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mannino-processo-teresi-tartaglia-byfattoitL'ex ministro salva la Dc e torna a citare Borsellino: “Mi disse che il 'Corvo 2' era una porcheria”
di Lorenzo Baldo ed Aaron Pettinari - 27 marzo 2015

“Il Corvo 2? Che era una porcheria me lo disse Paolo Borsellino”. Per il secondo giorno consecutivo l'ex ministro Calogero Mannino, durante le dichiarazioni spontanee, ha citato presunte dichiarazioni che il magistrato ucciso dalla mafia in via d'Amelio, gli avrebbe fatto in maniera del tutto riservata. Due episodi che se realmente fossero accaduti per come li ha raccontati Mannino in aula innanzi al Gup Marina Petruzzella, sarebbero gravi perché metterebbero in mostra un agire “fuori dalle regole” del pm palermitano. Prima chiedendo il favore a Mannino di ritirare la querela nei confronti del collaboratore di giustizia Spatola per impedire che la stessa potesse rovinare altre indagini compiute a Marsala, poi rivelando allo stesso ex politico della Dc, commenti su un documento (il Corvo 2) che vedeva impegnato nelle indagini lo stesso Borsellino e dove si parla chiaramente di Mannino. “Paolo Borsellino mi chiamò il 16 luglio 1992. Io lo richiamai attraverso la batteria e lui mi disse che aveva l'esigenza di incontrarmi e parlarmi. Mi chiese se per quel fine settimana sarei tornato a Palermo. Quel giorno lui non poteva incontrami perché era impegnato. Mi disse ironicamente: 'Ho accettato oggi un invito a pranzo con un tuo collega, con Vittorio Aliquò e Guido Lo Forte (ex magistrati della Procura di Palermo ndr)'. Definì il 'Corvo 2' 'quest'altra bella porcheria', una locuzione che indicava il riferimento ad altro anonimo (Il Corvo 1)”. Quindi ha aggiunto: “Quando il testo venne diffuso vi fu una presa di posizione. Era esplosa in Procura una divergenza tra il Procuratore di allora e alcuni sostituiti che creava una situazione di grande difficoltà, anche nel sistema delle relazioni esterne. Ricordo che lo Sco, la Dia, i Carabinieri dichiararono che l'anonimo era uno strumento di disinformazione e di falsificazioni”.

