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palermo-carlo-strage-pizzolungodi Giorgio Bongiovanni e Monica Centofante* - 1° aprile 2015
Per comprendere i “fuori scena” della strage di Pizzolungo basta rimettere insieme i pezzi di un mosaico volutamente smembrato da quei “sistemi criminali” che le indagini di Carlo Palermo avevano lambito.
Da Trento a Trapani, da Trapani alla Russia, al Libano, alla Turchia, agli Stati Uniti seguendo un filo sottile che collega molti misteri irrisolti ai traffici internazionali di armi e stupefacenti. E’ il 1979 quando Assim Akkaia racconta al dirigente della Mobile di Milano Enzo Portaccio che la città di Trento costituisce il punto di congiunzione tra la mafia turca e quella siciliana. Gli alberghi Karinall e Romagna, appartenenti al trentino di origine altoatesina Karl Koefler, fungerebbero da centro di smistamento di morfina base ed eroina pura destinati a raffinerie siciliane e quindi al mercato italiano e statunitense. Le indagini, che iniziano l’anno seguente, conducono alla scoperta di 200 chilogrammi di tali sostanze nelle zone di Trento, Bolzano e Verona importate da una organizzazione che in due anni ha portato in Italia almeno 4000 chilogrammi di sostanze stupefacenti. Il fascicolo che viene consegnato al giudice istruttore Carlo Palermo contiene circa trenta pagine comprendenti un rapporto della polizia e un grafico raffigurante quasi tutti i paesi del mondo. Al centro: Trento collegata alla Sicilia. Ben presto le indagini, svolte in contemporanea con quelle del giudice Giovanni Falcone che avevano smascherato le raffinerie di Trabia e Carini fornite dalla stessa organizzazione trentina, portano in Austria, in Germania, in Svizzera, in Jugoslavia, in Turchia, in Bulgaria e ancora all’individuazione di traffici occulti di armi e petrolio tra il nostro paese e la Libia e al collegamento tra i servizi segreti italiani, americani e orientali nella compravendita di armamenti. Nel 1983 le indagini condotte da Palermo sulle connessioni tra i nostri servizi di sicurezza e l’attentato al Papa approdano a documenti riguardanti Bettino Craxi, da poco presidente del Consiglio, in rapporto a forniture militari all’Argentina in cambio dell’appalto per i lavori della metropolitana di Buenos Aires. E’ del giugno del 1984 la richiesta del giudice trentino di aprire un processo contro lo stesso Craxi ed altri ministri ed esponenti del Psi (vedi ad es. Lagorio, De Michelis, Pillitteri, Mach di Palmstein, Rezzonico, Larini). Il successivo 20 novembre le Sezioni Unite della Cassazione, accusando il giudice Palermo ed alcuni colleghi che avevano pubblicamente espresso solidarietà nei suoi confronti di non essere più “attendibili” ed “imparziali”, spostano a Venezia tutte le inchieste condotte dallo stesso Palermo: tre anni di intenso lavoro racchiuso in oltre trecentomila carte processuali. Il 17 febbraio del 1985, su sua specifica richiesta, il giudice prende servizio presso la Procura della Repubblica di Trapani e il suo primo atto in quella sede è la trasmissione di documenti riguardanti la fornitura alla Libia di tre containers contenenti materiale elettronico rigenerato collegati a tale Antony Gabriel Tannoury, un libanese residente a Parigi considerato il braccio destro di Gheddafi. Anche lui inserito nella stessa inchiesta di Trento nella quale figura Bettino Craxi. Il 2 aprile di quell’anno, mentre la Commissione inquirente è chiamata a decidere sulla richiesta di archiviazione della denuncia mossa al Presidente del Consiglio, a Pizzolungo un’autobomba destinata al giudice Palermo uccide due gemellini di sei anni e la loro madre. Circa un mese più tardi viene scoperto ad Alcamo, in provincia di Trapani, il più grande laboratorio di morfina base d’Europa, appartenente a Cosa Nostra e rifornito sempre dalla stessa organizzazione operante a Trento. Nel 1986, poco dopo il trasferimento del giudice Palermo a Roma (come funzionario del Ministero di Grazia a Giustizia), viene scoperta a Trapani, nascosta dietro la facciata del Centro studi “Scontrino”, una serie di logge massoniche coperte. Sede di incontri tra massoni, templari, politici, mafiosi – tra cui quelli indiziati di aver partecipato all’attentato di Pizzolungo – e dell’Associazione musulmani d’Italia presieduta dal sostituto in Sicilia di Gheddafi. Solo nel 1992, l’anno dell’assassinio di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, con l’arresto di Mario Chiesa che da il via agli scandali di “Mani Pulite” vengono confermate le teorie formulate nell’inchiesta di Trento in merito al caso Craxi. Nel dicembre dello stesso anno Carlo Palermo, in qualità di deputato de “La Rete”, presenta insieme a tutti i componenti del movimento un’interrogazione parlamentare riferita a vari quesiti emersi nel corso delle indagini di Trento e Trapani. Tra questi il caso Calvi, la P2, lo scandalo della Bcci (Banca di Credito e Commercio Internazionale) e i suoi collegamenti con la svizzera Ubs e altri importanti istituti bancari, le collusioni tra la mafia siciliana e quella pachistana, le forniture militari all’Iraq, la causa delle uccisioni di Falcone e Borsellino, l’attentato al Papa. La reazione dell’allora ministro Martelli è durissima in particolare per le richieste di chiarimenti relative al Conto Protezione.craxi-bettino-2 Ma l’arresto, avvenuto pochi giorni dopo, del socialista Silvano Larini successivamente alle sue ammissioni proprio su tale argomento lo spingeranno alle dimissioni. “D’un colpo – spiega il giudice Palermo nel suo libro Il quarto livello - quei misteri che si erano accumulati per tanti anni – che in vario modo riguardavano personaggi diversi, da Fiorini a Gelli, da Larini a Craxi – andavano chiarendosi. Anche se si intuiva che altri ne sarebbero rimasti, e forse quelli più oscuri, che riguardavano l’impiego dei fondi occulti, dei proventi dei vari traffici, di quelle ingentissime somme, cioè, che, in modi talvolta rocamboleschi, dopo infiniti giri, potevano rimanere depositati su conti bancari di qualche istituto più o meno sconosciuto, per venire impiegati al momento opportuno da ignoti utilizzatori.” L’occasione per meglio comprendere alcuni di tali e tanti misteri irrisolti si presenta al giudice Palermo a Washington, nel corso di alcuni incontri politici con deputati e senatori del Congresso statunitense. Siamo nell’ottobre del 1993 quando un ufficiale di collegamento, stretto collaboratore di un congressista del Partito Repubblicano, chiede di parlare con lui.

