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toga-web10di Lorenzo Baldo e Aaron Pettinari - 16 aprile 2015
Dell'incontro tra Ilardo e Provenzano a Mezzojuso i superiori di Riccio, gli imputati al processo Mori ed Obinu, avevano l'obbligo di riferire all'autorità giudiziaria. Il teste, rispondendo ad una domanda del Procuratore generale Roberto Scarpinato ha sottolineato come lui fosse ritenuto un semplice “aggregato”. “Quando Ilardo mi riferì i contenuti della riunione che si svolse in due fasi, al mattino ed al pomeriggio. Vi parteciparono anche altri soggetti come Lorenzo Vaccaro e Salvatore Ferro e vennero definite direttive generali. Si doveva ricompattare l'organizzazione, recuperare tutti i referenti imprenditoriali di Bagarella che erano utili a Provenzano, anche se non vennero fatti i nomi di quegli imprenditori, e nello specifico ad Ilardo venne affidato un incarico sulla famiglia di Enna che era in subbuglio e poi anche su Catania dove vi erano altre spaccature. Nel pomeriggio vennero trattate questioni personali anche della famiglia di Ilardo. Nella riunione si era discusso di tornare ad una mafia meno violenta e puntare più alle estorsioni”. Scarpinato, nel porre la domanda, ha evidenziato come vi fosse l'obbligo di legge, in base all'articolo 347, di informare l'autorità giudiziaria anche oralmente riguardo reati in corso come il 416 bis e lo sviluppo di attività estorsive.
“Personalmente avvisai i miei superiori, annotai tutto anche sull'agenda, feci una relazione di servizio dove indicavo quanto a me riferitomi dall'Ilardo. E al tempo stesso telefonai al dottor Pignatone, della Procura di Palermo, informandolo dell'incontro avvenuto. Da parte mia erano stati informati”.
(Ore 10:57)


Processo d'appello Mori-Obinu, Riccio: “Su Ilardo ci fu una fuga di notizie”
di Lorenzo Baldo e Aaron Pettinari - 16 aprile 2015 - Ore 10:35

“Il 10 maggio fu l'ultima volta che vidi Ilardo. Mi lasciò vicino all’aeroporto di Catania, in quanto dovevo prendere un aereo per tornare a Genova. A Catania venni raggiunto dal capitano Damiano. Era particolarmente teso. E' in quell'occasione che mi dice che si era accorto, per la seconda volta, che c’erano state delle fughe di notizie dalla procura di Caltanissetta che gli avevano fatto comprendere che c’era un nuovo collaboratore di giustizia”. Prosegue il racconto dell'ex colonnello Michele Riccio al processo d'appello Mori-Obinu. “Già in precedenza – ha aggiunto il teste - prima dell’incontro del 2 maggio ’96 io mi ero rivolto a Tinebra, Capo della Procura di Caltanissetta, per la questione della sospensione pena del confidente Ilardo, in quanto sapevo che sarebbe arrivato un ordine di carcerazione per lo stesso, Tinebra mi aveva detto che se ne sarebbe occupato lui. Il capitano Damiano mi aveva detto in quella occasione che i referenti del Tinebra stavano iniziando a comprendere che c’era un interesse particolare nei confronti di Ilardo”. Quel dialogo all’aeroporto di Catania tra Riccio e Damiano venne registrato. “In quell'occasione mi dice – racconta l'ex colonnello alla corte - che un suo collega era andato in procura a Caltanissetta e aveva saputo che c’era un nuovo collaboratore di giustizia e in base alle informazioni che aveva raccolto aveva compreso che era Luigi Ilardo. Era molto allarmato perché così come l’aveva acquisita lui quell’informazione l’avrebbero potuto acquisire altri. Aveva chiesto in giro ed aveva chiesto anche ad un magistrato. La registrazione di Damiano l’ho consegnata all’autorità giudiziaria di Palermo. Immediatamente chiamo Mori e Obinu e dico che questo comportamento non lo potevo accettare e che ne avremmo parlato quando ci saremmo visti”. “Io – ha concluso Riccio - vidi in quella fuga di notizie un grave comportamento poco affidabile. Mori e Obinu non fecero commenti. Nel frattempo cerco anche di contattare Ilardo ma non mi rispondeva al cellulare”. Una volta arrivato a Genova il teste venne avvertito dalla moglie, in lacrime, della morte di Ilardo la cui notizia era trasmessa in quel momento dal Televidio. Il racconto di Riccio a questo punto si fa anche più drammatico: “Subito chiamai Mori e gli dissi: 'l'avete ammazzato'. E’ quello che imputo moralmente a Mori, e poi aggiunsi che l’indomani sarei andato a Roma. Il giorno dopo arrivo al Ros e affronto duramente Mori e Subranni. Mori dice 'l’hanno ammazzato per non farlo parlare', Subranni con un sorriso mi dice 'eh ti hanno ammazzato il confidente'. Fino alla morte di Ilardo avevo redatto 20 relazioni di servizio da settembre ’95 fino all’ultimo. L’11 marzo 1996 su ordine di Mori redigo una memoria di sintesi delle attività svolte”.


