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quirinaledi AMDuemila - 25 ottobre 2014
L'esame del capo dello Stato da parte del legale di Totò Riina, ammesso dalla Corte d'Assise che celebra il processo sulla trattativa Stato-mafia, potrebbe slittare e non svolgersi il 28 ottobre, data fissata per la deposizione, al Quirinale, di Napolitano. Nell'ordinanza con cui viene ammesso l'interrogatorio del legale al presidente della Repubblica - finora il teste era stato citato solo dai pm - la Corte scrive: "la nuova prova richiesta dalla difesa sarà assunta secondo l'ordine stabilito dall'art. 496 comma 1 del c.p.p, salvo che le parti non dovessero concordare un diverso ordine di assunzione della prova".
Secondo quanto stabilito dalla legge a sentire prima i testi deve essere il pm, poi le parti civili, poi i legali degli imputati. Quindi il 28 il legale di Riina potrebbe escutere il capo dello Stato solo in controesame e non interrogandolo sul suo articolato di prova. Il suo turno di esame potrebbe quindi slittare approssimativamente tra un anno. A meno che le parti non si accordino - ma la Procura non sarebbe propensa a farlo - per consentire all'avvocato di fare contestualmente controesame ed esame del testimone. 

Guardando alle udienze passate è già capitato un caso simile in occasione dell'audizione del Presidente del Senato Pietro Grasso. Allora fu l'avvocato Basilio Milio (difesa dei generali Mario Mori ed Antonio Subranni, ndr) a richiedere di poter escutere il teste non solo in controesame. Allora sia la Procura che l'Avvocatura dello Stato si opposero e lo stesso Grasso disse di non essere comunque pronto a rispondere alle domande sul capitolato di prova del legale dei due ufficiali del Ros. E non è remota l'eventualità che l'opposizione possa ripetersi anche all'udienza quirinalizia. Da parte sua l'avvocato Cianferoni, su indiscrezione riportata dall'Ansa, replica: “Sarebbe una grossa anomalia rispetto alla prassi che quotidianamente viene eseguita in ogni processo. Capisco che tra un anno Napolitano potrebbe non essere più Presidente della Repubblica ma non capisco a chi giova temporeggiare in una vicenda della quale a me pare il paese abbia aspettato fin troppo a conoscere la verità”.
Secondo l'ordinanza firmata del presidente Montalto la richiesta dei legali del Capo dei capi non è manifestatamente superflua o irrilevante poiché si riferisce a fatti strettamente connessi a vicende già oggetto di ricostruzione nell'ambito della istruzione dibattimentale in corso”. Inoltre, scrive la Corte, “la nuova testimonianza del Presidente della Repubblica non incorre in alcuno dei limiti ricavabili dalla sentenza della Corte Costituzionale del 4 dicembre 2012 (quella che risolse il conflitto di attribuzioni tra il Colle e la Procura di Palermo, riconoscendo una serie di prerogative al capo dello Stato, ndr) poiché l'articolato di prova ha ad oggetto fatti e conoscenze del teste esclusivamente riconducibili ad epoca di gran lunga pregressa (anni 1993-1994) all'assunzione della carica”. Secondo Cianferoni Napolitano dovrebbe riferire “se nel luglio-agosto-settembre 1993, o anche successivamente, sia stato notiziato, e posto dunque in condizioni di maggiore tutela, rispetto a un possibile specifico attentato attinente specificatamente la Sua persona in allora Presidente della Camera, nell'ambito di pressioni e specifiche condotte minatorie occorse nel periodo del 1993/1994 come riferite alla sua persona”.

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