la stampa lavori in libertà nel Paraguay, prendendo l’impegno di trovare delle strategie che permettano ai professionisti della comunicazione una migliore e maggiore protezione per compiere le loro rispettive funzioni".


Perché il presidente Cartes si ricorda della stampa libera in Paraguay solo un anno dopo il duplice omicidio avvenuto a Villa Ygatimi? Potrebbe spingersi così tanto il cinismo di un governante? L’impegno di fornire una maggiore protezione ai giornalisti, non è forse un argomento rimandato sia durante l'amministrazione Cartes, sia durante quelle che lo hanno preceduto? Era necessaria la morte di Pablo Medina affinché Cartes si decidesse a lavorare in questo senso? Era necessario che trascorressi un anno dalla sua morte affinché l’alta carica dello stato parlasse di Medina come eroe? Paolo non era forse fastidioso per gli interessi comuni dei politici corrotti e del narcotraffico?

Ma lasciando da parte questi punti interrogativi per qualche secondo, ci sono dei fatti concreti che sembrano contrastare il concetto di eroismo del presidente Cartes.
Ad un anno dalla pazzesca e poco strategica decisione di Vilmar "Neneco" Acosta di dare l’ordine di ammazzare il giornalista, per una sorta di vendetta cittadina, la società paraguaiana continua a rovesciare lacrime e segue attenta l’evoluzione degli avvenimenti.
La situazione ad oggi è la seguente: il mandante del doppio crimine attende nel carcere in Brasile la sua estradizione (mentre i suoi avvocati, disperati, ricorrono all'uso di nuove mosse per ritardarla); gli autori materiali dell'attentato - Wilson e Flavio Acosta – sono ancora latitanti; e l'impunità continua ad essere un fantasma che girovaga lungo le strade di terra colorata del Paraguay.

Per tutto l’anno il giornalismo paraguaiano, con protagonisti i colleghi di Pablo Medina, di ABC Color, dove lavorò per circa 16 anni, ha smosso le acque dell'indignazione e delle rivendicazioni dei cittadini, affinché fosse fatta giustizia. La mobilitazione non ha dato respiro, ed ha avuto eco anche nei media internazionali, (ed ovviamente ha coinvolto anche noi, perché Pablo faceva parte della nostra redazione e ci univa un legame di affetto). La famiglia Medina a gennaio ha avuto un lutto con l’amara perdita di Angela Velázques, madre di Pablo Medina, venuta a mancare prima di vedere la cattura dell’ex sindaco "Neneco" Acosta, ma risparmiandosi la ridicola farsa dell’Acosta nel tentativo di attestare che è cittadino brasiliano, e così impedire il suo trasferimento ad Asunción per essere giudicato.
Avvicinandosi la data del 16 ottobre 2015 sembrava che i dadi sulla sorte di Acosta fossero stati tratti, considerando che a inizio mese era stata ratificata la sua estradizione in Paraguay dal massimo organo giudiziario del Brasile, ma arrivato il giorno del primo anniversario, non c’è traccia degli assassini, e tanto meno della tanto menzionata ed annunciata estradizione.  
Negli atti di commemorazione per la morte di Pablo Medina ed Antonia Almada non sono state risparmiate energiche espressioni contro il potere politico e lo stesso Cartes.
Nel corso della commemorazione nella città di Curuguaty, organizzato da AntimafiaDosMil  e dalla famiglia di Pablo, Olga Bianconi, moglie del giornalista, ha detto: “Questo profondo dolore che ha colpito la nostra famiglia…  siamo senza Pablo, siamo ancora senza giustizia in Paraguay e chiedo insieme ai miei due figli che ci sia giustizia, chiediamo al Governo che ci sia Giustizia".

