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"Neneco" Acosta, servito su un piatto d'argento
acosta-neneco-vilmar-2di Jean Georges Almendras* - 16 maggio 2015

Molto curato l’aspetto fisico ed il suo abbigliamento. Capelli corti, barba appena rasata. Volto inespressivo. Modo di fare calmo. Praticamente solo, da l’immagine di un uomo prigioniero della paura e dell'incertezza. Vilmar "Neneco" Acosta Marques prende posto su una sedia nell’aula del Tribunale di Campo Grande, Brasile, dove si tiene la prima udienza pubblica per l’identificazione delle persone, prima di essere - un giorno - estradato in Paraguay, dove è accusato di essere il mandante dell’omicidio del giornalista Pablo Medina e della sua assistente Antonia Almada, tra altri gravi delitti.
È venerdì 8 maggio 2015. Oggi "Neneco" Acosta, ex sindaco di Ypehjú, è in manette, controllato dai poliziotti. Sono lontani i tempi delle comodità e dei privilegi di cui godeva come sindaco. Sicuramente si trova a vivere una delle situazioni più scomode e difficili della sua vita, fosse solo per trovarsi alla mercè delle autorità e, quindi, potrebbe, (giustamente) essere caricato su un aereo per essere trasferito ad Asuncion, dove sarebbe giudicato ed eventualmente condannato ad una pena di 30 anni di carcere. L'udienza per l’identificazione, che rientra nell’ambito del processo di estradizione sollecitato dalla Giustizia paraguaiana, ha due ragioni: spiegare i motivi della sua detenzione e la richiesta di estradizione sollecitata dallo Stato paraguaiano, e determinare l’identità della persona, cioè, se la persona detenuta è Vilmar Acosta. Ad istruttoria conclusa, la parola spetta alle autorità brasiliane: negare o concedere l’estradizione dell’ex sindaco di Ypehjú.

L’accusa
acosta-almendras-oviedoI mezzi di comunicazione del Paraguay e dell’intera regione, in particolar modo del territorio brasiliano, hanno dato spazio a questa prima udienza che rientra nell’istruttoria aperta a carico di Vilmar Acosta, nel contesto delle indagini sul duplice omicidio di Pablo Medina ed Antonia Almada. I due morirono crivellati dai colpi di armi da fuoco, in un agguato avvenuto il 16 ottobre 2014, mentre, di ritorno da un servizio giornalistico, viaggiavano su un camioncino lungo una strada rurale nella regione di Villa Ygatimi, a Curuguaty. Solo Rut Almada, sorella di Antonia, sopravvisse all’attentato, sfuggita miracolosamente ai proiettili, trovandosi sul sedile posteriore del veicolo. Un imprevisto dannoso per i criminali che fece sì che la notizia si diffondesse pochi minuti dopo. Fu Rut stessa ad allertare le autorità tramite un cellulare, mentre si trovava ancora sotto shock. Rese inoltre possibile identificare i due sicari Wilson e Flavio Acosta, parenti diretti di Vilmar Acosta, mandante assoluto del mortale attacco, fino a quel momento sindaco di Ypehjú.  

Alla sbarra
Oggi, trascorsi sette mesi circa da quel pomeriggio di morte e di piombo, Vilmar è un uomo finito, ammanettato come un imputato di mafia. Guarda con diffidenza i presenti nella sala dove si svolge l'udienza pubblica presso il Tribunale Federale di Campo Grande. Prima dell'attentato di Villa Ygatimi la società paraguaiana lo vedeva sorridente ed orgoglioso nella sua veste di "cittadino onesto" e di "sindaco" virtuoso, altruista e pienamente immerso nell'attività politica. Ma oggi, 8 maggio, la società paraguaiana (ed il mondo), non lo vede più allo stesso modo. La sua immagine è quella di un delinquente, un mafioso, un individuo carente di ogni scrupolo, messo alle strette ed al punto di essere consegnato nelle braccia della Giustizia del Paraguay.  
Giornalisti paraguaiani, funzionari del Consolato paraguaiano in Brasile e della Procura paraguaiana (in qualità di osservatori), funzionari della procura brasiliana e personale della sicurezza di Campo Grande, costituivano la platea della sala. Nessun familiare, né amici dell'ex sindaco, seppure si trattasse di un'udienza aperta al pubblico. Vilmar "Neneco" Acosta era solo, contro il mondo. La stampa non ha potuto fotografarlo né filmarlo. Solo alla difesa e alla procura è stato concesso di registrare l'audio dell’udienza presieduta dal giudice Rodrigo Capez.  
"Neneco" Acosta era accompagnato dai suoi avvocati, i dottori Anderson Rodríguez e Hervitan Cristian Carulla. Al momento di parlare, è stato molto specifico, ratificando di essere brasiliano, come aveva affermato al momento del suo arresto in un piccolo negozio lungo la frontiera i primi di aprile. Ma in questa occasione, alla sua arringa difensiva ha aggiunto una componente drammatica: la sua vita sarebbe in pericolo in Paraguay. Così semplice. Così chiaro. Così sfacciato.  
Alla stampa paraguaiana, il giudice per gli Affari Internazionali Dr. Juan Emilio Oviedo (solo come osservatore), - accanto al magistrato brasiliano Analicia Ortega Hartz durante l'udienza – ha commentato l'intervento dell'ex sindaco di Ypehjú ricordando: “Lui ha detto che non vuole essere estradato, che è brasiliano e che diversi politici in Paraguay lo vogliono morto, è perseguitato e teme per la sua vita". Presenti all’udienza, oltre al magistrato Oviedo, il direttore di “Affari Legali del Ministero di Affari Esteri Dr. Ruben Ortíz ed il console paraguaiano di Campo Grande, Angel Gill  Lesme.  
Successivamente Oviedo ha ricevuto Antimafia Dos Mil Paraguay ed Uruguay nel suo ufficio, nella sede del Ministero Pubblico, ad Asunción. Ci ha raccontato che Vilmar Acosta era nervoso, che lo vedeva come stesse vivendo la situazione attuale nell’incertezza.
Oviedo ha espresso con enfasi: “Noi abbiamo fornito in un vassoio alla giustizia brasiliana quanto era necessario per risolvere per l’estradizione. Abbiamo consegnato loro un voluminoso espediente riassuntivo, con prove, file, informazioni, documenti. Dal Paraguay abbiamo fatto il tutto celermente. Ed io credo che il giudice brasiliano sia convinto che Vilmar Acosta è paraguaiano. Lui non deve considerarsi un perseguitato politico. Assolutamente, perché è responsabile di un fatto criminale, che va oltre il delitto in se. Questo crimine va contro la libertà di stampa. Io credo che la giustizia brasiliana si renderà conto che un no all’estradizione comporterebbe delle conseguenze bilaterali. Voglio dire inoltre che non è la stessa cosa essere giudicato in Brasile piuttosto che in Paraguay, dove il crimine è stato compiuto. Arrivare all’estradizione significherebbe dare un chiaro messaggio contro l'impunità", e ha aggiunto “l’attacco criminale contro la vita di Pablo Medina è maturato a causa degli articoli che scriveva il giornalista. Non era una fattore politico”. Oviedo ha precisato inoltre che in uno Stato di Diritto non si possono ignorare certi requisiti e procedimenti legali. Ha affermato che l'estradizione era l’unica strada da percorrere e non l’espulsione dal Brasile, perché significherebbe che si stanno applicando gli stessi parametri come nei tempi del Piano Condor.
Per concludere, alla domanda sull'eventualità che "Neneco" abbia goduto dell’appoggio di politici, sia per fuggire dal paese che per coprire la sua latitanza, essendo che la polizia lo cercava nei suoi posti abituali, Oviedo ha risposto:
"Ci consta che ha contato sull’appoggio di persone, ma non possiamo affermare che abbia avuto l’appoggio di politici, almeno per quanto riguarda la sua fuga dopo il crimine. Come politico, sicuramente è stato appoggiato dal suo stesso schieramento al momento di candidarsi a sindaco, ma voglio chiarire che non ci sono prove che la sua fuga sia stata appoggiata da politici".  
Per quanto riguarda la risoluzione della Giustizia brasiliana il dottore Juan Emilio Oviedo è stato categorico: “Ci sono scadenze. Procedimenti. È imprevedibile. Come ho detto prima, la Giustizia del Brasile ha tutto nelle mani. Ripeto. Abbiamo dato loro tutto in un vassoio. Speriamo che l'estradizione di ‘Neneco’ non si faccia attendere come quella di Peirano dall’Uruguay al Paraguay".  
acosta-oviedo-docIl giudice Oviedo è stato intervistato anche da altre testate giornalistiche: "Se Vilmar afferma di essere brasiliano, non può chiedere asilo. Credo sia una strategia da lui adottata, in caso fosse dichiarato paraguaiano, allora lui chiede asilo. In realtà non dovrebbe parlare di asilo, ma rifugio. Secondo il mio criterio è una questione che non ha base”, ha dichiarato Oviedo ad un giornalista del diario Ultima Hora.  
"Dopo l’udienza la difesa di Vilmar Acosta ha dieci giorni per presentare la sua arringa. Dopo toccherà alla Procura Generale del Brasile emettere il suo giudizio in quanto all’estradizione" ha spiegato Oviedo ai giornalisti di ABC Color.   
"Parallelamente al processo per l'estradizione di ‘Neneco’ è in corso nel Tribunale di competenza di Sete Quedas, la causa per definire la sua nazionalità. Vilmar dovrà essere presente all’udienza che si terrà probabilmente il 25 maggio prossimo. Il tribunale paraguaiano sostiene che Acosta è paraguiano e che è nato ad Ipehjú, mentre che le difesa del detenuto imputato di essere il mandante dell’omicidio di Medina e di Almada che assicura che Vilmar Acosta è nato a Paranhos, Brasile, ed è di nazionalità brasiliana”, ha detto Oviedo ai suoi colleghi di Ultima Hora.
Il pubblico ministero di Affari Internazionali Juan Emilio Oviedo, dialogando con i colleghi di ABC Color, ha qualificato positivamente l'avanzamento del processo e gli sviluppi dell'udienza, dove per la prima volta Vilmar Acosta ha avuto l'opportunità di dichiarare pubblicamente, fornendo la propria versione. Alle autorità del Brasile, il procuratore generale dello Stato, Dr. Javier Díaz Verón, ha assicurato che in caso di estradizione Vilmar Acosta avrebbe garantito un giusto processo.  
Risultano ancora latitanti Wilson Acosta e Flavio Acosta, fratello e nipote rispettivamente di Vilmar Acosta, e autori materiali del doppio crimine, di cui non si ha traccia.
Il ritmo cittadino nelle vie di Asunción, in questi freschi giorni del mese di maggio, non si assopisce né rallenta per le udienze giudiziari in corso per il caso Medina. Tutto trascorre con una naturalità incredibile. Quella naturalità garantita dalla routine delle popolazioni. Popolazioni a volte estranei a quanto succede al di là del proprio orizzonte, perché assopiti dalla lotta per la vita. Una lotta giornaliera e spesso crudele, frutto di un consumismo violento e dannoso che sottomette e narcotizza. I cittadini del terzo millennio, di oggi - i lavoratori, di sempre - si affollano negli autobus che circolano sobbalzando, a causa del pessimo stato dell’asfalto delle strade di Asunción. Viali e strade di traffico intenso, macchine di lusso che si mescolano a persone senza soldi in tasca, dall’espressione stanca e stressate da bollette arretrate non pagate, e sotto pressione.
I viali e le strade di Asunción sono prese d’assalto da bambini e ragazzine, quasi adolescenti (molte di loro già madri), che sopravvivono come venditori informali o deambulando senza meta fissa. Sempre meglio che ritornare a casa dove trovano violenza, maltrattamenti ed abusi sessuali. Viali e strade di Asunción, nelle cui piazze si vendono e si rivendono speranze, prodotti artigianali e succhi di arancia. Dove si lustrano scarpe e si partecipa ad un “giro di terere’.
Una città al ritmo di una popolazione immersa nella lotta per sopravvivere giorno per giorno. Una quotidianità vissuta gomito a gomito con il narcotraffico, con la narcopolitica e da sette mesi con la morte del giornalista Pablo Medina. Ma certo, una morte, che se ben eccellente e che ha trovato spazio nei media, non è stata ancora beneficiata dalle braccia della giustizia, perché ancora il mandante resta impunito.
Ecco il Paraguay oggi, che cerca di abbattere questo muro d’impunità, non solo per far sì che sia fatta giustizia, ma perché si possa credere in essa e negli uomini che dicono di amministrarla.  

#Foto di copertina di Vilmar "Neneco" Acosta. Foto di Abc Color  
#Foto al centro. Giudice Affari Internazionali, Juan Emilio Oviedo, in conversazione con Jean Georges Almendras della Redazione dell’Uruguay ed Omar Cristaldo della Redazione del Paraguay. Foto ADM Paraguay.
#Foto in basso. Espediente inviato dalla Procura del Paraguay alla Giustizia del Brasile. Foto di ADM Paraguay.  

* inviato speciale ad Asuncion, Paraguay



VIDEO Documentario Pablo Medina: Morte di un Giusto
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NOTA
Arrestato Neneco, in attesa per l'estradizione dal Brasile
L'ex sindaco di Ypejhú, Vilmar Neneco Acosta Marques, principale sospettato del duplice assasinio Medina-Almada è stato catturato il giorno 4 marzo 2015 nella località di Naviraí dello stato brasiliano del Mato Grosso del Sur, circa 300 km a est del dipartimento di Canindeyú (Paraguay).
Vilmar Neneco Acosta, ricercato dalla polizia paraguaiana dall'ottobre scorso è stato arrestato grazie al lavoro congiunto degli agenti della Sezione di Investigación de Delitos di Asunción e degli agenti della Polizia Civile del Brasile.
Ora la giustizia paraguaiana sta attendendo l'estradizione dal Brasile per poterlo finalmente processare. Estradizione però negata pochi giorni fa dalle autorità brasiliane. A riguardo le autorità competenti non si sono ancora espresse ma il motivo potrebbe ricondursi alla questione della doppia nazionalità Paraguay - Brasile dell'ex primo cittadino di Ypejhù.
Lo stesso Vilmar Neneco Acosa infatti sosterrebbe di avere solo la nazionalità brasiliana, negando di essere un cittadino paraguaiano.
Al momento il presunto capo dei narcos e mandante dell'omicidio Medina-Almada è recluso in carcere preventivo, nella sede centrale della Polizia Federale di Campo Grande, capitale dello stato di Mato Grosso del Sud.


Riproponiamo il video dedicato al nostro fraterno amico Pablo Medina, rieditato con nuove immagini della vita del giornalista assassinato barbaramente lo scorso 16 ottobre dalla mafia paraguaiana

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Mandante omicidio Medina, a breve l’estradizione in Paraguay
acosta-neneco-vilmar-1di Jean Georges Almendras - 21 aprile 2015
I pm paraguyani vincono la prima battaglia contro la mafia
Non si conosce ancora ufficialmente la data precisa dell’estradizione di Vilmar "Neneco" Acosta nella città di Asunción, in Paraguay, ma questa potrebbe avvenire entro il mese di maggio, dato che le autorità brasiliane avrebbero già deciso in merito.   
Se la notizia si concretizzerà, sarà uno dei successi più importanti della Procura e della Giustizia del Paraguay. Il detenuto, infatti è imputato per un omicidio che ha trasceso i confini locali, regionali ed internazionali.  
Secondo quanto appreso da alcune fonti le procedure burocratiche formali per l’estradizione dell’ex sindaco di Ypejhú in Paraguay si sono svolte senza difficoltà e di conseguenza potrebbe avvenire a breve, sebbene si ignori ad oggi la data esatta del trasferimento alla città di Asunción, dal centro di reclusione brasiliano dove si trova, nelle vicinanze della regione di frontiera con il Paraguay.  
Nessuna dichiarazione è giunta dalle autorità paraguaiane, ma ad ogni modo si percepisce un clima di speranza affinché sia fatta giustizia sul doppio crimine che ha profondamente scosso la società paraguaiana.  
L’omicidio del giornalista Pablo Medina e della sua assistente Antonia avvenne il 16 ottobre scorso nei paraggi di Ygatimí, regione di Curuguaty, centro nevralgico delle attività dei narcotrafficanti, un’area di confine dove Vilmar Acosta, capo dell’omonimo clan, dominava il traffico di marijuana e seminava terrore mediante minacce e violenze, una zona dove gli omicidi erano la quotidianità.
Dopo l'omicidio Medina-Almada, Vilmar Acosta fu immediatamente indicato come uno dei principali mandanti del duplice omicidio e sentendosi braccato, non ha avuto altra alternativa che allontanarsi dai suoi posti abituali, abbandonando il suo incarico di sindaco a Ypejhú. Gli autori materiali sono stati identificati in suo fratello e suo nipote, probabilmente spalleggiati da altre persone. La polizia del Paraguay, ad ogni modo, prosegue nella loro ricerca.
Da quel momento sono iniziate le operazioni della polizia, che ha perquisito anche una proprietà della famiglia Acosta, dove si produceva e immagazzinava la droga che successivamente veniva commerciata sia nel paese che all'estero. Alcune persone sono state indagate ed arrestate per presunto vincolo o concorso nei fatti di Ygatimi come l’autista di Neneco che, dopo l’arresto, ha confermato che sarebbe stato quest'ultimo a dare l’ordine di uccidere il giornalista.
Con l’omicidio di Medina e Almada viene sferrato un nuovo violento attacco contro la libertà di stampa. Dal 1991 ad oggi, infatti, il narcotraffico che opera lungo la frontiera con il Brasile ha ucciso 16 giornalisti colpevoli di denunciare apertamente atti di corruzione di narcos e politici conniventi, in zone dove il contrabbando, la corruzione ed il traffico di marijuana sono attività abituali e redditizie dei gruppi criminali che dominano la zona da molto tempo.  
Il giornalista Pablo Medina era corrispondente del giornale ABC Color e svolgeva il suo lavoro in modo professionale ed esemplare, denunciando la corruzione e le attività del narcotraffico, gestite principalmente dal sindaco di Ypehjú, Vilmar Acosta. Il suo lavoro di informazione scatenò l'immediata reazione degli esponenti del crimine organizzato che non tardarono nel decretare la sua morte.  
Le pratiche di estradizione sono state avviate subito dopo l’arresto di Neneco, avvenuto in Brasile circa un mese fa, dopo una serie di incontri delle autorità competenti di entrambi i paesi. Il nodo principale da chiarire era la nazionalità di Acosta, dopo che si era identificato come cittadino brasiliano per sfuggire alla giustizia del suo paese. Risolta la questione è stato certificato che Vilmar Acosta è cittadino paraguaiano e quindi può essere estradato.  
Ora che l’estradizione sembrerebbe essere stata decisa, il detenuto dovrà comparire dinnanzi alla giustizia ad Asunción per rispondere della morte di Medina e della sua assistente, così come della morte dell’ex sindaco di Ypejhú, tra gli altri delitti, con tutta probabilità collegati al narcotraffico.



Il mandante dell'omicidio Medina-Almada vicino all'estradizione?
vilmar-neneco-acosta-wwwradio970amdi Jean Georges Almendras - 18 aprile 2015

Sarà che veramente l'estradizione al Paraguay dell'ex sindaco di Ypejhú, Vilmar "Neneco" Acosta, sta per concretizzarsi e cogliamo all'orizzonte una meritata giustizia per l’omicidio del giornalista Pablo Medina e della sua assistente Antonia Almada, avvenuto il 16 ottobre dello scorso anno. Sarà che le notizie che giungono in Paraguay, sulla risoluzione del Supremo Tribunale Federale del Brasile, che nega la richiesta di sospendere le pratiche per l’estradizione di Acosta, è l'anticamera dell’atteso trasferimento dell'ex politico e capo narcotrafficante per sedersi sul banco degli accusati? Sarà che forse non ci saranno altri ostacoli nel cammino? Le notizie che ci giungono dal Brasile sono in verità una buona novella per tutti noi, e per le famiglie di Pablo Medina ed Antonia Almada.
Poco dopo la settimana Santa le agenzie stampa paraguaiane ed internazionali hanno reso noto che il magistrato brasiliano José Antonio Dias Toffoli, responsabile del caso, ha rifiutato la richiesta della difesa che asserisce che Acosta gode anche della nazionalità brasiliana, fattore che ostacolerebbe la sua estradizione.    
Vilmar Acosta, ex sindaco della città di Ypehjú, militante del Partito Colorado - partito filogovernativo - è stato fermato i primi di marzo in territorio brasiliano, accusato di essere il mandante dell’omicidio di Medina-Almada, da allora latitante per la Giustizia paraguaiana. D'altra parte, è anche accusato di produzione, possesso e traffico di marijuana.    
Praticamente, poco dopo il duplice  omicidio avvenuto in una strada rurale di Villa Ygatimi, le autorità, fermarono alcune persone e identificarono pienamente l’Acosta come mandante dell’assassinio. Medina e la sua assistente, così come altri prima di loro, stavano realizzando delle indagini giornalistiche in una zona di conflitto, flagellata da bande di narcotrafficanti spesso spalleggiati da mafiosi brasiliani e politici paraguaiani, legati strettamente con il braccio corrotto della polizia regionale.    
Secondo alcuni lanci dell’agenzia EFE, ora che il Supremo Tribunale Federale ha disposto di non sospendere le pratiche per l’estradizione, si spera che la vicenda, come sollecitato formalmente dal governo paraguaiano, segua il suo corso in tempi brevi, considerando la gravità dei fatti. Alla luce anche della pratica, ormai abituale in Paraguay, di coprire con il manto dell'impunità le aggressioni contro i giornalisti dal 1991, quando perse la vita Santiago Leguizamón.    
In Paraguay, nei paesi del Cono Sud in genere e anche in Italia, si attende il via libera all'estradizione di "Neneco" Acosta che - al momento - rimane recluso in una prigione di Campo Grande, Brasile.    
Le autorità paraguaiane hanno già consegnato formalmente la domanda di estradizione contenente il certificato di nascita di Acosta, che ratifica che è cittadino paraguaiano, nato ad Ypejhú (Dipartimento di Canindeyú) il 13 Luglio del 1975.    
Al momento del suo arresto in Brasile, l'ex sindaco aveva esibito un documento brasiliano dando origine alla polemica intorno alla sua cittadinanza, fino a quando, finalmente, il Governo del Paraguay dimostrò che Acosta è cittadino paraguaiano, elemento chiave per procedere alle pratiche per la sua estradizione, regolato alla normativa vigente.    
Alcuni mezzi stampa di Asunción riferiscono che Acosta è stato accusato di altri omicidi, per ben tre di questi è stato incriminato, mentre per uno è stato rinviato per mancanza di prove.    
Il quotidiano Ultima Hora.com, del Paraguay, riferisce che la prima causa contro di lui fu istruita nel febbraio del 2011, a seguito del ritrovamento di resti umani nella proprietà di suo padre, Vidal Acosta, ad Ypejhú. Entrami furono accusati di omicidio colposo. Ad indagare su quel delitto fu il magistrato Ninfa Aguilar, affiancata da Diosnel Giménez e Miguel Ángel Rojas. Il primo rinunciò alla sua carica, mentre il secondo è ancora magistrato.    
Il quotidiano paraguaiano riferisce anche che dopo oltre tre anni dal ritrovamento dei resti umani - ossa e cuoio capelluto - la Procura non ha mai realizzato il test del DNA per stabilire a chi appartenessero. Di conseguenza, il magistrato che successivamente si occupò della causa, Néstor Cañete, dovette sollecitare l'archiviazione per Vilmar Acosta e suo padre.    
Da non dimenticare inoltre che Acosta era stato incriminato anche di essere il mandante dell'omicidio del suo rivale politico ed ex sindaco di Ypejhú, Julián Núñez, caduto sotto gli spari dei sicari nel quartiere Virgen di Fatima. Il Pubblico Ministero accusò il fratello di Vilmar Acosta, Wilson, e suo nipote Gustavo Acosta, di essere gli esecutori materiali dell’omicidio.
Sentendosi braccato, "Neneco" non ha avuto altra alternativa che allontanarsi dai suoi posti abituali, abbandonando il suo incarico a Ypejhú. Le autorità erano al corrente del suo coinvolgimento con i narcos, e disposero la perquisizione della  tenuta “Dos Naciones”, dove c’era un centro di elaborazione della droga.
Test scientifici della polizia hanno dimostrato che le armi utilizzate per il duplice omicidio, sono le stesse usate per l’omicidio dell’ex sindaco di Ypejhú Julián Núñez, del caposquadra Teodoro González e di un poliziotto brasiliano di nome Marcilicio Di Souza.
Possiamo sperare che finalmente alcuni funzionari pubblici del Brasile e del Paraguay abbiano compreso che dopo circa 17 omicidi nel mondo dell’informazione, per mano del narcotraffico, è giunta l’ora di agire e togliere una volta per tutte il manto dell’impunità? Ci riusciremo o ci aspettano altre sorprese in serbo?

In foto: Vilmar “Neneco” Acosta


Il nostro impegno per Pablo, fino alla morte
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di Sonia Cordella - 18 aprile 2015

I familiari di Pablo Medina e Antimafia Duemila chiedono giustizia a sei mesi dall'assassinio del giornalista e di Antonia Almada
“Non c'è maggiore espressione d'amore di colui che dà la vita per il proprio fratello” sono le parole pronunciate da padre Balbino Mujica, sacerdote della parrocchia di Curuguaty (Paraguay) ricordando il più grande rivoluzionario e martire di tutti i tempi, Gesù Cristo, durante la messa celebrata per la commemorazione del giornalista Pablo Medina e della sua assistente Antonia Almada a sei mesi dal loro brutale assassinio. Il sacerdote facendo riferimento all'esempio di vita del giovane nazareno che predicava la giustizia, denunciando le ingiustizie sociali,  sostenendo e difendendo i più deboli, gli umili, gli innocenti ricorda l'esempio di vita di Pablo Medina, uomo retto e sensibile che non perdeva occasione per aiutare anche attraverso il suo lavoro i sofferenti, promuovendo campagne di sensibilizzazione sociale e denunciando la criminalità nel suo paese. “La morte di Pablo è un grido per la nazione e per la nostra comunità! Chiediamo giustizia! Chiediamo al governo che possa cessare questa violenza! Basta impunità!” tuona il sacerdote esortando la società civile a non avere paura di denunciare le ingiustizie provocate dalla corruzione. Terminata la funzione religiosa con la presenza di parenti, amici e colleghi di Pablo ha inizio la manifestazione pubblica  “Giustizia per Pablo” in un locale adiacente alla chiesa, organizzata da Antimafia Duemila redazione Paraguay, in collaborazione con la famiglia Medina. L'evento è trasmesso in diretta da Radio Popular di Canindeyu e grazie al direttore Don Ramon Ruiz è stato pubblicizzato durante tutta la settimana dai microfoni della sua emittente. Omar Cristaldo dà inizio all'incontro ricordando la caratura morale del giornalista assassinato il 16 ottobre 2014 nella regione di Curuguaty,  presentando i relatori che si susseguono durante la mattinata. “Per noi è un onore essere qui, la rivista antimafia nasce proprio come frutto della lotta di Pablo Medina per iniziativa del direttore e fondatore della rivista italiana, Giorgio Bongiovanni” dice il direttore di Antimafia Duemila Paraguay Jorge Figueredo, “Bongiovanni era amico e compagno di lotta di Pablo Medina” prosegue spiegando le finalità del giornale e ricordando che “ogni cittadino ha una responsabilità non solo con la sua città ma con tutto il Paese”. Il giudice Figueredo prosegue esortando i cittadini ad apportare il proprio contributo dietro l'esempio di questo grande uomo.  “Questa è una città condizionata dal crimine organizzato” continua, ricordando che solamente uniti nella protezione di uomini che lottano per la verità e la giustizia ci può essere la speranza di un nuovo paese. “Chiedo alla gioventù qui presente di prendere l'esempio di Pablo che ha dato la vita per tutti noi. Non dobbiamo avere paura di lottare per la verità e la giustizia” conclude Figueredo. “Pablo è stato la voce di coloro che non avevano voce” afferma padre Mujica “e il suo sangue grida giustizia per tutti coloro che hanno subito e subiscono violenza, per le persone vittime della povertà, della corruzione e del narcotraffico”. Alle parole del sacerdote seguono quelle di Gaspar Medina, fratello di Pablo, che con impeto in lingua autoctona guaranì punta il dito contro la corruzione e la politica legata ai narcos presente all'interno dei tre poteri dello stato, contro la stampa asservita al potere, chiamando all'appello l'ex ministro della corte suprema Victor Nunez e il presidente della repubblica Horacio Cartes chiedendo verità e giustizia sul barbaro assassinio di suo fratello. “Voglio dire una cosa, in particolare ai giovani: dobbiamo dare valore alla vita” esorta con intensità Gaspar Medina sottolineando la necessità di lottare prendendo esempio da chi come Pablo ha dato la vita per una società più giusta. “La sua vocazione era trasmettere la verità ai suoi simili, io so che nell'aldilà sarà felice perchè è andato via compiendo la sua missione, facendo il suo dovere” il dolore ancora fresco nei fratelli Medina viene trasmesso in queste parole cariche di rabbia e sete di giustizia. E' Francisco Medina ora a parlare spiegando quanto suo fratello avesse capito gli intrecci criminali del clan Acosta e pur avendo pubblicato varie volte articoli di denuncia contro gli affari sporchi del sindaco di Ypejhú non fu appoggiato, sostenuto e protetto, anzi fu screditato proprio da colui che era il massimo rappresentante della giustizia, il ministro Nunez, e quindi fu lasciato solo. “Io chiedo a tutte le autorità che nel momento che devono giudicare i delinquenti non prestino il loro braccio per coprirli. Chi ha ucciso Pablo in questo momento è protetto. Dovrebbero averlo preso ed apparentemente è privato in questo momento della libertà ma la storia non deve terminare lì! Dobbiamo sapere se è vivo o morto e deve essere giudicato in una piazza pubblica!” Grida Francisco Medina rivolgendosi alle autorità giudiziarie e ricordando con commovente passione l'onestà e l'incorruttibilità del fratello, “il suo possa essere un esempio perchè mai possa accadere nuovamente niente del genere” conclude.


Omar Cristaldo porgendo il saluto a don Pablo, il padre dei fratelli Medina che non trova la forza di parlare, ricorda che la famiglia Medina ha perso tre fratelli, tutti e tre martiri della giustizia, Salvador, Salomon e Pablo e pochi mesi fa è deceduta la loro madre Angela non reggendo al dolore dell'ultimo figlio trucidato per mano mafiosa. Olga Bianconi, seconda moglie di Pablo e madre di due dei suoi figli si unisce alla richiesta di verità e giustizia per la perdita del marito. “Siamo stati molto vicini al lavoro che faceva e ci sentiamo quindi molto preoccupati perchè non si tratta solo di un assassinio fisico ma anche di un tentativo di far tacere la voce del popolo. Viene perpetuata una continua censura attraverso minacce economiche e fisiche contro giornalisti e mezzi di comunicazione, tutte le radio del paese sono minacciate perchè sono la voce del popolo” sostiene Santiago Martinez consigliere comunale di Curuguaty, coordinatore dell'associazione culturale popolare di Canindeyu e proprietario della radio che riprende l'evento, chiedendo protezione per i giornalisti che non hanno paura di dire la verità. La parola passa quindi a Dyrsen Medina, figlia primogenita di Pablo nata dal primo matrimonio: “Voglio intanto ringraziare l'opera di Antimafia Duemila per la costante partecipazione e lotta per chiedere giustizia per mio papà. Io come figlia di un grande uomo e di un eroe della stampa paraguaiana vorrei chiedere dal profondo del mio cuore, specialmente ai giovani, che non siano complici della politica legata ai narcos” raccomanda profondamente commossa “sempre dobbiamo dire la verità, sempre dobbiamo lottare per la verità e per la giustizia. Il mio papà Pablo è un buon esempio da seguire, un valoroso ideale da seguire uniti, con le braccia alzate, per la verità, denunciando la corruzione, la politica dei narcos. Dobbiamo dire basta, non possiamo più permettere che ci siano altre morti come questa. Dopo sei mesi ricordiamo papà Pablo e Antonia con molto dolore e non accettiamo la sua triste partenza ma ci consoliamo con il pensiero che mio padre se n'è andato compiendo la sua missione, quella di dire la verità. Dipende da tutti noi ora non far accadere più queste tragedie. La nostra famiglia è ferma nel chiedere giustizia e non abbasseremo le braccia fino a che non ci sarà giustizia”. Conclude così il suo appello accorato Dyrsen che insieme ai suoi zii, agli amici ed ai colleghi di Antimafia Duemila ha ininterrottamente seguito le indagini portate avanti dai magistrati in questi mesi sul caso del padre, al quale era profondamente legata, rilasciando interviste in varie emittenti pubbliche, alla stampa e organizzando marce e mobilitazioni per scuotere la popolazione civile a una presa di coscienza. “Spero che il popolo di Curuguaty dove lavorava Pablo si renda conto dell'importanza della memoria di questo eroe nazionale paraguaiano” dichiara Giorgio Bongiovanni in collegamento telefonico dall'Italia. “Pablo Medina è stato un grande giornalista, un grande uomo che cercava la verità e la trovava. Adesso dobbiamo chiedere giustizia perchè ancora non ce l'abbiamo - prosegue Bongiovanni - chiediamo alle autorità brasiliane e quelle paraguaiane che accelerino il processo di estradizione per il principale responsabile del suo assassinio, il signor Neneco Acosta, detenuto in Brasile, e spingiamo le autorità affinchè possa presto pagare per il suo crimine. Chiediamo a Neneco che dichiari la verità, che inizi a collaborare con la giustizia e faccia i nomi dei suoi complici mafiosi, politici e potenti che insieme a lui decretarono la morte di Pablo Medina. Il Paraguay deve essere liberato da mafiosi e narcotrafficanti. Il popolo vive nella miseria perchè questi criminali che stanno al vertice dello stato continuano a trattare con le mafie”. Il direttore di Antimafia Duemila Italia, rivolgendosi ai grandi mezzi di comunicazione, chiede che il popolo venga messo a conoscenza e sensibilizzato su quanto sta accadendo nel paese e che la gente vinca la paura e dichiari ciò che sa affinchè possa essere fatta giustizia e il popolo possa divenire nuovamente libero. Rivolgendosi poi alla famiglia Medina, Bongiovanni conclude: “Il nostro impegno per trovare la verità e fare giustizia su Pablo sarà totale. Fino alla morte”. L'evento commemorativo termina con le parole di Omar Cristaldo che avvia la marcia fino al Tribunale e alla sede della Procura per chiedere l'accelerazione delle pratiche di estradizione di Neneco Acosta: “Ora continueremo la manifestazione per le strade della città perchè tutti possano vedere che Pablo si è moltiplicato e i suoi ideali di giustizia, di pace, amore, fratellanza e verità vengono alla luce e continuano a crescere!".

