di Lorenzo Baldo - 13 luglio 2015
Palermo. E’ indubbiamente una notizia. Giunge come un fulmine a ciel sereno l’avocazione da parte della Procura generale di Palermo in merito all'inchiesta sull’omicidio dell’agente di polizia Nino Agostino, ucciso assieme alla moglie, Ida Castelluccio il 5 agosto 1989 a Villagrazia di Carini. Tra le ragioni giuridiche che permettono l’avvio di un’avocazione troviamo “l’ipotesi in cui il capo dell’ufficio del pubblico ministero abbia omesso di provvedere alla sostituzione del magistrato designato per le indagini in una situazione obiettiva di inerzia dell’ufficio della procura”, oppure “quando il pubblico ministero non eserciti l’azione penale o non richieda l’archiviazione nel termine stabilito dalla legge o prorogato dal giudice”.
Da quel poco che è trapelato, nel ricorso inoltrato alla Cassazione, firmato dal Procuratore capo Franco Lo Voi, insieme ai pm Nino Di Matteo e Francesco Del Bene (titolari delle indagini sugli omicidi Agostino-Castelluccio), vengono contestati punto per punto i motivi che hanno spinto il Procuratore generale, Roberto Scarpinato, insieme al sostituto procuratore generale, Luigi Patronaggio, ad intraprendere l’avocazione. Per la Procura il provvedimento è errato in “diritto e in fatto”. Dal canto loro Scarpinato e Patronaggio fanno sapere che una simile azione non è legata ad alcuna critica nei confronti dell’attività di Del Bene e Di Matteo. Il recente rigetto del gip Maria Pino alla richiesta di archiviazione (avanzata dalla Procura per il caso Agostino) aveva di fatto segnato l’inizio di una nuova fase di indagini. Che, a questo punto, si concentreranno negli uffici della Procura generale fino a quando la Cassazione non si pronuncerà nel merito. In attesa di leggere le carte bisogna evitare ogni possibile segnale di delegittimazione. Che può essere strumentalizzato da chi ha tutto l’interesse a fermare una ricerca della verità sempre più ostacolata.