Anche a Curuguaty il senatore liberale Luis Alberto Wagner ha detto: "Noi, della Commissione Bicamerale di Investigazione, che si occupa delle indagini del caso, ci siamo incontrati con il Procuratore generale che è al comando della squadra di investigazione. Gli abbiamo mostrato chi sono i protettori della mafia e ci hanno detto che ci manca un pubblico ministero per l'investigazione. Neneco non è solo, fa parte di una rete di delinquenti del narcotraffico, del traffico di legname, di tutto il crimine organizzato".
Wagner, ricordando una recente visita di Cartes a Salto del Guairá, per partecipare ad un atto con la deputata Cristina Villalba, madrina di Vilmar "Neneco" Acosta, ha aggiunto: "Il Presidente della Repubblica si abbraccia con i principali sospettati che devono essere indagati per favoreggiamento alla mafia".
Uno dei dirigenti di ABC Color, Magdalena Benitez, durante l'evento realizzato sul posto teatro dell’agguato mortale, dove è stata depositata una placca in loro memoria, ha detto: "Prima o poi, i protettori, i padrini di Vilmar Acosta saranno smascherati di fronte alla Giustizia".

Tutti i Consiglieri municipali della città di Curuguaty (eccetto due, Agustín Pio Ramírez, imputato per presunta deforestazione e Julio Colman, investigato per presunta corruzione), hanno approvato che una piazza, sita nel quartiere Industriale, porti il nome del giornalista Pablo Medina.Durante il rito religioso che si è svolto all’ingresso del giornale ABC Color, ad  Asunción, i sacerdoti Pedro Simón e Humberto Villalba hanno coinciso nell’affermare che: “Da sempre, sin dall’inizio dei tempi, si è cercato di ammazzare ed occultare la verità. Il giornalista ed il giornalismo sono quelli che si impegnano sempre affinché la verità venga alla luce, che la verità sia una verità viva. Per questo motivo abbiamo la certezza che Pablo sta godendo di quella verità".
Nello stesso evento, Rafael Montiel, corrispondente di ABC Color a Missiones, è stato molto più diretto: "Pablo Medina, un uomo onesto, giusto, coraggioso, ebbe il coraggio di affrontare il crimine organizzato che aveva sottomesso la sua terra di Curuguaty e tutto il dipartimento di Canindeyú. Pablo Medina diede la sua vita, diede il suo sangue, irrigò la terra per poter mettere a nudo la mafia istituzionalizzata".

Non basterebbero le parole trasmettere il vuoto che ci avvolge tutti, dopo la perdita di un uomo che in tutta la sua esistenza, come padre di famiglia e giornalista, ha seminato stima ed eroismo. Non sarebbero sufficienti tutti i titoli dei media nazionali per definire Pablo Medina eroe sin dal momento stesso in cui si fece carico del compito di informare.  A noi è chiaro perché il Presidente Cartes, niente meno che il capo di Stato, ha impiegato un anno per riconoscerlo come tale. Pazienza. Ci sarà un motivo.