"Non si può far tacere la verità"
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di AMDuemila - 16 aprile 2015
Il ricordo di Pablo Medina a sei mesi dall'omicidio
A sei mesi dall’omicidio del giornalista Pablo Medina e Antonia Almada, avvenuto in Paraguay lo scorso 16 ottobre, la rivista Antimafia Dos Mil del Paraguay ed i familiari del giornalista ucciso hanno organizzato una giornata in loro memoria a Curuguaty. Il corrispondente di ABC Color fu vittima di un’imboscata lungo una strada rurale, per mano di sicari del clan Acosta. Vilmar Acosta, ex sindaco di Ypejhú, considerato mandante dell'assassinio, è stato recentemente arrestato e si trova detenuto in Brasile in attesa di essere estradato.

3L'evento, trasmesso da Radio Popular di Canindeyu, si è aperto alle 8:00 con una messa celebrata dal Padre Balbino Mujica, il quale durante l’omelia ha elogiato la figura di Medina, un ferreo difensore della libertà e fortemente impegnato nel far conoscere la realtà sociale del dipartimento di Canindeyú. “Che la sua morte serva da esempio, perchè non si può far tacere la verità”, ha detto il parroco e ha aggiunto che “il sangue di Pablo ha dato i suoi frutti… Siamo oggi qui uniti per alzare la nostra voce: la morte di Pablo è il nostro grido alla nostra nazione e alla nostra comunità”. Ha anche esortato i presenti a denunciare le ingiustizie, che derivano dalla corruzione che ostacolano l'accesso all'educazione e alla salute, condizioni fondamentali per una vita degna a Canindeyú. Alle 10:00 è poi iniziata la marcia fino al Tribunale e alla sede della Procura.

2Subito dopo la messa i partecipanti si sono radunati nel capannone messo a disposizione dalla Chiesa stessa dove si sono succeduti diversi interventi: Omar Cristaldo e Jorge Figueredo di Antimafia Dos Mil Paraguay, Gaspar e Dhirsen Medina, rispettivamente fratello e figlia del giornalista. Intervenuto in diretta telefonica dall’Italia il direttore di Antimafia Duemila Giorgio Bongiovanni.

L’obiettivo di questa giornata è quello di “creare una coscienza di resistenza cittadina alla mafia e al crimine organizzato nel nostro paese”, ha spiegato Omar Cristaldo ai microfoni di Abc Color, per promuovere l’iniziativa, accompagnato da Jorge Figueredo, perché “dobbiamo appoggiare la gente onesta che esiste in ogni settore e che sta lottando incluso a rischio di perdere la vita nella ricerca della verità, per combattere l’ingiustizia ed affrontare il crimine organizzato”.

Fonte: abc.com.py


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Brasile: inizia la battaglia per l’estradizione del boss Neneco Acosta
acosta-neneco-vilmardi AMDuemila - 31 marzo 2015
Mandante dell’omicidio del giornalista Pablo Medina
Ieri l’ambasciatore del Paraguay in Brasilia, Manuel María Cáceres, ha presentato presso la Cancelleria Nazionale del Brasile la rogatoria per la richiesta di estradizione di Vilmar Acosta Marqués, accusato della morte del giornalista Pablo Medina e della sua assistente Antonia Almada.
Nella rogatoria del giudice di garanzia di Curuguaty, Carlos Martínez, si attesta che “Vilmar Acosta Marques è cittadino paraguaiano e si è avvalso della propria nazionalità e cittadinanza paraguaiana avendo esercitato il suo diritto di voto nelle ultime elezioni generali nel 2013; si è anche presentato con la propria carta d’identità di cittadino paraguaiano in alcuni processi penali e non. È stato scelto sindaco della città di Ypejhú proprio come cittadino paraguaiano”.
La rogatoria è accompagnata da documenti che dimostrano la veridicità di quanto esposto riguardo il mandante del duplice omicidio avvenuto a Villa Igatimy il 16 ottobre scorso, e rispetta “i requisiti stabiliti dall’articolo 18 dell’’Accordo sull’Estradizione tra gli Stati appartenenti al Mercosur, sottoscritto a Rio de Janeiro il 10 dicembre del 1998”. I documenti in questione sono: il certificato di nascita di Acosta, nato ad Ypejhú nel 1975, l’ordine di cattura internazionale e la sentenza del giudice che ordina la sua detenzione.
Acosta era latitante dal 17 ottobre scorso, dal giorno dopo l’omicidio Medina, ed è stato arrestato il 4 marzo a Mato Grosso do Sul (Brasile). Già a novembre del 2014 le autorità paraguaiane avevano sollecitato tramite l’Interpol la sua cattura ai fini di estradizione. Subito dopo il suo arresto la giustizia paraguaiana si è attivata per l’estradizione di Neneco appellandosi al principio diplomatico della reciprocità, considerando che il Paraguay aveva consegnato alle autorità brasiliane il latitante più ricercato degli ultimi tempi, Roger Abdelmassih, noto come il Dr Horror, e un altro esponente dell’organizzazione criminale del Primer Comando Capital (PCC), tra altri.
Tuttavia, il Brasile ha subito detto no all’estradizione immediata lasciando comunque aperta la possibilità di avviare le pratiche a tale scopo.
Intanto il senatore Miguel López, nuovo titolare della Commissione Bicamerale che indaga sull’omicidio Medina, ha segnalato che la Commissione andrà in Brasile dopo la Settimana Santa proprio per avere maggiori contatti con le autorità brasiliane e accelerare la procedura per l’estradizione di Acosta, che si trova in prigione in Brasile, e che potrebbe durare mesi o anni. Allo stesso tempo cercheranno di avviare iniziative legali comuni per combattere il narcotraffico e il crimine organizzato della frontiera.



HANNO DETTO NO
neneco-reddi Jean Georges Almendras - 11 marzo 2015
Il Brasile nega l'estradizione immediata di “Neneco” Acosta


La speranza che le autorità brasiliane avrebbero concesso l'estradizione immediata di Vilmar Acosta è durata ben poco. Nonostante i magistrati paraguaiani si fossero trasferiti in Brasile, per gestire personalmente le pratiche, il responso negativo è stato categorico. Ad incidere in maniera significativa, secondo quanto reso noto, le affermazioni dello stesso Vilmar Acosa il quale sostiene di avere la nazionalità brasiliana, negando di essere un cittadino paraguaiano. Le autorità competenti ancora non si sono espresse in merito. Alcuni corrispondenti del diario Ultima Ora in servizio a Campo Grande, nello Stato del Mato Grosso, in Brasile, hanno chiesto i motivi della decisione negativa all'assessore giuridico della Cancelleria, Rubén Ortiz, il quale ha spiegato che le autorità del paese vicino hanno negato la deportazione di Vilmar Acosta perché  non si è ancora risolto totalmente il tema della nullità della sua nazionalità brasiliana, ed ha aggiunto che l'ex sindaco di Ypejhú ha ancora 15 giorni di tempo per ricorrere in appello ad una sentenza di nullità. Inoltre ha confermato che solo dopo la sentenza si potrà dare inizio alle pratiche di estradizione.   
Un giudice di Sete Quedas aveva cancellato il certificato di nascita di "Neneco", il quale costantemente alludeva al fatto di  essere cittadino brasiliano. Questa decisione aveva aperto la possibilità affinché l'ex sindaco di Ypehjú potesse essere estradato in Paraguay ed essere giudicato per la morte di Pablo Medina e della sua assistente, tra altri fatti criminali.
Rubén Ortiz ha aggiunto: "Noi stiamo concentrando gli sforzi nel processo di estradizione che si inserisce nell'accordo sottoscritto nel Mercosur". Ugualmente ha menzionato che, una volta confermata la nullità della nazionalità brasiliana, il Brasile dovrà notificare al Paraguay tutto ciò che riguarda la detenzione di Vilmar Acosta affinché la Cancelleria paraguaiana presenti tutti i documenti ed antecedenti pertinenti al caso, in un termine di 40 giorni. Successivamente, la Giustizia brasiliana dovrà analizzare se concedere o meno l'estradizione dell'ex sindaco di Ypejhú. Infine ha puntualizzato che fino a questo momento non è stata ricevuta alcuna notificazione.
In un'intervista con i giornalisti di radio AM 780 ha detto: "Processualmente non possiamo affrettare né insistere nell'invio, perché la Giustizia brasiliana ha i suoi tempi e termini e deve risolvere il tema della nazionalità brasiliana. Abbiamo una grande aspettativa positiva ed stiamo anticipando il nostro lavoro interno in attesa di quella comunicazione".
Il panorama che si delinea, sebbene non risulti proprio tetro, si presenta alquanto spiacevole e se si vuole, e senza ipocrisie, indignante, perché a giudicare dai fatti, tutto ricomincerebbe da zero. L'unico braccio di ferro vinto, che comunque è sempre una partita vittoriosa, è stata la cattura di Vilmar Acosta. Tutta l’attenzione e aspettativa per questo importante caso che la società paraguaiana ha seguito minuto per minuto, appena si è diffusa la notizia della cattura di "Neneco" per la morte di Pablo Medina e di Antonia Almada, si concluderà solo quando verrà risolto il problema dell'estradizione, senza la quale l'ex sindaco, non potrebbe essere essere condotto dinnanzi ai giudici paraguaiani ed essere processato per il duplice omicidio di Villa Ygatimi.  
La domanda formale è stata già presentata dai giudici paraguaiani dinnanzi al Tribunale Penale di Garanzie di Curuguaty, a carico di Carlos Martínez. Si è appresso anche che lo stesso giudice Emilio Oviedo ha spiegato i giornalisti che lo hanno intervistato in Brasile che non esiste un termine di tempo per i processi di estradizione, i quali possono protrarsi mesi e incluso anni in alcuni casi. Ciò rappresenterebbe un vero liberto per la società paraguaiana. Allo stato attuale, in un panorama che non sembra essere davvero tranquillizzante, la negazione dell'estradizione immediata può aver dato un certo respiro a Vilmar "Neneco" Acosta che starebbe facendo di tutto per prolungare la propria permanenza in Brasile, neutralizzando ogni richiesta da parte della giustizia paraguaiana. Regna pertanto un’aria di sconforto tra le famiglie delle vittime, in Paraguay.  
I 30 anni di prigione che aspettano all'ex sindaco sono ancora una proiezione giuridica, sin dal dal momento in cui venne identificato come mandante delle morti del giornalista e della sua assistente. Niente di concreto ancora. Neanche la possibilità di trasferimento in Paraguay. Almeno oggi. Quindi, quando si darà definitivamente via libera affinché questo caso sia risolto in diritto di legge? Non lo sappiamo con certezza. Deplorevole. Molto deplorevole, e molto indignante. Sbagliamo nel pensare così?  



Via libera all’estradizione di “Neneco” in Paraguay
angelo-gill-e-lorenzo-lezcano2di Jean Georges Almendras - 9 marzo 2015
Firmato l’ordine di prigionia ai fini di deportazione, si pensa ad un trasferimento quasi immediato

Via libera all’estradizione di Vilmar Acosta in Paraguay. È quanto riferiscono i corrispondenti di ABC Color trasferitisi alla città di Campo Grande, nel Grosso del Sud, Brasile, per seguire da vicino gli sviluppi della cattura di Vilmar Acosta, ex sindaco di Ypehjú, ritenuto il mandante dell’omicidio del giornalista Pablo Medina e della sua assistente Antonia Almada, e di Julián Núñez, ex sindaco di Ypehjú.
I nostri colleghi di ABC Color riferiscono che il governo brasiliano avrebbe deciso la sera del venerdì 6 marzo la deportazione in Paraguay di Vilmar Acosta, al momento recluso in carcere preventivo - nella sede centrale della Polizia Federale di Campo Grande, capitale dello stato di Mato Grosso del Sud. Il suo rientro in Paraguay potrebbe avvenire già lunedì.
Tuttavia, e ci auguriamo di sbagliare, dalle parole ai fatti ce ne vuole. Dobbiamo ammettere però che per quanto riguarda l’arresto di “Neneco” si avanza a passi giganteschi, se valutiamo la sequenza dei fatti nelle ore successive alla cattura dell'ex sindaco. Ad esempio, a quanto riferiscono i giornalisti di ABC Color – l’ordine di prigionia ai fini di deportazione è stato già emesso dal giudice della 5a Sezione Federale dello stato brasiliano, Dalton Igor Kita Conrado. Il delegato della Polizia Federale Leonardo Rafaini ha immediatamente informato la notte stessa di venerdì il giudice di Salto del Guairá (Paraguay) Lorenzo Lezcano ed il Console paraguaiano Angelo Adrián Gil Lesme. 
Bisogna ricordare che il giudice Lezcano è lo stesso che ore prima, nella città brasiliana di Sete Quedas, era riuscito a far sì che il giudice Guilherme Henrique Berto de Almada annullasse la nazionalità brasiliana di Vilmar Acosta quando stava per essere liberato, poiché in Brasile non vi era alcun mandato di cattura a nome di Vilmar Márquez González, identità di cui si avvaleva quando era in Brasile.
Acosta Márquez era stato fermato in Naviraí mercoledì scorso e portato alla città di Campo Grande accompagnato dalla Polizia Federale, con l’accusa di avere ucciso un agente e di aver commesso altri delitti minori, come l’ingresso illegalmente in Brasile, e possesso e produzione di documento falso. I giornalisti di ABC Color scrivono che tutte le imputazioni sono avvenute non appena è stata annullata la sua nazionalità brasiliana, ottenuta grazie alla presentazione di certificati di nascita ed altri documenti falsi.

Ore dopo aver reso nota la decisione di custodia cautelare ai fini dell’estradizione in Paraguay di Vilmar Acosta, alias "Neneco" è trapelato che il mandato si era concretizzato a seguito di una serie di gestioni da parte del Ministero Pubblico paraguaiano, attraverso la sua unità di Asuntos Internacionales ed anche del Ministero di Asuntos Exteriores attraverso l'Ambasciata paraguaiana in Brasilia. Il Tribunale Supremo Federale ha emanato un mandato di prigione preventiva ai fini di estradizione contro il cittadino paraguaiano Vilmar Acosta Márquez. Ore dopo, la notte del venerdì, solo dopo l'intervento a Campo Grande del console paraguaiano Angel Adrián Gill Lesme e del giudice Lorenzo Lezcano, la Polizia Federale rivelò ufficialmente che il giudice Dalton Igor Kita Conrado aveva decretato la prigione ai fini di deportazione, con immediata esecuzione, a differenza della prigione con fini di estradizione, dove i termini di esecuzione sono maggiori. 
Successivamente alla notizia della decisione dell’estradizione di Acosta in Paraguay, è stato reso noto che tale misura è stata presa grazie al lavoro di mediazione e di interventi da parte del Ministero Pubblico paraguaiano, tramite il Ministero degli Affari Esteri e del Consolato paraguaiano in Brasilia. La polizia federale ha dichiarato ufficialmente che il giudice Dalton Igor ha decretato la prigionia ai fini di deportazione, perché la misura prevede immediata esecuzione, mentre la prigionia ai fini di estradizione prevede tempi più lunghi. In questo contesto si muovono le autorità paraguaiane affinché la misura di deportazione del detenuto più ricercato dalle autorità paraguaiane avvenga il prima possibile.Delegato Claudineis Galinari
Già lunedì Vilmar Acosta potrebbe essere trasferito alla città paraguaiana, scelta per dare inizio al processo tanto desiderato dalla società paraguaiana che ancora piange amaramente la perdita irreparabile del collega Pablo Medina e di Antonia Almada, senza dimenticare la morte dell'ex sindaco di Ypejhú Julián Núñez che si aggiunge al lungo elenco di vittime del clan Acosta. 
Un capitolo a parte in questa storia per definire il futuro di Vilmar Acosta meriterebbe il Delegato Regionale della Polizia Civile nello stato di Mato Grosso del Sur. Ci riferiamo a Claudineis Galinari che ha avuto a suo carico tutte le pratiche per evitare una rapida liberazione di Vilmar "Neneco" Acosta.  Galinari ha spiegato di aver dovuto ricorrere ad ogni risorsa possibile per neutralizzare la possibile libertà del detenuto, ha gestito il caso come una questione personale in virtù che conosceva personalmente Pablo Medina ed ha aggiunto In questo senso che desidera fortemente che il caso sia definitivamente sentenziato dinnanzi alla Giustizia paraguaiana, e che sia condannato l’assassino del suo amico, conforme alla legge. 
Galinari ha spiegato che c’è la possibilità che una volta confermato il trasferimento di Vilmar Acosta in Paraguay potrebbe essere portato inizialmente in Brasilia e dopo in Paraguay. Tuttavia, la prigionia ai fini di deportazione potrebbe determinare che sia condotto direttamente - si presume in aereo - alla città di Asunción o ad altra località del Paraguay. Gli aspetti riguardanti il tragitto previsto per Vilmar Acosta rimangono incerti. Solo dopo che l’ex sindaco si troverà in territorio paraguaiano, dinnanzi ai giudici assegnati a condannarlo, potremo dire sicuramente che le morti di Pablo Medina, della sua assistente e di Julián Núñez, non sono state coperte dal manto dell'impunità.  

* Foto in alto, ABC Color: Console Paraguaiano Angelo Gill e giudice Lorenzo Lezcano, con il mandato di prigione ai fini di deportazione  

* Foto in basso, ABC Color: Delegato Claudineis Galinari

 

Arrestato in Brasile il boss Neneco Acosta, l'assassino di Pablo Medina
traduzione di AMDuemila - 5 marzo 2015
Proseguono le pratiche per l'estradizione in Paraguay
L'ex sindaco di Ypejhú, Vilmar Neneco Acosta Marques è stato catturato ieri pomeriggio nella località di Naviraí, nello stato brasiliano del Mato Grosso del Sur, circa 300 km a est del dipartimento di Canindeyú (Paraguay). Il capo narcos è il principale sospettato dell'omicidio del giornalista di ABC Color Pablo Medina e della sua assistente Antonia Almada, avvenuto il 16 ottobre scorso a Villa Ygatimí.
Un lavoro congiunto degli agenti della Sezione di Investigación de Delitos di Asunción e degli agenti della Polizia Civile del Brasile che si è concluso ieri con l’arresto dell’ex sindaco di Ypejhú, il capo narcos Vilmar Neneco Acosta Marques, ricercato dalla giustizia paraguaiana dall’ottobre scorso, a seguito dell’omicidio Medina-Almada.
L'operazione si è svolta alle 18 circa di ieri, in una via pubblica, in un mercato della località di Caarapo, distretto di Naviraí, nello stato di Mato Grosso del Sur, ha dichiarato ieri sera il capo di Investigación de Delitos Gilberto Fleitas.


Gli agenti hanno seguito gli indizi che indicavano che Neneco si era rifugiato nell’abitazione di una zia; sulla sua testa pendeva un mandato di cattura internazionale per il duplice omicidio, che ha scosso profondamente in ambito politico e giudiziario il paese.
L’ex sindaco è stato sorpreso mentre era solo, indossava una maglietta e jeans corti. Immediatamente arrestato e ammanettato dagli agenti è stato trasportato presso le dipendenze della prefettura locale.
Vilmar Acosta è stato interrogato dalla polizia brasiliana, e ha dichiarato che stava comprando carne, frutta e verdura in un mercato quando è stato trovato dalla polizia.
In un breve interrogatorio, “Neneco” ha negato di essere un “marihuanero” e di avere ordinato l’omicidio del giornalista Medina.
Ieri sera, inizialmente, l'ex sindaco comunale doveva essere trasferito a Campo Grande, e consegnato alla Polizia Federale, in seguito in un Tribunale di Stato.

Sorvegliato per otto giorni, poi il fermo
Quattro agenti di Investigación de Delitos della Polizia, sotto il comando del direttore Generale Críspulo Sotelo, e coordinati dall’ufficiale Marcial Castillo, si sono stabiliti da 15 giorni nella località di Navira, nello Stato di Mato Grosso del Sur, a circa 300 km di Ypejhú. Vilmar Neneco Acosta era stato localizzato otto giorni fa e da allora gli agenti hanno monitorato le sue attività 24 ore su 24. fino a ieri quando hanno provveduto al suo arresto con la collaborazione degli agenti della Polizia Civile.

Fonte: abc.com.py

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Continua il massacro dei giornalisti in Paraguay
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di AMDuemila - 7 marzo 2015
Dopo Pablo Medina un'altra voce dell’informazione stroncata
Si tratta del cronista Gerardo Servián, fratello del noto giornalista di radio Amambay, Kiko Servián.
Erano circa le 16 di giovedì scorso e il giornalista stava viaggiando a bordo della sua moto in direzione Pedro Juan Caballero, percorrendo la strada dal lato brasiliano quando, a soli 200 metri dal confine paraguaiano, è stato raggiunto da due individui a bordo di una motocicletta, che hanno aperto il fuoco contro di lui dandosi subito alla fuga e lasciando il corpo di Gerardo a terra ormai privo di vita. Un’immagine toccante riprende la vittima crivellata dai proiettili.
Gerardo aveva 45 anni e lavorava come cronista in diverse radio locali, ultimamente conduceva un programma nella radio Ciudad Nueva, di Zanja Pytã, una comunità del Dipartimento di Amambay, a circa dieci km dal distretto di Pedro Juan Caballero.servian-gerardo-scooterAl momento non si conoscono ancora le motivazioni dell’omicidio, ma si presume siano da ricercare in ambito politico e del narcotraffico.
Un duro colpo per il fratello della vittima, Kiko Servián. Meno di un anno fa, a maggio del 2014, infatti venne ucciso a casa sua, a Pedro Juan Caballero, Fausto Alcaraz , un suo collega della radio, che denunciava apertamente i narcos della zona.
Sono ormai circa una dozzina i giornalisti assassinati in Paraguay negli ultimi anni, ricordiamo l’uccisione del giornalista di ABC Color, Pablo Medina, nell’ottobre scorso. Una barbarie iniziata con la morte di Santiago Leguizamón, anche lui a Pedro Juan Caballero, il 26 aprile di 1991, proprio nella Giornata del Giornalista, divenuto poi il simbolo della lotta dei giornalisti paraguaiani.



Arrestato Vilmar Acosta, mandante dell’omicidio del giornalista Pablo Medina in Paraguay
02di Jean Georges Almendras - 5 marzo 2015
"Neneco" è stato fermato in Brasile, ma gli autori materiali del crimine rimangono latitanti 
A circa 250 chilometri della città di Ypejhú, nella località di Navirai, in Brasile, è stato fermato dopo quattro mesi di latitanza Vilmar Acosta, alias "Neneco". Agenti della Polizia brasiliana, sicuramente contando anche sull'appoggio della polizia paraguaiana, hanno fermato l’ex sindaco accusato di essere il mandante  dell’omicidio a colpi d'arma da fuoco del giornalista Pablo Medina e della sua assistente Antonia Almada, avvenuto lo scorso 16 ottobre 2014 in una poco frequentata strada rurale vicina alla città di Curuguaty, nel dipartimento di Canindeyú, in territorio paraguaiano. È da quel giorno che Vilmar Acosta, che secondo l'accusa avrebbe ingaggiato i due sicari, si era dato alla latitanza. Su di lui, ed i due assassini del giornalista dell'Abc color e dell'assistente pendeva un mandato di cattura nazionale ed internazionale. Il duplice omicidio aveva causato una forte commozione nella popolazione del Paraguay ed aveva contribuito a far rappresentare a livello istituzionale, sia locale che regionale, il grave problema delle attività dei narcos, fortemente vincolati al sistema politico.
Con la cattura di “Neneco” non si interrompe certo l'attività giudiziaria e di polizia, visto che ci sono ancora da catturare due dei suoi complici più stretti, vale a dire gli autori dell'attentato mortale. Inoltre, secondo alcune fonti, la doppia nazionalità dell'ex sindaco potrebbe dare origine ad un conflitto di competenze legali con conseguenze sull'estradizione in Paraguay. Un passaggio quest'ultimo che potrebbe essere ostacolato o rallentato causando un serio e grave problema etico e giuridico, considerando che la società paraguaiana reclama ansiosamente che il crimine del giornalista non rimanga impunito.  
Secondo le ulteriori informazioni diffuse dai quotidiani del Paraguay "Neneco" Acosta è stato fermato esattamente nella città di Navirai, nello stato del Mato Grosso do Sul, in territorio brasiliano. L’operazione di polizia è frutto di un paziente lavoro di intelligence, maturato dopo che le autorità di polizia impegnati nella ricerca del latitante, hanno appresso delle difficoltà economiche in cui si trovava Vilmar Acosta e che lo avevano costretto a vendere il suo bestiame, per letteralmente sopravvivere. Le autorità paraguaiane erano state informate  inoltre che "Neneco" era persino solito circolare liberamente in alcune zone del dipartimento di Canindeyú, riuscendo ad attraversare con un certo grado di impunità la frontiera, per poi addentrarsi in territorio brasiliano.
Vilmar Acosta sapeva di essere ricercato dalla legge, ma anche dai narcotrafficanti della regione, che lo ritenevano responsabile del dispiegamento di forze di polizia e militari sull'intero territorio. Una presenza che dava fastidio proprio per le numerose attività illegali che venivano eseguite in quei luoghi. Infatti l'operatività di diverse forze dell'ordine ha pregiudicato notevolmente le attività dei narcos della zona, i quali cercavano affannosamente l'ex sindaco, per eliminarlo e far sì che le autorità avessero smesso di essere presenti in quelle zone dove loro operano giornalmente con il traffico di tonnellate di marijuana e di cocaina. Bisogna poi ricordare che al doppio crimine parteciparono anche il fratello di Vilmar,  Wilson Acosta, e loro nipote Flavio, i quali risultano ancora latitanti. In quanto all'autista e segretario di "Neneco", Arnaldo Cabrera, era stato catturato qualche mese fa, e avrebbe confermato che fu Vilmar Acosta ad ordinare il delitto del giornalista, aggiungendo anche che poco tempo prima avrebbe ordinato la morte di un candidato a sindaco della zona. A poche ore della cattura di Vilmar Acosta il ministro dell'Interno paraguaiano, Francisco De Vargas si è complimentato con i funzionari di polizia paraguaiani elogiando il lavoro di intelligence, che ha permesso la cattura dell’ex sindaco.  
I quotidiani paraguaiani scrivono che “Neneco” Acosta, era stato sponsorizzato dal Partito Colorado e, rimasto fedele allo schieramento, era riuscito ad essere eletto sindaco di una piccola città poco distante dalla frontiera con il Brasile.
Grazie all'amicizia ed alla protezione con altri politici "Neneco" ha sviluppato la sua attività di narcotrafficante all'estremo diventando l'uomo forte della zona narcos della regione dove ha seminato con la complicità della sua famiglia e di persone vicine al suo clan una storia di sangue, potere e denaro, sempre supportato dalla vendita di droga tanto in territorio nazionale che all'estero.   
Come leggiamo in alcuni mezzi stampa a proposito della cattura di Vilmar Acosta, va ricordato che questi all'ingresso nell'arena politica dopo essere stato sostenuto dal Movimento Vanguardia Colorada guidato all'epoca dall'ex Vice Presidente Repubblica Luis Castiglioni e Javier Zaccaria Irum, corse per il suo distretto: Ypejhú. Ma prima delle elezioni interne, due dei fratelli di "Neneco" morirono in una sparatoria. Secondo le autorità, l’omicidio era da attribuirsi a membri della famiglia Giménez Suárez, noti narcotrafficanti della zona di confine con il Brasile,  con i quali gli Acosta Márquez avevano gravi discrepanze.  
Opportunamente il giornalista Pablo Medina, corrispondente di ABC Color, pubblicò la notizia della morte dei fratelli Acosta sottolineando le controversie tra le due famiglie. Questa informazione insieme ad altre che indicavano Vilmar come un narco di peso della zona, motivò l'ira di Vilmar Acosta, il quale, in più di un’occasione, minacciò di morte Medina al punto che gli fu assegnata una scorta, che purtroppo gli venne ritirata nel settembre del 2013. Da quel momento la vita di Pablo Medina si trovò in costante rischio. Nelle prime ore del pomeriggio del 16 ottobre del 2014, due uomini mascherati da militari tessero un’imboscata al giornalista lungo una strada rurale e lo crivellarono di colpi, stessa sorte toccò alla sua assistente Antonia Almada. L’unica sopravvissuta, la sorella di quest’ultima che viaggiava nella parte posteriore del veicolo, riuscì a salvarsi per miracolo e allertò la Polizia del mortale attacco in preda ad una crisi di nervi. Da quel momento, da sindaco Vilmar Acosta si trasformò in un criminale latitante della Giustizia. Tocca alle autorità definire gli aspetti legali per concretizzare o meno la sua estradizione. Un elemento decisivo a questo fine lo gioca la sua eventuale doppia nazionalità.  
In tale senso, il pubblico ministero di Asuntos Internacionales, Juan Emilio Oviedo, ha dichiarato ad un giornalista del giornale ABC Color che la doppia nazionalità di Vilmar Acosta potrebbe essere un inconveniente per l’estradizione in Paraguay, considerando che nel Brasile, è proibita l’estradizione per i propri  connazionali.  
Il pubblico ministero ha anche segnalato che Vilmar Acosta continuerà a restare detenuto nel frattempo ci saranno 40 giorni di tempo per presentare i documenti di estradizione. Solo dopo la visione di quest'ultimi la giustizia brasiliana deciderà se sarà o meno estradato. Ma a rendere ancora incerta la situazione il fatto che, come riferito dallo stesso pm, “Il Brasile non ha un limite di tempo per pronunciarsi sulla domanda: potrebbero essere cinque mesi o sei anni".



“Neneco” Vilmar Acosta nega tutto alle autorità
05di Omar Cristaldo - 5 marzo 2015
Vilmar Acosta, alias "Neneco", arrestato mercoledì 4 marzo, in territorio brasiliano da agenti della Polizia di quel paese, ritenuto mandante dell'assassinio del giornalista Pablo Medina e della sua assistente Antonia Almada, avvenuto in Paraguay lo scorso ottobre 2014, ha negato chiaramente di avere partecipato al duplice omicidio e di essere un narcotrafficante.  
Subito dopo la sua cattura i mezzi di comunicazione del Paraguay e del Brasile hanno fatto conoscere la notizia dell’arresto dell'uomo più ricercato del Paraguay: Vilmar "Neneco" Acosta, ex sindaco di Ypehjú, fermato mentre si trovava in un mercato della città di Navirai, situata a solo 250 chilometri dalla frontiera con il Paraguay. Il detenuto è stato immediatamente portato presso la prefettura locale, dove ha subito un primo interrogatorio negando ogni coinvolgimento con il duplice omicidio e le sue attività di narcotrafficanti.
Il contenuto del dialogo con le autorità è stato diffuso dai media locali https://www.youtube.com/watch?v=VYoZtCG37hQ. Ha dichiarato di essere brasiliano e di sentirsi perseguito, e che non è un "narco".