L’appuntamento
“L’incontro è cordiale e, da parte sua, accuratamente preparato. Conosce l’italiano e ...  le indagini di cui mi sono occupato in passato. Conosce anche i miei “chiodi fissi”, specialmente quelli relativi alla Bcci, la Banca di Credito e Commercio Internazionale, la Kriminal bank. Mi consegna alcune relazioni segrete redatte su carta intestata ad una certa Task Force on Terrorism & Unconventional Warfare. Anche se scritte in inglese, non mi è difficile, scorrendone il testo (un centinaio di pagine), apprezzarne il contenuto: descrivono i traffici internazionali di stupefacenti ed armi ed il ruolo svolto dall’integralismo islamico, in particolare attraverso la Bcci. Contengono riferimenti precisi su fatti ed episodi degli ultimi dieci anni. L’ultima di queste relazioni è datata 13 luglio 1993. E’ composta da una trentina di pagine. Ricca di nomi è dedicata ai più recenti legami della mafia italiana con quella russa, sino alle stragi di Roma e Firenze di quest’estate! E’ la stessa “pista” su cui mi ero imbattuto dieci anni fa. Allora, come giudice, ero stato fermato da politici e dalla mafia, mentre si verificava una quasi incredibile sovrapposizione di indagini: da una parte, sui legami politici ed economici del Psi a livello interno ed internazionale; dall’altra, sulla mafia, sui commerci di armi, sui servizi segreti, su Gheddafi e sulla Bcci. Nel lontano 1983, in un rapporto della Finanza di Milano, erano stati descritti i ruoli svolti da questo istituto bancario. Erano delineati alcuni elementi di contatto con i ‘nostri’ misteri, quello della P2, dell’Ambrosiano, dell’attentato al Papa, della morte di Calvi, del Supersismi. Tutto risultava collegato ai commerci internazionali di armi, al terrorismo e al ruolo svolto dai servizi segreti americani. Questi ultimi venivano indicati come gli occulti direttori e controllori del nostro paese, considerato territorio in stato di guerra permanente in relazione al conflitto sotterraneo con il comunismo e l’Unione Sovietica.  Oggi, dopo dieci anni, e pur non essendo più un giudice, vengo, per motivi che ignoro, “scelto” per entrare in possesso di delicati documenti. Mi si forniscono importanti indicazioni, tratte da fonti completamente diverse da quelle notoriamente conosciute, utili a comprendere misteri del passato e connivenze del presente: sino alle attuali stragi italiane. Ricorrono sempre le forniture di armamenti attraverso organizzazioni islamiche: le più recenti provengono direttamente dagli arsenali ex sovietici. Mi sembra quasi impossibile: tra Mosca e Washington chiudo un cerchio. E’ come un gioco, in cui non mi è dato di conoscere chi muove gli impercettibili fili e quale sia l’obbiettivo finale”.