In realtà, in merito al “Corvo 2” c’è da dire che dalla copertina del fascicolo della procura di Palermo n. 356 del ‘92, si evince materialmente che Paolo Borsellino era stato delegato, insieme al suo collega dell’epoca Vittorio Aliquò, alla trattazione delle indagini scaturite da quell’anonimo, dalla fine di giugno ‘92 fino al giorno della sua morte. Nell’esposto anonimo, tra l’altro, si sosteneva che Mannino avesse incontrato Totò Riina in una sacrestia di San Giuseppe Jato (Pa). Una sorta di preludio della trattativa. Lo stesso Borsellino aveva a sua volta delegato la polizia giudiziaria a effettuare ulteriori indagini sul caso specifico. Di questi fatti riferiscono anche altri testimoni.
Così come riportato dall’ex tenente dei carabinieri che aveva collaborato con Paolo Borsellino, Carmelo Canale, l’incontro del 25 giugno 1992 tra gli ufficiali del Ros Mori, De Donno e il giudice Borsellino non era finalizzato alla discussione del rapporto mafia e appalti, ma bensì alla trattazione del “Corvo 2”. Tra coloro che si erano preoccupati di quell’esposto anonimo c’erano anche l’agente dei Servizi segreti Angelo Sinesio che, dopo la strage di via D’Amelio, aveva chiesto ossessivamente al pm Alessandra Camassa quali fossero le ultime indagini di Borsellino e l’ex numero 3 del Sisde Bruno Contrada che più volte si era incontrato al Ministero con Subranni e Mannino. “Non può davvero sfuggire il motivo per cui Contrada, indicato nelle agende come presente ai primi incontri Mannino-Subranni, fosse fino a tal punto interessato a sapere a quali risultati su Mannino e sul Corvo 2 fosse arrivato con la sua indagine Paolo Borsellino prima di morire”, aveva sottolineato Tartaglia durante la sua requisitoria. Per poi aggiungere amaramente che Sinesio non era stato l’unico in quel momento storico “a fare il ‘cane da guardia’ di Mannino per conto di Contrada, e cioè ad informarsi con tanta insistenza di eventuali indagini dell’autorità giudiziaria nei confronti di Mannino”.
E’ importante evidenziare che ci sono documenti a dimostrazione dell’atteggiamento “in contrasto radicale con lo sforzo investigativo della Procura di Palermo, serbato da alcuni Ufficiali del Ros, in particolare dall’ex generale Antonio Subranni, in relazione a questo anonimo”. Si tratta di due lanci Ansa del 2 luglio 1992 e di un biglietto dello stesso Subranni, indirizzato all’allora Procuratore della Repubblica di Palermo, Pietro Giammanco. “Caro Piero – scriveva l’ex ufficiale del Ros – ho piacere di darti copia del comunicato dell’Ansa sull'anonimo delle otto pagine. La valutazione collima con quella espressa da altri organi qualificati. Buon lavoro, affettuosi saluti Antonio”. Il comunicato allegato recitava così – Roma 2 luglio: “Sono illazioni ed insinuazioni, affermano dal comando generale dei carabinieri riportando valutazione degli organi operativi che stanno valutando il documento, (Ros e Sco) che possono solo favorire lo sviluppo di stagioni velenose e disgreganti. Oggi si può responsabilmente affermare – proseguiva la nota – che talune situazioni, affermazioni, appaiono talmente assurde e paradossali da evidenziare il modo addirittura puerile con cui si cerca di delegittimare gli esponenti politici siciliani e nazionali nel documento indicato”. La nota ufficiale del 3 ottobre 1992, firmata sempre dall’ex gen. Subranni e indirizzata alla Procura di Palermo (in particolare al dottor Aliquò, titolare delle indagini), era ancora più esplicita: lo stesso ex generale ribadiva il giudizio di “inattendibilità” e di “pericolosità” sul contenuto dell’anonimo ma soprattutto chiedeva con insistenza – ed assumendosene espressamente e personalmente la responsabilità – l’archiviazione del procedimento penale relativo al “Corvo 2”.
“In tanti hanno temuto che attraverso le indagini sul Corvo 2 Borsellino potesse arrivare concretamente ad indagare su quella interlocuzione (tra Stato e mafia, ndr) appena iniziata”, aveva sottolineato Tartaglia nella sua requisitoria. Altro che “porcherie”!
Ma di tutto questo Mannino, nella sua esposizione, non ha voluto parlare, anzi si è proiettato in una ricostruzione politica del tutto personale: “Nell'anonimo del 'Corvo 2' si parlava di Scotti e De Mita ed esponenti della Dc siciliana e che per me sarebbe stato opportuno non avanzare candidature nella formazione del governo. Il testo dell'anonimo venne presentato sotto forma di interpellanza dal senatore Libertini. A me il testo venne consegnato da Violante. Evidentemente, rimasi turbato e colpito". "Ne parlai con l'ex ministro Scotti, non più ministro Interno. Uno dei nomi contenuti nel testo anonimo. Parlai con il capo della Polizia di allora, Parisi che mi assicurò che era una manovra di depistaggio e che veniva certamente da Cosa nostra - prosegue Mannino - Parlai anche con il generale Tavormina, con Giuseppe De Gennaro e con il generale Antonio Subranni. Molti attribuirono questo anonimo a Vito Ciancimino”.
L'autodifesa di Mannino è proseguita dal rapporto interrotto con Subranni (da quando “il colonnello Mori ed il capitano De Donno elaborano un testo più ampio del rapporto 'Mafia appalti' dove appare il mio nome ed entra su due trascrizioni telefoniche di assoluta irrilevanza”) alla cattiva memoria di Mancino “che fa oscillare certi ricordi”. Torna anche a prendersela con la stampa, rea di aver trasmesso solo i momenti in cui il Gup Petruzzella lo ha ripreso nella prima giornata riservata alle sue dichiarazioni. A tratti sembra anche prendersela con i Servizi segreti, che potrebbero aver recitato un ruolo nella “messa in scena di un disegno” per colpire la Dc e dipingendola “come il partito della mafia che ha liquidato al suo interno Andreotti ed i suoi uomini”. Ma al di là delle considerazioni e delle disquisizioni l'ex ministro non è mai entrato nel merito dei fatti che vengono a lui contestati.

