di Aaron Pettinari
“La saldatura tra mafia-politica-imprenditoria si realizza attraverso una sapiente trama di relazioni occulte che puntano ad alterare i processi decisionali e le conseguenti determinazioni della pubblica amministrazione in favore di un’élite di soggetti, privi dei necessari requisiti, interessati ad inserirsi nel giro di affari di opere, forniture e servizi pubblici e all’acquisizione di finanziamenti/benefici, nonché al conferimento di concessioni/autorizzazioni. In tale ambito non si può non far riferimento al sodalizio criminale, denominato mafia capitale, disgelato nell’indagine denominata “Mondo di Mezzo”: un’organizzazione criminale italiana, operante, nel caso di specie a Roma con collegamenti a soggetti vicini alla mafia siciliana e con elementi essenziali propri non sovrapponibili a quelli di altre associazioni mafiose”. E' così che la Relazione semestrale della Dia traccia una prima fotografia della presenza della criminalità organizzata nella Capitale e nel Lazio.
Nel documento si evidenzia come la consorteria capitolina, si sia evoluta rispetto allo schema proposto dalla “banda della Magliana”, arrivando ad assumere una fisionomia originale, “più adatta alle condizioni della città di Roma dove si comminano e si sovrappongono interessi delle mafie nazionali originarie del meridione, senza dimenticare quelle autoctone urbane, i gruppi criminali costituiti da stranieri, gli interessi politici ed economici inquinati talvolta da spinte correttive”.
“Mafia capitale – infatti – è riuscita a creare una sinergia illecita tra ambienti molto diversi fra loro, mantenendo inalterata la propria capacità di intimidazione nei confronti di tutto coloro con cui entrava in contatto, tanto da interloquire da pari a pari con altre più note consorterie criminali, condizionandone l’attività sul territorio romano”.
Ma le infiltrazioni con il mondo politico e amministrativo, denunciate dall'inchiesta Mafia Capitale, non sono le uniche con le cosche continuano a fare affari anche altrove, in tutte le province del territorio e in particolare sul litorale romano. Inoltre la Regione viene considerata dalla Dia come un luogo idoneo per trascorrere periodi di latitanza. “A Roma e nel Lazio perdura un attivismo criminale polivalente – scrivono gli inquirenti – Alla malavita autoctona, riconducibile a gruppi criminali locali, si somma quella organizzata riferibile alle associazioni mafiose radicate nel Mezzogiorno, e trova un suo spazio di manovra anche quella di matrice etnica, sempre più diffusa, anche in conseguenza di consistenti flussi migratori dall'Europa orientale e dal altri continenti”.
La presenza di Cosa nostra
“Nel Lazio - si legge nel rapporto di 296 pagine - gli eventi di valenza giudiziaria e i fatti delittuosi verificatisi nel semestre, analizzati nel loro sviluppo, confermano il perdurante attivismo sul territorio regionale di gruppi e soggetti riferibili anche a Cosa nostra dediti ad attività di infiltrazione dell'economia legale, attraverso ilo reimpiego di denaro illecitamente acquisito”. A Roma, e soprattutto nel litorale, “risulta attiva la presenza di un'associazione criminale legata alla famiglia Cuntrera-Caruana di Cosa Nostra agrigentina, che d'intesa ad una associazione di tipo mafioso autoctona aveva sottoposto ad estorsione i gestori delle attività commerciali e turistiche del posto attraverso ogni forma di violenza anche fisica”. Diversamente nel basso Lazio “permangono segnali di infiltrazioni delle organizzazioni mafiose siciliane all'interno del Mof di Fondi, in provincia di Latina, con la presenza di referenti locali legati alle famiglie gelesi e catanesi”.
Gli affari della 'Ndrangheta
Il rapporto poi fa riferimento anche alla presenza in provincia di Roma ed in altre zone del Lazio di “soggetti collegati a vario titolo alla 'Ndrangheta”. Le attività delittuose sono lo spaccio di stupefacenti, riciclaggio dei proventi illeciti delle attività criminose svolte nei territori di origine o in altre aree del Paese. “Il Lazio – scrivono – continua ad essere ritenuto un luogo idoneo dove trascorrere periodi di latitanza ovvero per sfuggire alle lotte di mafia che si svolgono nel Sud Italia. Ricordiamo, ad esempio, la delocalizzazione nel sud pontino di coloro che avevano dovuto soccombere nella guerra di camorra sviluppatasi nel casertano, che portò alla creazione di nuovi equilibri fra i casalesi”.
L'esodo napoletano
Nella relazione si pone l'attenzione sull'“esodo spontaneo della criminalità organizzata verso la capitale, rifugio ideale per i latitanti e territorio di riciclo di proventi illeciti, così come emerso da recenti operazioni di polizia”. Gli interessi sono disparati, dall'edilizia alla risotrazione, fino all'abbigliamento e alla media distribuzione alimentare. Nella zona pontina e nel frusinate “si conferma un'importante presenza di famiglie camorristiche legate ai Casalesi, in parte trasferitesi a seguito di sconfitte riportate negli scontri tra clan degli anni '80 e a gruppi dell'area nord del capoluogo campano”. Nel dettaglio in Lazio si rileva la presenza di uomini legati ai gruppi camorristici della provincia di Caserta Schiavone, Bardellino, Bidognetti, Belforte, La Torre ed Esposito. Per quanto riguarda invece i clan napoletani, risultano operative propaggini dei Mallardo, Anastasio, Polverino, Gionta, Di Gioia, Lo Russo, Moccia, Licciardi, Senese, Mazzarella, Zazo, Contini, Longobardi-Beneduce, Baldascini, Gallo, Veneruso-Castaldo. Si segnala infine l’attività dei gruppi avellinesi Cava e Pagnozzi.
Il caso Casamonica
Nel rapporto si parla anche della presenza nel Lazio della famiglia Casamonica, di recente alla ribalta dell'attenzione mediatica per i funerali del boss Vittorio che si sono svolti a Roma a fine agosto. Scrive la Dia: “Il clan, costituito da un migliaio di membri di dinastie italo-rom imparentate tra loro, è dedito ad attività usurarie, alla ricettazione di autoveicoli e alle truffe, al traffico di stupefacenti: in quest'ultimo settore, in particolare, sono autosufficienti nelle modalità di approvvigionamento delle droghe, nelle condotte di cessione, di acquisizione dei proventi e del loro reinvestimento. Numerose indagini da parte della Dda di Roma hanno documentato la loro presenza in molti settori commerciali ed economici, tra cui edilizia e immobiliare, gestione di ristorazioni e stabilimenti balneari. I Casamonica hanno stretto alleanze operative con affiliati alle cosche 'ndranghetiste Piromalli-Molè e Alvaro e ad altri sodalizi criminali”. E poi ancora viene riportata anche la capacità d'interlocuzione con l'organizzazione di Massimo Carminati e Salvatore Buzzi smantellata nell'operazione “Mondo di mezzo”.