I sentipensanti
Terra rosso sangue
d
i Erika Pais - 17 ottobre 2015
Esistono Esseri umani Pensanti, Esseri umani Senzienti, e poi gli Esseri umani Sentipensanti.  
E di questi ultimi ce ne sono molto pochi.  
I Sentipensanti sono quelli che tendono ponti quando gli altri si aggirano lungo le rive dei fiumi. Sono quelli che costruiscono strade dove altri mettono pietre, quelli che risanano emozioni dove gli altri le distruggono.  
Sono quelli che continueranno a combattere quando la guerra sembra persa, utilizzando la loro ultima pallottola per steccare la piccola zampa di qualche uccellino ferito.  
Sono coloro che scoprono i colori nei sapori, che il silenzio ha dei suoni melodiosi e che gli odori trasformano gli spiriti.  
Sono coloro che si fermano ad ammirare un tramonto del sole, mentre scrivono contro il potere che imprigiona la società, o scavano un pozzo dove pianteranno un albero da frutto.  
Sono coloro che irrimediabilmente ed assolutamente resteranno a fianco degli intellettuali giusti, dei contadini poveri ed onesti, della società martirizzata dal sistema, e dei magistrati o giornalisti che impugnano la loro penna contro la mafia.  
Esattamente un anno fa in Paraguay, vicino alla frontiera con il Brasile a Villa Ygatimí, furono assassinati il giornalista Pablo Medina e la sua giovane assistente Antonia Almada.  
Pablo Medina era un sentipensante che aveva fatto della sua professione di giornalista un’arma letale contro le bande di narcotrafficanti e di politici sfacciatamente corrotti che succhiano il sangue di giovani e contadini che abitano nella regione. Da dove inondano l’intero pianeta di marijuana, morte e distruzione.  
Un giornalista del giornale ABC Color paraguaiano, che si era guadagnato il rispetto e l'amicizia di tutta la redazione di Antimafiadosmil, per il quale scriveva dalle terre rosse e dimenticate di Curuguaty.
Un sentipensante al quale avevano già ucciso due fratelli.  
Un giornalista che amava se stesso meno che la sua professione e la sua condizione di uomo libero. Perché consapevole che la terra sulla quale camminava era rosso sangue e che l'aroma che respirava nella sua amata regione era l'odore della morte, del traffico di droghe e speranze.  
Ed era disposto a combatterlo.  
Era disposto a tendere un ponte, a costruire una strada ed a risanare le emozioni distrutte. "Siamo consapevoli di assumere una posizione che ha i suoi rischi. Ma anche una vita opaca è rischiosa. E correre dei rischi per la libertà è qualcosa che ha del sublime. Ed è proprio perché aneliamo ad essere migliori, perché desideriamo trascendere, perché cerchiamo quel qualcosa in più che stimola, muove e motiva i passi avanti ed i traguardi raggiunti, che ci lanciamo in questa sorta di crociata". Così era il nostro collega Pablo Medina ed in onore alla sua persona, cingendoci attorno alla sua trascendenza, un gruppo di collaboratori e giornalisti di Aantimafiadosmil ha viaggiato fino alla sua bella e martirizzata terra di Curuguaty, per il primo anniversario della sua uccisione a sangue freddo per mano di sicari del clan Acosta, eseguendo l'ordine del sindaco di Ypejú, Wilmar Acosta Marquez.  
Dopo un anno ci ritrovavamo sul posto dove la libertà di espressione era stata falciata e dove il colore rosso del sangue si era mischiato con quello della terra.  
Appena entrati in quella mini città costruita in mezzo alla foresta paraguaiana, erano subito percepibili quei sentori che la identificano come "zona narcos". Hotel che abbelliscono le strade e molte, troppe e lussuose istituzioni bancarie.  
Un contrasto molto forte con le umili case ed i poveri contadini che lì vi abitano.
È esageratamente evidente che non sono loro a mettere il denaro in quelle banche, né alloggiano in quegli hotel.  
Non è necessario avere fatto un corso avanzato nella scuola di polizia per capire che qualcosa sta succedendo nella città di Curuguaty e zone confinanti.

FOTOGALLERY © Raúl González, ABC Color


L'impunità veste i suoi abiti migliori, costruisce piste clandestine tra i campi di marijuana e sottomette il popolo, organizza feste in nome del potere e uccide giornalisti.  
L'impunità uccise il nostro Pablo Medina.  
Con autorità morale siamo scesi dai nostri veicoli sotto gli attenti sguardi dei curiosi e non, che si avvicinavano ad osservarci.  
Abbiamo scaricato i nostri bagagli e ci siamo diretti all’hotel dove avremo  alloggiato.  
Lo stesso hotel che l'anno scorso dovette essere sloggiato dai giornalisti che erano sul posto per dei servizi sull'assassinio di Pablo.  
Ai narcos non era andata a genio la loro presenza e li avevano invitati molto "educatamente" a ritirarsi.  
In quell'occasione i giornalisti abbandonarono l’hotel.  
Questa volta noi avevamo deciso che non avremo fatto lo stesso per nessuna ragione.  
Tra qualche chiacchierata e riunioni, sempre sotto l’occhio vigile di qualche personaggio, che evidentemente aveva il compito di controllarci, abbiamo fatto il punto della situazione, e accordiamo un incontro con Gaspar Medina e Dyrsen Medina, fratello e figlia di Pablo.  
L'aria poteva davvero tagliarsi con un coltello.  
Nel’hotel c'era sempre qualcuno che sfacciatamente si sedeva lì per farsi vedere ed ascoltare tutte le nostre conversazioni e quando qualcuno di noi entrava nella hall o nel salone calava bruscamente il silenzio e tutte le persone presenti puntavano i loro sguardi su di noi.  
Ci eravamo già incontrati con la famiglia Medina, quindi era facilmente intuibile che non ci trovavamo lì per visitare i campi di marijuana, o comprare droga o negoziare macchine rubate.  
Eravamo lì per onorare la memoria del nostro sentipensante caduto.  
Esiste un filo invisibile che comunica i sentipensanti tra loro.  
Non importa le distanze, i colori, gli odori, le regioni, i climi. Quel filo attraversa il pianeta, l'universo intero, e delicatamente unisce gli uni agli altri per sempre, per l'eternità.  
Il giornalismo è una professione che rende possibile che quel filo trasparente faccia parlare i suoi sentipensanti uno stesso linguaggio.  
Ed è così che nella ‘Plaza 34 Curuguateños’, durante l'omaggio al giornalista caduto, il guaranì, l'italiano e lo spagnolo fluivano soavemente ed intonavano un inno alla Giustizia.  
Memoria e Giustizia, reclamavano i familiari ed i bambini delle 4 scuole lì presenti, i giornalisti ed i contadini.  
Qualche ora dopo ci trovavamo a viaggiare lungo un sentiero sinuoso e rosso, marcatamente rosso e verde, verso Villa Ygatimi. Tanta terra, polvere, povertà, fame ed abbandono lungo i lati della strada che per più di 8 ore abbiamo percorso con un veicolo non adatto a quella traversata.  
Enormi dislivelli, 45 gradi di temperatura, e tra il rosso sanguigno della terra ed il verde smeraldo della vegetazione selvatica paraguaiana, coglievamo sguardi di ogni sorta.  