- Qual’è il suo nome?   
- Vilmar Marques, signore.  
- Oggi, quando la Polizia Civile lo ha fermato, dove si trovava?  
- Ero in un mercato.  
- Cosa stava facendo in quel mercato?  
- Sono andato a comprare delle cose (incomprensibile)  
- È lei brasiliano, paraguaiano?  
- Gli spiego signore. Io ero un bambino senza documenti. Io non ho colpa se, quando ero bambino, i miei genitori mi avevano senza documenti. Io sono nato a Paranhos, esisteva solo quell'ospedale.  
- Quale è il suo nome, quale è il suo nome?  
- Vilmar Marques
- Vilmar Marques… e Vilmar Acosta Márques?  
- Questo nome lo uso in Paraguay  
- Vilmar González Márques? Com’è il suo nome?  
- Perché mio padre (…) come le ho spiegato…  
- Lei ha avuto a che fare con la marijuana?  
- Mai, mai. Il (…) giudice sa molto bene…  
- Mai ha trafficato marijuana?  
- Mai.  
- Lei non è un trafficante?  
- No.  
- Ha ucciso lei Medina, il giornalista di ABC Color?  
- Questo sto dicendo… Io non ho ucciso…  
- (Voce femminile) Perché è venuto qui?  
- Perché loro hanno attaccato…  
- (Voce maschile) Chi ha attaccato?  
- La procura, ho inviato uno scritto anche ad ABC  
- Non ha mai avuto divergenze con la famiglia Núñez? (Julián Núñez, ex sindaco ucciso di Ypejhú).   
- Non ho mai avuto niente con (Julián), Núñez. Non ho ucciso nessuno.    
- Lei non lo ha ucciso (Medina) né alla bambina (Almada)?  
- Perché dovrei volere ammazzare qualcuno?  
- Dove stava qui? In quale casa?  
- Non posso parlare…  

Info: abc.com.py



Attentato a Yepejhù, uccisi il marito di un consigliere comunale e due indigeni
sparatoria-autodi Jorge Figueredo e Omar Cristaldo - 24 febbraio 2015
Dietro il delitto l’ombra dell'ex sindaco Vilmar Acosta, oggi latitante
E' dello scorso 20 febbraio la notizia di un triplice omicidio avvenuto a Ypejhú. Secondo i dati preliminari il delitto è avvenuto alle 10.45, in una zona di confine tra Ypejhú e Paranhos, frontiera con il Brasile. Le vittime dell’attentato sono Gregorio Salino López, marito della consigliere comunale di Ypejhú Elisa Lomaquis, e due indigeni di nazionalità brasiliana. Secondo le prime notizie, al momento dell’attacco al veicolo, nel quale viaggiava Gregorio Salino si trovavano a passare una donna e sua figlia, Cineia Benítez e la giovane Edith Dà Silva, di 15 anni, entrambe decedute.
I sicari sono fuggiti subito dopo l’agguato a bordo di un camioncino utilizzato per l'attentato poi abbandonato in zona Colonia 11 di Settembre, Villa Ygatimí, distante circa cinque chilometri dal luogo del delitto, in una zona nota con il nome di "Tierra de Ninguém" ("Terra di nessuno"), dove hanno bruciato il mezzo per non lasciare prove.

Testimoni asseriscono che chi ha compiuto l'attentato lavori per il clan capeggiato dall'ex sindaco di Ypejhú, Vilmar "Neneco" Acosta Marques, latitante e presunto mandante dell'assassinio del corrispondente di ABC Color, Pablo Medina, e della giovane Antonia Almada, avvenuto il 16 ottobre dell'anno scorso mentre erano di ritorno da un servizio giornalistico.
In numerose occasioni Medina aveva accusato gli Acosta di essere i principali boss del narcotraffico nella zona e responsabili al tempo stesso di almeno una ventina omicidi avvenuti negli ultimi quattro anni e questo sarebbe il motivo che avrebbe portato alla morte il giornalista paraguayano.
Nonostante le accuse, a detta di diversi testimoni, il Neneco continuerebbe a passeggiare indisturbato nella zona, a dispetto dell’ordine di cattura internazionale che pende sulla sua testa e su altri membri del clan. "Neneco" conterebbe sull'appoggio di leader politici e persino di membri delle forze dell'ordine della zona, che ne garantirebbero la sua impunità.

Più ipotesi al vaglio
Al momento non si può scartare alcuna ipotesi riguardo il movente che ha portato a questo attentato contro il marito di una consigliere municipale dello stesso schieramento politico di Vilmar Acosta e che, secondo alcuni fonti, era una delle sue più forti sostenitrici. Una delle ipotesi è che il clan capeggiato da Vilmar "Neneco" Acosta avrebbe incolpato Gregorio Salino López di essere il responsabile dei diversi sequestri di droga avvenute negli ultimi mesi da parte delle autorità. Addirittura si ipotizza che questi potesse essere uno degli informatori della polizia nelle indagini in corso sull’omicidio del giornalista Pablo Medina. Nei prossimi giorni sicuramente emergeranno altri indizi che contribuiranno a fare luce su questo delitto che ha lasciato tre vittime, in una zona controllata dalla mafia paraguaiana.
Del resto il distretto di Ypejhú dista circa 337 chilometri dalla capitale Asunción, lungo la ‘frontera seca’ con il Brasile, ed è considerato uno dei punti strategici per il commercio del narcotraffico. Negli ultimi anni è stato scenario di molteplici casi di crimini violenti irrisolti ma la speranza è che non sia questo il caso.


Omicidio Medina, si cercano ancora i responsabili
medina-pablo-2di AMDuemila - 22 febbraio 2015
A quattro mesi dall'attentato del giornalista restano ancora impuniti

Sono trascorsi quattro mesi dall’omicidio del giornalista Pablo Medina e della sua assistente Antonia Almada, crivellati di colpi da sicari del narcotraffico lo scorso 16 ottobre mentre in macchina ritornavano da un servizio giornalistico. L’agguato è avvenuto a Villa Ygatimí, a circa 45 km da Curuguaty, nel Dipartimento di Canindeyú. Il giornalista era oggetto di continue minacce da parte della criminalità organizzata.
Il  caso è praticamente chiuso, sono stati identificati sia il mandante che gli esecutori del duplice omicidio con numerose prove a loro carico. Si tratta dell’ex sindaco di Ypejhù, Vilmar “Neneco” Acosta, capo dell’omonimo clan, suo fratello Wilson e suo nipote Flavio Acosta (quest’ultimi esecutori materiali). È noto che le stesse armi hanno ucciso almeno cinque persone, tra cui l’ex sindaco di Ypejhú Julián Núñez, ma fino a questo momento, solo un membro del clan Acosta, Arnaldo Cabrera Lopez, ex autista di Vilmar, è stato arrestato dalla polizia. Gli altri responsabili sono ancora latitanti ed impuniti, nonostante gli ordini di cattura internazionale a loro carico. Alcuni testimoni dicono di aver visto Vilmar Acosta nei dintorni di Ypejhù, ma nessuno oserebbe denunciarlo ufficialmente per timore a rappresaglie.
Il Cabrera non ha fatto altro che confermare che “Neneco” era stanco della persecuzione di Medina, il quale scriveva dei vincoli del narcotraffico con alcuni politici locali, come appunto lo stesso Vilmar. Da quando è stato ucciso il giornalista diversi nomi di membri istituzionali sono emersi come legati in qualche modo al mondo del narcotraffico. Tra questi vi sono la deputata per il partito colorado Cristina Villalba, ritenuta madrina di Vilmar Acosa, e suo fratello Carlos, da oltre vent’anni sindaco di La Paloma. La stessa Cristina Villalba ha dichiarato di aver sentito al telefono Vilmar Acosta due giorni dopo l’omicidio di Medina per circa 12 minuti, precisamente pochi minuti dopo che la proprietà di “Neneco” fosse perquisita. Neneco, inoltre, avrebbe trovato rifugio per qualche giorno nella tenuta di Carlos Villalba.
Un altro nome è quello dell’ufficiale ispettore Francisco Sinecio López Arrúa, il quale avrebbe allertato l’ex sindaco di Ypejhù che la sua proprietà sarebbe stata perquisita dalla Polizia e dalla Finanza, favorendo in questo modo la sua fuga. Il Sinecio si era recato anche sul punto dell’agguato per raccogliere indizi. Altre figure sono poi Freddy D’Ecclessis, Bernardo Villalba e Marcial Lezcano, deputati del partito colorado, segnalati dalla Senad (Segreteria Nazionale Antidroga) e denunciati dal Senato di vincoli con i narcos. Persino il ministro della Corte Suprema di Giustizia è stato accusato di legami con il mondo dei narcos è ha dovuto rinunciare alla sua carica per non sottoporsi ad un possibile giudizio politico.

Giustizia lenta
Non c’è dubbio che l’omicidio del giornalista Pablo Medina e della sua assistente Antonia Almada è stata la scintilla che ha fatto scaturire le indagini riguardo il finanziamento di campagne elettorali. Cariche istituzionali di deputati, sindaci, consiglieri, governatori ottenute grazie al finanziamento dei narcotrafficanti, che hanno trovato terreno fertile per inserirsi nei gangli istituzionali. Sono cadute nel vuoto le promesse che subito dopo le ferie giudiziarie sarebbero iniziate le prime indagini e conseguenti capi di imputazione a carico dei deputati sospettati di vincoli con il narcotraffico. Ma sono passati oltre 15 giorni e la Procura sembra essere ancora in ferie e per il momento non vi sono indagini nei confronti di D’Ecclessis, Villalba e Lezcano, nonostante la segnalazione della Senad (Segreteria Nazionale Antidroga) e la denuncia del Senato di vincoli con i narcos.
L’ottobre scorso, il Procuratore Generale dello Stato Javier Díaz Verón, aveva dichiarato alla stampa di aver dato istruzioni per avviare un processo investigativo sulla base della denuncia presentata dal Senato ma per il momento nessuno è stato chiamato a deporre. Sembrerebbe che l’entusiasmo generale ed il desiderio di giustizia sollevato a seguito dell’omicidio di Pablo Medina e di Antonia Almada si sia palesemente affievolito.

Distrutte tonnellate di marijuana
Nel frattempo prosegue anche la lotta contro il narcotraffico. Estesi campi di marijuana mimetizzati tra il verde fogliame dei folti boschi di Canindeyù mentre tonnellate e tonnellate di droga sono state sequestrate e distrutte. Ben 1.176 in diverse località del Dipartimento di Canindeyù, dal valore di 35 milioni di dollari nel mercato internazionale, a cui si aggiungono oltre 15 campi distrutti dopo una settimana di incursioni nei monti di Canindeyù ad opera di reparti speciali della Senad, polizia federale e militari, anche nella zona di gestione del clan Acosta. Purtroppo, anche se sembra paradossale, all’immenso quantitativo di droga distrutta non è corrisposto nemmeno un arresto dei narcos.
A questo si aggiunge l'enorme quantità di droga che giace presso i depositi dei commissariati di polizia bloccati dalla lentezza della burocrazia. Infatti, recentemente ha suscitato non poche perplessità la ‘sottrazione’ di 252 kg di cocaina, confiscata ad un narcotrafficante, che era in custodia presso il commissariato di Pedro Juan Caballero, città di confine con il Brasile. Tre poliziotti risultano imputati per questo furto, accusati di aver riportato la droga al ‘proprietario originale’ un grosso narcos della zona al momento latitante. A seguito di questo vicenda le autorità dell’Antinarcotici hanno accelerato l’incinerazione della droga tenuta nei depositi delle questure: 12 tonnellate di marijuana in località Curuguaty, 1.200 kg di cocaina. Ad Asuncion, il Dipartimento Antinarcotici ha circa dieci tonnellate di marijuana nei loro depositi in condizioni precarie.
Stando ai dati Canindeyú ed Amambay, città di frontiera con il Brasile, sono i principali produttori di marijuana illegale e quindi dove vengono sequestrate e immagazzinate le maggiori quantità di droga. E se il Paraguay secondo le autorità è il maggior produttore di marijuana del Sudamerica i numeri in Brasile parlano di circa 30.000 tonnellate l’anno che arrivano nel Paese, cifre non molto distanti da quelle del Messico.


Pablo Medina: "I gruppi criminali sono protetti dal governo"

medina-funeraledi Omar Cristaldo e Jorge Figueredo* - 13 febbraio 2015
Intervista a Pablo Medina, dieci anni prima di venire ucciso già parlava della mafia regionale

Dieci anni, tanto è passato da quel 16 Gennaio dove abbiamo parlato con il giornalista Pablo Medina Velázquez, recentemente ucciso dalla mafia. Era esattamente il 2005. Diverse le questioni affrontate in tale occasione riguardanti la mafia ed il crimine organizzato nella zona dove lui svolgeva la sua professione di giornalista di ABC Color, ad Asunción. Pablo è il fratello di un altro martire del giornalismo paraguaiano: Salvador Medina. Precisamente, il 5 gennaio del 2015, ricorreva il 14º anniversario dal suo assassinio per mano del crimine organizzato.  
Pablo Medina era un uomo impegnato nel suo lavoro di informazione, ma soprattutto di denuncia nel rivelare le attività illecite dei narcotrafficanti, dei trafficanti di legnami, di armi e veicoli, e degli individui che distruggono i boschi, inquinano con gli agro-tossici i fiumi ed i ruscelli, e soprattutto dei sicari e dei mafiosi che proliferano nel Dipartimento di San Pedro e di Canindeyú, nei distretti di Capiibary, Curuguaty, Villa Ygatimi, Itanará, e Ypejhú, dove, forti dell’appoggio del potere politico, uccidevano chiunque avesse interferito rispetto ai loro affari. E quegli omicidi rimanevano impuni sempre grazie alla copertura che i criminali ricevevano da funzionari della polizia e della giustizia.
basta de mafia muerteNonostante le minacce di morte e le intimidazioni costanti subite durante la propria vita da parte di individui della mafia regionale, dove lui svolgeva il suo lavoro, Pablo rimase fedele ai suoi principi nello svolgimento del lodevole lavoro giornalistico di smascherare i criminali con nomi e cognomi e non si scoraggiò mai né indietreggiò di un passo nella sua nobile lotta per la verità e la giustizia. Al contrario, sempre proseguì sulla sua linea con coraggio ed integrità ammirabili.  
In questa intervista che risale al 2005 Pablo ci descrive i problemi sia umani che derivanti dal crimine organizzato che colpiscono Capiibary ed il Dipartimento di Canindeyú. Ci parla anche della mancanza di giustizia, dell'impunità, della connivenza dei politici con la mafia, della mancanza di rispetto. Racconta del poco valore che si da alla vita, di come si fomenta la distruzione dell'ecosistema. Ma inoltre, fa i nomi e i cognomi di alcuni padrini della mafia di Curuguaty. Alcuni di loro oggi sono facoltosi commercianti e grandi signori solo in apparenza mentre in realtà sono criminali dediti al traffico di droga. Delinquenti che non sono mai stati processati dalla Giustizia.  
Pablo ci fornisce una diagnosi della terribile realtà criminale della zona. Oggi, dopo il suo omicidio, sentiamo di dover continuare a lottare come fece lui, contro i diversi tipi di mafie radicate nella zona. Crediamo inoltre che questa intervista postuma possa essere di interesse ai lettori di Antimafia Dos Mil Paraguay, ma prima di tutto, può essere di stimolo a noi per mantenerci uniti ed allerta di fronte a questo flagello.

- Sig. Pablo Medina, come giornalista e fratello di Salvador Medina, ucciso dalla mafia, ci puoi descrivere il pensiero e l’atteggiamento che lo stesso aveva in vita nei confronti dei gravi mali che frustano il paese, come il traffico di droga, la deforestazione, l'inquinamento delle risorse naturali, il crimine organizzato e la perdita dei più pregiati valori umani che sono l'amore, la giustizia e la libertà?  
- Bene, la situazione che si trovò ad affrontare Salvador, mio fratello, ucciso nel distretto di Capiibary, a circa duecentocinquanta chilometri al Nordest della Capitale del Paraguay, era piuttosto complessa. Da una parte il suo impegno con la stazione radio comunitaria Ñemity, che dirigeva su disposizione del Consiglio di Amministrazione della radio. Vi rimase un tempo durante il quale cercò di impostare il ruolo che spetta alle radio comunitarie nel paese e concretizzò allo stesso tempo il proprio ruolo nelle attività sociali della comunità. Essendo uno studente esperto nella carriera di Diritto ed anche conoscitore della lingua guaranì, il suo lavoro investigativo ha meritato importanti riconoscimenti all'Università ed era anche il suo legame con me, come giornalista di un mezzo stampa a grande tiratura nella Repubblica. Questa collaborazione generò situazioni abbastanza preoccupanti, in particolar modo per quei personaggi vincolati direttamente alla mafia organizzata che si era stabilita purtroppo nel distretto di Capiibary, in modo particolare in due settori. Il primo è quello del traffico di legname, che vede l’insediamento della mafia nella stessa riserva forestale, amministrata dal Ministero dell’Agricoltura ed Allevamento.
medina quadPoi abbiamo anche il tema della produzione di marijuana. I vari gruppi di delinquenti hanno ognuno il proprio clan inserito nella società. I Poi abbiamo anche quello della produzione di marijuana. I vari gruppi di delinquenti hanno ognuno il proprio clan inserito nella società. I commercianti di legname erano molto attivi nella comunità, e c’erano anche quelli che diventavano anello di congiunzione con i grandi trafficanti di marijuana. Salvador era in possesso di tutti questi dati e li usava in punta di dita, diventò un punto di riferimento importante a cui prestare particolare attenzione per i soggetti che si muovono nel sottobosco della delinquenza. Gli stessi responsabili della radio furono ‘condizionati’ dalla mafia, dando origine a qualche controversia all’interno della radio stessa. La sua presa di posizione era ben definita, perché era cresciuto nella difesa dei valori umani. Era quindi il cronista più vilipeso di tutti, ed era quello che i mafiosi identificavano come nemico e che poteva diventare un alleato perfetto per la società, e debilitare o scoraggiare quindi, in qualche modo, la presenza della mafia nella città di Capiibary”.
C'erano differenti gruppi che stanno vincolati direttamente con la mafia. Troviamo ad esempio, nell'attività del legname, abbiamo persone note, come Justo Franco, o Orlando Medina, più conosciuto con il sopranome di “Tahachi cocido". Ci sono anche figure militari ancora oggi punti di riferimento per l'attività illecita del traffico di legname. Abbiamo Panfilo Vera che è un militare, e che continua impune perché è vincolato direttamente al potere politico nel nostro paese. Contro questi flagelli, contro quei mali Salvador cercò di imporre il suo ruolo di giornalista comunitario ed anche il suo ruolo di cittadino impegnato verso la società di Capiibary. 

- Potresti chiarirci bene i nomi e cognomi dei mafiosi della Città di Capiibary e del Dipartimento di Canindeyú coinvolti nell'assassinio di Salvador Medina?  
- Bene. Qui bisogna fare due distinzioni. Due regioni con situazioni e realtà differenti. A Capiibary, ad esempio, come dicevo prima, si è stabilita la mafia dello sfruttamento illegale del legname, nella riserva stessa amministrata da un organo statale ed anche la produzione, la coltivazione, il traffico ed il commercio di marijuana. Secondo le nostre investigazioni, non hanno un vincolo diretto con il gruppo che sta nel Dipartimento di Canindeyú. Si tratta quindi di gruppi che non hanno un vincolo diretto tra loro, il tema è un po' complesso.
medina piu altriNoi conosciamo i Franco, a Capiibary. Justo e suo fratello Félix, persone coinvolte in entrambe attività illecite, sia lo sfruttamento di legname che il traffico di stupefacenti. Il commercio avviene direttamente con Ciudad del Este. Cioè non vi è alcun nesso con la gente di Curuguaty e Canindeyú per dirlo in qualche modo. Tuttavia a Canindeyú la situazione si presenta diversamente poiché è più direttamente legata a quella di Capitán Bado e di Pedro Juan Caballero, dovuto alla via di comunicazione che le unisce. Cioè, qui il tragitto è Capitán Bado - Itanara-Ypejhú-Villa Ygatimi e Curuguaty. Un tratto di circa 250 chilometri percorribili in meno di due ore e mezza, poiché loro conoscono bene quella zona. Da questo punto, da Curuguaty, il collegamento si dà verso Salto del Guairá o, in suo difetto, con Ciudad del Este.
Salto del Guairá è la Capitale del Dipartimento di Canindeyú, e praticamente solo un fiume la separa dal Brasile. Mundo Nuevo, Guaira, Brasile si trasformano nello snodo dei  trafficanti di auto di frontiera nella zona. Sono individui dediti maggiormente al traffico di droga e alla vendita illegale di veicoli. Secondo dati statistici non esiste una vendita massiccia di armi. A Canindeyú, ad esempio, nel sotto-mondo, è noto il capo mafioso Beiramar il quale ha i suoi referenti. Noi li definiamo i suoi “faccendieri" o quelli che svolgono il ruolo di compratori. Ad esempio abbiamo il Líder Cabral, il quale addirittura ha abitato nella Città di Curuguaty. Possiede un deposito che fino a questo momento le autorità di polizia e giudiziarie non sono riuscite a smantellare. Ecco un caso concreto e reale. Le autorità di polizia, specialmente quelle destinate a dei compiti specifici lungo la frontiera, sono vincolate direttamente con il gruppo di potere della droga. Lo dimostra gli uomini in divisa che sono stati scoperti e fermati. Ma, ci troviamo anche un'altra situazione: Un poliziotto, García, è sfuggito nuovamente alla Polizia, è considerato dalle istituzioni come uno dei soggetti più forti del traffico di marijuana. Non tanto tempo fa fece scalpore il caso del poliziotto che portava un carico di cocaina. Un agente che per la prima volta stava trafficando un importante quantitativo di droga, quasi quattro chili di cocaina pura, da Capitán Bado-Pedro Juan Caballero fino a Curuguaty. Ciò dimostra che le stesse istituzioni di polizia sono direttamente coinvolte nel traffico di stupefacenti ed è impossibile affrontarli. Perché? Perché io sono un semplice giornalista e non ho i mezzi necessari per affrontare questi gruppi criminali.

- Hai conoscenza se queste autorità di polizia siano legate anche al potere politico.  
- Si, infatti è così, gli agenti assegnati a svolgere i loro compiti lungo la frontiera. Non sono decisioni prese dalle alte autorità della polizia, bensì sono coinvolti anche i propri referenti politici dei diversi partiti. Non soltanto il partito ufficiale del governo, ma anche dell'opposizione. Tutti sono direttamente coinvolti. È il segreto di Pulcinella. Nessuno si azzarda a dirlo a voce alta, perché consapevoli delle rappresaglie che potrebbero scaturire dall’esprimere un’opinione o un’affermazione. È una situazione un po' complicata perché siamo nella mira delle possibili ritorsioni che ne derivano, che purtroppo ci sono. Noi scriviamo e pubblichiamo i nostri articoli, sommariamente, ma siamo noi a rimanere con la merda che tiriamo fuori con le nostre pubblicazioni. E chi ci difende? Io ho la mia famiglia, non è facile. Il Paese, lo Stato tanto meno mi offre garanzie sufficienti affinché io possa dire tutte queste cose… Io conosco politici che occupano delle cariche nella Municipalità di Curuguaty coinvolti direttamente nel tema, e le autorità giudiziarie e di polizia ne sono a conoscenza, eppure queste persone non sono mai state disturbate, e tanto meno i loro nomi menzionati.

- Possiamo avere i loro nomi e cognomi?
- Queste persone gestiscono l'attività ma a grande scala. Qui (a Curuguaty) abbiamo i Rodas, gli Aquino, che sono i principali. In varie opportunità sono state sequestrati i loro carichi di droga, ma uno o due giorni dopo sono liberi e i loro espedienti spariscono completamente. Questa è la cruda realtà.

medina fuoristrada- Tuo fratello ha danneggiato qualcuna di queste persone o, come hai detto prima, erano altri gruppi ad essere danneggiati dal suo lavoro? Disturbava il suo modo di fare radio? Il suo modo di affrontare il tema del narcotraffico e del commercio illecito del legname?  
- In realtà, ciò che faceva era essere in contatto con me. Cioè, lui mi passava i dati io li elaboravo per poi pubblicarli, e lui ne dava risalto nel suo programma radio settimanale. Addirittura oserei dire che l'assassinio di Salvador non era giustificato. Sarebbe stato più giustificato contro di me, per il motivo che la rilevanza che egli rivestiva nella comunità era inferiore; le notizie diffuse in radio raggiungevano un raggio di 45 o 50 km., mentre, le pubblicazioni a mezzo stampa era un tema totalmente differente. C’erano persone vincolate alla mafia di Capiibary che lo conoscevano. Era molto più facile per questo gruppo criminale eliminare lui che eliminare me, perché sebbene io sono nelle sue stesse condizioni, ho una maggiore rilevanza e maggiore protagonismo nella Città di Curuguaty e nel Dipartimento di Canindeyú. Non si può scartare che, considerando la mia visibilità, rappresentando un mezzo stampa, sia stato molto più facile eliminare lui e non me.

- In ambito giudiziario sono state valutate varie ipotesi, sui motivi che portarono all'omicidio di Salvador Medina nella Città di Capiibary. Lei è a conoscenza del motivo specifico dell’omicidio? La mafia di Capiibary era implicata nel delitto?  
- Si, non vi è altra causa che lo giustifichi. Non esiste nessun’altra causa che giustifichi l’omicidio di Salvador Medina. Nella sua condizione di giornalista comunitario e comunque di referente nella società, emerge un comportamento di cittadino onesto, giovane e con una proiezione verso il futuro impressionante. A causa della sua preparazione intellettuale era mal visto dal gruppo di potere criminale insediatosi a Capiibary, la mafia del legname, che nessuna autorità di polizia o giudiziaria è riuscita mai a fermare, e che continua impunemente i propri affari fino ad oggi. Lo stesso vale per la mafia della droga. È il mercato più importante del dipartimento di San Pedro, distretto di Capiibary, perché non vi è alcun controllo. La mancanza di controllo regnante facilita molto i loro affari e adesso la nuova rotta Capiibary-Curuguaty-Ciudad del Este agevola ancora di più il traffico illegale di questi prodotti nella zona.

- Cosa ci puoi dire del processo penale per l’uccisione di tuo fratello? Ci sono stati intoppi nelle indagini? Hanno trovato gli autori materiali? Esistono indizi dei mandanti?
- In realtà, nel caso di Salvador, l'investigazione in sé fu concentrata maggiormente sul presunto autore materiale, quello che eseguì il delitto. Abbiamo il giovane Milciades Maylin, un criminale di basso rilievo, che fu ingaggiato da questo gruppo criminale, ma ce ne sono altri in qualche modo vincolati con il gruppo che pianificò il delitto, e che sono liberi attualmente. Perché? Perché precipitosamente si giunse alla conclusione che si aveva ormai in mano l’autore materiale. Il giovane venne processato e condannato dalla Corte a 25 anni di prigione in prima e seconda istanza. Fino a questo momento noi non abbiamo conoscenza che ci sia una sentenza definitiva e passata in giudicato. Per il momento noi non abbiamo quest'informazione. Il processo è rimasto fermo nella Corte Suprema di Giustizia. Appena ci sia una sentenza definitiva, l’intenzione della famiglia di Salvador è quella di riaprire la causa e focalizzare le indagini verso i mandanti di questo crimine. Noi miriamo ad identificare i veri mandanti. Fino a questo momento non abbiamo fornito i dati in nostro possesso agli investigatori, polizia o magistrati. Ci riserviamo ancora l'informazione, perché sebbene è certo che ci fidiamo della giustizia, allo stesso tempo prendiamo anche certe precauzioni. Ancora non facciamo conoscere i nomi delle persone direttamente coinvolte nell’esecuzione di Salvador Medina, ma posso assicurare che i mandanti sono lì, nella comunità di Capiibary.  

- Puoi dirci questi nomi e cognomi per il giornale AntimafiaDuemila di Italia?
- Tra i nomi ci sono quelli che erano ritenuti i principali referenti della mafia. Justo Franco è il principale. Non c'è un'altra persona, e lui conosce bene chi è l'altro cittadino che pianificava questo crimine. Questo signore che finge essere direttore della radio comunitaria Ñemity, ha delle cose da dire alla giustizia e ha cose di cui rispondere dinnanzi alla giustizia ordinaria. Questi sono elementi chiave per determinare i veri responsabili della paternità intellettuale del crimine di Salvador Medina.  

- Come si chiama quest’ultimo, il direttore della radio Ñemity?
- Si chiama Miguel Ángel Gonzales. Lui era quello che inizialmente ricevette la proposta di rimanere alla guida della radio e, caduto nelle redini di quel potere, accettò essere parte dell'orrendo crimine. Quella è la cruda realtà, benché molti non vogliano crederci. La realtà è questa, e ancora oggi continua a regnare l'impunità, purtroppo per la famiglia di Salvador Medina.  

- Queste due persone erano vincolate al potere politico, a quale partito politico in specifico?
- Miguel Ángel ad esempio non fa parte di nessun partito politico. Anche se la sua famiglia è ben inserita nell'opposizione, i suoi fratelli sono per la maggior parte docenti, uno di loro è coinvolto nel traffico di droga. È socio di Justo Franco. Tra di loro si conoscono, e sono soci, ma non pubblicamente, commercialmente si. Questa è la situazione.  

- Come giornalista investigatore di molti reati punibili avvenuti nel dipartimento di Canindeyú, ci può fare il punto della criminalità nella zona? Prevalgono i delitti comuni o i delitti di mafia?
- Bene, a Canindeyú, in particolare, la situazione è differente. A Canindeyú, secondo la statistica della polizia, negli ultimi due anni, si registra una sostanziale diminuzione dei fatti criminali, specialmente quelli relazionati con i delitti comuni. Poi ci sono i delitti legati alla mafia organizzata: traffico di droga, commercio illegale di veicoli e di armi. Queste sono le tre attività illecite più importanti. Ma è stabile. Né diminuisce, né aumenta. Perché? Se aumenta, si genera la persecuzione. Le autorità dovrebbero giustificarsi e si corre il rischio di uscire allo scoperto, tuttavia, mantenendosi in uno stato stabile, la situazione addirittura diventa di routine,  non avanza, il motivo è giustificato. Per quanto riguarda i delitti minori, prevalgono ad esempio i furti domiciliatari, furti di bestiame, e ultimamente stanno aumentando i furti negli stabilimenti di bestiame di frontiera. Proprio in questo momento noi stiamo investigando il tema, e senza andare troppo oltre, già stiamo trovando il vincolo diretto dei politici nel delitto. Si dà il caso che la maggior parte dei furti di animali denunciati ad Ypejhu, Itanará, Villa Ygatimi, è protetto da funzionari della Dogana, Migrazioni e dei Porti di frontiera, precisamente quelli che hanno l'obbligo di controllare. Ma il controllo alla frontiera, non esiste. Quella è una ‘frontiera secca’, comincia da Ygatimí e si estende per circa 50 km fino Ypejhú (città di frontiera con il Brasile), continuando verso Capitan Badoy ed anche Corpus Christi.
Paraños e Brasile sono i mercati stabili destinatari della carne di origine paraguaiana, frutto delle permanenti attività illecite degli “abigeos” insediati in Villa Ygatimi, Ypejhu, Itanará e in contatto anche con gruppi di ladri di bestiame dell'altro lato della frontiera. L'attività è intensa in questi primi giorni dell'anno 2005. Si dà il fatto che questi gruppi sono protetti da funzionari del governo.  

- Che conoscenza ha dell'utilizzo degli agro tossici in 'agricoltura attualmente e che impatto potrebbe avere sulla popolazione?
- Noi abbiamo pubblicato degli articoli riguardanti le fumigazioni con prodotti agrochimici che devono essere sotto controllo ed il loro utilizzo in aree popolate è vietato. Ma questa attività è in mano ai coloni ‘sojeros’ e ai brasiliani insediatici massicciamente nella frontiera si sta stendendo fino ad una distanza di oltre 150 chilometri dalla frontiera. Si sta avvicinando al distretto di Capiibary, che dista proprio 150 chilometri dal confine. In questo momento, secondo i dati in nostro possesso, abbiamo la media di 250.000 ettari di soia prodotti ad ogni raccolto. Ed attualmente si stanno raggiungendo i 450.000 ettari nel dipartimento di Canindeyú. Un aumento sostanziale di circa 200.000 ettari in media. Questa sostanziale estensione nella produzione di soia implica la deforestazione di importanti aree boschive, la trasformazione di foraggi in stabilimenti per il bestiame e l'eliminazione di importanti alvei idrici. È impressionante, praticamente ci sono denunce di intossicazioni nella popolazione, nelle zone della Florida, di Curuguaty ed anche nella popolazione di Maracaná che corrisponde al distretto di Curuguaty. È una Colonia di 7000 ettari e ci sono stati oltre 20 persone intossicate che hanno richiesto perfino un’indennità per i danni subiti. Ma non è andato avanti. La stessa popolazione continua ad esporsi ancora ad un'altra fumigazione aerea realizzata dai coloni brasiliani.  

