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csm specchio effdi Lorenzo Baldo
“Abbiamo assunto questa decisione tempestivamente perché siamo convinti della necessità di tutelare l’immagine ed il prestigio della magistratura palermitana, cui il nostro Paese tanto deve nella lotta alla mafia”, tuona la presidente della Prima Commissione del Csm Paola Balducci assieme al relatore Pierantonio Zanettin.”La credibilità della funzione giudiziaria, in un’area connotata da una pervasiva presenza della criminalità mafiosa – aggiunge la presidente Balducci – rappresenta un insostituibile baluardo a tutela della legalità”. Che succede? I componenti dell’organo di autogoverno delle toghe si sono destati dall’atavico torpore e si stanno attivando per esternare la solidarietà al pm Nino Di Matteo a seguito delle recenti rivelazioni del pentito Francesco Chiarello sbloccando definitivamente quella clamorosa bocciatura alla Dna? Assolutamente no. La scelta di aver agito “tempestivamente” riguarda il caso di quei magistrati, Silvana Saguto in testa, indagati a vario titolo per corruzione, induzione, abuso d’ufficio e violazione di segreto nello scandalo della gestione dei beni confiscati ai mafiosi. Nulla da dire, per carità. Ben vengano i provvedimenti tempestivi del Csm a riguardo.

Ma la conferma della presenza del tritolo nel palermitano destinato a Di Matteo viaggia su altre velocità. La stragrande maggioranza dei componenti del Consiglio Superiore della Magistratura, salvo rarissime eccezioni, continua a non volersi occupare dell’urgenza del caso Di Matteo utilizzando nei suoi confronti le armi più potenti: isolamento e delegittimazione. Siamo di fronte a una schiera di struzzi che nasconde la testa sotto la sabbia e aspetta di sentire il botto? A pensar male si fa peccato, ma molto spesso ci si azzecca, disse qualcuno che se ne intendeva. Come è noto la bocciatura da parte del Csm alla domanda del pm Di Matteo per la Direzione nazionale antimafia è stata appellata al Tar del Lazio. Nel ricorso presentato dai legali del magistrato si faceva esplicito riferimento ad una esclusione “umiliante” così come ad una “sistematica, algebricamente calcolata e calibrata sottovalutazione dell’ineccepibile e solidissimo profilo professionale del ricorrente”. Con la costituzione in giudizio dinanzi al Tar, il Csm non ha dato una spiegazione concreta del perché abbiano preferito dei colleghi con minore anzianità in magistratura e con minore esperienza dal punto di vista degli anni trascorsi nelle Dda rispetto a quelli che poteva vantare lo stesso Di Matteo. Nelle carte del procedimento non si è trovato alcun elemento di valutazione negativo nei suoi confronti che potesse giustificare la collocazione addirittura all’undicesimo posto della graduatoria. Dal canto suo il pm palermitano, lo scorso 2 luglio, aveva rinunciato alla richiesta avanzata al Tar del Lazio di sospendere la decisione con cui il Csm aveva bocciato la sua candidatura alla Dna per ottenere al più presto la pronuncia sul merito del suo ricorso. I suoi difensori avevano quindi presentato un’istanza, accolta dai giudici amministrativi, a cui avevano aderito anche le altre parti del giudizio. “La nostra richiesta – aveva spiegato uno degli avvocati difensori di Di Matteo, il prof. Mario Serio – è che ora si convochi presto l’udienza per la decisione sul merito, nello spazio di qualche settimana”. Ma di settimane ne sono passate orientativamente 12 e allo stato non risulta uno straccio di indicazione sul giorno nel quale si dovrebbe tenere questa fantomatica udienza. D’altra parte è decisamente vincente la strategia di tenere sotto pressione chi viene considerato un corpo estraneo a quella che a tutti gli effetti è una “casta”. Arrivano nuove conferme del tritolo destinato a Di Matteo? E chissenefrega lasciamolo cuocere nel suo brodo, silenziamo il tutto, evitiamo di scrivere pubblicamente una riga di solidarietà, bocciamo ogni proposta di avanzamento di carriera, lasciamo che questo stillicidio lo sfianchi, sicuramente qualcuno apprezzerà. Sembra di risentire vecchi discorsi all’interno del “palazzo dei veleni” di Palermo - validi ieri come oggi - che arrivano a coinvolgere gran parte dell’Associazione nazionale magistrati. Che, in totale coerenza con il suo “stile”, favorisce questo pericoloso clima di isolamento con un silenzio di tomba. Il 12 gennaio 1992 Giovanni Falcone diceva che “in questo Paese per essere credibili bisogna essere ammazzati”, per poi aggiungere: “questo è il Paese felice in cui, se ti si pone una bomba sotto casa e la bomba per fortuna non esplode, la colpa è tua che non l’hai fatta esplodere”. Corsi e ricorsi storici.

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