Alcuni occhi ci guardavano divertenti ed un piccolo bambino nudo corse verso di noi al passare del nostro veicolo.  
Altri occhi ci guardavano con odio e ci puntavano contro facendo segno di avere un’arma in mano.  
Altri occhi dolci e famelici ci chiamavano i "giornalisti" dei diritti umani.  
Avanzavamo come potevamo, verso il luogo dove risuonarono gli spari che falciano vite umane, ma che regalarono al "nostro” Pablo la trascendenza reale e concreta che lui tanto amava.  
Lungo gli stessi sentieri dove hanno trovato la morte contadini che reclamavano sussidi per le loro coltivazioni, lo stesso tragitto che percorreva Pablo, sia per i suoi servizi giornalistici riguardo gli agrotossici usati nelle coltivazioni di manioca e soia, che sui traffici di armi e droga. Stavamo andando proprio lì dove il suo corpo cadde a terra.  
Com’è fatto un sentipensante?
Forse del fango rosso di quella strada, dei fiori esotici della selva paraguaiana, delle farfalle che volteggiavano attorno a noi.
Quale forza lo sprona, una ed un'altra volta a camminare, camminare e nuovamente camminare verso la sua inesorabile morte?  
Forse l'allegria di servire, forse quella di un ‘tereré’ sorseggiato nella notte sotto un manto di stelle luminose inisieme ad un vagabondo.
Cosa sogna un sentipensante?  
Forse l'allegria negli occhi di quel bambino nudo che correva al nostro incontro.  
Come piange un sentipensante?  
Forse come quel contadino con il viso segnato dal sole e dal duro lavoro, con i poveri vestiti logori, sul memoriale di Pablo ed Antonia.  
Un contadino magro e mal ridotto, ma con le lacrime da bambino ferito che scivolano sul volto, ringraziando che "dei professionisti" siano andati lì dove li ammazzano a colpi di pistola o per fame. Rivendicando con rabbia, nel suo guaranì nativo, che ogni cosa torni al giusto posto in questo mondo.
Cosa osserva un sentipensante?  
Forse la stessa cosa che osservava quel sindaco quando ci chiese di unirci a loro per portare avanti la lotta, la sua lotta senza quartiere, contro il crimine che li imprigiona. Quando ci implorava di ritornare e di fare vedere al mondo che i paraguaiani si dissanguano come le loro terre.  
Cosa commuove un sentipensante?
Forse guardarci dall’alto, dalle nuvole del cielo tutti noi in cerchio, della mano, giornalisti, contadini, familiari, poliziotti, politici onesti, atei o credenti, recitando un Padre Nostro con le lacrime negli occhi a Villa Ygatimi, dove il suo corpo è ormai una cosa sola con la terra.  
Cosa desidera un sentipensante?  
Forse che siamo sempre di più.



