Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.

03Fotogallery
di Miriam Cuccu - 20 gennaio 2015

Spettacolo, recitazione, musica, letture ed anche un momento di riflessione per ricordare il giorno in cui Paolo Borsellino avrebbe compiuto 75 anni, se non fosse che una bomba il 19 luglio '92 fece saltare in aria il suo corpo insieme a quello degli agenti di scorta che lo accompagnavano. In un affollatissimo teatro Santa Cecilia, il più antico di Palermo (evento organizzato dalle Agende rosse e presentato da Maurizio Midulla e Francesca Capizzi) l'opportunità per riflettere sull'atto d'amore che stava dietro a quella morte: la ferma decisione, per Paolo, di non lasciare la sua Palermo a nessun costo. Sul palco campeggia una foto del giudice. Quella foto è di Letizia Battaglia, fotografa di fama internazionale, palermitana di adozione. "La regalo ai giudici - ha dichiarato - se la portino al palazzo di giustizia. Forse dopo ventidue anni dobbiamo cominciare a sperare". Lo sguardo di Paolo sembra quasi volerle dare ragione.
"Io sono scappato per egoismo, mentre Paolo è rimasto per amore - ha raccontato Salvatore Borsellino ricordando suo fratello, nel corso del dibattito moderato da Aaron Pettinari, redattore di Antimafia Duemila - lui è rimasto a lottare per il suo paese. Quando lessi l'ultima lettera in cui Paolo parlava di "colpevole indifferenza" della sua generazione, credetti che si stesse rivolgendo a me, di colpo risentii nell'orecchio quando mi aveva urlato, tre giorni prima di morire, 'tu te ne sei scappato e ora chiedi di scappare anche a me' quando io gli chiesi di andare via da Palermo. Oggi però - ha continuato l'ingegnere Borsellino, fondatore del movimento delle Agende rosse - ho ritrovato la speranza nei giovani, la stessa che Paolo nutriva verso di loro". Di Paolo conserva un vivido ricordo Umberto Lucentini, giornalista e autore del libro "Paolo Borsellino, il valore di una vita" (San Paolo Edizioni): "Il Procuratore ci ha lasciato il grande valore dell'esempio da seguire - ha ricordato - nella sua assoluta semplicità, nel suo grande rigore morale ha 'costretto' molti di noi a scegliere da che parte stare".

Foto © Antonella Morelli

Click to enlarge image 01.JPG

© Antonella Morelli


Come lui anche la moglie, Agnese Borsellino (deceduta a maggio 2013) ha tracciato una linea di speranza, ma anche di urgenza, nel suo grido di verità dopo la bomba in via D'Amelio: "Agnese quando mi cercò disse 'bisogna fare qualcosa per i magistrati di Palermo' - ha raccontato Salvo Palazzolo, cronista di Repubblica e autore, insieme ad Agnese Borsellino, del libro "Ti racconterò tutte le storie che potrò" (Feltrinelli Fuochi) - proprio nel periodo in cui, ci dice oggi il pentito Vito Galatolo, a dicembre 2012 si svolse un summit per un attentato a Di Matteo. Forse Agnese, prima di tutti, aveva capito qualcosa. Di lei ora ci resta il suo coraggio e l'appello di raccontare storie a questa città". Palazzolo stesso ha poi rivolto un appello "al carabiniere assolto (Giovanni Arcangioli, ndr) che aveva in mano la borsa del giudice" subito dopo lo scoppio della bomba il 19 luglio '92, affinché "ci aiuti a ricostruire cosa è accaduto". Perchè, nonostante si sia arrivati al quarto capitolo del processo sulla strage di via D'Amelio, il nuovo anno si è aperto ancora una volta senza aver accertato la verità sui veri registi che, da dietro le quinte, orchestrarono l'eliminazione del giudice. "Vedremo se in questo 2015 il nuovo Capo dello Stato - ha riflettuto Giuseppe Pipitone, cronista del Fatto Quotidiano e de L'Ora Quotidiano - deciderà di cambiare il corso della storia e non raccogliere l'eredità dei conflitti di attribuzione (sollevati a suo tempo contro la Procura di Palermo per le conversazioni intercettate tra Napolitano e l'ex ministro Mancino, ndr) o se ci sarà un atteggiamento diverso da parte del premier Renzi, che magari farà una telefonata di solidarietà per non lasciare più soli i pm in prima linea" Di Matteo, Del Bene, Teresi e Tartaglia che si occupano del processo trattativa. "Lo Stato-Renzi e la mafia-Berlusconi, davanti a tutte le tv stanno stipulando il 'patto del Nazareno', questa è una trattativa apertissima - ha commentato Giorgio Bongiovanni, direttore di Antimafia Duemila - e purtroppo, non credo che Di Matteo riceverà mai una telefonata del premier". Bongiovanni ha ricordato al pubblico l'enorme pericolo corso dalla procura di Palermo, ma anche da quella di Reggio Calabria e dai magistrati Nicola Gratteri e Giuseppe Lombardo: "Il livello delle loro indagini è andato troppo oltre, arrivando a quei fili a cui lo Stato, o personaggi che l'hanno occupato, non vogliono che si arrivi, e per questo oggi c'è il rischio di una strage. Troveremo la verità su via D'Amelio - ha continuato - solo quando scoperchieremo quella pentola che è la mafia economica, in grado di condizionare qualsiasi governo vinca alle elezioni".

Foto © ACFB

ANTIMAFIADuemila
Associazione Culturale Falcone e Borsellino
Via Molino I°, 1824 - 63811 Sant'Elpidio a Mare (FM) - P. iva 01734340449
Testata giornalistica iscritta presso il Tribunale di Fermo n.032000 del 15/03/2000
Privacy e Cookie policy

Stock Photos provided by our partner Depositphotos