Trapani, Falcone e gli americani
Nel 1989 il giudice Giovanni Falcone stava investigando sul Centro Scorpione, creato dalla VII divisione del Sismi (la stessa da cui dipendeva "Gladio") collegata a Craxi; quando venne trovata la dinamite sugli scogli dell’Addaura  il magistrato si stava occupando di connessioni bancarie svizzere dei narcotrafficanti siculo-americani. E, spiega Carlo Palermo nel suo libro “Il giudice”, dall’esame degli incontri che Falcone ha avuto in America “potrebbe emergere la traccia dei mandanti occulti dell’attentato (di Capaci ndr.)… forse su coloro che, nel ’92, dall’esterno, avrebbero potuto avere interesse a ‘confondere’ le acque in Italia in un delicato momento vissuto dal nostro paese: quello del passaggio alla seconda Repubblica. Con quell’attentato, si sarebbe eliminato il ‘testimone’ della prima Repubblica… colui che avrebbe potuto, pericolosamente, comprendere e decifrare fatti decisivi dei mutamenti in atto. In questo passaggio, forse, alcuni personaggi della prima Repubblica avrebbero dovuto essere bruciati, ‘scaricati’ dagli americani. Nello stesso tempo, l’esecuzione militare siciliana dell’attentato, avrebbe dirottato sulla mafia ogni responsabilità ed ogni reazione investigativa. Avrebbe annullato ogni possibilità di scoprire le più occulte chiavi di lettura, più difficili da individuare, ma forse più reali”.

Il “gioco grande”
Seguendo le indagini di Carlo Palermo viene da chiedersi se nei primi cinquant’anni della nostra Repubblica non abbiano secret-service-agent-effgovernato in Italia componenti americane e, se così fosse, chi le avrebbe dirette. “Qualcuno probabilmente risponderebbe: il presidente degli Stati Uniti – scrive il giudice -. Sarebbe una risposta sciocca e superficiale. A chi in America gli poneva la stessa domanda William Cloen Skousen, professore della Brigham Young University rispondeva: chi comanda realmente è il Council on Foreign Relations (Cfr), il Consiglio per le relazioni internazionali, una associazione costituita a Parigi nel lontano 1919 da Edward Mandell House (il ‘colonnello’ House), un influente uomo d’affari texano, eminenza grigia che accompagnò il presidente Wilson alla Conferenza per la pace, quando nella capitale francese le nazioni vincitrici del primo conflitto mondiale si spartivano il globo. Oggi, questa associazione ha il suo quartier generale ad Harold Pratt House, in un edificio donato dai Rockefeller, sull’elegante Park Avenue: è qui che vengono ‘formati’ i funzionari e i consiglieri governativi degli Stati Uniti, come Henry Kissinger e Zbignew Brzezinski, per citare i più noti. Il Cfr è la filiazione di una società segreta che, affondando le proprie radici nell’Inghilterra vittoriana e nei gruppi della Round Table, si propone di indirizzare la politica estera del governo statunitense nel senso di una affermazione planetaria della razza anglosassone”. E’ solo un’ipotesi, un’analisi che non pretende di ergersi a verità assoluta ma che è sicuramente supportata, come in parte abbiamo visto, da vari elementi concreti. Mafia, terrorismo, massoneria, integralismo islamico (e bin Laden? E l’attentato alle Torri Gemelle e al Pentagono?), servizi segreti, sistemi bancari sembrano essere soltanto le pedine di quel gioco grande di cui parlava Falcone per mano del quale lo stesso Falcone, e chiunque ne abbia compreso le regole, è stato eliminato. “Per quanto mi riguarda – conclude Carlo Palermo – ho sempre preferito non pensare in termini fisici ai mostri che un giorno pigiarono un tasto per eseguire una sentenza di morte. E tantomeno a chi la pronunciò e a chi vi concorse. Mi sono sempre rifugiato in immagini confuse di corpi senza volto, di fantasmi che vorrei dimenticare. Anche se, purtroppo, queste ombre continuano a inseguirmi, pronte a materializzarsi di nuovo all’improvviso, ricordandomi che vale comunque la pena di continuare a cercare… forse per scrivere un altro capitolo di questa storia senza fine… forse solo per tentare di comprendere perché, a Pizzolungo, quel 2 aprile, giorno del mio attentato, morirono dilaniati due gemelli di sei anni, Giuseppe e Salvatore Asta, e la loro madre, Barbara. Il padre, Nunzio, morì d’infarto qualche tempo dopo. Il caposcorta, Raffaele Di Mercurio, di quarant’anni, morì due anni fa, anche lui d’infarto. Il mio autista Rosario Maggio e agli altri due agenti di scorta, Antonio Ruggirello e Salvatore La Porta, lasciarono il servizio per le lesioni riportate. Io non sono più un giudice”.

* Da una rielaborazione de “Oltre il quarto livello

Bibliografia: “Il quarto livello” (Editori Riuniti, 1996) – “Il Papa nel mirino” (Editori Riuniti, 1998) – “Il giudice” (Reverdito ed., 1997) – “L’attentato” (Publiprint ed., 1993).

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