Grazie, Pablo
Il ricordo di Pablo Medina, giornalista paraguaiano ucciso il 16 ottobre 2014

di Giorgio Bongiovanni - 16 ottobre 2015
Un anno fa Pablo Medina, giornalista di Asunciòn (Paraguay) ma anche collega ed amico personale, veniva ucciso da numerosi colpi di arma da fuoco insieme alla giovane assistente Antonia Almada. In ricordo del suo coraggio, della sua fermezza nel portare avanti inchieste scottanti su mafia, politica e narcotraffico, pubblichiamo la lettera di Francesca Panfili, che ha preso parte alla manifestazione in Paraguay per chiedere verità e giustizia sull’assassinio del giornalista.


Caro Pablo,
è trascorso un anno da quando il tuo corpo ha lasciato questo pianeta. É trascorso un anno da quando abbiamo assistito al pianto di un uomo che ci ha parlato di te, ci ha raccontato la tua storia, ci ha fatto sognare le tue idee e ci ha fatto anelare al tuo esempio.
medina pablo alberiCaro Pablo, non ti ho potuto conoscere personalmente ma ho conosciuto la tua opera di verità e di giustizia portata avanti nella terra rossa paraguayana. Ti ho conosciuto nel volto della tua coraggiosissima figlia che dopo la tua morte ha ereditato una nuova famiglia che la ama e la sostiene ed un padre ed una madre che attraverso il loro esempio sanno donarle amore e speranza nonostante la tua mancanza. Una figlia meravigliosa che ha saputo gridare con forza contro i tuoi assassini ed iniziare una battaglia di denuncia e verità per sostenere le tue idee e combattere contro chi le ha volute uccidere.
È passato quasi un anno da quando sono stata in Paraguay ed ancora non sono riuscita a scrivere bene quello che ho vissuto attraverso il tuo sacrificio… Volti, parole, grida, occhi profondi, velocità,  lotta, odore di morte, un paradigma di vita che si scioglie tra le vie dell'asfalto caldo di ottobre-novembre e la cappa del cielo in quell'ambiente in cui il tempo scorre diverso, ritmato da una vibrazione di fondo che qui non capiremmo.
Dentro di me il tuo ricordo in questo anno trascorso veloce ed intenso c’è sempre stato. I tuoi occhi hanno accompagnato le mie giornate. Il tuo esempio mi è stato di conforto e di sprone per lottare. Ed è proprio su questa lotta che ho riflettuto. È proprio su questa battaglia, su questa crociata come tu l’hai definita, che mi sono interrogata perché tu con il tuo esempio ci hai educati ad agire in prima linea, lontani dagli slogan e dalla comodità di una sedia. Tu ci hai spinto a predicare giustizia e verità per le strade assolate di Asunción; tu ci hai permesso di sentirci utili, adatti al compito a cui la vita ci chiama. Tu mi hai aiutato a vincere tante paure e debolezze, ad avere il coraggio di parlare alla gente della tua vita e della tua morte trovando le parole e i gesti per farlo.
Il tuo sacrificio è stato un grandissimo insegnamento per tutti noi giovani del pianeta Terra, che vogliamo difendere chi come te ha dato tutto per un ideale di giustizia e verità, che vogliamo lottare in ogni modo al fianco dei giusti, che ci sentiamo inadeguati in questa società, schiacciati dai vincoli del male, dai suoi tentacoli, da questa materia oscura che ci opprime. Uomini come te per noi sono una speranza, sono la resistenza incarnata, rappresentano la rivoluzione, la sfida al potere colluso ed assassino che deve essere ribaltato; sono la nostra arma e la nostra certezza di vincere questa lotta, costi quel che costi, sono la certezza della rivoluzione permanente che oltrepassa i confini degli Stati ed unisce gli Uomini di Buona Volontà che indipendentemente dal loro credo abbracciano un ideale di vita superiore e lo incarnano.
Voglio dirti grazie dal profondo del mio cuore!
Grazie perché attraverso il pianto e le grida di dolore e di giustizia che Giorgio Bongiovanni ha avuto quando ci ha raccontato di te, ho potuto intuire di più la portata del tuo sacrificio, cosa significa andare avanti nella verità, avere coraggio in un posto in cui tutto ti è contrario, in uno di quei luoghi bui del mondo dove si ha sempre l'impressione che nulla scorre eppure da un momento all'altro tutto può accadere. Un luogo in cui la vita e la morte si fondono nello stesso attimo di eternità.
