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lo-voi-francodi Aaron Pettinari - 17 dicembre 2014
Votato a maggioranza. Battuti Lari e Lo Forte
La poltrona di Procuratore Capo a Palermo non è più vuota. Dopo mesi di rinvii il Csm ha deciso e al vertice di una delle procure più importanti d'Italia siederà Francesco Lo Voi, 57 anni, attualmente rappresentante italiano a Eurojust. Una nomina giunta con il voto della maggioranza del plenum del Csm, ottenendo i voti dei togati di Magistratura Indipendente, dei laici di entrambi gli schieramenti e dei vertici della Cassazione, per un totale di 13 voti. Lo Voi ha quindi battuto la concorrenza degli altri due candidati, il procuratore di Caltanissetta Sergio Lari e quello di Messina Guido Lo Forte.

Per il neo procuratore Capo, alla prima esperienza dirigenziale, si tratta di un ritorno nel capoluogo siciliano dove è stato prima pretore e poi sostituto alla procura ordinaria e anche a quella generale. Sono stati quindi confermati i “rumors” tra gli uffici del Palazzo di giustizia che già questa mattina indicavano proprio Lo Voi come il candidato che sarebbe stato eletto. Magistratura Indipendente ha quindi vinto il “braccio di ferro” che si era manifestato negli ultimi quattro mesi.

Il ribaltone quirinalizio
La nomina del Procuratore Capo che avrebbe dovuto succedere a Francesco Messineo (andato in pensione i primi di agosto) era stata bloccata lo scorso luglio con l'intervento diretto del Quirinale che scrisse una lettera in cui veniva indicato al Csm di procedere con maggiore urgenza alla nomina degli incarichi vacanti da più tempo, nonostante fossero già stati indicati i nomi di Lo Forte (che lo scorso luglio aveva ottenuto tre voti), Lari e Lo Voi (un voto a testa). Un voto ribaltato con la nomina dei laici da parte del Parlamento per un Consiglio superiore della magistratura mai così filo governativo. Basti pensare a Giovanni Legnini eletto vicepresidente dopo essere stato sottosegretario di Matteo Renzi. Da qui è partita la ricerca di un nuovo equilibrio per giungere all'elezione del nuovo Capo Procuratore. E se da una parte c'erano le pressioni provenienti dall'indirizzo politico sancito con il patto del Nazareno tra il premier e Silvio Berlusconi (benedetto dallo stesso Napolitano), dall'altra si sviluppavano nuove logiche correntizie. Non è un segreto che Magistratura Indipendente era stata estromessa da recenti corse ai vertici delle procure di Milano (andata a Bruti Liberati di Magistratura democratica), Torino (andata ad Armando Spataro appartenente a Movimento per la giustizia) e Firenze (dove ad esser nominato è stato Giuseppe Cerazzo appoggiato da Unicost). Così il 4 dicembre scorso la commissione incarichi direttivi era tornata a votare. Stavolta però due voti a testa erano andati a Lari (grazie ai voti dei togati di Area, Lucio Aschettino e Fabio Napoleone) e Lo Voi (in consigliere di MI Claudio Galoppi e la laica di Forza Italia Maria Elisabetta Alberti Casellati, mentre una sola preferenza era stata data a Lo Forte (con il voto del presidente della Commissione Maria Rosaria San Giorgio).

Moderare la trattativa
Il rappresentante italiano ad Eurojust viene ritenuto come un magistrato “moderato”. Nelle funzioni di sostituto alla procura di Palermo, dal '90 al '97, ha condotto indagini di grande rilevanza, come quelle nate dalle dichiarazioni dei collaboratori Baldassarre Di Maggio, Gioacchino La Barbera, Mario Santo Di Matteo; quelle sulla strage di Capaci e sull'omicidio di Ignazio Salvo. In quegli anni è stato pm nei processi a carico di Leoluca Bagarella e Giovanni Brusca. Come pg a Palermo ha partecipato a processi come quello per l'omicidio di don Pino Puglisi. Ma c'è anche chi ricorda che nei giorni immediatamente successivi alla strage di via D’Amelio rifiutò di schierarsi con gli otto pm che si erano dimessi in polemica con il procuratore Pietro Giammanco che aveva osteggiato Paolo Borsellino. Lo stesso da sostituto pg rifiutò di rappresentare la pubblica accusa nel processo d’appello a Giulio Andreotti. Diversamente prese posizione quando fu eletto al Csm appoggiando Pietro Grasso nel confronto con Gian Carlo Caselli per la Dna, e quindi Giuseppe Pignatone in quella per la procura di Palermo che poi vide la vittoria di Messineo. C’è anche chi lo descrive come un “manovratore dietro le quinte” di quell’interpretazione che il Csm diede il 5 dicembre 2001 con una circolare che fissava il termine massimo di permanenza alla DDA per gli aggiunti coordinatori delle indagini antimafia e che di fatto portò Guido Lo Forte e Roberto Scarpinato in “lidi” lontani da Palermo. Un identikit il suo che si sposa con i desiderata provenienti dal Quirinale, in contrasto con la Procura dai tempi del conflitto di attribuzione sollevato per la mancata distruzione delle telefonate tra il Capo dello Stato e l’imputato al processo trattativa Stato-mafia (all’epoca indagato) Nicola Mancino, affinché al Palazzo di Giustizia venga moderato il clima dopo le accuse di protagonismo rivolte ai pm titolari dell'indagine sulla trattativa maturate anche con la gestione dell'udienza del Capo dello Stato al processo. E proprio l’inchiesta sul Patto Stato-mafia sarà uno dei temi più delicati che il neo procuratore di Palermo si troverà a dover gestire dopo la nomina.

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