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puglisi pino web4Il presidente del centro fondato dal prete ucciso 22 anni fa: “Renzi risponda a nostro progetto, è un anno che aspettiamo”
di Miriam Cuccu
Non si può ricordare il modo in cui è morto e vissuto padre Pino Puglisi, con il sorriso sulle labbra, senza parlare di ciò che ha lasciato vivo dietro di sé. Il Centro di accoglienza Padre Nostro, nato nel 1993 sull’onda del suo profondo amore per i giovani, ha cambiato la vita di molte persone dentro e fuori Brancaccio, quartiere di Palermo dove il mafioso non è più (per tutti) un mito da emulare. Anche quella di Maurizio Artale, che in occasione del 22° anniversario della morte del prete antimafia (anche se Puglisi amava dichiararsi anti nessuno) ci racconta vittorie e battaglie quotidiane del centro di cui è presidente.

Maurizio Artale, qual è il più grande insegnamento che ha ricevuto da padre Puglisi?
La caparbietà, la fedeltà nel sogno che hai in testa. È da 22 anni che sono a Brancaccio, qui si svolgono attività di volontariato, ma è più una missione che un lavoro. E seguire Cristo: al centro ci sono persone che non credono, ma hanno quella fedeltà, quel servizio verso l’uomo che ti fa andare avanti.

E’ stata proprio questa caparbietà a fare più paura, tanto da portare Cosa nostra a decretare la morte di Puglisi?
Sì, perché loro non hanno capito che la sua non era una sfida, ma un porgere la mano. Quando viene minacciato e percosso Puglisi in chiesa rivolge loro un appello: “Parliamoci, confrontiamoci”. Sono certo che se i Graviano avessero accettato quell’invito Puglisi sarebbe riuscito a convertirli. Ecco perchè diceva di non essere un prete antimafia, lui non era anti nessuno ma un prete per l’uomo. Puglisi apre il Centro sociale Padre Nostro perchè vuole che ci vadano tutti, non solo i credenti, l’avvicinamento alla fede è secondario. Prima di ogni cosa tocca l’uomo nella sofferenza.

Padre Puglisi, appena arrivato a Brancaccio, diceva che la mafia era solo uno dei problemi. E’ ancora così?
Certo, perchè quando i bambini non sanno leggere nè scrivere come si possono educare alla legalità e alla giustizia? Il primo punto è l’istruzione, padre Puglisi lotta per la costruzione di una scuola media perché quando arriva a Brancaccio non c’è, e il tasso di evasione scolastica è pari al 50%. La scuola verrà costruita sette anni dopo il suo assassinio e il centro polivalente sportivo dopo quindici (per dire i tempi dello Stato). Se l’avesse chiesto ai fratelli Graviano glieli avrebbero costruiti in sei mesi, ma qui sta la differenza…
Il secondo punto è il lavoro, perché libera dalla schiavitù della mafia. E infatti è la prima cosa che ci chiedono qui al centro. Oggi la gente quando sta male si rivolge a noi per qualsiasi cosa, è un’importantissima vittoria, di padre Puglisi e non solo. Quello che abbiamo potuto fare assumendo detenuti o ex detenuti l’abbiamo fatto, però ora siamo saturi. Se si riuscisse a garantire un lavoro queste persone avrebbero accesso a una vita di legalità.

In che modo?
L’anno scorso abbiamo presentato un progetto a Matteo Renzi, insieme ai fratelli Puglisi, intitolato “Brancaccio 2.0”. Abbiamo fatto una mappatura di tutti i tesori che ci sono nel quartiere, dal Castello di Maredolce, al parco, al Ponte dell’Ammiraglio, alla Chiesa di San Ciro, ne potrei elencare centinaia. Questi beni, che non vengono messi in circuito, darebbero un posto di lavoro a seicento famiglie di Brancaccio che non dovrebbero più dire grazie a nessuno. E allo stesso tempo si potrebbe creare un circuito di legalità e turistico, come la casa di Puglisi che oggi è un museo. Vogliamo rinnovare l’appello al presidente del consiglio: questo progetto rilancerebbe la lotta alla mafia a Palermo e nel quartiere, finalmente si potrebbe cominciare a parlare di Brancaccio non come terra di mafia ma di riscatto. Brancaccio può essere il paradigma per tutti gli interventi contro la mafia, perché se funziona qui può funzionare ovunque.