Voglio ringraziarti per il tuo sacrificio, che noi non capiremo mai abbastanza, condizionati come siamo dal non metterci mai veramente nei panni degli altri, condizionati dal vivere i fatti come fossero esterni a noi, mentre in realtà tutto ciò che accade in questo mondo, direttamente o indirettamente ci riguarda.
Grazie per essere nostro fratello!
Ti chiedo scusa per non aver conosciuto la tua vita prima della tua morte, per non averti sostenuto prima del tuo sacrificio quando tu, nel silenzio della tua terra, ad ogni ora cercavi freneticamente prove ed indizi; quando tu lavoravi nel buio della notte per cercare la verità e neppure il sonno ti distoglieva dalla tua missione. Ti chiedo perdono se anche per un solo istante ci eravamo dimenticati di te, presi dalle nostre piccole vite e dal nostro crederci al centro del mondo. Tu, il fratello lontano che nell’umiltà di chi è grande lottavi, silenzioso, con ogni mezzo, senza paura, senza fare rumore, tra la polvere rossa, e rischiavi ogni giorno di essere colpito, di cadere, di essere schiacciato dalle scomode verità pesanti che conoscevi e che volevi trasmettere al mondo. Ti chiedo scusa se anche solo per un istante ti sei sentito solo.
Con la tua morte ci hai aiutato a comprendere il sacrificio di Cristo, il valore della lotta, del dare tutto, viaggiando in direzione ostinata e contraria affinché qualcosa cambi in questa società alla deriva. Tu hai saputo alchimizzare il male per renderci testimoni del bene e di quello che il Padre ci chiede.
almada antonia cappelloRicordo ancora la grande manifestazione in tuo onore in Plaza de la Democracia, il rumore delle grandi automobili che sfrecciavano nel tramonto accanto alle sedie dove sedevano tua mamma, tuo papà, i tuoi fratelli, la tua amata figlia… nello stupore generale per l’assenza di un popolo che in quella piazza non c’era. Ricordo gli sguardi impauriti di chi ha voluto esserci anche col terrore di quel cancro criminale che attanaglia la tua terra ricchissima, ridotta in schiavitù dal malaffare e dall’omertà. Ricordo la dignità dei tuoi familiari nell’affrontare un dolore così grande… e grazie ai loro sguardi ho compreso che abbiamo già vinto, che Cristo ha squarciato le tenebre e ha ridestato i nostri spiriti.
Il tuo sacrificio non sarà mai vano. La tua presenza rivive negli occhi di tua figlia, negli occhi di ogni giusto che lotta ogni giorno con l’ardore e il coraggio che tu ci hai mostrato per liberare il nostro pianeta dal male e rovesciare il sistema di potere che vuole asservire interi popoli e dilaniare le nostre terre.
Chi ti ha ucciso, coloro che hanno deciso di uccidere te e la tua giovane assistente Antonia Almada, non potranno uccidere mai le tue idee, il tuo esempio, la tua vita, il tuo coraggio, la tua dedizione e costanza nella lotta contro il male.
Con te il mondo ha saputo che ancora oggi ci sono uomini che vivono per lottare contro la corruzione, costi quel che costi. Attraverso la tua vita il mondo ha potuto conoscere la situazione di ingiustizia e schiavitù sociale, culturale e politica in cui vive il popolo e i giusti del mondo possono oggi unirsi a quel popolo per chiedere giustizia.

"Entendemos que asumimos una posición que tiene sus riesgos. Pero hasta la vida intrascendente y opaca es riesgosa. Y correr riesgos por la libertad es algo que se acerca a lo sublime. Y es porque anhelamos ser mejores, porque deseamos trascender, porque buscamos ese más allá que mueve y motiva los avances y los logros, es que nos lanzamos a esta suerte de cruzada."
Pablo Medina

Grazie Pablo per il tuo sacrificio. Grazie per avermi permesso di conoscerti attraverso la tua vita e le tue idee. Ti voglio bene. Grazie, Giorgio Bongiovanni, per averci permesso di essere testimoni.
Hasta la Victoria siempre!

Francesca Panfìli



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