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caselli-gian-carlo-effdi Francesca Mondin - 27 ottobre 2014
L’ex procuratore a Contromafie ricorda le relazioni tra mafie e pezzi Istituzioni
Alla vigilia dell’udienza del processo trattativa stato-mafia in cui verrà interrogato il presidente Giorgio Napolitano il magistrato in pensione Gian Carlo Caselli, ha espresso solidarietà e vicinanza agli ex colleghi palermitani che stanno svolgendo indagini delicate: “Sul processo non voglio esprimermi in quanto c’è una Corte d’assise competente che ha tutti gli strumenti di conoscenza per decidere però bisogna riconoscere una grande professionalità, coraggio, spirito di servizio e senso del dovere ai pubblici ministeri che si sono inoltrati in un cammino di ricerca della verità, nel rispetto della legge e dell’interesse della collettività, molto difficile e terribilmente in salita”. Quindi ha aggiunto, rispondendo alle domande dei giornalisti a margine degli Stati generali dell’Antimafia di Libera conclusosi domenica a Roma: “Vanno riconosciuti rispetto e stima, non denigrazione e dileggio come talvolta è successo e dare tutta la solidarietà e l’appoggio a chi subisce minacce a partire dal magistrato Di Matteo. E’ importante constatare che chi sta facendo il suo dovere inoltrandosi lungo percorsi che evidentemente  non piacciono a qualcuno, corre dei rischi".

L’ex procuratore capo di Torino ha poi fatto riferimento all’innalzamento dei livelli di tensione e allarme che ci sono stati negli ultimi tempi a Palermo (dalle minacce di Riina, alle intimidazioni al Procuratore generale Roberto Scarpinato, fino al ritrovamento del proiettile israeliano e all’allarme bomba dei giorni scorsi, ndr): “Che questa sia o no una strategia è comunque un fatto molto preoccupante al quale è necessario prestare il massimo dell’attenzione". Ed è proprio partendo da questo aspetto che Caselli ha richiamato la società civile a vigilare e prendere una posizione perché “non può stare alla finestra pensando che questi problemi siano soltanto di guardie e ladri”. Dal palco infatti il magistrato ha spiegato che il quadro devastante in cui si trova il nostro paese è determinato anche dal fatto che tra le due parti dell’Italia che si fronteggiano, legalità e criminalità organizzata “c’è una palude molto ampia di indifferenza che non riesce a vedere e non si dota di strumenti per conoscere”.

Il magistrato ora in pensione, che per un periodo ha diretto la procura di Palermo dopo le stragi del ’92, ha inoltre rimarcato la grossa responsabilità di una parte delle Istituzioni che da sempre ha convissuto con la criminalità organizzata: “Se le mafie ci sono ancora dopo due secoli significa che non si tratta di gangster ma di una rete di relazioni con l’esterno cioè coperture, collusioni, omertà, interessi reciproci e affari in comune con pezzi consistenti delle Istituzioni, politica, economia, finanza ecc che con la mafia crescono. Finché questo durerà - ha concluso Gian Carlo Caselli - noi avremo a che fare con la mafia".
“Nella nostra politica ci sono ottime intenzioni che si devono però tradurre in concreta operatività, ma ci sono anche dei soggetti che frenano ad esempio il funzionamento  della giustizia perché temono che vengano toccati i loro interessi".

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