- Di queste 400.000 ettari di cui hai parlato, non sai se si tratta per la maggior parte di varietà normali o di varietà transgeniche?  
- Possiamo affermare categoricamente che qui non c’è la coltivazione di semi transgenici. A Canindeyú per lo meno noi non abbiamo. Abbiamo avuto accesso a documenti tecnici di organismi come il Ministero di Agricoltura ed Allevamento, la Divisione di ‘Defensa Vegetal’ ed anche dell'Istituto di Investigazione del Ministero di Agricoltura ed Allevamento, e scartiamo la possibilità che ci sia stata una sola pianta coltivata di soia transgenica a Canindeyú.  

- In quanto alle risorse idriche, ci sono industrie che stanno inquinando le acque dei ruscelli e fiumi?
- Si. Noi prestiamo particolar attenzione alle industrie che presentano delle irregolarità. L’azienda Salto Pilao che si trova nelle vicinanze del Fiume Curuguatyy, uno dei più importanti del Dipartimento di Canindeyú. Questo fiume sarebbe seriamente compromesso dagli scarichi di quell’impianto industriale. Sebbene è certo che sta dando lavoro alla popolazione, non è meno certo il costante deterioramento che sta causando alla natura dovuto alla sua prossimità al fiume. E ci sono anche le laminatrici. Ci sono le segatrici che stanno inquinando seriamente i ruscelli nella zona. Il mattatoio di Curuguaty sta versando i propri residui luquidi industriali nel ruscello Ita che attraversa la Città di Curuguaty ed è uno dei pochi alvei idrici che abbiamo nella città. Poi c’è la laminatrice Noemar che sta inquinando anche seriamente il ruscello Avajyva, a pochi chilometri di Curuguaty. Sono i casi più noti i cui responsabili sono sotto processo giudiziario, ma fino ad oggi non esiste una condanna contro di loro.  

- Un suo collega scrisse nel giornale in cui lei lavora: “Che le mafie hanno solamente due lingue: quella del denaro o della violenza nei loro rapporti con le autorità di polizia o dello Stato dislocati lungo le zone confinanti del paese, e che nella maggior parte dei casi la scelta è stata il denaro. Cosa ne pensa riguardo a quanto accaduto nel Dipartimento di Canindeyú?
- Nel concreto l’affermazione del collega è reale.  

Ora, la sua incidenza nel Dipartimento varia. Varia per la semplice ragione che esistono situazioni che devono essere eseguite in maniera indiretta. Cioè io non mi incarico dell'esecuzione. Mi risulta molto più facile assumere sicari che non costano molto nella frontiera. Appena 500.000 guaranì sono sufficienti per eseguire qualsiasi crimine contro chi sia. La vita lungo la frontiera è vulnerabile e ha poco prezzo, così di semplice. Allora, qui il potere del denaro è fondamentale, per mettere fine alla vita di qualunque cittadino. Non importa l’influenza che possa avere. Non importa le connessioni, non importa la sua famiglia. Non importa il suo colore o la sua razza. Qui il fattore denaro può tutto. È deplorevole e doloroso dire che i sicari si offrono persino gratis per ammazzare. A me in particolare, una persona molto nota per i suoi delitti commessi in città è venuta da me e mi ha detto che, per un paio di vestiti, lui si sarebbe incaricato di ammazzare uno degli assassini di mio fratello che è recluso nella Prigione della città di Coronel Oviedo. Un paio di vestiti quanto costa? Non mi costa 200.000 guaranì. Quindi, questo fatto rende l’idea fino a che punto si offrono. Ci sono momenti in cui le autorità incaricate delle indagini su questi fatti criminali persino si scoraggiano. Si offrono. Questa è la situazione nella frontiera. È doloroso dirlo, ma è così.

* Redattori di Antimafia Dos Mil Paraguay



Vedova di Pablo Medina chiede di essere intervistata dal direttore di ANTIMAFIADuemila
bianconi-olga-medinadi Omar Cristaldo e Jorge Figueredo
La vedova del giornalista Pablo Medina, Olga Bianconi (in foto) ha richiesto ai giornalisti di Antimafia Dos Mil - Redazione del Paraguay, andati a trovarla nel suo domicilio di Curuguaty, di avere un colloquio con il direttore e fondatore della Rivista AntimafiaDuemila in Italia, Giorgio Bongiovanni. Ci ha pregato di informare il direttore che Pablo Medina non aveva soltanto una figlia, Dyrsen, ma anche altri due figli nati dal suo secondo matrimonio. Ha aggiunto anche che suo marito era un uomo integro ed unico.

La mattina del sabato 31 gennaio 2015, ci siamo recati dalla vedova del giornalista Pablo Medina, Olga Bianconi, presso il suo domicilio al centro della Città di Curuguaty.  La donna si è rivolta subito a Jorge Figueredo dicendo: “Figueredo, è da tempo che avevo bisogno di parlare con lei e con il direttore italiano di AntimafiaDuemila. Ma non sono riuscita a trovare il suo recapito telefonico. Nemmeno recentemente, quando è stato in televisione non hanno mostrato un suo contatto ma solo quello di Gaspar Medina. Intimamente comunque ho sperato di incontrarla e tramite lei riferire a Giorgio Bongiovanni che Pablo Medina, mio marito, non aveva soltanto una figlia, Dyrsen, ma anche due figli minori, da lui riconosciuti: Virgilio Asterio Medina Bianconi, di 12 anni, e Marianela De Jesús Medina Bianconi, di 14 anni. Ogni volta che ho visto del materiale relativo a mio marito vedo sempre Bongiovnni e voi al fianco di Dyrsen, come se lei fosse l'unica figlia, Pablo ha tuttavia anche due figli minori, i suoi fratelli”. Olga ha quindi fatto presente il suo desiderio di parlare con il direttore di AntimafiaDuemila in Italia dei figli del giornalista ucciso e delle conseguenze che ha avuto la sua morte per i ragazzi.

Olga Bianconi, con le lacrime negli occhi, ha detto: "Pablo era un uomo onesto, integro e forse non ci sarà mai più un giornalista come lui che ha dato la sua vita per la verità, per il suo lavoro. Lui non ha lasciato alcuna eredità materiale ai suoi figli, non aveva niente, non avevamo casa, beni di valore, soltanto la macchina che utilizzava per il suo lavoro era sua, ma ancora ci manca da pagare al giornale Abc Color 12 milioni, poiché l'impresa scontava mensilmente una parte del debito. Persino il notebook e altre cose che utilizzava per il suo lavoro non erano suoi, erano dei suoi figli o della famiglia, e lui li aveva solo in prestito. Lui mi ha sempre rispettato, e siamo stati assieme circa 19 anni. Non mi parlava mai del suo lavoro, era molto discreto, taceva persino sulle minacce che riceveva, magari per non preoccuparmi. Solo due mesi prima del suo omicidio mi confidò che riceveva minacce ed io gli dissi che sicuramente si sarebbe trasferito in un’altra regione come già aveva fatto in altre occasioni. Ma lui nono mi rispose e mi disse solo: ‘Non mi fido della giustizia umana, solo di quella divina’. L’attenzione sull’omicidio di Pablo si sarebbe già spenta se il diario ABC Color non pubblicasse tutti i giorni articoli su di lui, e non ci fosse continuamente pressioni sulla giustizia”.

La vedova Medina ha aggiunto anche che: "Il magistrato Sandra Quiñonez mi ha promesso che sarebbe venuta a visitarmi, ma ancora non lo ha fatto. Uno dei suoi amici della Città di Ypejhú, fratello del politico Julián Núñez - ucciso anche lui dal clan Acosta -, lo aveva avvertito riguardo qualcosa, sicuramente riguardo minacce dirette a Pablo. Pablo stava investigando con determinazione sull'assassinio di Julián Nuñez ed aveva promesso a suo fratello che questo crimine non sarebbe rimasto impunito e che lui sarebbe andato fino in fondo per scoprire la verità, ed ha dedicato tutta la sua vita a questo fine. Secondo lei, il documentario che si pensa stesse realizzando Pablo, poteva riguardare appunto gli autori dell’omicidio di Julián Nuñez, ed il clan Neneco ne era coinvolto”.  

La signora Olga si è lamentata del fatto che ad oggi ancora “non ho ricevuto nessuna visita di solidarietà né di sostegno da parte delle autorità della zona. L'unico sostegno che ho ricevuto da parte di un’autorità è quella del Senatore Arnoldo Weins". "Nonostante mio marito fosse deceduto alle due e mezza del pomeriggio del 16 Ottobre 2014, - ha aggiunto - il corpo me lo hanno consegnato all'alba, e solo in seguito alle pressioni che i miei fratelli hanno fatto al pubblico ministero”.

La signora Olga Bianconi durante la nostra conversazione, si è lasciata andare anche alle lacrime e ha manifestato più volte il desiderio che la stampa internazionale parli anche degli altri due figli. Per questo ha raccontato orgogliosa come i suoi ragazzi siano sempre stati molti legati al padre. Suo figlio Virgilio, ragazzo molto intelligente, ha infatti manifestato contro l’uccisione del padre e nonostante i molti momenti difficili dopo l’omicidio, è riuscito a mantenere il suo rendimento scolastico. Alla figlia Marianela, invece piacerebbe studiare Criminologia.   
A conclusione dell’intervista ci ha ringraziato e invitato alla cerimonia in memoria di Pablo il giorno del 6º anniversario della sua morte”.

2 febbraio 2015

Jorge Figueredo Corrales e Carlos Omar Cristaldo
ASUNCIÓN-PARAGUAY


Recidere le ali ai narcopolitici
cocaina-desaparici-amambaydi AMDuemila - 21 gennaio 2015
Dall’omicidio del giornalista Pablo Medina è un susseguirsi di fatti che mettono in evidenza come la narcopolitica abbia attecchito negli ambienti istituzionali. È ormai pane quotidiano il coinvolgimento di sindaci e consiglieri legati al narcotraffico.
Il furto di 252 kg di cocaina in custodia alla Prefettura di Polizia di Amambay, la sparizione dal registro informatico del Tribunale dell’espediente dell’attuale sindaco di Yby Pytã, arrestato per droga nel 2008, sono solo alcuni degli episodi che dimostrano fino a che punto i delinquenti occupano cariche istituzionali in Parlamento per proteggere i propri interessi e garantirsi l’impunità.
Ne è una prova anche l’ex sindaco di Ypejhú Vilmar “Neneco” Acosta, mandante dell’omicidio Medina, che si serviva della sua carica istituzionale come copertura per loschi affari.
Virgilio Portillo Orué, oggi sindaco di Yby Pytã, nonostante fosse stato colto in flagranza con 8mila chili di marijuana nel 2008, riuscì a fare insabbiare le indagini con la collaborazione di tre agenti e di un magistrato di Curuguaty.
Il giudice Carlos Martínez, incaricato dalla Corte Suprema di indagare sul caso Medina e recentemente trasferito, ha ordinato la ricerca dell’espediente di Portillo, che “misteriosamente” non figurava nell’archivio informatico del Ministerio Público come invece dovrebbe. Il documento è stato trovato nel Tribunale di Curuguaty ed è subito emersa una grave negligenza da parte della Procura e della stessa Prefettura di Curuguaty, che chiuse nel settembre del 2013. Due mesi dopo Portillo venne eletto primo sindaco di Yby Pytã, a Canindeyú.

Rubati 252 kg di cocaina in custodia alla prefettura
Qualche giorno fa agenti dell’Antinarcotici della Polizia Nazionale hanno sequestrato 252 kg di cocaina, per un valore di mercato di circa 800.000 dollari, nella tenuta “Kamba Kua”, appartenente al brasiliano-giapponese Sizhýuo Uemura, sita nel distretto di Zanja Pytã, a circa 20 km da Pedro Juan Caballero, capitale di Amambay.
cocaina-agentes-de-antinarcoticosUemura risulterebbe essere il capo di un “clan” giapponese dedito al narcotraffico, al riciclaggio, tra altri reati, nell’area di confine tra Paraguay e Brasile, e che lavora per uno dei più grossi narcotrafficanti del posto, Fahd Jamil. Il presunto narco Uemura faceva passare la droga in Brasile in casse funerarie, infatti possiede tre agenzie funebri ad Amambay.
Il carico di droga era custodita presso la prefettura di polizia di Amambay, dove guardie armate sono in servizio ventiquattro ore su ventiquattro, ma ciò non ha impedito che fosse “prelevata”. Un chiaro messaggio della criminalità organizzata e del loro potere, che non conosce nessun ostacolo.
Al momento sono in arresto tre agenti di polizia: Santiago Ferreira, Lucio Recalde e Celso Fleitas, in servizio di custodia al momento del furto, ma non si esclude il coinvolgimento di altre persone.
Il viceministro Javier Ibarra ha dichiarato che si aspettavano una sottrazione della droga da parte dei narcos, ed era stato dato l’ordine di distruggere l’intero carico, ma erano ancora in atto dei tramiti burocratici.

Canindeyù: polizia promette fermezza contro il narcotraffico
Il nuovo capo di Investigación de Delitos della Polizia Nazionale di Canindeyú, Luis Barrios, ha assicurato che l’istituzione da lui presieduta combatterà frontalmente il narcotraffico.
Intanto continuano i massivi sequestri di droga in Paraguay, maggior produttore di marijuana del Sudamerica mentre il Brasile è il principale destinatario della massiva produzione di stupefacenti. Purtroppo, la droga sequestrata e distrutta è solo una minima parte.
Soltanto negli ultimi giorni, oltre ai 252 kg di cocaina sequestrati ad Amambay, la Senad (Segreteria Antidroga) ha distrutto 18 ettari di marijuana, che avrebbero prodotto 54 tonnellate e fruttato circa 1.600.000 dollari.
Anche nella proprietà del fratello del sindaco di Yby Pytã, Enrique Portillo, perquisita  dalle autorità, sita nella stessa località, sono stati trovati una considerevole quantità di droga e strumenti per l’elaborazione degli stupefacenti. Distrutti inoltre circa 8 ettari di marijuana pronta per il raccolto.
Circa 800 kg di marijuana sono stati trovati nella residenza di un consigliere di Villa Igatimí, pronti per il commercio.

Indagini su narcos e politica: poca collaborazione dal Partito Colorado
villalba-de-abente-cristinaIl Senatore Luis Alberto Wagner ha assicurato che il Partito Colorado non agevola le indagini sui narcopolitici né dimostra di voler incoraggiare una seria lotta al crimine organizzato. Wagner ha dichiarato che intorno al presidente Horacio Cartes sono state individuate cariche istituzionali dedite al narcotraffico. Il Senatore ha segnalato che in vista delle prossime elezioni municipali a Ciudad del Este il Partito Colorado sta inserendo come candidati nella propria lista tutte le persone fortemente sospettate di connivenza con il narcotraffico, è “una lista che fa terrore” ha detto.  Ha aggiunto che sono proprio queste connessioni che impediscono l’avanzamento delle indagini sull’omicidio di Pablo Medina, così come sono in stallo le indagini contro la deputata Cristina Villalba, suo fratello Carlitos Villalba, e gli ambienti a loro vicini.

Tre mesi di impunità per gli assassini di Pablo Medina
A tre mesi dall’omicidio del giornalista Pablo Medina e della sua assistente Antonia Almada giornalisti e gente comune hanno sfilato ad Asunción fino all’ingresso del Tribunale per esigere ancora una volta giustizia e che i colpevoli siano arrestati.
Vilmar Acosta, mandante dell’omicidio, e i suoi sicari, esecutori materiali, Wilson e Flavio Acosta, risultano ancora latitanti, nonostante testimoni oculari abbiano visto Vilmar in più occasioni nella zona di Canindeyú, e si ha la certezza che si nascondono in Brasile.

Confermato vincolo tra ex capo della Polizia e Vilmar Acosta
lopez-francisco-acostaUna fotografia che ritrae l’ex ufficiale della Sezione Investigación de Delitos di Ypejhú, Francisco Sinecio López, insieme al suo amico Vilmar “Neneco” Acosta, dimostrerebbe la vicinanza dell’ex ufficiale all'ex sindaco di Ypejhú, nonché mandante dell’omicidio di Salvador Medina.
Ricordiamo che secondo le dichiarazioni dell’autista di Neneco, arrestato, Sinecio aiutò Vilmar a fuggire, allertandolo con una telefonata la sera stessa del 16 ottobre, poche ore dopo l’omicidio del giornalista, che la sua proprietà sarebbe stata perquisita.  
L’ex ufficiale si recò anche sul punto dell’agguato per raccogliere indizi. È alquanto strano che nel rapporto contenente i nominativi in servizio ad Ypejhú, il 16 ottobre scorso richiesto dal magistrato Sandra Quiñónez titolare delle indagini sull’omicidio Medina-Almada, non figurasse il nome di Sinecio.
Pablo Medina denunciò per anni il malaffare del clan Acosta che operava nella più completa impunità in tutta la zona forte della protezione della polizia, giuridica e politica. Gli agenti che si negavano a “collaborare” venivano trasferiti.
Vilmar Acosta era temuto ma anche amato nella zona, si faceva consegnare dei capi di bestiame dagli allevatori, impossibile negarsi se non volevano finire crivellati di colpi, ma faceva anche la “carità” con le persone più bisognose. Un modo di esercitare il pieno dominio su tutta la zona e che spiegherebbe come mai risulti ancora latitante.  

Vietato commercio di carne di Vilmar Acosta
cedula-acostaDopo la notizia della vendita di alcuni capi di bestiame riconducibili a Vilmar Acosta, tenuti nella proprietà dei genitori della sua fidanzata, il Senatore Arnoldo Wiens aveva denunciato la libertà di commercio e di impunità di Acosta con l’autorizzazione della Senacsa (Servicio Pecuario Oficial), segnalando anche la gravità che enti di competenza non abbiano preso in considerazione questa pista per riuscire nella cattura del delinquente.
Secondo i dati in possesso del Ministerio Público, Vilmar Acosta possiede ancora proprietà, veicoli, imbarcazioni, conti correnti e una tenuta con dei capi di bestiame nel dipartimento di Canindeyú.


VIDEO Implicazioni politiche nell’omicidio di Pablo Medina 16-01-2015
implicancias-asesinato-pablo-medina

A tre mesi dall'assassinio del giornalista Pablo Medina e dell’assistente Antonia Almada per opera dei narcotrafficanti della zona di San Pedro, analizziamo insieme a Santiago Ortiz, del Sindacato di Giornalisti, le implicazioni politiche che potrebbero emergere se i mandanti del delitto continueranno a non essere consegnati alla giustizia.


La scomparsa di Angela Medina madre di Pablo
medina-angelaOggi 14 Gennaio, alle 19:00 circa, è deceduta la madre del giornalista Pablo Medina, Angela de Merici Velázquez de Medina, a seguito dell’operazione al cuore che ha dovuto subire di urgenza.
La signora Angela ha avuto una vita difficile e sofferta, il suo cuore non ha retto al dolore dei suoi tre figli uccisi dalla mafia, l’ultimo di loro, Pablo, appena tre mesi fa.

Noi di AntimafiaDuemila siamo vicini alla famiglia Medina, alla figlia di Pablo, Dyrsen, per questo nuovo lutto che ha colpito loro in pochi mesi.


Giorgio Bongiovanni

14 Gennaio 2015



Solo "cambi di poltrona" per i poliziotti vincolati all’omicidio Medina
sinecio-lopez-arrua-franciscodi AMDuemila - 13 gennaio 2015

La procura della Polizia Nazionale paraguayana ha richiesto un rapporto dettagliato del periodo in cui Francisco Sinecio López Arrúa, ex ufficiale della Sezione Investigación de Delitos, di Ypejhú svolgeva le sue funzioni oltre ai rapporti sugli agenti in servizio lo scorso 16 ottobre, giorno dell’omicidio Medina-Almata.
 Secondo le dichiarazioni di Arnaldo Cabrera, ex autista di Vilmar Acosta, Francisco Sinecio López Arrúa (in foto), avrebbe allertato Acosta sull’imminente perquisizione nella sua proprietà, favorendo in questo modo la sua fuga.
Lo scorso 30 dicembre il comandante della Polizia Francisco Alvarenga ha disposto importanti sostituzioni ai vertici della polizia del Dipartimento di Canindeyú, proprio per i forti sospetti su alcuni funzionari di aver “aiutato” gli autori dell’assassinio di Medina e Almada, e di aver cercato successivamente di “congelare” le indagini. 
In realtà alcune di queste sostituzioni, tra cui quella dello stesso Sinecio, non sembrano aver limitato il potere dei funzionari “sospettati” poiché ricoprono ruoli comunque di grande importanza. Come ad esempio il Dipartimento di Eventos Deportivos (adesso diretto da Sinecio) la Sezione del Orden y de la Seguridad del Dipartimento di San Pedro (adesso occupata da Juan Barúa, ex capo della División de Investigación de Delitos di Canindeyú), la Dirección de la Justicia Policial (diretta adesso da Ramón Víctor Palma, che ricopre addiritura un incarico superiore al precedente).
Anche il commissario Celso Zelaya, che era il capo della polizia del Dipartimento di Alto Paraná e Canindeyú, adesso è sempre capo della polizia ma di Caaguazú, malgrado non abbia mai fatto niente contro il crimine organizzato. Lo stesso senatore Luis Alberto Wagner ha denunciato che la Polizia di Canindeyú aveva uno schema di riscossione di tangenti ai narcotrafficanti.
Inoltre il comandante Alvarenga, era già stato informato dalla Commissione Bicamerale del Congresso, che nel ‘feudo’ (il Dipartimento di Canindeyú) della deputata Cristina Villalba, i suoi subalterni ricevevano mazzette mensilmente da parte dei narcotrafficanti ma non aveva disposto nessun procedimento disciplinare a carico di quei poliziotti negligenti, colpevoli di favoreggiamento o corrotti.

Le cifre del narcotraffico nel distretto di Canindeyú
Basta dare uno sguardo ad alcuni dati della lotta contro il narcotraffico in queste zone per capire che giudici e magistrati di queste circoscrizioni hanno ceduto alla forza del denaro sporco. Si stima che nel solo dipartimento di Canindeyú il giro d’affari del narcotraffico si aggira attorno ai 400 milioni di dollari annuali, sufficienti per corrompere chiunque.
La droga sequestrata nel 2014 tra Foz de Iguazú (Brasile) e Ciudad del Este (Paraguay) è aumentata in modo sorprendente rispetto al 2013, la cocaina del 275% e la marijuana di un 56%. Le cifre confermerebbero quindi l’allarmante aumento del traffico di droga nella zona della Triplice Frontiera (Brasile, Paraguay e Argentina), controllata dalle organizzazioni criminali brasiliane Comando Vermelho (CV) e Primer Comando Capital (PCC).

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Le indagini continuano sull’asse Paraguay-Brasile
Il magistrato Sandra Quiñónez, titolare delle indagini sull’omicidio Medina fino al prossimo 15 Gennaio, e il magistrato addetto agli Affari Internazionali, Juan Emilio Oviedo, hanno trasmesso alla polizia federale del Brasile tutti i dati a loro disposizione sul clan Acosta, caratteristiche fisiche, impronte digitali e ordine di cattura internazionale, come convenuto lo scorso 16 dicembre durante la loro riunione a Brasilia con il direttore della Polizia Federale del Brasile, Rogerio Viana, e il Procuratore Generale Javier Díaz Verón. La Quiñonez, punto di riferimento per la polizia brasiliana è affiancata nelle indagini dai magistrati Lorenzo Lezcano e Cristian Roig.

Vilmar Acosta visto a Canindeyú
Abitanti della zona di Itanará, dipartimento di Canindeyú, lungo la frontiera con il vicino Brasile, avrebbero visto in più occasioni l’ex sindaco di Ypejhú, Vilmar “Neneco” Acosta, ma nessuno osa denunciarlo, nè tanto meno avvertire gli agenti di polizia per timore a rappresaglie.
La Polizia Nazionale sarebbe stata in possesso di questa informazione, ed è precisamente uno dei motivi delle sostituzioni di agenti del Dipartimento citato, appunto per la mancanza di risultati concreti. Inoltre, la compagna di Neneco, Patricia Claudelina Giménez, avrebbe portato una certa somma di denaro fino al nascondiglio di Neneco. Il denaro sarebbe frutto della vendita di alcuni capi di bestiame, tenuti nella proprietà dei suoi genitori, con i quali la donna abita, e della cui vendita si sarebbe occupata Francisca Acosta, sorella di Vilmar.

Trasferiscono giudice sul caso Medina
Il giudice Carlos Martínez, incaricato dalla Corte Suprema di indagare sull’omicidio del giornalista Pablo Medina e di Antonia Almada, a partire del 31 gennaio non apparterrà più alla circoscrizione di Curuguaty e passerà a svolgere le sue funzioni a Salto del Guairá.  Secondo alcuni mezzi stampa Martinez, firmatario dell’ordine di cattura nazionale ed internazionale di Vilmar e Wilson Acosta, e loro nipote Flavio Acosta, avrebbe rifiutato diverse richieste della deputata ‘colorada’ María Cristina Villalba e del governatore di Canindeyú Alfonso Noria Duarte, come l’archiviazione del procedimento a carico di Pablo Jara, funzionario colorado, processato per narcotraffico e che adesso vuole candidarsi a sindaco di Curuguaty, appoggiato dal discusso attuale  governatore.
Alcune fonti non ufficiali sosterrebbero che il trasferimento sia il risultato delle pressioni della mafia di Canindeyú, perché Martinez sarebbe un ostacolo per i loro affari.

“Figlioccio” del clan Villalba all’antinarcotici
Il vice commissario Aquiles Villalba è stato nominato capo regionale dell’Antinarcotici della Polizia del Dipartimento di Amambay, a Pedro Juan Caballero. L’ufficiale è il figlioccio politico del clan Villalba, che comanda nella zona.
Dopo l’omicidio Medina, l’ufficiale è stato segnalato appunto come “figlioccio” di Carlos “Cabrito” Villalba, sindaco di La Paloma del Espíritu Santo e fratello di Cristina Villalba, entrambi legati al clan Acosta.
Aquiles Villalba è sospettato di garantire protezione ai gruppi di narcotrafficanti che operano nella zona di Canindeyú. Ieri ha presso possesso della sua nuova carica all’Antinarcotici in sostituzione del commissario Venancio Benítez. Tanto Villalba come l’attuale capo di Investigaciones di questo Dipartimento, commissario Ever Molinas, sono considerati anelli di congiunzione vicini ad alti esponenti del crimine organizzato che operano a Canindeyú, San Pedro e Amambay. Negli ultimi mesi diversi membri della Sezione facente capo Ever Molinas sono stati accusati di aver imposto pesanti mazzette a membri di un gruppo di narcotrafficanti della frontiera.


Salvador Medina, pioniere dell’antimafia in Paraguay
medina-salvadorA 14 anni di distanza dall’assassinio del giornalista fratello di Pablo
di Jorge Figueredo
Il 5 gennaio del 2015 ricordiamo il 14º anniversario dell'assassinio del giornalista Salvador Medina per mano della Criminalità Organizzata. L'autore materiale dell'omicidio, il sicario Mylciades Mailyn, è stato condannato a 25 anni di carcere, mentre i mandanti della sua morte non sono mai stati cercati, processati, e tanto meno condannati. I veri mandanti sono rimasti impuniti.
Tanto Salvador Medina quanto suo fratello, il giornalista Pablo Medina - recentemente assassinato dalla mafia - sono stati uccisi perché denunciavano in modo costante l'azione criminale dei clan mafiosi legati al narcotraffico, alla politica, alla deforestazione e alla corruzione. I fratelli Medina, con la loro penna e la loro voce, hanno cercato sempre di diffondere la verità, di lottare per una vera giustizia, e soprattutto di risvegliare la coscienza della gente che ancora oggi vive prigioniera della paura, del potere corrotto, del consumismo e del sistema criminale che prevale nel mondo, e il Paraguay non è un’eccezione.  
La società paraguaiana è per la maggior parte consumistica, affaristica, indifferente ed egoista, e questa caratteristica si accentua ancora nelle festività natalizie. Migliaia e migliaia di persone di ogni credo, razza e condizione sociale affollano come zombie i centri commerciali con la sola ossessione di comprare, consumare e spendere denaro; un rito annuale dove per ricordare il Natale è condizione vitale spogliarsi dei molti o pochi soldi che abbiamo guadagnato durante l`anno. Un traffico infernale nelle strade, persone che in preda all’ansia circolano disordinatamente, senza alcun rispetto per le regole del traffico, in fretta per arrivare non si sa dove, pensando solo a loro stesse e alle loro famiglie, noncuranti di chi sta attorno a loro e tanto meno dei gravi problemi che viviamo attualmente nel nostro paese, come lo è appunto l'infiltrazione del crimine organizzato e della mafia dentro lo Stato e la sua espansione a tutta la società paraguaiana.   
Tuttavia la vita di Salvador Medina rappresentava la faccia opposta di quella società, lui era un uomo impegnato nella comunità in cui viveva per smascherare i criminali che agivano al margine della legge e che erano anche responsabili della distruzione della vita stessa. Salvador Medina denunciava attraverso la radio coloro che abbattevano i boschi e trafficavano impunemente il legname ed i trafficanti di droga che già allora - inizi del 2000 - inondavano di droga la zona di Capiibary, Dipartimento di San Pedro, e tutta la regione di Canindeyú. Già allora esistevano indizi e prove che a favorire i mafiosi, a dare loro garanzie per commettere i loro delitti, senza essere disturbati da nessuno e tanto meno essere arrestati o processati, erano alcuni politici appartenenti principalmente ai partiti tradizionali: Colorado e Liberal.  
Salvador Medina è stato un pioniere nella lotta contro la mafia paraguaiana. Un pioniere nello smascherare e mettere a nudo con le sue denunce la connivenza del narcotraffico con la politica. Lui lo faceva frequentemente nel programma radio che dirigeva in una radio comunitaria di Capiibary.  Inoltre, negli anni 1999 e 2000 collaborava con suo fratello Pablo Medina - già allora corrispondente del quotidiano ABC Color di Asunción. Era lui infatti a passare i dati a Pablo, il quale li elaborava per poi pubblicarli. Tutte le informazioni che Pablo scriveva sulla stampa della capitale riguardo le attività illecite del crimine organizzato, Salvador le trasmetteva con determinazione nel suo programma radio settimanale.   
Riportiamo un frammento dell’intervista che ci rilasciò qualche tempo fa Pablo Medina parlandoci di suo fratello: "Salvador Medina fu nominato direttore della radio Ñemity per disposizione del Consiglio di Amministrazione. In quel periodo, cercò di impostare in un certo senso il ruolo che spetta alle radio comunitarie, e concretizzò allo stesso tempo il proprio ruolo nelle attività sociali della comunità. Essendo uno studente esperto nella carriera di Diritto ed anche conoscitore della lingua guaranì, la sua attività era propriamente investigativa ed era anche il nesso con me, come giornalista di un mezzo stampa a grande tiratura nella Repubblica. Questa collaborazione generò situazioni abbastanza preoccupanti, in particolar modo per quei personaggi vincolati alla mafia organizzata che si era stabilita nel distretto di Capiibary. Salvador era in possesso di dati sulle attività illecite di vari gruppi di delinquenti organizzati, soprattutto trafficanti di legname e di marijuana, diventò un punto di riferimento importante a cui prestare particolare attenzione per i soggetti che si muovono nel sottobosco della delinquenza. La sua presa di posizione era ben definita, perché era cresciuto nella difesa dei valori umani. Era quindi il cronista più vilipeso di tutti dentro l’emittente radio, ed era quello che i mafiosi identificavano come nemico e che poteva diventare un alleato perfetto per la società, e debilitare o scoraggiare quindi, in qualche modo, la presenza della mafia nella città di Capiibary”.  
Il miglior modo di ricordare l'omicidio di Salvador Medina è cercare di seguire il suo esempio. Salvador Medina non solo affrontò i mafiosi con la sua penna o la sua voce, ma è stato anche una testimonianza di vita, come dovrebbero essere gli esseri umani, se vogliono vincere un giorno la mafia e vivere in una società dove prevalgano gli alti valori della giustizia, della pace e dell'amore. Lui era un uomo umile, semplice, solidale, che amava il prossimo e la sua comunità tanto intensamente da donare ciò che aveva di più prezioso: la sua vita. Lottò come un don Chisciotte solitario contro i mafiosi, perché non voleva che nel Paraguay si consolidasse lo Stato-mafia. Salvador Medina sognava che le future generazioni potessero godere delle enormi ricchezze che possiede questo paese. Ricchezze mal distribuite e che continuano ad essere il migliore brodo di coltura che permette al crimine organizzato di infiltrarsi e di ramificarsi in tutta la società che, arrendevole, lo accetta e lo legittima.   
È ora che i paraguaiani si indignino per la morte di persone giuste come Salvador Medina, Santiago Leguizamón e Pablo Medina, l'ultimo martire. È ora che si indignino e pretendano sia fatta luce sugli assassini, i responsabili devono pagare per le loro azioni e scontare la loro condanna, sono personaggi vincolati alla narco-politica che si è radicata nel paese ormai da decenni. Urge allora una rivoluzione civile e culturale in Paraguay. Se non avviene un cambiamento rivoluzionario, anche all’interno delle strutture politiche, sociali e culturali, questo paese non ha futuro. Ogni uomo e donna paraguaiano onesto deve essere protagonista e dare il proprio contributo. La forza degli ideali non muore mai. La storia dell'umanità è costellata da piccoli gruppi di uomini capaci di generare rivoluzioni, e questo tempo non è l'eccezione.
Tutti uniti, i cittadini che amano il Paraguay escano nelle strade e nelle piazze. Alziamo la nostra voce contro la mafia, il crimine organizzato e la corruzione nelle università, nei sindacati e nelle organizzazioni civili e sociali. Abbandoniamo la nostra consueta passività ed il nostro conformismo, ormai radicati nella nostra cultura, ed avviamo insieme un processo di cambiamento rivoluzionario, informandoci, acquisendo conoscenza sulle attività mafiose, non solo del nostro paese, ma di tutta la regione e del mondo, e costituiamo una forza civile, diventiamo militanti sociali che mirano ad espellere la mafia dallo Stato, dalla società, per costruire una nuova società umana.  
Questa è la sfida che abbiamo tutti, Salvador Medina e Pablo Medina hanno già compiuto la loro missione, ci hanno insegnato il cammino della lotta contro la mafia. Ora tocca a noi, anche se facendo il nostro dovere dovessimo perdere la vita. Se ci impegniamo totalmente in questa guerra contro il male, allora ci potremmo considerare veri compagni di ideali dei giusti che sono caduti.   