Nel frattempo, però, le attività al centro proseguono con un’alta partecipazione tra i più giovani. Ci vuole raccontare qualche episodio che vi ha toccato particolarmente?
Una delle nostre ragazze ha avuto la possibilità di essere selezionata per un corso di formazione in Germania. Per perfezionare la lingua è stata inserita in una famiglia alla pari, e alcuni giorni fa ma è venuta al centro a chiedere di poter partire dopo le manifestazioni in memoria di padre Puglisi. Soltanto una ragazza matura può posticipare il viaggio verso il proprio futuro per onorare la figura di quel santo che in qualche modo l’ha aiutata in questo cammino. Un altro punto di orgoglio, per il nostro centro, è il fatto che due ragazze di Brancaccio siano state selezionate per il progetto del quarto anno liceale a Rondine, in provincia di Arezzo. Insieme ad altri 25 liceali di tutta Italia convivranno con studenti provenienti da paesi in conflitto dei Balcani, del Caucaso, del Medio Oriente e dell’Africa. Questa esperienza diventerà poi un modulo scolastico per i loro compagni del quinto anno e per tutta Brancaccio. E poi ci sono le storie dei tanti detenuti che scontano la pena in misura alternativa. Uno di loro è un ergastolano, nonostante non uscirà più dal carcere viene a lavorare al centro perché, in qualche modo, vuole riscattarsi, “quando morirò mi piacerebbe parlare con padre Puglisi”, dice. Sono piccoli segni che danno una speranza.

Cosa pensa delle molte intimidazioni di cui è stato oggetto il centro?
C’è una presenza costante della mafia, radicata profondamente a Brancaccio: loro devono dimostrare che ci sono e noi dobbiamo dimostrare che continuiamo ad esserci, ma questa è la lotta continua tra il bene e il male. Gli attentati ci sono e ce li gestiamo, il problema è che qui i modelli educativi sono sempre stati i boss mafiosi. Qualche anno fa abbiamo portato i ragazzi del quartiere a visitare la casa del piccolo Giuseppe Di Matteo. Hanno visto la botola di accesso allo scantinato dov’era stato sequestrato negli ultimi giorni, la brandina… quando siamo usciti abbiamo chiesto loro: chi è il mafioso? “È un pezz’e merda” ha risposto uno, perché ha percepito l’amarezza, il dolore, il buio che usciva da quella casa. Prima dicevano che i mafiosi erano gente buona che dava lavoro, oggi invece il modello non è più del boss che capeggia ma che uccide. È un cammino lento però l’abbiamo iniziato, ci vorranno almeno altre tre generazioni ma ancora purtroppo non tutti hanno scelto da che parte stare. Ecco perché ogni tanto c’è il balordo che, per far vedere di essere un tipo “ganzo” va a fare l’intimidazione al centro come a dire “io non ho paura”. Sono le nuove leve che crescono, e noi di contro dobbiamo farne crescere altre.

In che modo hanno risposto politica e amministrazione?
Le istituzioni non hanno mai fatto un intervento organico su Brancaccio. Anche se il comune di Palermo è molto vicino al Centro Padre Nostro c’è una macchina organizzativa che non funziona bene. La nostra struttura è fortemente radicata al territorio, i risultati sono stati tanti, allora perché non fare un progetto organico, intervenire tutti nella stessa direzione invece di far ricadere sul territorio inutili contributi a pioggia? Però abbiamo visto, purtroppo, come ultimamente anche l’antimafia è diventata un modo per sfruttare l’occasione e mettersi le medagliette. Ci sono cose che lasciano sempre l’amaro in bocca, ma quella caparbietà, quella fede che le cose alla fine si realizzano ci fa andare sempre avanti.

Come vorrebbe che don Puglisi fosse ricordato nel tempo?
Ecco, questo è un altro sogno… che venga ricordato qui, dove si chiude la via Brancaccio ed ognuno mette fuori il tavolo con le sedie e si mangia tutti insieme, si discute e si gioca come facevano un tempo. Quest’anno abbiamo voluto che l’immagine di padre Puglisi fosse composta da tutte le fotografie di volontari, bambini, mamme, detenuti che sono passati dal centro in questi 22 anni, perchè ognuno di loro ha costruito il centro con la sua storia. È come se, ad ogni commemorazione, tutto ciò che è stato raccolto durante l’anno venga lanciato in aria, e come per incanto questi pezzi ricadono a terra per formare un unico puzzle…

Info: www.centropadrenostro.it

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