Processo d’appello Mori-Obinu, Riccio: “Mori mi disse di non operare intercettazioni dell’incontro Ilardo-Minniti”
di Lorenzo Baldo e Aaron Pettinari - 16 aprile 2015 - Ore 09:52
“Avevamo la possibilità di compiere intercettazioni dell’incontro tra il confidente Ilardo e l’avvocato Minniti in Calabria. Quest’utlimo era un esponente di rilievo che difendeva diversi soggetti di ‘Ndrangheta ed aveva un ruolo importante nella politica di Catania”. E’ ripreso questa mattina l’esame del teste Michele Riccio al processo d’appello contro gli ufficiali dell’arma Mario Mori e Mauro Obinu (entrambi presenti in aula) per il mancato blitz a Mezzojuso. L’ex colonnello dei carabinieri sta ricostruendo la fase successiva al primo interrogatorio del 2 maggio 1996, propedeutico alla collaborazione. “Subito dopo la riunione - prosegue Riccio rispondendo alle domande del sostituto procuratore generale Luigi Patronaggio - il dottor Caselli mi chiese di fare una serie di relazioni per definire il contesto della futura collaborazione di Ilardo. Mi chiese anche di registrare su una serie di cassette il contenuto delle sue dichiarazioni. Quando vidi, fuori dalla palazzina del Ros di Roma, Tinebra e Subranni, riferì anche a loro la questione ma Tinebra intervenne dicendo che non c’era bisogno di fare le registrazioni in quanto, a suo dire, non avrebbero avuto alcun valore. Io risposi che Caselli mi aveva detto di farlo e che così avrei agito tanto che tempo dopo il capitano Damiano mi diede la strumentazione necessaria”. Riccio ha quindi confermato che nei giorni successivi, quando Ilardo è tornato in Sicilia per incontrare i propri familiari ed informarli della decisione presa di collaborare con la giustizia, gli incontri con il confidente continuano come in precedenza. E nel frattempo il confidente prosegue i propri rapporti con Cosa nostra. “Il 7 maggio - prosegue il teste - Ilardo mi dice che deve recarsi dall’avvocato Minniti in Calabria. Minniti gli aveva già chiesto a Ilardo un aiuto per la sua campagna elettorale. Io feci presente a Mori che si poteva fare un’intercettazione ambientale da Minniti che poteva riguardare questioni di mafia e politica legate anche a Forza Italia, Mori mi disse di non operare alcuna intercettazione e mi disse di mandare Ilardo a quell’incontro senza alcuna microspia. Minniti conosceva da tempo Ilardo ed era un esponente di rilievo che difendeva esponenti di ‘Ndrangheta e aveva un ruolo importante nella politica di Catania. Dopo l’incontro con Minniti Ilardo, che aveva comunque un certo peso anche in Calabria, mi disse che l’avvocato gli aveva chiesto un sostegno elettorale per le liste di Forza Italia. Registro quello che mi dice Ilardo”.

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