23 Dicembre 2014


Smantellata la cupola della polizia di Canindeyù per inoperosità nel caso di Pablo Medina
del-carmen-garceteabc-josedi AMDuemila - 5 gennaio 2015
La mancanza di risultati concreti nella ricerca dei latitanti coinvolti nell’omicidio del giornalista Pablo Medina e della sua assistente, e le connessioni tra l’ex sindaco di Ypejhú, Vilmar Acosta, mandante dell’omicidio, e gli agenti della polizia stessa, hanno spinto il Ministero dell'Interno e il Comando della Polizia Nazionale a disporre importanti sostituzioni ai vertici della polizia del Dipartimento di Canindeyú (circa duecentomila abitanti).
Sarebbe stato rilevato infatti un rallentamento significativo delle indagini e sembrerebbe che poco o niente sia stato fatto per disarticolare la mafia che ha ordinato l’omicidio del giornalista.

Secondo la stampa paraguayana alcune forze politiche, tra cui il governatore ‘colorado’ di Canindeyú, Alfonso Noria Duarte, e la deputata dello stesso Dipartimento, Maria Cristina Villalba, avrebbero esercitato pressioni, appellandosi persino al ministro dell’Interno Francisco de Vargas, per evitare lo smantellamento della cupola della polizia locale e ‘congelare’ le indagini sull’omicidio del giornalista. Come già noto, l’efferato crimine è stato attribuito al clan di Vilmar Acosta, ex sindaco di Ypejhú, considerato il principale ‘figlioccio’ politico della deputata e del governatore.

La sostituzione più significativa riguarda la ‘quarta sezione’ di polizia (Canindeyú e Alto Paraná) dove il commissario generale José del Carmen Garcete (in foto) ha sostituito il direttore Ramón Víctor Palma, il quale è stato nominato direttore della Justicia Policial, di cui Garcete era titolare.
A capo della Polizia del dipartimento di Canindeyú è stato invece nominato Silvio Solabarrieta, al posto di Celso Manuel Zelada, trasferito alla prefettura di di Caaguazú.  
Carlos Vera Maidana è stato sostituito da Héctor Ramón Amarilla, nominato a capo de la sezione “Orden y Seguridad”.
A dirigere la División de Investigación de Delitos di Canindeyú è stato designato Luis Alberto Barrios, al posto di Juan Barúa.
Le nuove nomine sono state rese pubbliche durante una conferenza stampa alla presenza del ministro dell’Interno Francisco de Vargas e del capo generale della polizia.
Destituito dal suo incarico anche l’ufficiale ispettore Francisco Sinecio, capo della Sección Investigación de Delitos della prefettura di Ypejhù, trasferito ad altra sede.

Le sostituzioni sono avvenute a circa due mesi e mezzo dall’attentato che è costata la vita a Pablo Medina e alla sua assistente Antonia Almada. Effettivamente era alquanto singolare che nonostante i numerosi fatti di sangue accaduti nella regione, l’intera struttura della polizia non avesse subito ancora alcun cambio, malgrado fosse stata dimostrata più volte la grave ‘infiltrazione’ politica nella giustizia. 
È ormai noto infatti, che membri della Polizia Nazionale hanno connessioni dirette con potenti narcos che fanno riferimento ai boss Fahd Yamil e Líder Cabral.
Lo stesso autista di "Neneco", Arnaldo Capraia López, arrestato lo scorso 8 dicembre, ha dichiarato che l’ispettore López Arrúa informò telefonicamente Vilmar Acosta che la sua proprietà sarebbe stata perquisita. Allerta che permise Acosta di fuggire in tempo dalla zona.

Ad ogni modo questi ‘spostamenti’ sembrerebbero il classico gioco dello “scambio di poltrone” poiché le persone destituite continuano ad occupare cariche rilevanti se non addirittura migliori.

CONFERMATO IL DIALOGO TELEFONICO TRA CRISTINA VILLALBA E NENECO
Dalle indagini risulta che la conversazione tra Vilmar “Neneco” Acosta e la deputata ‘colorada’ Cristina Villalba avvenuta due giorni dopo l’omicidio Medina, sarebbe stata di circa 12 minuti. 
La telefonata fu effettuata alcuni minuti dopo la perquisizione da parte delle autorità della proprietà di ‘Neneco’. A quanto sembra Vilmar Acosta chiamò da Ypejhú alla Villalba che si trovava a La Paloma, entrambe località appartenenti al Dipartimento di Canindeyú, ad un certo punto la comunicazione si interrompe e successivamente fu la Villalba a richiamare Acosta.
La deputata invece ha sempre dichiarato di avere sentito Acosta soltanto per un minuto è si è sempre giustificata asserendo che Vilmar Acosta fa parte del suo schieramento politico e quindi hanno soltanto “un rapporto istituzionale”.

INTENSA RICERCA DI NENECO IN BRASILE
In seguito alla visita in Brasile del Procuratore Generale dello Stato del Paraguay, Javier Díaz Verón, per sollecitare la collaborazione della giustizia brasiliana nella ricerca dei latitanti Vilmar e Wilson Acosta, e il loro nipote Gustavo, la Polizia Federale del Brasile avrebbe intensificato le ricerche dei latitanti. Infatti secondo alcune fonti Vilmar Acosta si sarebbe rifugiato a Paranhos o San Pablo (Brasile).
Lo scorso 27 dicembre Díaz Verón, per dimostrare la concreta collaborazione del Paraguay con il Brasile, ha ratificato la richiesta di ‘reciprocità’, dopo la cattura in territorio paraguaiano e successiva estradizione di un capo del PCC, Luis Claudio Machado, alias “Marreta”, uno dei latitanti più ricercati dalla giustizia del Brasile. Adesso tocca alla giustizia brasiliana rispondere con la stessa determinazione.

Secondo alcune fonti, il narcotrafficante sarebbe stato visto passeggiare tranquillamente durante queste festività per le vie di Pindoty Porá, distretto di Corpus Christi, frontiera con la città di Sete Quedas (Brasile), dove lo scorso 28 e 30 ottobre avrebbe rinnovato la sua patente. Eppure la polizia paraguaiana ancora ‘non riesce a trovarlo’.
La stessa fonte ha dichiarato che Wilson Acosta sarebbe stato visto, con il fucile alle spalle, nella zona di Cerro Guy, distretto di Ypejhú, dove la famiglia Acosta possedeva due centri di elaborazione di marijuana.

Se da una parte c’è chi è fortemente impegnato a tenere alta l’attenzione sulle indagini dell’omicidio Medina, è anche vero che nella zona di Canindeyú non rimane più niente delle pattuglie, posti di blocco e mezzi della Senad e della Polizia, insediatisi subito dopo l’agguato.


La narcopolitica che ha ucciso Pablo Medina
medina-jajohecha-pevedi Osvaldo Cáceres Encina
L’anno 2014 lascia un triste vuoto nel giornalismo nazionale con l’omicidio di Pablo Medina, corrispondente di ABC, e di Antonia Almada.
Chi ha avuto la possibilità di conoscere Pablo, sa che è stato un uomo che amava il suo lavoro, e che non sentiva il bisogno di diventare "vittima" o "star" di questo mestiere.
Ho avuto l’opportunità di frequentarlo spesso quando le autorità indagavano sulla morte di suo fratello Salvador.  
Non si è mai servito del suo lavoro per esercitare delle pressioni, tuttavia era persistente e determinato nella pretesa di giustizia che in qualche modo trovò quando condannarono uno degli assassini di suo fratello.  
Era una sua caratteristica quella di mostrarsi gentile e rispettoso quando ci visitava nella redazione centrale di ABC Color, e anche quando ci chiamava per richiedere dei dati sulle autorità giudiziarie e poliziesche che operavano nella zona.  
Un lavoro silenzioso che non abbiamo saputo comprendere forse nemmeno noi, i suoi stessi compagni, Pablo mise a nudo una realtà che cominciava a flagellare il nostro paese: l'incursione della mafia e del narcotraffico nella politica.  
Le sue pubblicazioni descrivevano una realtà che continua ad inquinare il nostro paese e spiegavano come la mafia radicandosi negli organi di potere imputridisce il Paraguay.  
Le sue denunce furono eclatanti, ma gli sono costate molto caro. Troppo per la sua famiglia, per il giornalismo, per tutta la società e per lui stesso.  
Una vita è andata persa, quella di un grande giornalista, un difensore del suo paese e soprattutto una grande persona.  
Si sa cosa è successo a Pablo, perché lo hanno ammazzato ed i presunti autori. Ma soltanto uno - l'anello più debole, seppure a conoscenza di molta informazione - è stato arrestato.  
Nessuno fino ad oggi ha pagato alcun conto in ambito politico per avere sostenuto le candidature a sindaco di una città di gente legata al narcotraffico. Fin quando non si porrà rimedio a questo stato di cose, non ci sarà giustizia per Pablo e Antonia.  
Per sempre, caro amico. Grazie di tutto.

Fonte: abc.com.py


La sfida: cercare il bene comune
medina-fiaccolata-memoriadi Rafael Montiel - 28 dicembre 2014  
Il collega Pablo Medina regalò un sorriso ai sicari prima che lo crivellassero di colpi lo scorso 16 ottobre.  
Secondo alcune pubblicazioni, prima dell'esecuzione, il coraggioso giornalista, esempio di professionalità in Curuguaty, ha avuto una reazione nobile, identificandosi ai suoi boia, i quali, per tutta risposta, completamente privi di coscienza e scrupoli, si sono limitati ad adempire all'ordine del suoi capi narcopolitici aprendo il fuoco contro il gesto di umanità del corrispondente di ABC e della giovane Antonia Almada.  
Possiamo immaginare il Natale che hanno trascorso i genitori di Pablo, sua moglie e i suoi figli. Rimangono vivi i suoi ideali, la sua allegria e l'ottimismo. Ben al contrario dei fuorilegge senza Patria, lui trasmetteva i nobili ideali di vedere un paese migliore, libero del crimine organizzato connivente con la politica e con i poteri dello Stato.  
Pablo - già allora minacciato - venne a San Juan Bautista, Misiones, nel maggio del 2001, chiamato dall’allora  capo di redazione di questa testata, Juan Luis Gauto, per sottrare dallo scenario il nostro collega ed alleggerire la forte pressione su di lui.
Già allora Curuguaty era minata di delinquenti che sottomettevano la popolazione. Le autorità erano complici, era più facile mettersi dalla parte dei criminali che fare rispettare le leggi della Repubblica. Pablo ha vissuto in mezzo alla corruzione, all'impunità ed alle talpe.
A seguito dell'assassinio, che a quanto risulta dalle indagini, era stato premeditato, con violenza ed accanimento, emergono le sfide per il 2015, la prima la detenzione e il processo penale degli autori morali e materiali.  
Ma anche la necessità di rinnovare la giustizia che i magistrati hanno la responsabilità di applicare, e mettere dietro le sbarre i corrotti, i ladri, i mercanti della politica, i contrabbandieri, i sicari e i delinquenti.  
Le massime autorità giudiziarie devono risanare le proprie file affinchè ogni giudice agisca conforme alle leggi, senza sottomettersi o lasciarsi intimidire dal crimine organizzato.  
La classe politica ha l'obbligo morale di sanzionare chi ha macchiato negativamente il nome dei propri schieramenti politici,  poiché la politica è un'attività di servizio e di ricerca del bene comune.

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Fonte: www.abc.com.py


Giornalisti nel mirino, nel 2014 in centoventotto uccisi nel Mondo

giornalisti-nel-mirinoIn America Latina, 27 i caduti, con il Messico Paese più a rischio
di AMDuemila - 27 dicembre 2014
E’ un anno terribile per l’universo della stampa. Il bilancio del 2014 parla di 128 giornalisti uccisi in tutto il mondo, distribuiti in 32 Paesi. E c’è da considerare che l’anno ancora non è finito. Guardando al fronte latino americano, dove appena lo scorso 16 ottobre si versavano lacrime per la morte del giornalista paraguaiano Pablo Medina, vittima di un agguato mentre si trovava in auto con la sua assistente (deceduta anche lei), nell’intero continente a cadere sono stati in ventisette. Il triste primato dei Paesi più colpiti spetta al Messico, ma i professionisti dell’informazione sono caduti anche in Brasile, Colombia, El Salvador, Honduras, Perú ed appunto Paraguay. Giornalisti spesso uccisi in quanto denunciavano con fermezza i rapporti tra Narcos e politica, e la corruzione ai più svariati livelli. E va evidenziato come spesso, nell’esercizio del proprio lavoro questi professionisti siano privi di protezione con l’incolumità che viene spesso messa in gioco.
Medina, che con la nostra testata ha a lungo collaborato, era tra questi ed aveva raccolto prove sul traffico di marijuana contro il clan di Vilmar Acosta, ex sindaco di Ypejhù (Paraguay) ritenuto mandante dell’omicidio. Nel resto del mondo i reporter caduti mentre effettuavano il proprio mestiere spesso erano impegnati in zone di guerra. Sedici giornalisti sono stati uccisi in Israele durante l’offensiva militare a Gaza, 13 in Siria, 12 in Pakistan. L’Iraq ha il quarto posto nella lista dei paesi più pericolosi, con 10 giornalisti uccisi, immediatamente seguita dall’Ucraina che occupa la quinta posizione nella funerea classifica, con 9 giornalisti morti in servizio. Raggruppando i caduti per continente il Medio Oriente è la regione più mortifera per la professione con ben 46 giornalisti assassinati, davanti all’Asia (31), l’America Latina (27), l’Africa (14), e l’Europa (10).


Omicidio Medina: Commissione bicamerale chiede rapidità investigativa
danese-conversa-brasildi AMDuemila - 20 dicembre 2014
Alcuni membri della Commissione bicamerale del Congresso che indaga sull’omicidio del giornalista Pablo Medina e della sua assistente, la giovane Antonia Almada, si sono riuniti, tra gli altri, con il ministro dell’Interno Francisco de Vargas, il procuratore generale Javier Díaz, il capo della polizia Francisco Alvarenga, il titolare della Senad Luis Rojas.
La Commissione ha chiesto alla Polizia e alla Procura maggiore celerità negli esiti delle indagini e il presidente della bicamerale, il senatore ‘colorado’ Arnoldo Wiens, ha affermato di avere coordinato delle operazioni congiunte tra Polizia e Procura ma di non poter dare ulteriori dettagli. Dal canto suo, il procuratore Javier Diaz ha relazionato il suo recente viaggio in Brasile per incontrare il collega paraguaiano Rodrigo Janot esprimendo la sua soddisfazione per l’accoglienza e l’attenzione riservata a lui ed ai suoi accompagnatori, come i magistrati Sandra Quiñonez e Juan Emilio Oviedo.
Díaz ha fatto presente a Rodrigo Janot che Vilmar ‘Neneco’ Acosta e il suo clan hanno forti vincoli politici in Brasile, lo ha informato dettagliatamente delle prove che gravano su Vilmar Acosta nell’omicidio Medina, sottolineando come a seguito di questo attentato la narcopolitica è emersa con prepotenza in Paraguay, al punto che un ministro della Corte Suprema, Victor Núñez, ha dovuto dimettersi, seppure continui a negare qualsiasi vincolo nella faccenda. Ha inoltre informato il suo collega riguardo le importanti dichiarazioni dell’autista di Acosta, Arnaldo Cabrera, recentemente arrestato.
Intanto la Camera ha approvato la legge contro il narcotraffico che prevede la repressione della produzione e del commercio di stupefacenti, oltre alla confisca dei beni dei narcos da parte dello Stato.

Piena collaborazione nelle indagini
La polizia federale del Brasile ha promesso piena collaborazione nel caso Medina e ha chiesto al paese vicino, il Paraguay, tutti i dati a disposizione riguardanti i profughi vincolati all’omicidio del giornalista. Successivamente creeranno un apposito gruppo di lavoro per cercare i fratelli Vilmar e Wilson Acosta, nonché il loro nipote Flavio Acosta, sui quali pende ordine di cattura internazionale.

Politico brasiliano nega vincoli con Vilmar Acosta
L’ex deputato e attuale governatore di Mato Grosso do Sul, Reinaldo Azambuja, ha negato qualsiasi vincolo con Neneco Acosta e annuncia azioni giudiziarie in Brasile per danno alla sua immagine. Il senatore paraguiano Arnoldo Wiens, portavoce della Commissione bicamerale, ha detto che esiste una “profonda amicizia” tra Azambuja e Vilmar Acosta. Lo stesso autista di Acosta ha menzionato il politico nelle sue dichiarazioni: “In diverse occasioni ho visto il politico brasiliano Reinaldo Azambuja a casa di Neneco, era sempre accompagnato da altri politici brasiliani, veniva speso anche Ramoa Acosta (consigliere municipale)”.

In foto: l'ambasciatore Sergio Franca Danese dialoga con il Procuratore generale Javier Díaz Verón


Il Senato blocca giudizio politico contro ministri della Corte Suprema
senadores-firman-acuerdo-rechazar-juicio-politico-webdi AMDuemila - 16 dicembre 2014
I senatori hanno convocato una conferenza stampa per dare l’annuncio. Sono stati 17 i voti contro il processo politico a carico dei tre ministri della Corte Suprema di Giustizia, in questo modo non si è raggiunto il quorum necessario per procedere.
La senatrice Mirta Gusinky, che appoggia il blocco, ha detto: “Non appoggiamo la scelta del giudizio politico in quanto non condividiamo le condizioni in cui è maturato e che riteniamo non corrette. Il processo politico non presuppone l’impegno serio di avviare una vera trasformazione della giustizia dove l’eventuale rimozione di ministri è una componente, ma non la priorità”, e ha aggiunto “Abbiamo dei sospetti che il giudizio politico nasconda altri interessi”.

Oggi incontro del Procuratore Generale del Paraguay con il collega del paese vicino
Il Procuratore Generale Díaz Verón si incontra oggi con il collega brasiliano Rodrigo Janod. La posizione di Díaz, che sarà accompagnato da Sandra Quiñónez e Juan Emilio Oviedo, è dimostrare con carte alla mano che Vilmar Acosta è nato ad Ypejhù, e quindi cittadino paraguaiano, seppure successivamente abbia acquisito anche la cittadinanza brasiliana, e quindi, se trovato nel loro territorio, deve essere estradato o espulso. Chiederà inoltre che siano intensificate le ricerche.

Poliziotti di Ypejhù indagati per presunta protezione al clan Acosta
La polizia sta indagando sulla posizione di tre agenti sospettati di aver favorito la fuga di “Neneco” Acosta dopo l’omicidio Medina-Almada. Si tratta del commissario Roberto Alfonso, capo della prefettura di Ypejhù, l’ufficiale ispettore Francisco Sinercio López ed il sottufficiale Nelson Pera, il quale risulterebbe proprietario di un albergo a Curuguaty. Tutti sono accusati di proteggere il clan Acosta.
Lòpez, in particolare, è sospettato di aver allertato telefonicamente Neneco, ore dopo l’agguato, che la sua tenuta Dos Naciones sarebbe stata perquisita.          
Il pomeriggio del 16 ottobre, giorno del duplice omicidio, López si recò nel luogo dell’attentato insieme ad altri agenti di polizia per i rilevamenti del caso, come dimostrano le foto di repertorio. L’analisi delle intercettazioni telefoniche sarà determinante per costatare se c’è stata o meno comunicazione tra l’ufficiale ispettore ed il sindaco.

Autista Neneco: uscii da nascondiglio per timore di essere ucciso
nunez-julianArnaldo Cabrera López, l’autista di Vilmar Acosta ed uno dei killer di Medina, arrestato recentemente, ha dichiarato che era stato avvertito che il suo padrone lo stava cercando e quindi è uscito dal suo nascondiglio, nella zona Americano Cue, dove era stato accompagnato lo stesso giorno dell’agguato da Reinaldo Ramón Balcázar, un funzionario municipale di Ypejhú, dietro richiesta dello stesso Neneco. Reinaldo risulta coinvolto nell’omicidio di Julián Núñez, ex sindaco di Ypejhú, di 47 anni. Il 1° agosto del 2014 cadde crivellato dagli spari di sicari degli Acosta, mentre usciva dall’università. La sua colpa: voler candidarsi nuovamente a sindaco di Ypejhú. Tutta la cittadinanza preferì guardare altrove, tranne Medina.
La vedova di Nuñéz, Fanny Fernández, ha ammesso che se non fosse stato per il delitto Medina l’omicidio di suo marito sarebbe rimasto impunito. Ha ricordato la promessa di Pablo che avrebbe continuato a seguire il caso di suo marito “fino alla morte”.

Il potere indiscusso degli Acosta
La testimonianza dell’autista Arnaldo Cabrera e gli elementi raccolti finora dimostrano il controllo ed il potere esercitato nel territorio dal clan Acosta: “Nessuno ad Ypejhù osava denunciarli o contrastarli, perché contavano con l’appoggio di gente importante ed influente – ha spiegato – Tutti si piegavano ai piedi di Vilmar, altrimenti si faceva la fine peggiore”.

Foto: @jaguatapy


Arrestato uno degli assassini di Medina, autista di “Neneco” Acosta
cabrera-lopez-arnaldo-javierdi AMDuemila - 10 dicembre 2014
Arnaldo Javier Cabrera (in foto), un sicario dell’ex sindaco di Ypejhù, Vilmar Acosta, è stato catturato l’8 dicembre nel suo nascondigilio tra i monti che circondano Canindeyú, esattamente a circa 15 km dalla tenuta “Dos Naciones” di proprietà della famiglia Acosta Marques. All’operazione che ha portato all’arresto ha partecipato anche il Gruppo Speciale di Operazioni (GEO).
Da oltre un mese viveva nei monti, senza contatti con il suo capo, lo avrebbe abbandonato e si troverebbe insieme alla famiglia in Brasile.
Ha confessato di essere uno degli autori materiali dell’omicidio del giornalista dell’ABC Color, Pablo Medina, e della sua assistente Antonia Almada. Ha confermato inoltre che Acosta decise di ucciderlo durante la festa del suo compleanno, lo scorso 13 luglio, “perché Medina lo stava danneggiando politicamente, e Neneco stava già pensando alla ricandidatura. Disse che avrebbe portato suo fratello Wilson dal Brasile per l’attentato” e ha aggiunto “Diceva sempre che era stanco della persecuzione di Pablo Medina, e lui e la sua famiglia nutrivano un odio viscerale nei suoi confronti, principalmente quando Vilmar e suo padre, Vidal Acosta, finirono nel carcere di Coronel Oviedo nel febbraio del 2011, dopo che nella tenuta di famiglia “Dos Naciones”, furono ritrovati resti umani, di probabili vittime del clan”.
Cabrera ha raccontato ai giudici Lorenzo Lezcano e Sandra Quiñónez di aver conosciuto Vilmar due anni fa. Successivamente, nel 2013, era stato nominato autista del Municipio di Ypejhù e Acosta gli avrebbe concesso una casa dove abitava con sua moglie e tre figli. “Neneco era molto temuto nella zona, nessuno poteva dirgli di no, altrimenti ci minacciava di portarci a Cerro Guy”, dove si trova appunto la tenuta, Dos Naciones.
Ha aggiunto che Acosta manteneva costanti riunioni con politici paraguaiani, come la deputata Maria Cristina Villalba e il governatore di Canindeyú, Alfonso Noria Duarte.
Secondo quanto ha dichiarato, sarebbe stato lui a sparare con una pistola calibro 9mm, insieme a Wilson Acosta, che avrebbe utilizzato un fucile calibro 12.
Il terzo sospettato di aver premuto il grilletto, Flavio Acosta, secondo quanto ha dichiarato l’autista, si sarebbe limitato a inseguire Medina da casa sua al dipartimento dove si era recato per un servizio giornalistico poco prima dell’agguato.
La famiglia dell’arrestato è stata prelevata e portata in una località protetta.

Una nuova persona coinvolta
L’autista ha affermato inoltre che dopo il duplice omicidio, lui e Wilson furono prelevati dalla scena del crimine da Lorenzo Acosta, di 35 anni, un altro fratello di Vilmar e Wilson che al momento non era neppure sospettato, ma che di fronte alle nuove accuse, i pm a carico del caso, Sandra Quiñónez, Lorenzo Lezcano e Cristian Roig, potrebbero imputare oggi stesso.

L’omicidio Medina rivoluziona la vita politica in Paraguay
Questa l’affermazione del Ministro degli Interni, Francisco De Vargas, che si è congratulato con il Commissariato di Ypejhú  per l’arresto di Cabrera. Secondo il ministro l’omicidio Medina ha accelerato diversi processi, come il giudizio politico contro alcuni ministri della Corte e il fermo impegno di perseguire ed individuare nomi vincolati al narcotraffico.
La Camera dei Deputati procederà a nominare i pm che si occuperanno del giudizio politico contro i ministri della Corte Suprema di Giustizia: Miguel Bajac, Sindulfo Blanco e César Garay Zuccolillo. L’articolo della Costituzione Nazionale prevede che il giudizio politico deve realizzarsi in caso di “mancato compimento delle funzioni, reati commessi nell’esercizio delle loro cariche istituzionali o per reati comuni”. Sindulfo Blanco ha detto che querelerà chi lo accusa e ha minacciato di raccontare molte cose sui politici che chiedono favori alla Corte.
Continua comunque la lotta interna per cercare di fermare il giudizio politico anche all’ultimo momento.

Richiesta al Brasile cattura di “Neneco”
Il procuratore generale dello Stato, Javier Díaz Verón, ha affermato la sua intenzione di viaggiare in Brasile per incontrare il procuratore generale di questo paese e richiedergli di intensificare la ricerca dell’ex intendente di Ypejhú, Vilmar Acosta.
Tutto indica che Neneco abbia attraversato il confine, dove ha rinnovato la sua patente di guida (gode della doppia nazionalità, paraguaiana e brasiliana) e adesso sarebbe nascosto nelle zone rurali di Sete Quedas.

La rete delle ‘narco-connessioni’
Dai documenti raccolti in Paraguay, Brasile e Stati Uniti, sms e intercettazioni telefoniche da parte della Senad emerge che politici e narcotrafficanti formano una intricata rete in cui il potere si interseca con l’affare della droga.
“Sostienimi per diventare deputato e vedrai in azione un onorevole degno di tale nome!”, ecco uno dei tanti sms inviati dall’attuale deputato Bernardo Villalba al capo del ‘Primer Comando Capital’ (PCC), Carlos Antonio Caballero, alias “Capilo”, oggi in carcere. Era il 13 febbraio del 2011, circa un mese prima delle primarie interne del Partido Colorado, e l’ex giudice di Pedro Juan Caballero iniziava a preparare la propria candidatura per le elezioni generali del 2013.
Villalba ha cercato di negare di avere chiesto appoggio al narcotrafficante, ma dalle intercettazioni risulterebbe che gli avrebbe addiritura chiesto 5.000$USA per finanziare la campagna elettorale.
Una rete di enormi proporzioni di cui è facile in alcuni momenti perdere il filo delle connessioni che vincolano importanti capi narcos con politici.

Contrabbando di tabacco in Messico arricchisce il Presidente del Paraguay
Tabesa, azienda di proprietà del presidente Horacio Cartes distribuisce sei delle marche di sigarette che più si vendono illegalmente in Messico.
Molte delle confezioni sequestrate dalla Cofepris (Commissione per la protezione contro i rischi sanitari) riportano la scritta: “Prodotto da Tabacos del Este SA.” Indirizzo: Ybyrá Pita e Mandarinas-Villa Conavi II, proprio la proprietà di Horacio Cartes. Uno degli uomini più ricchi del Paraguay.
La Cofepris ha lanciato l’allarme che i suoi prodotti alimentano le organizzazioni criminali, danneggiano economicamente le finanze dello Stato e tengono in scacco qualsiasi tentativo di ridurre il consumo di tabacco principalmente tra adolescenti e bambini, per il basso costo delle sigarette, 10 pesos a confezione, dopo quelle asiatiche, i pacchi di sigarette paraguaiani sono i più popolari.
Un altro dato che fa riflettere: le fabbriche paraguaiane producono 67 miliardi di sigarette l’anno, mentre tra la popolazione interna si registrano meno di 3 miliardi di fumatori. Dove va a finire il resto delle sigarette prodotti dall’‘imperatore del fumo’, come Cartes viene definito? Sicuramente nel mercato nero.



Caso Medina, giudizio politico contro tre ministri della Corte Suprema
di AMDuemila - 6 dicembre 2014
not 20141112 766884Durante una conferenza stampa, il presidente della Camera dei Deputati, Hugo Velázquez, insieme ad altri capigruppo della maggioranza, ha ufficializzato la convocazione di una sessione straordinaria per il prossimo 10 dicembre per avviare il giudizio politico contro alcuni magistrati, ministri della Corte Suprema di Giustizia: Sindulfo Blanco, César Garay Zuccolillo e Óscar Bajac. Tra gli accusati si trovava anche Victor Núñez, presidente della Corte, che si è dimesso martedì scorso.
Velázquez ha affermato di aver preso tale decisione perché è responsabilità della Camera di nei confronti della cittadinanza procedere ad una riforma corretta del Potere Giudiziario.
Uno degli accusati, Sindulfo Blanco, ha affermato che “finalmente avrà la possibilità di difendersi” ed ha aggiunto che “ci sono molte falsità e gravi intromissioni in affari di competenza esclusiva del Potere Giudiziario”. Blanco ha comunque ammesso di aver ottenuto la carica che occupa attualmente attraverso alcune irregolarità: “volevo un premio alla mia lunga carriera giudiziaria”. Tra le contestazioni nei suoi riguardi anche quella di aver affidato delle  cariche ai suoi due figli e anche sua moglie. Uno dei figli, a sua volta, ha collocato sua cognata come Capo dell’ufficio generale di verifica ed esecuzione dei contratti del Potere giudiziario.

Esiti della perizia su cellullari, proiettili e computer
Sono stati consegnati al giudice penale della città di Curuguaty, Santiago Núñez, nipote dell’ex presidente della Corte Suprema, Víctor Núñez,  gli esiti della perizia forense effettuata su 5 cellullari, proiettili, armi, il computer di Medina ed altri ritrovamenti rinvenuti nelle circa  30 perquisizioni effettuate dopo l’omicidio del giornalista e della sua assistente Antonia Almada. È stata consegnata anche la trascrizione delle intercettazioni telefoniche
I cellullari e alcune armi erano stati trovati durante la perquisizione della proprietà di Vilmar “Neneco” Acosta, ex sindaco di Ypejhú, nel Dipartimento di Canindeyú, mandante dell’omicidio.