Incontro con Padellaro
Uno degli altri punti sminuiti notevolmente da Mannino riguarda il suo incontro con l’allora inviato de l’Espresso, Antonio Padellaro. “Colloquio con Calogero Mannino avvenuto nel suo ufficio di via Borgognona 48 alle 17,00 di mercoledì 8 luglio (1992, ndr). Rapporto dell’Arma dei carabinieri che indica Mannino, Andò, Borsellino e due ufficiali dei CC siciliani bersagli della mafia. Si dice anche che la mafia sta preparando nuovi clamorosi colpi per disarticolare lo Stato. Non vado da un mese in Sicilia perché secondo i CC c’è un commando pronto ad accopparmi. Ma io questa settimana andrò lo stesso. Forse i CC possono individuare uno degli attentatori”. Cominciavano così gli appunti di Antonio Padellaro relativi alle confidenze ricevute dall’ex ministro democristiano. Al processo madre sulla trattativa Stato-mafia lo stesso Padellaro aveva raccontato l’origine di quelle parole. Che inizialmente avrebbero dovuto costituire l’ossatura di una vera e propria intervista a Mannino, prima che quest’ultimo la negasse nonostante fosse stata inizialmente concordata. Rileggendo i suoi stessi appunti Padellaro aveva quindi ripercorso la paura strisciante provato dallo stesso ex ministro. Una paura che gli aveva fatto dire di provare “orrore a restare in questa condizione di condannato a morte”. “Maledico il giorno in cui ho cominciato a fare politica”, aveva detto ancora Mannino a Padellaro, per poi definire la Sicilia “una terra maledetta”. Verso la fine di quegli appunti l’ex esponente DC si era lasciato andare ad una considerazione del tutto ambigua. “I carabinieri vogliono che non mi espongo. Sono troppo nel mirino. Ma io ho una gran voglia di raccontare molte cose. E penso che lo farò”. Ma di quelle “molte cose” a cui faceva riferimento Mannino non è mai giunto alcunché all’autorità giudiziaria.

“L’intercettazione” di Sandra Amurri
Anche l’intercettazione “casuale” dello stesso Mannino da parte della giornalista del Fatto Quotidiano Sandra Amurri (21 dicembre 2011) è passata sotto traccia nelle sue dichiarazioni spontanee. Al processo per la mancata cattura di Provenzano, così come dinnanzi alla Corte di Assise di Palermo presso la quale si celebra il processo sulla Trattativa la giornalista aveva ricostruito in aula gli istanti nei quali casualmente aveva captato la conversazione tra l’ex ministro democristiano e l’on. Giuseppe Gargani (Fi). “Hai capito, questa volta ci fottono – aveva detto Mannino a Gargani nella ricostruzione della Amurri –, dobbiamo dare tutti la stessa versione. Spiegalo a De Mita, se lo sentono a Palermo è perché hanno capito. E, quando va, deve dire anche lui la stessa cosa, perché questa volta ci fottono. Quel cretino di Ciancimino figlio ha detto tante cazzate, ma su di noi ha detto la verità. Hai capito? Quello… il padre… di noi sapeva tutto, lo sai no? Questa volta, se non siamo uniti, ci incastrano. Hanno capito tutto. Dobbiamo stare uniti e dare tutti la stessa versione”.
Nelle sue conclusioni Mannino si è pronunciato salvando se stesso e la democrazia cristiana tutta: “Sono in un processo nel quale non dovrei essere, io sono vittima delle minacce, sono vittima dell'intrigo. Lo sono personalmente, non per le conseguenze politiche. Non sarò mai tra quelli che diranno che la Dc è morta per effetto congiunto tra Milano e Palermo, da un lato Tangentopoli e dall'altra Cosa nostra la Dc segnava l'esaurimento di stagioni storiche. E concludo dicendo che anche la Dc usciva vittoriosamente nei confronti di Cosa nostra”. Il processo è successivamente proseguito con l'inizio dell'arringa difensiva dell'avvocato Carlo Federico Grosso che è intervenuto in particolare sulla scelta del capo di imputazione (l'art.338 per “attentato a corpo politico”), sposando le tesi di altri giuristi come Fiandaca e preannunciando quelle che potrebbero essere le richieste finali da parte della difesa (assieme a lui rappresentata dai legali Volo e Montalbano), ovvero in prima battuta la richiesta di assoluzione per mancanza di prove, in seconda l'assoluzione perché il fatto non esiste come reato, ed in terza proporrebbero un problema di legittimità costituzionale sul capo di imputazione, aprendo ad un dibattimento giuridico basato sui cavilli anziché sui fatti. Il processo è stato quindi rinviato al prossimo 24 aprile per la prosecuzione delle arringhe.

Immagine copertina tratta da ilfattoquotidiano.it

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