Alcuni degli imputati si dichiarano innocenti
Tre imputati per l’omicidio si sono presentati a prestare dichiarazioni dinnanzi al giudice di Canindeyú, Cristian Roig: Eliodoro Ramón Ibañez, Fermín Ponciano e Cecilio Ramoa. Tutti e tre hanno negato ogni coinvolgimento e assicurano avere dei testimoni che non si trovavano nel luogo dell’attentato lo scorso 16 ottobre, e che conoscevano Medina solo di vista e a Neneco unicamente attraverso la stampa.
Ricordiamo che gli altri imputati, Vilmar Acosta, suo fratello Wilson Acosta e suo nipote Flavio Acosta, risultano al momento latitanti

Proseguono le indagini della Senad
Da canto suo la Senad (Segreteria Nazionale Antidroga) sta analizzando e raccogliendo tutti i dati delle indagini che hanno visto coinvolti politici, dietro richiesta della Procura, al fine di
di collaborare nelle indagini di denuncia da parte della Commissione di Lotta contro il narcotraffico del Senato su presunti vincoli tra narcotrafficanti e deputati. Tra questi compare D’Ecclessis, deputato con dei familiari stretti a quanto pare legati al narcotraffico. Uno zio e un cugino furono arrestati per traffico di cocaina negli Stati Uniti. Suo fratello è stato in carcere in Uruguay, nel 2005 un aereo da turismo con 600 kg di marijuana è precipitato nella proprietà degli D’Ecclessis, dove l’anno dopo sono stati sequestrati circa 200 kg di cocaina.
Curiosamente il ‘narcoaereo’ in questione fu ‘liberato’ per ordine del giudice Carlos Sosa Vera e due piloti lo portarono a Pedro Juan Caballero. Poche settimane dopo lo stesso aereo ‘precipitava’, ma questa volta carico di cocaina, intercettato dall’allora magistrato Arnaldo Giuzzio e dalla Senad. I piloti erano gli stessi che portarono l’aereo a Pedro Juan Caballero, uno di loro figlio del presidente della Sezione Colorada della stessa città e figlio dell’ex deputata Vedova Villaalta.

In foto da sinistra: Sindulfo Blanco, César Garay Zuccolillo, Víctor Núñez e Miguel Oscar Bajac


Si dimette il presidente della Corte Suprema Víctor Núñez
nunez-victor-dimissioniLa sorella dell'assassino di Pablo Medina, "Neneco" Acosta, consigliere al municipio di Ypejhù
di AMDuemila - 2 dicembre 2014
Il ministro della Corte Suprema di Giustizia, Víctor Núñez (in foto), si è dimesso. Una decisione presa prima che il Congresso approvasse un giudizio politico per toglierlo dall'incarico. A darne notizia è David Ortiz, dell'ufficio Comunicazione della Corte stessa. Il caos politico contro il Ministro è esploso in particolare dopo che questi aveva denigrato le inchieste giornalistiche di Pablo Medina. Lo scorso nunez-dimissione-doc18 novembre, durante la manifestazione in memoria del giornalista di Abc Color, il direttore della rivista ANTIMAFIADuemila, Giorgio Bongiovanni, dinnanzi alla televisione nazionale aveva chiesto a Víctor Núñez di dimettersi. “Signor ministro si dimetta - aveva detto con forza - Io credo più al mio amico Pablo che diceva che lei è amico dei narcos che non che Pablo scrivesse falsità. Lei offende la costituzione del suo paese”.
  

bongiovanni-dhirsen-paraguay

Il direttore Bongiovanni sul palco insieme a Dhirsen Medina, figlia di Pablo,
e i familiari del giornalista assassinato


Nel Paraguay transitano 20mila kg di cocaina al mese

Tre miliardi e settecento milioni di dollari all'anno. E' questo il guadagno stimato per difetto da parte del narcotraffico in Paraguay. Numeri impressionanti che si dividono tra la produzione di cocaina e marijuana. Per la prima si parla di ventimila chili prodotti in un mese (240mila all’anno) rivenduti a diecimila dollari al chilo per guadagni medi che arrivano nei 365 giorni a due miliardi e 400 milioni di dollari. Anche per la marijuana i guadagni sono incredibili con una produzione che si sviluppa su sedicimila ettari coltivati in un anno che portano ad una produzione di 4mila chili di raccolto per ogni ettaro. In totale vengono così prodotti 64 milioni di chili rivenduti al costo di 20 euro al chilo che fruttano ben un miliardo e trecento milioni di dollari all'anno. Gli organi dello Stato non riescono a sequestrare nemmeno il 4% di questa enorme produzione. In base ai calcoli, perciò, grazie alla droga i narcos sono in grado di raccogliere in dieci anno ben 37 miliardi di dollari.
Un quantitativo di soldi talmente grande in grado di permettere a questi criminali di comprare dieci elezioni generali, dieci governi, quasi tutte le banche del Paraguay, ed altro ancora.
E' così che negli anni i narcotrafficanti sono riusciti ad infiltrarsi, nelle istituzioni, all'interno delle Forze Armate e della Polizia riuscendo a raggiungere un potere decisionale e di gestione minando di fatto il sistema repubblicano e democratico del Paese.
Anche questi aspetti venivano denunciati dal giornalista Pablo Medina, ucciso per mano della mafia criminale. Una morte che si aggiunge all’omicidio del giornalista Santiago Leguizamón ad opera di capi mafiosi e militari narcos di Amambay, e a quello del Ministro della Senad, generale Ramón Rosa Rodriguez.

Individuate oltre 13.000 kg di droga nella zona dove è stato ucciso Medina
Nell’ambito dell’operazione antidroga “Oñondivepa 7” che è stata svolta congiuntamente dalla Polizia e dal Senad è stato possibile recuperare nella zona sud del Dipartimento di Canindeyù un ingente quantitativo di marijuana, ben 13 tonnellate, proprio come più volte sottolineato dallo stesso Medina nelle sue inchieste. E'quello il territorio del clan Acosta Marques, tra i distretti di Curuguaty, Villa Ygatimí e Ypejhù, a Canindeyù. Un sequestro che si aggiunge alle tante tonnellate già distrutte negli ultimi giorni.

Veicoli, droga e sigarette, gli affari dei politici nelle città di frontiera
L’omicidio di Pablo Medina ha fatto ricordare al Paraguay che i politici delle località lungo il confine con il Brasile e i loro protettori, ben radicati nelle alte sfere, sono sempre stati legati ad affari sporchi: furto e contrabbando di veicoli negli anni passati e adesso traffico di droga e sigarette. La maggior parte dei politici del dipartimento di Canindeyù si è fatto strada attraverso “l'autotraffico” (traffico di veicoli rubati) e lo stesso è valso per i rappresentanti del Partito Colorado. In passato il sistema consisteva nell'acquistare decine di automobili, camion, autobus, trattori rubati dal paese vicino e venderli in tutto il territorio del Paraguay. Militari e polizia, addetti a difendere la sovranità territoriale, ricevevano la loro “parte” per guardare altrove, come avviene ancora oggi. Molti di questi politici sono adesso in pensione, altri invece, come Carlos Villalba López, alias “Carlos Cabrito”, occupano ancora posti di potere e hanno connessioni con le attività delittuose più in voga attualmente: contrabbando di sigarette e traffico di ogni tipo di droga verso il Brasile. “Carlos Cabrito” è l’“eterno” sindaco del distretto di La Paloma, fratello dell’attuale deputata Cristina Villalba, presunta “madrina” dei narcotrafficanti. Secondo dati forniti dalla Polizia e dalla Senad, sarebbe Carlos Villalba a gestire il contrabbando di sigarette e ci sono prove che tonnellate di droga attraversano il confine “mimetizzate” tra il tabacco.

Eclatante ascesa economica
Il potere e il controllo dei Villalba nelle attività illegali lungo la frontiera si è stessa negli ultimi anni in tutta la Regione. Dopo l’omicidio di Pablo Medina si è sparsa con insistenza la voce della presunta protezione della “regina” (la deputata Cristina Villalba) e di suo fratello “Carlos Cabrito” nei riguardi di Vilmar “Neneco” Acosta. Ed è chiaro che il potere politico di cui godono e i loro affari hanno reso lauti guadagni, in modo particolare ai dirigenti del Partito Colorado, che mantiene la propria egemonia in quasi tutti i distretti della zona. E al momento resta da chiarire come l’attuale governatore di Canindeyú, Alfonso Noria, sia riuscito a costruirsi una mansione valutata in 3 milioni di dollari.

La Camera di Deputati non agisce con membri accusati di narcotraffico
Intanto nessun procedimento disciplinare è stato adottato contro Marcial Lezcano, Bernardo Villalba e Freddy D’Ecclesiis fin quando non ci sia una richiesta specifica dal Tribunale.
I tre erano stati accusati durante il plenum del Senato dal senatore Arnaldo Giuzzio di avere contatti con i narcotrafficanti. Le loro campagne elettorali sarebbero state finanziate con denaro illecito.

Omicidio Medina-Almada: militare interrogato per presunta protezione a “Neneco”
Per quanto riguarda le indagini sull'omicidio Medina-Almada nei giorni scorsi il colonnello Felipe Orrego, sospettato di coprire la latitanza di Vilmar “Neneco” Acosta, è stato interrogato dal pm Sandra Quiñónez.
Il colonnello è stato allontanato dalle sue funzioni e messo a disposizione della Giustizia Militare che ha avviato un’indagine sul suo conto per verificare il suo coinvolgimento nel favorire la fuga dell’ex sindaco di Ypejhú. Orrego riuscì ad avvertire Acosta dieci minuti prima che le forze di polizia facessero irruzione nell’abitazione dove era nascosto, e favorì la sua latitanza facendolo nascondere nel distaccamento militare di Ypejhú.
Secondo il magistrato, il colonnello Orrego ha fornito un elemento clave per confermare l’accusa contro Vilmar Acosta come mandante dell’omicidio. Avrebbe fornito i recapiti telefonici che Acosta utilizzava, seppure erano a nome del suo autista Arnaldo Cabrera, anche lui coinvolto nel duplice omicidio. Uno dei telefoni in questione è lo stesso utilizzato prima, durante e dopo l’attentato per gestire l’operazione. Quiñónez è stata chiamata a riferire davanti alla Commisione Bicamerale del Congresso, formata da tre senatori e tre deputati, istituita appositamente per seguire il caso dell’omicidio Medina e fermamente intenzionata a individuare la relazione esistente tra crimine organizzato e istituzioni dello Stato. E forse non è un caso che tra le persone sospettate di vincoli con il latitante Vilmar Acosta troviamo la deputata “colorada” Cristina Villalba e suo fratello, sindaco di La Paloma, Carlos Villalba.

Sorella di Vilmar Acosta consigliere al municipio di Ypejhù
La sorella del mandante dell’omicidio di Pablo Medina, Francisca Acosta, ex tesoriera nello stesso comune, potrebbe diventare consigliere municipale nella città di Ypejhù. Il sindaco attuale, Emigdio Morel, ha subito denunciato il fatto e inoltrato richiesta di intervento da parte de la “Contraloría General de la Repubblica (CGR). Una fonte certa di ABC Color ha indicato che Morel sarebbe stato minacciato da Vilmar Acosta al non essere state rispettate le direttive del clan Acosta e non aver scelto Jorge Ferreira come sindaco. “Neneco” Acosta si sarebbe contrariato anche per le denunce presentate alla “Contraloría” per irregolarità nell’amministrazione comunale. Sembrerebbe a tutti gli effetti che “Neneco” pretende ancora imporre la sua volontà anche da latitante.

Carovana per Pablo Medina e solidarietà dei giornalisti di tutto il mondo
Nel giorno in cui Pablo Medina doveva compiere 57 anni, una lunga carovana di macchine e motociclette ha marciato lungo alcune vie di Asunción. Giornalisti, cittadini comuni, scrittori, cantanti, musicisti, filosofi hanno dato vita alla Carovana della Libertà, come è stata definita, rivendicando a grande voce un paese senza narcopolitica e una maggiore celerità per trovare i colpevoli.
Ma non è solo il Paraguay ad essersi mobilitato. Durante un seminario sulla droga che si è svolto nella capitale del Senegal, organizzato dalla Segreteria contro le droghe e il Crimine organizzato delle Nazioni Unite e dell’Unesco, è stato presentato il caso Medina, mentre una suo foto veniva mostrata sullo schermo gigante. Giornalisti di tutto il mondo, Africa, Italia, Francia, Brasile, Paraguay, e altri, radunatisi per l’occasione hanno espresso la loro solidarietà e la loro condanna per l’omicidio, sottolineando che purtroppo casi simili stanno avvenendo nei paesi africani.


Mafia-Politica: il connubio paraguaiano
figueredo-jorgedi Jorge David Figueredo - 1° dicembre 2014
Dopo l'assassinio del giornalista Pablo Medina e della sua assistente Antonia Almada per mano di sicari al servizio della mafia - uno dei presunti mandanti sarebbe l'ex sindaco della città di Ypejhu, Vilmar "Neneco" Acosta – si è sollevata nell’opinione pubblica la questione riguardante politici appartenenti a vari partiti, specialmente a quelli tradizionali, colorado e liberale, nonchè giudici, pubblici ministeri, poliziotti e funzionari di gran parte delle istituzioni pubbliche, che sarebbero vincolati al crimine organizzato e alla mafia.   
Questo tipo di denunce, che vedono le autorità politiche, giudiziarie e parlamentari legate al narcotraffico e ad altre attività illecite non è una novità in Paraguay. Già ai tempi della dittatura del Generale Alfredo Stroessner (1954-1989) era noto che i prestanome dello Stronismo accumulavano fortune attraverso attività illecite, curando affari con mafiosi radicati sia all'interno che all’esterno del territorio nazionale. Da questo tipo di interazione e connivenza, secondo studiosi del crimine organizzato in Paraguay, è nata tutta una classe sociale nota come borghesia fraudolenta che, fino ad oggi, controlla il potere politico, economico e gestisce perfino la politica culturale del Paraguay.
La morte del giornalista antimafia ha risvegliato dal letargo tutti quei cittadini che desiderano vivere in un paese libero dal narcotraffico, dalle armi, dagli agro-tossici, dalla deforestazione e da ogni sorta di delitti commessi dai mafiosi nel territorio. Solo dal 1989 al 2013 hanno assassinato 115 contadini secondo il documento Chokokue, una minuziosa investigazione portata avanti dalla Coordinatrice di Diritti umani del Paraguay (Codehupy).   
Secondo l'investigatore Hugo Valiente, la stessa mafia che ha ucciso Medina ha ucciso anche questi contadini. Vale a dire che dietro questi morti, fino ad oggi rimasti impuniti, c'è il potere criminale.    
Possiamo affermare che esiste un prima e un dopo rispetto alla morte di Pablo ed Antonia nella storia della lotta contro la mafia in Paraguay.  Le organizzazioni civili e sociali hanno incominciato a mobilitarsi permanentemente esigendo giustizia per tutte le persone uccise dalla mafia. Ma non dobbiamo rimanere passivi con le braccia incrociate di fronte all'avanzare del crimine organizzato che non solo si è infiltrato nei tre poteri del Paese, ma ha creato anche delle basi per convivere con settori deviati dello Stato.   
Per questo motivo, non dobbiamo diminuire o sottovalutare il potere terroristico della mafia che si nutre non solo di armi o violenza fisica bensì, soprattutto, di corruzione e della paura che si impadronisce di gran parte della popolazione paraguaiana, che non riesce a vedere che le istituzioni repubblicane regolate dalla Costituzione Nazionale stanno lottando per estirpare questo cancro della nostra società. Ci sono evidenze ed indizi che dimostrano il connubio esistente tra Mafia e Stato, e se tutti i cittadini onesti non su uniscono per affrontare insieme questo male la nostra incipiente democrazia e lo Stato di diritto possono essere gravemente distrutte, diventando, non solo una narcocrazia, ma uno Stato-mafia, a dirla come il sociologo italiano Umberto Santino, in uno stato infetto da un doppio fenomeno: le connessioni tra organizzazioni criminali ed istituzioni, rappresentate da uomini incriminati per corruzione o mafia, e l'uso, continuativo e frequente, di pratiche criminali da parte delle istituzioni stesse.   
In definitiva le migliori armi che abbiamo noi cittadini per affrontare la mafia sono la parola, la denuncia, l'educazione alla cultura della legalità ed ovviamente l'informazione trasparente, libera, obiettiva capace di risvegliare la consapevolezza che viviamo in un sistema dove il potere criminale impera sovrano e che tocca a noi trasformarlo in una nuova civiltà dove prevalga la giustizia, la pace e l'amore.  Pablo Medina, con le sue denunce, ha affrontato il potere mafioso e gli è costato la vita. Non permettiamo più che altre vittime vengano sacrificate.


Confermati vincoli politici con il narcotraffico
 925 573 1165022Sms del 2011 ne svelano l'esistenza
di Mabel Rehnfeldt e Juan Carlos Lezcano F. - 1° dicembre 2014
Finanziamento di campagne elettorali, mazzette in processi giudiziari ed influenza per creare leggi che favoriscano i narcos. Tutto questo sarebbe provato da sms scambiati tra il deputato del Partito colorado Bernardo "Lalo" Villalba ed il trafficante Carlos Antonio Caballero, alias Capilo. Testi ed audio intercettati nel 2011 quando Capilo era sotto indagine compromettono  Villalba, l'ex deputato José López Chávez e coinvolgono alcuni giudici.
ABC Color inizia oggi una serie riguardo i documenti rivelatori trovati anche negli USA e in Brasile.
Whisky Johnny Etichetta Azzurra. Una cassa di Acqua Perrier ed una scatola Skol grande. Tanto costa sospendere l'udienza del 17" (sic). Questo il messaggio scritto nel cellulare dall'attuale deputato colorado Bernardo "Lalo" Villalba il 14 febbraio del 201, alle 10:15. Il messaggio di testo fu ricevuto qualche secondo dopo, presso l'AEP (Reparto Specializzato della Polizia), dal narcos Carlos Antonio Caballero alias Capilo, considerato  il maggiore fornitore di droga del PCC (Primer Comando Capital), del Brasile.  

Tre giorni dopo la promessa di sospensione per la modesta somma di un whisky, dell'acqua più cara del mondo e di una birra per palati raffinati, il giudice Penale di Garanzia Hugo Sosa Pasmor, in coincidenza, sospendeva l'udienza preliminare contro  Jarvis Chimenes Pavão e Carlos Antonio "Capilo" Caballero, poiché non si erano presentati alcuni avvocati difensori degli stessi. Solo a maggio di quest’anno - quasi dopo 5 anni dal loro arresto - la giustizia è riuscita a condannare entrambi i narcotrafficanti a pene di 7 e 8 anni. Prima della sentenza della condanna, le udienze erano state rimandate ben 14 volte! Chi erano gli avvocati? Tra i nomi più in vista quelli di Pedro Wilson Marinoni, nome emerso sia negli sms sia negli audio, e Bernardo Villalba, attuale deputato.  

Finanziamento di campagne elettorali
"Appoggiami per diventare deputato e vedrai in azione un deputato degno di tale nome!" si leggeva in un altro dei messaggi inviati dall'attuale deputato colorado Bernardo "Lalo" Villalba a Carlos Antonio Caballero, Capilo, il 13 febbraio 2011, alle 14:25. Esattamente un mese prima delle primarie interne dell'ANR (Asociacion Nacional Republicana o Partido Colorado, ndr) e Villalba cominciava a preparare la sua candidatura a Concepciòn. Il messaggio, inviato al narcos in carcere a Tacumbú dal dicembre del 2009, è rivelatore ma non è l’unico.  
 
Lo stesso giorno Capilo gli chiede che elezioni dovevano svolgersi e Villalba gli risponde: "2013, ma già da adesso sto appoggiando i candidati a Presidente di Sezione per formare una squadra per il Dipartimento". In un altro messaggio aggiunge: "Per questo motivo sto lavorando direttamente con loro, l'elezione è il 13 marzo di quest'anno e subito dopo si inizia già il lavoro per il 2013”.

Capilo accetta senza dubitare: "Sarà appoggiato da me". Il 19 febbraio, alle 9:00 circa, il deputato Villalba ricorda nuovamente al suo cliente ed amico la promessa di finanziamento. "I correligionari di Concepciòn ti chiedono un contributo di 5.000 $USA per il lunedì, io ho messo già la mia parte!" (sic). Quasi mezz'ora dopo, Capilo risponde dall'AEP: "Te li do lunedì amico" (sic).  
 
Cinque minuti dopo la promessa fatta, il deputato Bernardo Villalba ringrazia per il gesto: "Alle undici abbiamo una riunione e annuncerò il tuo contributo! Grazie!". Capilo risponde: “Ok saluti a tutti gli amici”.

Il 24 febbraio del 2011 Villalba ricorda nuovamente il finanziamento. "mba eteko? (come va?, ndr) amico se rientra nelle tue possibilità la gente di Concepcion aspetta il tuo appoggio" (sic). La richiesta viene reiterata un paio di giorni prima delle primarie dell'ANR dove concorrerebbe Villalba per guadagnarsi lo scalino parlamentare che ancora oggi ha: “amico mio, hai la possibilità di appoggiarmi per le elezioni di domenica?" (sic).  
 
Il "salmone"  
Tra le molte parole chiave usate nelle conversazioni dei narcos alle quali abbiamo avuto accesso, "salmone" sarà una di quelle di cui non sapremo mai il significato con certezza. Il 10 febbraio 2011 alle 8:31 il deputato Villalba dice al narcotrafficante: "Buon giorno! Ho già parlato con Marinoni (Pedro Wilson, avvocato, marito della deputata Cynthia Tarragó, ndr). Il salmone ce l'ha nella sua tenuta e questo pomeriggio sarà portato qui e domani alle undici si va con te per cucinare e parlare". Un minuto dopo Capilo ringrazia per il messaggio.  
 
Il 21 febbraio 2011 l'avvocato Bernardo Villalba disse a Capilo che sarebbe arrivato 20 minuti dopo e che “sto portando una porzione del salmone". Il salmone tornerà ad apparire diverse altre volte.  

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Fonte: abc.com.py (30 novembre 2014)

Traduzione a cura di AMDuemila


Paraguay: narcostato, narcogiustizia...narcosocietà?
di Kattya González, Presidentessa della Coordinadora de Abogados del Paraguay

La fragilità democratica che emerge drammaticamente quando, in tempo di elezioni, il denaro sporco permette che persone con dubbiosi antecedenti e vincoli diretti con il crimine organizzato abbiano acceso ad una poltrona al Congresso, deve richiamarci come società ad una profonda riflessione.   
A grande voce gli indiziati sbandierano impunemente di essere diventati deputati e senatori per l'impellente "volontà popolare". Tuttavia, ciò che non si discute in questa inconsistente democrazia è la cosa essenziale: quelle persone non stanno occupando la poltrona per discutere come affrontare assieme il fatto che la metà dei paraguaiani si dibattono tra la povertà e la miseria, problema di cui tanto parlano nei loro commoventi sproloqui; loro (i narcopolitici), sono lì per difendere i loro interessi, per influenzare la giustizia e garantire così un'impunità perpetua.   
I Poteri dello Stato non hanno la dimensione del danno che causano al nostro paese non includendo come priorità, nell'agenda, il tema che ci richiama alla riflessione e continuano a posticipare decisioni e volontà che potrebbero mettere freno a questo vertiginoso avanzare della narcopolitica; lo stesso succede ai nostri vicini, in Argentina, infatti, la situazione è sempre più visibile ed allarmante.  
Di fronte a questo stato di cose ci domandiamo, perché tanto disamore verso la patria? L'azione individuale non è sufficiente, le denunce attraverso i mezzi massicci di comunicazione neanche. Certo non possiamo sottrarre l'importanza che questi rappresentano in un processo di risanamento. Ma ciò che veramente importa è che il Potere Giudiziario faccia la sua parte. In che modo? Il compito è difficile: in primo luogo, dovremmo cacciare fuori chi, dall’interno della Corte Suprema di Giustizia, protegge e nasconde i delinquenti; in secondo luogo, generare consensi politici nelle Istituzioni.  
I consensi politici nelle Istituzioni sono indispensabili, poiché finché non esistono Istituzioni forti, o se queste sono tanto deboli che si lasciano abbindolare dal nemico, non ci resta altro che la denuncia…la protesta.  
Il Paraguay ha bisogno di fare un passo avanti e dobbiamo cominciare a percorrere il sentiero verso il cambiamento, guardandoci allo specchio ed interrogandoci: Se non ci sentiamo partecipi alla nostra realtà, se optiamo per il silenzio, se non scendiamo in campo e ci confrontiamo, non stiamo forse diventando in qualche modo, una sorta di narco società?

23 novembre 2014


Misterioso attentato a veicolo della Senad: due morti e un ferito
di Omar Cristaldo - 29 novembre 2014
I mezzi di comunicazione riferiscono di un nuovo attentato che ha causato due morti e un ferito a bordo di un mezzo della Senad (Segreteria Nazionale Antidroga), pochi giorni dopo la presentazione di un documento al Congresso contenente i nomi di politici che sarebbero vicini ai narcos.
L'esplosione è avvenuta alle 19:30 di mercoledì 26, all'altezza del chilometro 88 della provinciale V, a Cuero Fresco, Yby Yaú (Paraguay).

 

Muoiono due Militari
L’attacco che ha falciato la vita di due militari che prestavano servizio nella Fuerza de Tarea Conjunta (FTC), è avvenuto nel dipartimento di Concepción, mentre gli agenti erano in servizio, ma non si conoscono ancora i dettagli.
Secondo quanto ha precisato il Tenente Colonello Víctor Urdapilleta, portavoce della FTC, gli agenti erano diretti da Yby Yaú al centro di Concepción, a bordo di un camioncino della Senad, in dotazione all’Unità di Intelligence delle forze dell'ordine.  
Il responsabile ha confermato la morte dei due militari, ma non ha fornito altri dettagli sull'incidente in attesa della valutazione dei periti.  
 
La Procura: bomba lanciata contro il veicolo
Il magistrato Joel Cazal ha confermato che l'esplosione che ha distrutto il mezzo della Senad è avvenuto dopo che un motociclista ha lanciato contro il veicolo un pacco che apparentemente conteneva la bomba.  
Le dichiarazioni dell’unico sopravvissuto, il direttore della Senad, Juan Jara, hanno contribuito a dare nuovi dettagli su quanto avvenuto. Durante la conferenza stampa, il magistrato Cazal ha raccontato che gli agenti della FTC erano di pattuglia nella zona, avendo avuto informazioni che ci sarebbe stata la consegna di ordigni esplosivi tra Yby Yaú e Cuero Fresco.  
Gli agenti erano di pattuglia nella zona. Tra le 20:15 e le 20:30 del mercoledì, i tre militari - Enrique Daniel Piñánez Ciancio e José González Ferreira, oltre a Jara – erano diretti da Yby Yaú verso Horqueta, quando hanno notato un motociclista. Il gruppo - a bordo del camioncino della Senad – lo ha inseguito intimando l’alt allo sconosciuto il quale aveva un pacco che ha lanciato contro il veicolo.  
Subito, Jara si è affrettato a scendere dal mezzo per inseguire il motociclista. Successivamente ha sentito un'esplosione alle sue spalle che ha leso uno dei timpani. Il militare ha perso conoscenza e non ricorda cosa è accaduto dopo, secondo quanto dichiarato da lui stesso. Gli investigatori stanno valutando l’ipotesi di un’errata manipolazione di un ordigno da parte dei membri della FTC.


Medico smentisce versione procura
Il direttore dell'ospedale Sant'Antonio ha confermato di avere visitato personalmente due feriti dopo l'esplosione del veicolo della Senad a Horqueta, e che entrambi erano stati dimessi. Una  versione che contraddice quanto affermato dal magistrato Joel Cazal. 
Barrios ha raccontato che presentavano ferite nella gamba, al torace, e uno di loro una ferita all’altezza della testa, che gli aveva causato problemi di udito: “Non ho chiesto nomi, mi sono limitato a prestare attenzione medica ai feriti che erano accompagnati da gente con il distintivo della polizia”, ha specificato Barrios ai microfoni di 780 AM, aggiungendo che uno dei feriti era in uniforme, l’altro no, e che entrambi hanno lasciato l'ospedale “in ottime condizioni”. Ha anche detto che a giudicare dalle ferite “uno si trovava più vicino all’esplosione dell’altro”.
Il tenente colonello Víctor Urdapilleta, portavoce della Fuerza de Tarea Conjunta (FTC), ha dichiarato che al momento è prematuro azzardare almeno un'ipotesi sui fatti avvenuti a Concepción: “Stiamo svolgendo indagini per determinare se l’esplosione è stata fortuita o intenzionata”. Le indagini sono a carico dei magistrati Joel Cazal e Carolina Quevedo.

Versioni e contraddizioni
La prima informazione proveniente da fonti della polizia e dei militari parla dell’avvenuta esplosione di una bomba. Posteriormente, altre fonti hanno azzardato l’ipotesi che forse si è trattato di una negligenza nel maneggiare delle granate che hanno scatenato l’esplosione degli ordigni. Il ministro dell'Interno, Francisco De Vargas, ha commentato la mattina di questo giovedì ad alcune emittenti radio che l'esplosione è avvenuta dentro il veicolo, versione che non ha potuto confermare il ministro della Senad, Luis Rojas.  
 
Un’altra versione
Nel frattempo, a mezzogiorno di oggi, il magistrato Joel Cazal ha tenuto una conferenza stampa su quanto accaduto mercoledì. Ha spiegato che una persona a bordo di una motocicletta ha lanciato un borsone con degli esplosivi all’interno o vicino al mezzo, causando la morte dei militari sul colpo.   
Ha aggiunto che l'agente della Senad si è salvato perché è sceso dal veicolo per cercare di inseguire a piedi il motociclista, e che l'impatto dell'esplosione gli ha fatto perdere conoscenza. Ha detto che il ferito è stato subito soccorso e portato di urgenza al Sanatorio privato San Antonio, ad Horqueta, per curare le ferite.

Due persone ferite assistite al centro ospedaliero
Il direttore Sixto Barrios ha specificato ai microfoni di 780 AM che ha assistito personalmente i due feriti vittime dell’esplosione aggiungendo che uno di loro era in uniforme, e che entrambi hanno lasciato il sanatorio “in ottime condizioni”.
La versione di Barrios si contraddice con quanto espresso dal pm Cazal il quale ha assicurato che solo tre persone si trovavano sul camioncino al momento del presunto attacco, delle quali solo una è sopravvissuta, seppure ferita. Mentre all'ospedale affermano di avere assistito due persone, vittime dell'esplosione, entrambe dimesse.
Attualmente c’è ancora tanta confusione attorno all’attentato. Considerando le dichiarazioni di Barrios, il magistrato Cazal afferma che c’è il sospetto che la seconda persona curata al centro ospedaliero sia proprio uno degli autori dell’attentato.  
Né la polizia, né i membri della Fuerza de Tarea Conjunta sono a conoscenza di un secondo ufficiale ferito, ma di due morti ed un ferito, solo Barrios menziona una quarta persona.

Megaoperazione congiunta di polizia e Segreteria Nazionale antidroga tra Ypejhù e Villa Ygatimí

di AMDuemila - 25 novembre 2014
La polizia e la Senad (Segreteria Nazionale antidroga) hanno avviato un’operazione congiunta per eliminare la grande quantità di marijuana nella zona dominata dal clan Acosta Marques, responsabile dell’omicidio del giornalista Pablo Medina e della sua assistente Antonia Almada.
L’operativo, supportato da elicotteri, è composto da cento uomini che perlustrano la zona anche alla ricerca del clan ancora latitante.
L’intervento è maturato in seguito alla denuncia della popolazione del luogo che afferma che oltre la metà degli abitanti del posto lavorano nella coltivazione e nel commercio di marijuana.

Con gli occhi “umidi” il presidente Cartes mette in guardia sulle conseguenze della “guerra” ai narcos
Il titolare della Senad, Luis Rojas, ha dichiarato ai microfoni di diversi mezzi di comunicazione che l’omicidio Medina ha infranto i codici della mafia scatenando reazioni nella stampa, nella cittadinanza e nella classe politica. Ha assicurato che il presidente della cartes-horacioRepubblica Horacio Cartes (in foto) ha dato ordine di incentivare la repressione del narcotraffico mettendolo però in guardia dalle conseguenze che ne potrebbero derivare: “Mi ha detto con gli occhi ‘umidi’, durante una riunione privata – ha dichiarato Rojas – di aver parlato anche con la sua famiglia dei pericoli di questa offensiva e delle possibili conseguenze. Mi ha chiesto se lo avrei sostenuto fino alla fine e gli ho detto di sì”, ha assicurato.
Lo stesso Cartes era stato indagato dalla DEA degli Usa per possibili vincoli con il narcotraffico.
Rojas ha poi aggiunto che il malcontento dei narcos sta aumentando, poiché hanno finanziato diversi politici che adesso non rispondono al telefono dopo lo scandalo.

Una Commisione indagherà sul caso Medina
Da ieri è operativa la Commisione bicamerale che indagherà sull’omicidio di Pablo Medina. È formata da tre senatori (il colorado Arnoldo Wiens, il liberale Luis A. Wagner e Miguel A. López Perito, del movimento Avanza País,) e da tre deputati (Olimpio Rojas, Pablino Rodriguez e Tomás Rivas Benítez).
La Commisione lavorerá in sinergia con il Potere Giudiziario, il Ministero Pubblico e gli organi di sicurezza dello Stato. Il primo documento dovrá essere redatto entro 45 giorni.

Sandra Quiñonez chiama a deporre sindaco e consiglieri di Ypejhú
Il magistrato titolare delle indagini, Sandra Quiñónez, interrogherà l’attuale sindaco di Ypejhù e i consiglieri. Dopo la fuga del precedente sindaco, Vilmar Acosta (ritenuto mandante dell’omicidio Medina-Almada e attualmente latitante) è stato sostituito da Emigdio Morel. Tra i candidati consiglieri figurava Francisca Acosta, sorella di Vilmar, che svolgeva il compito di tesoriera nel municipio, mentre Francieli Acosta, figlia dell’ex sindaco, lavorava in amministrazione, ma ha lasciato il Municipio. “Quasi non vediamo più i familiari di Acosta nella città di Ypejhú” ha dichiarato il sindaco attuale.

Il senato paraguaiano accusa tre deputati di vincoli con i narcos
Il senatore Arnaldo Giuzzio, ex magistrato antidroga ora nelle file del Partito Democratico progressista, ha accusato durante il plenum del Senato alcuni politici di avere contatti con i narcotrafficanti, presentando una lista con dei nominativi, basata su intercettazioni telefoniche e altri dati raccolti dalla Senad, nonché informazioni raccolte da lui stesso negli anni: “La decisione di rivelare queste informazioni ha il fine di dimostrare alla società che ci sono persone nelle istituzioni che danno la faccia contro il narcotraffico”, ha detto.
 
I personaggi coinvolti hanno negato ogni evidenza, come ad esempio il deputato Bernardo Villalba, del partito Colorado: “Quando esercitavo la mia professione di avvocato difesi un brasiliano per droga e riuscii a farlo rilasciare. Il pm era Giuzzio e ricordo che mi riempì di rimproveri alla fine dell’audienza. Ho svolto onestamente la mia professione”.
I deputati nominati hanno comunque familiari stretti vicini ai narcos come Marcial Lezcano e Freddy D’Ecclesiis. La lista delle persone ‘sospettate’ potrebbe arricchirsi di nomi di politici, poliziotti, militari e addiritura funzionari della stessa Senad.
Il Procuratore generale dello Stato, Javier Díaz Verón, ha promesso di indagare su tutti i politici vincolati al narcotraffico “chiunque sia”.

Assegnata scorta a giudice di Curuguaty
È stata assegnata la scorta permanente al giudice di Curuguaty che sta indangando sulla morte di Medina. Recentemente degli sconosciuti si sono introdotti nella sua abitazione e non si tratterebbe della prima volta.


Almendras: loro sono vivi, ora più che mai
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Manifestare in Paraguay per dire basta al narcotraffico

di Jean Georges Almendras - 21 Novembre 2014
Il 16 ottobre si è tinto di sangue, nella regione di Canindeyú. Nelle strade non asfaltate di Villa Ygatimí, in un'area territoriale confinante con il Brasile chiamata Ypejhú. La vittima è stata un giornalista: Pablo Medina, insieme ad una sua assistente, Antonia Maribel Almada Chamorro. Entrambi assassinati dai colpi di arma da fuoco. Due famiglie distrutte, che vivono il loro dolore in solitudine, un dolore che è anche il nostro. Anche il senso di impotenza è nostro. Perché siamo giornalisti liberi, come Pablo Medina e la sua assistente Almada.
Sono trascorsi trenta giorni da quel vile attacco, gli investigatori hanno ricostruito la dinamica dell’attentato e identificato gli autori, ma sorprendentemente non ci sono arresti. La notizia del delitto si è diffusa in tutto il territorio paraguaiano e anche oltre oceano. Il mandante del duplice crimine ed i suoi sicari sono mafiosi della zona. Semplici lacchè di un potere nascosto nell’ombra delle strade e dei villaggi paraguaiani. Semplici soldati di un sistema criminale protetto e custodito.
Sono trascorsi trenta giorni e ci siamo dati appuntamento ad Asunción. Abbiamo percorso migliaia di chilometri per rendere onore a Pablo nella sua terra. Un sincero omaggio ad un professionista dei mezzi di comunicazione impegnato nella causa di denuncia contro il narcotraffico, nella sua terra. In una zona a rischio, dove i narcos girano impunemente.   
Pablo Medina era un nostro amico. Un nostro compagno di lotta. Nel 2005 ebbe l'opportunità di incontrare il direttore Giorgio Bongiovanni ad Asunción. Nell'incontro ci parlò di suo fratello Salvador, assassinato nel 2001. Un incontro rivelatore che sigillò un'amicizia oltre ad un legame professionale.
Nelle prime ore del pomeriggio del 16 ottobre la notizia della morte di Pablo Medina ci colpì tutti. Uno shock indescrivibile. Un vero terremoto che segnò comunque un cammino. Tante volte Pablo aveva parlato di quei rischi poi diventati mortali quando fu oggetto di un’imboscata. Fu consegnato ai killer da personaggi che lo hanno esposto. Quel giorno, Pablo era senza scorta.  Perché, quando già la vox populi diceva che i suoi scritti avevano risvegliato la violenza criminale? Pablo si fidava dell'azienda dove lavorava da oltre 15 anni. Sentiva che la sua vita era a rischio, ma anche che godeva di certe garanzie per il solo fatto di far parte dello staff giornalistico di uno dei quotidiani più importanti del Paraguay: ABC Color.
Nel corso delle indagini alla ricerca di informazioni lungo i territori confinanti con il Brasile, supportati da prove ed evidenze su personaggi coinvolti nel narcotraffico, sicuramente Pablo alzò un coperchio, scoprendo al suo interno personaggi appartenenti a sistemi di potere che non dubitarono di mettere in moto i meccanismi giusti per renderlo completamente vulnerabile. Ed è così che quel giorno le pallottole furono sparate senza pietà, bisognava far tacere l'impiccione che aveva l'audacia di immischiarsi in affari che altrimenti potevano essere realizzati senza ostacoli, il connubio tra i sistemi di potere dello Stato Paraguaiano e la malavita del narcotraffico.  
L’uccisione di Pablo Medina, e di chi lo accompagnava, dimostra la veracità delle sue denunce e rimane il più grande errore commesso dai mafiosi, perché eliminarlo ha significato aprire le porte allo scandalo, la goccia che ha fatto traboccare il vaso ormai colmo, che ha fatto emergere una storia di corruzione e di narcotraffico radicata impunemente (forse, grazie ai silenzi ed ai depistaggi dei potenti di turno), nella società di Canindeyú.

LA MANIFESTAZIONE © ACFB


A trenta giorni dalla morte di Pablo Medina, mentre giornali, radio e televisioni gli dedicano le prime pagine ed i primi blocchi di notizie (con aggiornamenti delle indagini di Polizia e Procura), continuano le perquisizioni che hanno permesso il sequesto di marijuana e confermano nomi e cognomi dei mandanti e dei responsabili materiali del doppio crimine. Sono stati arrestati i latitanti identificati e mostrati nelle prime pagine dei mass media? Per niente.
Tutto questo ci ha spinti ad organizzare una mobilitazione cittadina per martedì 18 novembre, alle 18:30 in Plaza de la Democracia, in pieno centro della capitale paraguaiana.  
Abbiamo visitato redazioni di giornali, radio, televisioni, parlato con dirigenti dei sindacati di giornalisti e di altri ambiti, intrapreso contatti a vari livelli, per invitare il popolo paraguaiano a partecipare all'incontro. Abbiamo parlato con la figlia maggiore di Pablo, con i suoi genitori e fratelli. È stato come sentire Pablo. Come ritornare indietro nel tempo e vederlo insieme al nostro direttore durante il Congresso Antimafia di Rosario, Argentina, nell'anno 2009, o a casa di Omar Cristaldo quando nel 2005 ci parlava della morte di suo fratello Salvador e di tutta la sua campagna di denuncia al narcotraffico. In quella occasione gli abbiamo trasmesso la nostra forza, il nostro affetto ed il nostro appoggio. Nasceva un'amicizia profonda. Adesso ci è rimasto il suo ricordo e i frutti della sua perseverante denuncia.  
I suoi genitori, Angela e Don Pablo, hanno rivvisuto in lacrime la tragedia. Chiedono giustizia per la morte di Pablo e per quella dei loro figli Salvador e Salomon, anche loro uccisi dalla mafia. Dhirsen, la figlia maggiore di Pablo, ha avuto la forza di parlarci della sua indignazione e dei particolari dell'attentato, ricordando il padre meraviglioso, pieno di valori e di determinazione.  
Il giorno della manifestazione il palco installato in un angolo della Plaza de la Democracia è divenuto il punto dal quale lanciare la nostra pretesa di giustizia per Pablo Medina ed Antonia Almada.  
Striscioni estesi tra alberi e pali dell’illuminazione pubblica dicevano: "Non temo le azioni dei cattivi, temo il silenzio dei buoni" e "Chi ha paura, muore ogni giorno. Chi non ha paura, muore una volta sola”.  
Juan Carlos Paolini, argentino, ha aperto la manifestazione. Subito dopo, insieme a Giorgio Bongiovanni, abbiamo introdotto le motivazioni del raduno, uno a uno i relatori hanno presso il microfono per esprimere le proprie profonde riflessioni, auspicando la condanna ai criminali, rimarcando la loro vigliaccheria e sottolineando con rabbia le negligenze dello Stato. Hanno parlato Federico Enciso, della Federación Nacional de Estudiantes Secundarios; il Senatore Luis Alberto Wagner; il  Dr. Juan Alberto Rambaldo, giudice argentino e redattore della web Antimafia argentina; il giornalista Antonio Pecci, di Periodistas en Alerta; la Dra. Katia González, Presidenta della Coordinadora de Abogados del Paraguay; il sacerdote Francisco Oliva; e il magistrato Penal del Ministerio Público del Paraguay e redattore di Antimafia Paraguay, Dr. Jorge Figueredo.
Lo scrittore e giornalista uruguaiano Eduardo Galeano ha dichiarato: "Voglio aggiungere il mio nome alle dichiarazioni di condanna contro le esecuzioni di giornalisti e contadini che stanno seminando orrore nella mia amata terra paraguaiana. Chi come me conosce ed ama questo paese sa per esperienza che è il terrorismo messo in atto dal potere ad agire mascherato per assassinare impunemente coloro che difendono le loro tormentate terre e la  loro libertà di espressione”.
Giorgio Bongiovanni ha parlarto direttamente ai poteri dello Stato affinché agiscano di conseguenza ed evitino che l'impunità scenda sul caso Medina.

L'INTERVISTA AL TG NAZIONALE © ACFB

Dhirsen, la figlia maggiore, ha preteso giustizia spendendo dure parole contro i proprietari del quotidiano ABC Color, dove lavorava suo padre e proibendo loro l'utilizzo dell'immagine di Pablo a fini lucrativi e speculativi. Anche i due fratelli di Pablo lo hanno ricordato insistendo sulla pretesa di giustizia. Sono stati minuti di amarezza, la stessa amarezza che si vedeva riflessa nei volti dei familiari. Dopo la manifestazione, un canale di televisione nazionale ha intervistato in diretta Bongiovanni, che ha così potuto parlare a milioni di telespettatori. Rivolgendosi alle telecamere della televisione, ha intimato gli assassini di consegnarsi alle autorità e di segnalare l'identità dei veri mandanti del duplice delitto.
Il giorno dopo la morte di Pablo Medina, il fotografo siciliano Giorgio Barbagallo ha realizzato un documentario sul giornalista. Un vero omaggio alla vita di Pablo Medina ed al suo lavoro di informazione. La proiezione ha chiuso l’evento tra la commozione dei presenti.
Il popolo paraguaiano non è accorso in massa alla Plaza del la Democracia. Forse perché la paura regna ancora. Crediamo invece sia ora di uscire nelle strade e nelle piazze. È il momento di dare loro risposte ferme e di denunciare pubblicamente i potenti responsabili della deriva di questo paese. La lotta al crimine organizzato è stata lanciata. Non si può più tornare indietro. Tutto per Pablo Medina, per Antonia Almada, e per le altre vittime cadute. Perché loro, sono vivi. Più che mai.


La figlia di Pablo Medina accusa il giornale ABC Color di lucrare sulla morte del padre
di AMDuemila - 21 novembre 2014
Dal palco in Plaza de la Democracia, in occasione della manifestazione indetta da AntimafiaDuemila per chiedere giustizia per Pablo Medina, la figlia del giornalista ucciso, Dhyrsen Medina ha chiesto al giornale ABC Color di non lucrare sulla morte del padre. Secondo la figlia l’azienda non avrebbe mai protteto suo padre durante i servizi giornalistici e avrebbe percepito uno stipendio “miserabile”. “La direzione di ABC Color sapeva bene dei rischi che correva mio padre, sapeva delle minacce, ma mai lo hanno protetto. A volte pagava di tasca sua la protezione per qualche copertura giornalistica. Lo hanno lasciato solo. E poi solo adesso ho saputo che non godeva di alcun tipo di assicurazione”.

Un mese dopo l’omicidio Medina
Le pallottole dei sicari del narcotraffico che un mese fa hanno falciato la vita del giornalista Pablo Medina e della sua giovane assistente Antonia Almada hanno tracciato una linea invisibile, ma che divide il Paraguay antecedente e posteriore al duplice omicidio.
Bisogna dire che Medina ha rappresentato molto di più che un giornalista donchisciottesco impegnato nelle denunce contro il narcotraffico nel dipartimento di Curuguaty dove risiedeva. L’assassino di due dei suoi fratelli non lo ha mai fermato, anzi, ha continuato a ‘perforare’ la struttura pubblica e segreta del crimine organizzato rendendo noti gli intrecci politici che coprono attività illecite.
Le verità emerse dai suoi lavori giornalistici hanno portato alla luce anche responsabilità politiche nel contrabbando di legname frutto della deforestazione selvaggia della zona, che procura enormi guadagni per le loro tasche e gravi danni all’ecosistema nazionale.
Senza quella sicurezza personale che tanto le autorità come il giornale per cui lavorava erano in obbligo di assicurargli, Medina ha lasciato una sorta di testamento accusatorio nel suo computer personale, e si apprestava a realizzare un lavoro che inevitabilmente ha segnato la sua sentenza di morte: un documentario sull’enorme portata del narcotraffico e della narcopolitica a Curuguaty.
medina-dhirsen-c-acfbLe grandi mafie che gestiscono il massivo traffico di droga verso il vicino Brasile, e anche in ambienti politici, mai avrebbero immaginato l’impatto che avrebbe provocato in tutta la società l’omicidio di Medina e Almada, mentre ritornavano da un servizio giornalistico sui danni che la fumigazione tossica dei latifondi confinanti reca alla popolazione contadina e le loro colture. Tanto meno lo hanno immaginato il mandante e i suoi sicari.
Mentre prima era  un segreto ad alta voce, accessibile soltanto ad una parte della società paraguaiana, i nomi e cognomi di chi si arricchiva con attività illegali, adesso sono pubblicati dai mezzi stampa, gridati nelle manifestazioni in strada.
L’organigramma politico, i tre poteri dello Stato sono stati toccati da una valanga di denunce che hanno generato scandali che non sembrano attenuarsi. Il Parlamento è oggetto di continue segnalazioni di funzionari e legislatori, coinvolti in qualche modo non solo in fatti attinenti all’omicidio di Medina e Almada, ma anche vicini alle attività illegali esistenti in un paese considerato il secondo produttore di marijuana in America Latina.
Il Partito Colorado è quello che più funzionari e legislatori “questionabili”accusati ha nelle sue file. Ma anche il potere giudiziario ha un considerevole numero di giudici e pubblici ministeri corruttibili.

Clan Acosta avrebbe violato “codici” della mafia
La decisione del clan Acosta di uccidere un giornalista avrebbe infranto il “codice” della mafia, causando perdite millionarie all’“affare” del narcotraffico, a seguito dell’aumento di controlli della Senad (Segreteria nazionale antidroga).
Il ministro della Senad, Luis Rojas, ha dichiarato che “la morte di Medina ha danneggiato i produttori della regione. Uccidere un giornalista o un poliziotto infrange i codici della mafia, perché implica una reazione forte da parte delle autorità”.
Intere piantagioni di marijuana continuano ad essere distrutte: dal 17 ottobre ad oggi, circa 76 ettari, che significherebbero circa 228 tonnelate di erba. Un danno economico di oltre 6 milioni e mezzo di dollari.
Sono stati perquisiti 9 centri di elaborazione della droga su larga scala, in tutto 3.500 kg di droga già distribuita in borse. Diverse persone sono state tratte in arresto.

Si indaga sul militare che avrebbe coperto “Neneco” Acosta
È stata aperta un’inchiesta contro il colonello Felipe Orrego per confermare se ha aiutato o meno l’ex sindaco Vilmar Acosta a fuggire. Si sospetta che lo abbia aiutato a scappare dieci minuti prima dell’irruzione della Polizia Nazionale per una perquisizione. Il colonello Adolfo Piers ha dichiarato che Orrego è stato destituito dalla sua carica per essere sottomesso ad indagini da parte di una commisione delle Forze Armate insieme a degli assessori giuridici.
“Appena avremmo i risultati di questa prima indagine li trasmetteremo ad un’altra sede per continuare l’investigazione”.  Orrego sarà interrogato dal magistrato Sandra Quiñonez a carico delle indagini sull’omicidio Medina-Almada.
Vilmar Acosta e i suoi sicari si troverebbero in territorio paraguiano, probabilmente nascosti nei boschi attorno a Ypejhù.



TUTTI GLI INTERVENTI DELLA MANIFESTAZIONE "JUSTICIA YA"

Bongiovanni e Dhirsen Medina in diretta al tg nazionale
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di AMDuemila - 19 novembre 2014
A margine della manifestazione la tv nazionale paraguayana Tele Futuro ha intervistato in diretta per il tg serale il direttore Bongiovanni e Dhirsen Medina, figlia di Pablo. “Che si consegni alla giustizia, si penta e riveli i nomi dei mandanti esterni dell’assassinio di Pablo” ha detto Bongiovanni riferendosi a "Neneco" Acosta, appartenente all’omonimo clan locale e considerato colui che ha ordinato l’omicidio del giornalista. La figlia Dhirsen ha poi fatto un appello ad ABC Color, giornale per cui lavorava il padre, affinchè non pubblichi più i suoi articoli perché, stando alle sue parole, la testata non si è mai preoccupata davvero delle condizioni di sicurezza di Pablo Medina.


Fratelli Medina: “Dopo trenta giorni non abbiamo preso i responsabili dell’assassinio”
di AMDuemila - 19 novembre 2014

“Abbiamo già perso tre membri della nostra famiglia, mio padre e mia madre hanno terminato le lacrime” così hanno parlato dal palco i due fratelli di Pablo Medina, un uomo, hanno detto, che “merita rispetto”. E rivolgendosi al ministro Núñez, che dopo la morte di Pablo aveva accusato il giornalista di aver scritto leggerezze: “Mai, signor ministro, mio fratello ha scritto di cose che non sapeva, mai è caduto in contraddizione, lui aveva le sue fonti! Che le sue idee, le idee di Pablo continuino per sempre”. E ancora: “Da trenta giorni viviamo senza Pablo e senza Antonia Almada, e non abbiamo preso chi li ha uccisi, questo perchè esiste una protezione dall'interno dello stato. Abbiamo bisogno di cambiare il modello sociale”.


FOTOGALLERY © ACFB


Giornalista: “In Parlamento forza occulta che gestisce il potere”

di AMDuemila - 19 novembre 2014
“E’ un dovere di giornalista e di cittadino partecipare e chiedere giustizia per Pablo e per gli oltre trenta colleghi uccisi in 25 anni di democrazia, anche se in realtà democrazia non c’è e queste morti ne sono la prova”. L’ha detto il giornalista della “Ultima Hora” e rappresentante del coordinamento dei giornalisti, nel corso della manifestazione Justicia para Pablo per l’uccisione del cronista di ABC Color e della collaboratrice Antonia Almada. “Se in Paraguay tutti i cittadini non si organizzeranno - ha proseguito l’intervento - significherà che lasceremo il nostro destino nelle mani di assassini. Dobbiamo capire cosa c’è all'interno del parlamento, la narcopolitica, questa forza occulta gestisce il potere, solo ora stiamo cominciando a comprendere, grazie anche alla rete. Siamo obbligati a informarci - ha concluso - dobbiamo entrare nella vita politica”.


Figlia Medina: "non lasciamo che la sua morte sia impunita"
di AMDuemila - 19 novembre 2014
“Grazie a tutti siamo qui per chiedere giustizia per mio padre, un grande uomo che ha dato la vita per dire la verità, non lasciamo che la sua morte sia impunita.” A dirlo è Dhirsen Medina, Figlia di Pablo Medina che ha poi evidenziato che “Se non siamo tutti uniti siamo condannati a morire tutti. Basta all'impunità! Il Paraguay merita una giustizia, io e la mia famiglia come famigliari chiediamo un processo politico, vogliamo un Paraguay pulito e questo dipende da ciascuno di noi.”  “Mio padre ci ha lasciato un ideale valido per il quale lottare, non possiamo più tollerare altri morti.” Dhirsen Medina in lacrime ha poi denunciato gridando la mancanza di protezione del padre anche da parte del giornale nel quale lavorava. “Voglio fare una denuncia pubblica, all’ABC Color perché sono molto indignata che si utilizzi il nome di mio padre, si stanno approfittando in questo momento della figura di mio padre. So tante cose che dirò a tempo debito.” “Perchè gli avete tolto la scorta quando più ne aveva bisogno? Tre morti nella stessa casa sono troppi.”


Bongiovanni, l’appello al mandante dell’omicidio Medina: “Consegnati alla giustizia”
di AMDuemila - 19 novembre 2014
“Davanti alla figlia di Pablo ti chiedo: consegnati alla giustizia, esci allo scoperto” l’appello di Giorgio Bongiovanni, direttore di Antimafia Duemila, è per Neneco Acosta, attualmente latitante e considerato il mandante dell’omicidio di Pablo Medina. “Parla, e confessa chi ha voluto l’assassinio, perché altri personaggi più potenti l’hanno ordinato e questa famiglia deve avere giustizia”. Bongiovanni ha poi auspicato che in Paraguay venga finalmente istituita una legge antimafia “per evitare il rischio che questo paese diventi uno Stato-mafia. Il popolo non lo deve permettere, deve protestare e questo è l’inizio di un nuovo cammino di rivoluzione civile”.
Rivolgendosi poi al Ministro Núñez, che aveva denigrato le inchieste giornalistiche di Pablo Medina, il direttore della rivista ANTIMAFIADuemila  dinnanzi alla televisione nazionale ha chiesto a Víctor Núñez di dimettersi: “Signor ministro si ritiri! Io credo più al mio amico Pablo che diceva che lei è amico dei narcos che non che Pablo scrivesse falsità. Lei offende la costituzione del suo paese.”


Padre Oliva: “Maggiore sicurezza per i giornalisti minacciati”

di AMDuemila - 19 novembre 2014

“Il giornalista è come una sentinella, e così è stato Pablo” ha affermato il sacerdote missionario Francesco Oliva, salito sul palco per esprimere il suo pensiero per Pablo Medina, assassinato lo scorso 16 ottobre. Il prete ha poi lanciato un appello per “chiedere maggiore protezione per i giornalisti in prima linea in tutto il mondo, perché spesso non viene colto il pericolo che loro corrono quando denunciano sicari e corrotti. Bisogna difenderli per evitare che qualsiasi killer li possa uccidere. Oggi i giornalisti vengono uccisi e noi li piangiamo, ma in realtà - ha concluso - dovevano essere disposte prima adeguate misure di protezione affinché il giornalista sia ben protetto anche dalla stessa impresa che gli dà lavoro”.


Kattya Gonzalez: “In questo Paese si agisce nell’impunità”
di AMDuemila - 19 novembre 2014
“Grazie per tenere viva la memoria in uno Stato che ci vuole a testa bassa” ha iniziato così Kattya Gonzalez, presidente del coordinamento degli avvocati paraguaiani, nel corso della manifestazione Justicia para Pablo. La Gonzalez ha manifestato un pensiero per i familiari del giornalista, assassinato “in modo così barbaro e vigliacco”. “Con la perdita di Pablo - ha proseguito - è stato evidenziato come in questo paese si agisce nell’impunità. Questa è una lotta titanica. La ricchezza si concentra nelle mani di pochissimi e il popolo deve mendicare pane, giustizia, diritti di base”. Per questo, ha aggiunto la presidente del coordinamento, “il Paraguay deve indignarsi. Quando si uccide un giornalista è un fatto molto grave, viene dato un colpo al cuore del processo democratico perchè è attraverso il giornalismo che si aprono le coscienze. La Corte suprema della giustizia deve essere rinnovata, ma stiamo attraversando un processo molto difficile”.


Giudice Rambaldo: “La criminalità sfrutta le debolezze istituzionali”

di AMDuemila - 18 novembre 2014

"Siamo qui per onorare Pablo Medina, quando l’ho conosciuto nel 2009 mi ha colpito perchè parlava e cercava la verità sull'omicidio di suo fratello. Ora la sua famiglia è qui, colpita dalla perdita di un altro figlio" l’ha detto Juan Alberto Rambaldo, giudice argentino, nel corso della manifestazione organizzata ad Asunciòn (Paraguay) per chiedere verità sull’omicidio del giornalista Pablo Medina.
Medina aveva tra le mani delle carte sul narcotraffico locale. “Si pensava che la droga era una questione localizzata - ha proseguito Rambaldo -
in realtà la metodologia è unica ed estesa a tutti i paesi, dal Sud America all’Europa. La criminalità sfrutta le debolezze e le carenze istituzionali per portate avanti i propri affari”. Ma soprattutto, ha precisato il giudice, “dietro ai sicari ci sono gli imperi finanziari, i sistemi bancari che lavano ingenti quantità di denaro” e tutto ciò va a creare “uno stato criminale dentro lo stato nazionale. La forza è il popolo, solo lui può vincere questa battaglia” ha concluso.


Senatore Wagner: "Pablo ora vivo se Núñez non avesse liberato Vilmar Acosta"
di AMDuemila - 19 novembre 2014
E’ iniziata la manifestazione nazionale “Justicia para Pablo” per chiedere giustizia e verità sull’omicidio del giornalista Pablo Medina e della sua assistente Antonia Almada uccisi più di 30 giorni fa. Presenti alla manifestazione anche alcuni rappresentanti dei paesi vicini, Cile Argentina, Uruguay ed anche dell’Europa.
“Siamo insieme in questa giornata unica per stringerci uno agli altri e chiedere giustizia” così ha aperto l’evento il presentatore che dal palco ha subito introdotto il giornalista uruguaiano Georges Almendras e il direttore di ANTIMAFIADuemila Giorgio Bongiovanni organizzatori della manifestazione. Georges dopo aver salutato il pubblico ha sottolineato che la Plaza de la Democracia, dove si sta svolgendo l’evento, “rappresenta tutti coloro che lottano per la giustizia, contro i narcos, contro la criminalità, Medina è l’ispiratore di tutti noi simbolo della lotta alla mafia”. All’iniziativa - ha spiegato Almendras - hanno aderito anche il sindacato dei giornalisti, il coordinamento degli avvocati del Paraguay, il famoso giornalista Eduardo Galeano e la federazione nazionale degli studenti secondari”. Il rappresentante degli studenti, Federico Enciso, ha poi denunciato a gran voce “Che l’ingiustizia troppo spesso è radicata nei poteri dello Stato.” “A Pablo non avevano dato nessun tipo di protezione, nemmeno un poliziotto,- ha continuato Federico Enciso intervenuto dal palco- lo stato sottomette chi vuole dire la verità, noi come cittadini riaffermiamo che il responsabile diretto è il presidente della repubblica, anzi tutti e tre i poteri sono responsabili della morte di Medina.”
Anche il senatore Luis Alberto Wagner del partito liberale, dopo aver espresso la sua solidarietà a tutta la famiglia delle vittime, ha confermato la presenza della mafia nelle istituzioni uruguayane e dell’omertà diffusa: “La cosa che più dispiace è che Medina scriveva chiaramente chi erano i delinquenti della criminalità organizzata, eppure nessuno gli toccò un capello a questi criminali. E’ una vergogna per noi, in queste piccole località ci sono pochi abitanti, si conoscono tutti, si sa chi sono.”
Parlando poi di Vilmar Acosta, ritenuto il mandante dell’omicidio Medina, e del padre Vildal Acosta ha detto: “Sebbene nella loro tenuta si è trovata gente morta, torturata furono liberati dal ministro della corte Víctor Núñez che ratificò la libertà di entrambi. Se non è questo un narcoministro che cos’è?”. “Se Núñez non gli avesse dato la libertà Pablo oggi sarebbe ancora vivo.
Il senatore Wagner infine ha concluso invitando tutti a farsi portatori di questa richiesta di giustizia e verità e cacciare dal governo i corrotti: “Dobbiamo dire ai deputati che stanno giocando troppo contro la repubblica del Paraguay, dobbiamo essere 10, 50, 100 giovani e adulti non è solo un problema del Paraguay. Dobbiamo impegnarci per fare venire buoni paraguayani in politica. Dobbiamo continuare la nostra lotta per i nostri figli e per i nostri nipoti.”


I VIDEO DELLA MANIFESTAZIONE "JUSTICIA YA"

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Senatore Wiens su omicidio Medina: “Andare fino in fondo”
Sull’assassinio del giornalista indagherà una Commissione parlamentare
di Jean Georges Almendras - 19 novembre 2014  
Asunción (Paraguay). La morte del giornalista Pablo Medina ha scatenato un vero tsunami nell'ambito della società paraguaiana. Gli spari che hanno messo fine alla vita del giornalista del quotidiano ABC Color, nelle prime ore del pomeriggio dello scorso 16 ottobre, hanno fatto oscillare le fondamenta della democrazia del Paraguay, del sistema politico e dello Stato stesso. Infatti il delitto sarebbe il risultato del radicamento del potere mafioso. Un potere che aveva nel mirino il giornalista Medina, una delle più ambite vittime, al fine di far tacere le sue costanti denunce che rendeva pubbliche mettendo in serio pericolo i veri mandanti della sua morte e tutti coloro che sono coinvolti nella narcopolitica e che adesso si trovano sotto la lente di ingrandimento di magistrati, pubblici ministeri e di tutta una società che con forza reclama giustizia.
fotos senadores1Mentre ad un mese dall’attentato in cui persero la vita il giornalista e la sua giovane assistente di 19 anni, Antonia Almada, è ancora alto lo stupore nell’opinione pubblica, le indagini degli inquirenti hanno proseguito il suo corso e ad oggi sono in grado di determinare l’identità degli autori materiali e del mandante del duplice omicidio: un sindaco della regione. Tuttavia, tutte le persone coinvolte risultano al momento latitanti. Un aspetto che non va trascurato.
Le acque dello tsunami Pablo Medina hanno toccato anche il Parlamento paraguaiano. Al punto che è stata istituita una Commissione parlamentare bicamerale formata da senatori e deputati, che avrà il compito di indagare sul delitto.  
Antimafia Duemila ha incontrato il senatore del Congresso Nazionale Dr. Arnoldo Wiens e il suo collega parlamentare, Arnaldo Giusso, in uno dei saloni del Parlamento paraguaiano. All’incontro erano presenti anche Sonia Cordella, collaboratrice della rivista, il giudice argentino Juan Alberto Rambaldo e il Pubblico ministero Jorge Figueredo, amici di Antimafia Duemila.
"Oggi è un giornalista, domani potrebbero essere giudici, pubblici ministeri e parlamentari. Tutti possiamo essere vittime di questo tipo di situazioni" ha detto il senatore Giusso.  
Da parte sua il senatore Arnoldo Wiens ha segnalato: "Ho conosciuto Pablo da vicino. Parlavo spesso con lui. L'ultima è stato il 14 maggio, di quest'anno, il giorno delle commerazioni della città di Curuguaty. Io stavo lavorando sul famoso caso di Curuguaty, dove persero la vita 17 persone. Un caso emblematico che fece da deterrente per il  giudizio politico contro Fernando Lugo. Pablo era stato sul luogo dei fatti ma si era salvato grazie alla sua esperienza in situazioni di rischio, era allenato. Riuscì a fornirmi molti dati per quel lavoro. Nutrivo un affetto molto speciale verso Pablo. Quanto accaduto un mese fa mi ha colpito profondamente. Mi sento molto identificato nella sua lotta, di comunicatore sociale, di giornalista, in una zona di altissimo rischio. Conosco molto bene la regione e le attività prevalenti. Dappertutto si vedono piantagioni di marijuana. Quindi i pericoli a cui era esposto Pablo sono gli stessi a cui sono esposte tutte le persone perbene che lottano contro questo flagello. Uno non sa chi ha di fronte. Non sa mai se tornerà vivo da uno di questi viaggi. Come legislatore, giustamente il partito al quale appartengo, mi ha chiesto di far parte di questa Commissione”.
Per quanto riguarda l’indagine, ha aggiunto, “si sa chi è il mandante e chi sono gli autori materiali. Ma c'è un anello della catena su cui si  sta ancora investigando, una persona che sarebbe stato ‘il contatto’, l'informatore. Abbiamo tutti i dati, incroci di chiamate, ma nemmeno un detenuto  fino ad oggi. Noi non possiamo entrare nell'investigazione, ma il nostro compito è fare rispettare lo Stato di Diritto e che sia fatta giustizia. E sicuramente fare pressione affinché la polizia riesca ad arrestare gli individui sui la cui testa pende un ordine di cattura nazionale ed internazionale."
foto senadores6E’ in corso di elaborazione un disegno di legge, ha proseguito Giusso, "che fa riferimento all’acquisizione di dati dei tabulati telefonici, estremamente importante per chi esegue le indagini, come la procura e la polizia. Oggi i mezzi di comunicazione e le organizzazioni sociali stanno tergiversando le vere motivazioni, perché si crede che in quel modo lo Stato possa entrare nell'intimità  dei suoi membri e dei cittadini. Ma non è così. L’unica cosa che è prevista è la possibilità di avere a disposizione uno strumento molto importante a livello delle aziende che gestiscono internet, ed essere in condizioni di sollecitare loro di trattenere l'informazione per sapere da quale computer o cellulare è partita una comunicazione, non il contenuto. Oggi la Procura non ha la possibilità di accesso a questa informazione. Anche di fronte ad una richiesta della Procura l'operatrice non ha l'obbligo di informare”.  
Il senatore Arnoldo Wiens ha poi puntualizzato: "Abbiamo conversato con il presidente della Repubblica su questo tema. Bisogna arrivare in fondo alla questione. E come si dice comunemente “cada chi cada”. Voglio dire che qui non c'è un potere dello Stato che stia proteggendo i suoi, per dirlo graficamente. Come il parlamento nazionale, perché ci sono alcuni nomi che circolano in questo momento, di alcuni nostri colleghi, senatori e deputati, Ministri della Corte Suprema di Giustizia. Voi sapete che in questo momento si sta procedendo alla sostituzione di alcuni. Se c'è gente nel potere esecutivo, siano essi ministri o vice ministri, che hanno vincoli questionabili dimostrabili. Noi abbiamo bisogno di credibilità e serietà nell'investigazione. Per il bene del futuro della Repubblica non possiamo permettere che il cancro della mafia del narcotraffico o della mafia dei rapimenti aggiscano in sinergia nel nostro paese. Dobbiamo andare in fondo alla questione. Per noi, il crudele assassinio di Pablo Medina e della sua assistente segna un punto cardine nella storia della Repubblica. Per me è un punto di inflessione che mette tutta la cittadinanza di fronte ad una delle decisioni più importanti da prendere per il futuro della Repubblica. Lasciamo via libera a quella  mafia per manovrare le fila del paese o li affrontiamo faccia a faccia? Sicuramente la mia testa ha un prezzo, ma la mia posizione è questa. Io lavorerò dentro i limiti che riterranno i miei colleghi e senza cercare né popolarità né propaganda. Per me è importante arrivare al fondo della questione e che i colleghi abbiano la forza di prendere le decisioni che saremo costretti a prendere incluso contro i nostri colleghi se fosse necessario, ma senza che ci tremi il polso”.
I due senatori hanno poi comunicato che una volta che la Commissione sia costituita integralmente, si pensa entro le prossime 48 ore, sarebbe molto conveniente incontrarci nuovamente "perché per la Commissione è importante ciò che voi rappresentate. È molto importante la lotta che voi svolgete a livello internazionale riguardo questi temi e sarete per noi un grande sostegno oltre che un grande prestigio per i nostri propositi in onore alla verità e alla Repubblica".  
foto senadores3E riguardo al contenuto del computer dove lavorava Medina, di vitale importanza per chiarire e aspetti delle sue investigazioni e denunce, oltre a definire le ragioni per le quali è stato ucciso: "Su quel computer, e magari su altri che possano trovarsi in altre zone del paese, io credo che sia possibile tessere un lavoro di intelligence molto importante. Io mi impegno a seguire queste indagini e dare tutto il mio supporto affinché il lavoro sia il più scientifico, tecnico e professionale possibile”. Ed ha aggiunto: "Questo tipo di criminalità organizzata ha ormai una connotazione globalizzata. Ad esempio "Neneco", il sindaco latitante e accusato di essere il mandante  del duplice omicidio, ha doppia nazionalità. Passa dall'altro lato della frontiera, come fosse casa sua, con documentazione e protezione. Allora se vogliamo arrivare fino in fondo alla questione, bisogna mettere in conto che ci possano essere delle connotazioni, non solamente a livello politico paraguaiano, ma anche a livello politico brasiliano, perché stiamo parlando di una zona di frontiera con il Brasile. I maggiori trafficanti e artefici di  questo male organizzato, si trovano all’altro lato della frontiera e si servono di alcuni personaggi che sono anelli di congiunzione. Non scartiamo il fatto che questa investigazione ci conduca a persone più potenti di "Neneco" dall'altro lato della frontiera, responsabili anche loro del delitto Medina. Per questo motivo ritengo molto importante parlare con i nostri colleghi in Brasile per fare fronte comune".  


"Justicia para Pablo": grande attesa per la manifestazione di questa sera
di Francesca  Panfili - 18 novembre 2014
Asunción (Paraguay). Grande attesa per la manifestazione nazionale “Justicia para Pablo” che si terrà oggi alle 18:30 (22:30 italiane) in Plaza de la Democracia ad  Asunción per chiedere giustizia e verità sull’assassinio del giornalista Pablo Medina, ucciso insieme alla sua giovane assistente, Antonia Almada, di soli diciannove anni.
“A trenta giorni dalla morte di Pablo Medina ancora non sono stati arrestati i responsabili del clan che ha ordinato il suo assassinio” ha detto il direttore di ANTIMAFIADuemila Giorgio Bongiovanni, nella conferenza stampa svoltasi ieri dinnanzi alla televisione nazionale paraguayana Tele Futuro e a numerosi giornalisti giunti anche dall’estero per l’occasione. Presenti anche il giornalista uruguayano Jean Georges Almendras, direttore di Antimafia Dos Mil Uruguay, il giudice argentino Juan Alberto Rambaldo, il giudice paraguayano Jorge Figueredo e il rappresentante di Antimafia Dos Mil in Paraguay Omar Cristaldo.
20141118-movilizacion-streamingBongiovanni ha spiegato che oltre alla richiesta di giustizia sull’omicidio del giornalista paraguayano, collaboratore della rivista ANTIMAFIADuemila, il fine della grande protesta nazionale di oggi è anche quello di proporre alle autorità azioni concrete, fondamentali per combattere il narcotraffico e la corruzione imperante nel Paese, per evitare che altri giornalisti vengano ammazzati. “Noi vogliamo chiedere di più allo Stato paraguayano, alla magistratura, alla politica, per garantire una sicurezza maggiore e una giustizia certa ai cittadini, per evitare che capiti quello che è successo in Europa e soprattutto in Italia dove lo Stato si è corrotto con la mafia". “Questo è un Paese straordinario, ricco di risorse e di gente onesta, – ha aggiunto il direttore di ANTIMAFIADuemila - noi vogliamo impedire che si trasformi in uno Stato mafioso e corrotto”. La mobilitazione di oggi quindi vuole essere l’inizio di una rivoluzione civile e democratica per dimostrare che il popolo paraguayano non appoggia la mafia e i grandi narcotrafficanti multimiliardari che vogliono mettere a tacere la stampa fino ad uccidere i giornalisti che denunciano le collusioni tra politica e criminalità organizzata. Molti i media che hanno dedicato spazio per promuovere l’iniziativa, tra questi il giornale ABC Color dove lavorava Pablo Medina e la radio nazionale ÑANDUTÍ  che ha dato voce ai relatori della protesta i quali hanno invitato tutta la cittadinanza a partecipare alla manifestazione alla quale hanno aderito anche il sindacato dei giornalisti, la federazione nazionale degli studenti secondari e il coordinamento degli avvocati del Paraguay.
Sarà presente anche la famiglia di Pablo Medina, i genitori del giornalista ucciso e la figlia Dhirsen di ventinove anni, che vive attualmente sotto scorta, saranno accolti dalla delegazione di ANTIMAFIADuemila e dal suo direttore.

L'evento facebook: www.facebook.com/pages/Justicia-PARA-PABLO-Medina


"Justicia Ya" - La conferenza stampa della manifestazione in memoria di Pablo Medina
conf-stampa-paraguayAudio/Video all'interno!
di AMDuemila - 17 novembre 2014

Si è svolta questa mattina ad Asunción la conferenza stampa di Giorgio Bongiovanni, direttore di Antimafia Duemila, per invitare la cittadinanza alla manifestazione “Justicia para Pablo” che si terrà domani alle 18:30 (le 22:30 in Italia, ndr) in Plaza de la Democracia. La mobilitazione, che vedrà la partecipazione di numerosi giornalisti giunti anche dall’estero e della famiglia del giornalista assassinato, è stata indetta per chiedere giustizia e verità sulla sua tragica morte e per esortare lo Stato ad intraprendere una dura lotta contro la mafia e il crimine organizzato.


Giustizia per Pablo! Oggi la manifestazione ad Asunción

Bongiovanni: mafia e narcos? Il Paraguay guadagna terreno
traduzione di AMDuemila - 18 novembre 2014
Diverse organizzazioni locali ed internazionali hanno indetto la manifestazione per richiedere sia fatta luce sull'omicidio del giornalista di ABC Color Pablo Medina e della giovane Antonia Almada, crivellati di colpi da sicari del narcotraffico lo scorso16 ottobre mentre in macchina ritornavano da un servizio giornalistico. Lo scopo della mobilitazione è rivendicare inoltre che sia fatta luce su tutti gli assassinii di giornalisti perpetrati dalla narcopolitica insediata nel paese.  
La convocazione è per martedì alle 18:30 (le 22:30 in Italia, ndr) in Plaza de la Democracia ed è organizzata da Antimafia Duemila Italia, una rivista specializzata nel dare informazione sui crimini commessi dalle mafie, e ha delle delle filiali in Argentina ed Uruguay.  
A livello locale, aderiscono la Coordinadora de Periodistas en Alerta, il Fopep, il Sindacato di Giornalisti del Paraguay, la Coordinadora de Abogados y la Federación Nacional de Estudiantes Secundarios.
Giorgio Bongiovanni, Direttore di Antimafia Duemila Italia, ha segnalato che nonostante spesso non si conosca il tema in profondità, l'assassinio di giornalisti da parte del crimine organizzato è un fenomeno mondiale e il nostro obiettivo è creare un gruppo internazionale di colleghi ed amici che lotti per difendere la libertà e che dia il proprio contributo nella lotta contro la mafia.  
Ha ricordato che Medina era un collaboratore della rivista e che in varie opportunità lo invitarono ad incontri organizzati in Argentina e avevano intenzione di invitarlo anche in Italia.  
"Il narcotraffico in questa regione è strettamente vincolato con il centroamerica e con la mafia italiana. Le mafie siciliana e calabrese sono direttamente legate all'America Latina", ha affermato Bongiovanni il quale ha spiegato che sebbene Messico e Colombia continuino ad essere i paesi predominanti per quanto riguarda il narcotraffico, il Paraguay continua a guadagnare terreno.  
Ha sottolineato inoltre la necessità di una legge di protezione ai testimoni i quali, proprio grazie al loro vincolo con le mafie e successivo pentimento, possono fornire informazioni rilevanti alle autorità. Una legge che in realtà l'Italia ha importato dagli Stati Uniti, ha aggiunto.  
"Il pericolo è che gli stati sudamericani diventino narco stati", ha asserito Bongiovanni.

Fonte: abc.com.py

Smantellato centro del clan Acosta

di AMDuemila - 18 novembre 2014
Dopo lo smantellamento di uno dei più grandi centri dei narcos con oltre tre tonnellate di marijuana pochi giorni dopo l’omicidio del giornalista  Pablo Medina nella tenuta “Dos Naciones”, di proprietà dell’ex sindaco di Ypejhù e mandante dell’omicidio, Vilmar “Neneco” Acosta, la polizia ha smantellato lo scorso 13 novembre un altro centro dello stesso clan in una riserva forestale, a soli 5 km dalla tenuta Dos Naciones, sempre a Ypejhù. Al momento dell’irruzione alcuni operai stavano lavorando la droga, oltre una tonnellata. Si pensa che il centro in questione sarebbe gestito da Vidal Acosta, padre di Vilmar e uno dei più pericolosi narcotrafficanti di Canindeyù.

Gli assassini di Medina ancora ad Ypejhú
Si sospetta che “Neneco”, così come i suoi sicari, sia ancora nella zona di Ypejhù e che goda di protezione a più alti livelli. Sicuramente cambia giornalmente nascondiglio.

Un confidente la cui identità è riservata per motivi di sicurezza avrebbe dichiarato ad ABC Color che militari e polizia sono al servizio del clan, formato da Vilmar Acosta, suo padre Vidal, suo fratello Wilson, suo nipote Flavio Acosta e un killer al loro servizio, Arnaldo Javier Cabrera. Avrebbe inoltre aggiunto che poliziotti e militari operano al servizio del gruppo. Dopo l’omicidio del giornalista il clan Acosta si sarebbe incontrato nel panificio di proprietà di Virgilio Alcaraz e Maria Acosta, zii di “Neneco”. Il negozio sarebbe utilizzato abitualmente come centro di operazioni e pianificazione delle attività criminose del clan.
La notte stessa dell’omicidio “Neneco”, suo fratello Wilson e Vidal si sarebbero incontrati sul posto. Mentre il giorno dopo, secondo alcune fonti, Neneco si sarebbe rifugiato in un distaccamento militare, sotto la presunta protezione del colonnello Felipe Orrego. Il comandante delle Forze Militari ha assicurato che avvierà un’indagine al riguardo.

Ma le perquisizioni e i rastrellamenti messi in atto dalla polizia nazionale e dagli investigatori, alla guida di Sandra Quiñónez obbligarono Acosta inizialmente ad attraversare la frontiera e recarsi in Brasile, dove ha rinnovato la sua patente. Ricordiamo che Neneco gode della doppia nazionalità. Qualche giorno dopo è rientrato a Yipejhú dove si troverebbe ancora oggi.

Vilmar Acosta è stato espulso dal Partito Colorado ed è stato emesso un ordine di cattura internazionale nei confronti suoi e dei suoi complici.

È ormai più che accertato che il piano di uccidere Medina è maturato a seguito degli articoli che scriveva denunciando che nel municipio di Ypejhù si gestiva il narcotraffico ed addirittura si ordinava l’esecuzione di persone non “in sintonia” con il capo mafioso.

Non solo mafia e narcos nell'assassinio di Pablo Medina
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di Giorgio Bongiovanni - 15 novembre 2014
Asunción (Paraguay). Al nostro arrivo, vediamo una miseria sempre più grave: ogni volta che mettiamo piede in questo Paese l'immagine che abbiamo di fronte è quella di un intero popolo schiacciato da una classe dirigente opulenta e dedita unicamente ai propri affari personali.
C'è una grande attesa per la manifestazione organizzata da ANTIMAFIADuemila in Plaza de la Democracia ad Asunción, "Justicia Ya!" per chiedere verità sull'assassinio del giornalista Pablo Medina. Un omicidio, ha dichiarato il pubblico ministero Jorge Figueredo, amico personale di Pablo, "di chiara origine politico-mafiosa". Secondo il giudice, (che ad ogni modo non è il titolare delle indagini sull'assassinio di Medina) esistono prove evidenti del fatto che Pablo Medina non è stato ucciso solo dal sindaco di Ypehjú "Neneco" Acosta, attualmente latitante e accusato di essere il mandante dell'attentato insieme al fratello e al nipote, considerati gli esecutori. "Probabilmente - ha continuato Figueredo - personaggi potenti hanno incaricato questa famiglia mafiosa".
Medina, prima di essere ucciso, aveva tra le mani un'inchiesta che coinvolgeva personaggi potenti del Paraguay appartenenti alla politica, alla finanza ed ai poteri occulti del paese, che sarebbero coinvolti nel giro del narcotraffico. Tra questi, anche rappresentanti dell'attuale governo. Intanto, con il tacito assenso del Presidente Cartés - probabilmente per riequilibrare quegli assetti di potere denunciati da Medina - è stato messo sotto inchiesta parlamentare Víctor Núñez, Ministro della Corte Suprema di giustizia, nei giorni scorsi segnalato anche su ANTIMAFIADuemila per le sue amicizie pericolose e accusato negli articoli di Pablo di essere responsabile di gravi omissioni e mancati interventi contro esponenti mafiosi locali. Núñez, durante una conferenza stampa, aveva accusato a sua volta il giornalista ucciso di aver scritto leggerezze e falsità.
La manifestazione che partirà il 18 novembre alle 18:30 ad Asunción, alla quale hanno già aderito diversi coordinamenti di giornalisti, avvocati e studenti del Paraguay, intende fare un appello alle forze politiche affinché venga fatta chiarezza sull'omicidio del giornalista.

In foto da sinistra: il direttore Bongiovanni insieme ad Omar Cristaldo, collaboratore di ANTIMAFIADuemila, e Jorge Figueredo, giudice paraguayano
 

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Il 18 novembre 2014 alle ore 18:30 è indetta una manifestazione in Plaza de la Democracia (Asunción) per chiedere giustizia per Pablo Medina, giornalista paraguayano ucciso lo scorso 16 ottobre insieme all’assistente Antonia Almada. Da tempo Medina, corrispondente per ABC Color, era minacciato per le sue indagini su gruppi di narcotrafficanti che controllano la produzione di marjuana locale e per le sue continue denunce ai politici potenti corrotti dalla mafia.

Alla manifestazione, organizzata dalla rivista Antimafia Duemila, hanno aderito diversi coordinamenti di giornalisti, avvocati e studenti del Paraguay.

Relatori della manifestazione saranno, tra gli altri, Jorge Figueredo, pubblico ministero paraguayano; Omar Cristaldo, ANTIMAFIADuemila Paraguay; Juan Alberto Rambaldo, giudice argentino; Jean Georges Almendras, giornalista della televisione uruguayana e ANTIMAFIADuemila Uruguay; Dhirsen Medina, figlia del giornalista assassinato; Magdalena Benítez, caporedattore ABC Color (giornale nel quale lavorava Pablo Medina); Ariel Vera, Federazione Nazionale degli studenti del Paraguay.

Tutti per chiedere che si accerti la verità sull’assassinio di Medina e degli altri giornalisti, uccisi per difendere quell’informazione libera in cui anche Pablo credeva.

L'evento sarà trasmesso in diretta streaming!

Migliaia i volantini distribuiti in tutta la città di Asunción
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Riera, giudici corrotti in Paraguay: “Siamo al 25 percento”

Le dichiarazioni del presidente del Consiglio della Magistratura

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Componenti del Consiglio della Magistratura riuniti con Horacio Cartes

Traduzione a cura di AMDuemila - 12 novembre 2014
Il presidente del Consiglio della Magistratura Enrique Riera, designato dal Governo di Horacio Cartes per rinnovare l’obsoleta Giustizia del paese, afferma che la corruzione interessa un 25 percento dei giudici.  
"Da quando sono in carica abbiamo constatato un 25 percento che secondo il mio criterio giuridico dovremmo avere sanzionato", ha dichiarato in un'intervista a Efe. Riera ha affermato che molti dei magistrati in questione riescono a sfuggire alla sospensione grazie ai voti del tribunale del “Jurado de Enjuiciamiento” (Csm, ndr).
Secondo il Consiglio della Magistratura, ci sono circa 1.300 funzionari giudiziari in Paraguay, tra giudici, pubblici ministeri e difensori pubblici, dei quali circa 500 sono stati denunciati dinnanzi al “Jurado de Enjuiciamiento dei Magistrati” per corruzione, narcotraffico ed altri presunti reati.  
“Bisogna sanare il potere giudiziario, destituire i corrotti", ha sostenuto Riera, il quale da un anno e due mesi è al fronte dell'organismo incaricato della selezione di funzionari giudiziari nel paese. "Il narcotraffico sta contaminando tutti i poteri, giudici, pubblici ministeri, legislatori, funzionari di ogni potere dello Stato sono coinvolti, a mio parere uno dei punti chiave è il potere giudiziario", ha proseguito.  
Il recente assassinio di un giornalista investigatore nella zona di frontiera, attribuito dalla Procura ad un sindaco attualmente latitante (vincolato ad un clan con affari commerciali in Brasile e appartenente al Partito Colorado oggi al governo) ha aperto un dibattito sui presunti legami di politici, giudici e pubblici ministeri con il narcotraffico.  
Il Paraguay è il secondo maggiore produttore di marijuana del Sudamerica che viene coltivata nelle regioni confinanti con il Brasile, meta finale dell’80 %  del raccolto secondo le autorità antidroga.  
Riera ha accusato i partiti politici di finanziarsi con denaro sporco ed ha assicurato che il Partito Colorado e quello Liberale, i due principali raggruppamenti del paese, hanno trasformato il sistema giudiziario “in un meccanismo di prebende”, grazie al quale vengono spartite le poltrone. “Il potere giudiziario non funziona – ha lamentato Riera – Questo è il potere giudiziario al quale la gente chiede giustizia a poco prezzo e rapida”.
riera-enrique-c-efeIl presidente del Consiglio della Magistratura Enrique Riera (foto a destra © EFE) ha inoltre ammesso che la Corte Suprema di Giustizia “è screditata, non da adesso, ma da tempo, permanentemente messa in questione dalla cittadinanza e dai mezzi di comunicazione”. Uno dei suoi membri “non l’ha più tollerato ed è uscito in pubblico a difendersi, non facendo altro che compromettere molta gente con informazioni che il popolo ignorava”, ha dichiarato, facendo riferimento alla conferenza stampa tenuta la settimana scorsa da Víctor Núñez.  
Núñez ha voluto smentire per due ore le informazioni pubblicate dalla stampa locale che lo accusano di avere fatto pressioni per la messa in libertà nel 2011 di Vilmar Acosta, detenuto dopo il ritrovamento di resti umani sepolti nella casa del padre.  
La Procura considera Acosta il presunto mandante dell'assassinio avvenuto lo scorso 16 ottobre del giornalista di ABC Color Pablo Medina e della collaboratrice Antonia Almada.  
“Abbiamo tribunali dove gli espedienti arrivano fino in soffitta ma non un giudice, e funzionari che in otto anni non sono stati mai chiamati per rendere conto del loro lavoro”, ha affermato Rivera. Ci sono oltre 500 posti vacanti per funzionari giudiziari dovuti alla “negligenza istituzionale” che si trascina dalla dittatura di Alfredo Stroessner (1954-1989).
In corrispondenza con una nuova legge promossa da Cartes che obbliga gli enti pubblici a rendere trasparenti i loro conti e salari ed i nomi degli impiegati, il Consiglio della Magistratura ha avviato il rinnovo della metà dei funzionari superiori del potere giudiziario, ha spiegato Riera.  
In un anno ha individuato circa 300 nuovi impiegati e la speranza è quella di arrivare a 1.000 nel 2015. Il presidente del Consiglio ha detto che i candidati vengono selezionati per merito e in modo trasparente, per allontanare la vecchia pratica dalle forze politiche di imporre chiunque secondo i propri interessi.  
“C'è una decisione politica che forse la gente non vede, ed è quella di separare il Governo e la Giustizia dal partito”, ha concluso il presidente del Consiglio della Magistratura.

Morte di un giusto
16 ottobre 2014

La notizia dell'assassinio del nostro amico fraterno, il giornalista paraguayano Pablo Medina ci lascia davvero attoniti e senza parole. L'immagine del suo corpo crivellato dai colpi di fucile strazia la nostra anima perché assieme condividevamo la lotta contro le mafie, la corruzione, il traffico di stupefacenti e di organi. Pablo Medina è morto quest'oggi sotto i colpi di fucile sparati da due uomini armati fino ai denti. Colpi che ne hanno sfigurato il volto e massacrato il torace. Da anni era impegnato in una costante lotta anche per chiedere verità e giustizia per suo fratello, Salvador, anche lui giornalista e presidente della “Radio Comunitaria ñemity”, portavoce di una vera e propria campagna contro il sistema di corruzione del suo Paese, ucciso per mano mafiosa in un agguato.
Oggi la mafia ha colpito ancora. Un attacco violento avvenuto attorno alle due del pomeriggio. Pablo stava tornando da un servizio giornalistico e si trovava in compagnia di due persone. Uno di questi, al momento dell'attacco, è riuscito persino ad effettuare una telefonata. “Aiuto, aiuto, hanno sparato a Pablo” è riuscito a sentire Sixto Portillo, che aveva ricevuto la telefonata. Immediatamente è stato dato l'allarme, l'altro accompagnatore pure è stato ferito mentre Pablo Medina è rimasto ucciso. Dopo aver commesso il delitto i colpevoli sono fuggiti a piedi per pochi metri per salire su una moto e darsi alla fuga in direzione di una zona boscosa. Gli agenti di polizia hanno poi rinvenuto cinque bossoli di fucile 9mm. Da tempo Pablo Medina, corrispondente per Abc Color, stava compiendo denunce in particolare sul traffico di marijuana che stava crescendo nel dipartimento di Canindeyú mentre in passato aveva denunciato i malaffari dei boss legati al narcotraffico con la politica. Da oggi Pablo Medina non è più con noi. Un altro giusto che abbandona questa terra.
Assieme a tutta la sua famiglia, ai suoi cari, ai suoi amici noi ci stringiamo nel cordoglio per rendere onore alla sua memoria ed al suo coraggio.

Morte di una martire

Una giovane martire ha trovato la morte insieme al nostro amico e fratello Pablo Medina.
almada-antoniaAntonia Maribel Almada Chamorro (in foto), di 19 anni, assistente del giornalista ucciso, è stata raggiunta da quattro proiettili, per mano della mafia paraguaiana.
Secondo i media, la polizia accorsa sul posto non era attrezzata per trasportarla in ospedale, dovendo attendere l’arrivo di un'ambulanza. Al suo arrivo in ospedale due ore dopo l’attentato la giovane è deceduta.    
Onore e Gloria a questa martire della giustizia, un giovane esempio Cristico di amore verso la vita e verso Dio.

Giorgio Bongiovanni e tutta la redazione di ANTIMAFIADuemila 

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Giorgio Bongiovanni e Pablo Medina alla presentazione della rivista ANTIMAFIADuemila in Paraguay


Fotogallery di Pablo Medina con Giorgio Bongiovanni in Paraguay
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Giorgio Bongiovanni insieme a Pablo Medina



Víctor Núñez, il vero "padrino" dei narcos a Canindeyú

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L'ex diputado Herminio Dávalos, accanto al sindaco latitante Neneco Acosta

Traduzione a cura di AMDuemila - 10 novembre 2014
da
hoy.com.py
Sebbene la deputata del Partito Colorado Cristina Villalba, sia ritenuta la presunta madrina del ricercato Vilmar Acosta Marques, sindaco di Ypejhú, la carriera politica di quest’ultimo ebbe inizio con l’aiuto dell'ex deputato per il distretto di Canindeyú Herminio Dávalos, e dell'attuale sindaco di Salto del Guairá, Eduardo Paniagua Duarte. Tanto Dávalos quanto Paniagua erano i leader del Dipartimento del movimento interno al Partito Colorado “Vanguardia Colorada", alla guida del senatore Luis Alberto Castiglioni e di Javier Zacarías Irún.
Dalle primarie interne del Partito Colorado per le elezioni municipali del 2010, venne scelto per Vanguardia Colorada il candidato vincitore, che avrebbe rappresentato la lista 1 in lizza per la carica di Ypejhú. Fu così che Vilmar Acosta in veste ‘colorada’ riuscì ad accedere successivamente alla carica di sindaco.
Questa settimana, nelle varie interviste rilasciate ai mezzi di comunicazione, Dávalos ha negato di essere padrino o protettore del latitante “Neneco” Acosta, tuttavia tutti gli indizi indicano il contrario.
Dávalos è conosciuto per la sua stretta vicinanza al ministro Víctor Núñez, anzi, durante la conferenza stampa del ministro della Corte Suprema martedì scorso quest'ultimo ha riconosciuto la sua relazione di amicizia con l'ex legislatore.
Tra loro ci sarebbero vincoli commerciali. Addirittura, l'attuale sede del Potere Giudiziario a Salto del Guairá si trova in un edificio di proprietà dell'ex legislatore, mentre in un altro dei suoi immobili, si trova il Tribunale della Pace della capitale del Dipartimento.
Recentemente, un immobile urbano è stato donato dalla municipalità di Salto del Guaira, rappresentata da Eduardo Paniagua, per la costruzione del Palazzo di Giustizia (donazione già accettata dalla Corte Suprema di Giustizia). Questo immobile era stato donato a sua volta al municipio di Salto da un "facoltoso imprenditore” della “frontiera” legato alla malavita, un certo Ronaldo. Donazione fatta per intermediazione di Dávalos e Paniagua.
È vox populi, a Salto del Guairá, che la maggior parte dei funzionari del Potere Giudiziario a Canindeyú hanno avuto il posto grazie all’intermediazione di Dávalos, forte della sua stretta relazione con il ministro Víctor Núñez, che in varie occasioni è stato visto frequentare la residenza dell'ex legislatore e partecipare in alcune riunioni sociali.

Connessioni che parlano da sè
L'avvocato Domingo Mendieta, fu il difensore di Vilmar "Neneco" Acosta nel processo per omicidio che vide imputati lui e suo padre nel 2011. Mendieta era allo stesso tempo procuratore generale a Canindeyú ed attivo integrante del movimento liderato da Dávalos nel dipartimento di Canindeyú, "Vanguardia Colorada”.
L'assistente della presidenza del Tribunale di Appello di Canindeyú che concedette la libertà a Neneco Acosta, (Nora Concepción Sosa Antunez), è moglie dell'attuale sindaco di Salto della Guaira, Eduardo Paniagua Duarte.
Un altro degli avvocati di Acosta è Braulio Duarte il quale lo difese quando la sua candidatura venne impugnata da Julían Núñez (ucciso in seguito) dinnanzi al Tribunale Elettorale di Ciudad del Este e dinnanzi alla Corte Costituzionale, allora presieduta da Víctor Núñez.
Duarte fu anche procuratore generale per il movimento "Vanguardia Colorada", guidato da Dávalos in Canindeyú ed è attuale assessore al Comune di Ciudad del Este.
Tutti gli indizi indicano che il deputato Dávalos, nonostante lo neghi, è il vero padrino politico e protettore di Neneco Acosta, al punto di intercedere, a suo tempo, con il ministro Núñez, sovrintendente della circoscrizione di Canindeyú, e dinnanzi ai giudici della Corte affinché Acosta fosse ammesso a partecipare alle elezioni primarie interne al Partito Colorado.
Inoltre, il sindaco di Salto del Guairá è noto per la sua vicinanza con Claudecir da Silveira, alias "Mano", uno dei principali "imprenditori" della malavita a Canindeyú, ricercato dalla giustizia brasiliana, vincolato ad affari illeciti come furto di camion e narcotraffico.
Anni addietro, Paniagua lavorava come avvocato della famiglia Silveira e di altri "nomi noti" vicini all'ambiente della mafia di frontiera.
Claudecir da Silveira è socio di Ronaldo, lo stesso "imprenditore" che donò al municipio la proprietà per la sede del Potere Giudiziario.
A questo punto, non ci vuole molto per concludere che Núñez, ammesso che non abbia partecipato direttamente nelle azioni sopra indicate, ne era almeno necessariamente al corrente, e se così non fosse, è comunque responsabile di una negligente gestione dal punto di vista della sua carica.

Ex deputato conferma l’amicizia con Núñez
L'ex deputato colorado Herminio Dávalos ha negato qualsiasi vincolo con il sindaco latitante di Ypehú, Vilmar "Neneco" Acosta Marqués, mandante dell’omicidio del giornalista Pablo Medina. Tuttavia, ha manifestato che da 12 anni è amico personale del ministro della Corte Víctor Núñez.

Le relazioni del ministro Víctor Núñez

- Víctor Núñez, Ministro della Corte Suprema di giustizia, sovrintendente della Circoscrizione di Canindeyù. Legato da una stretta amicizia con l’ex deputato colorado Herminio Dávalos, mentore e padrino politico di Vilmar “Neneco” Acosta, legame riconosciuto dal ministro stesso. Ha partecipato a diversi incontri sociali nella residenza dell’ex legislatore a Salto del Guaira.

- Neneco Acosta, sindaco di Ypehjù. Imputato per essere ritenuto il mandante dell’omicidio del giornalista Pablo Medina. Attualmente latitante. Intraprese la carriera politica all’interno del Movimento “Vanguardia Colorada” i cui leader di Dipartimento erano l’ex deputato Herminio Dávalos e Eduardo Paniagua, attuale sindaco di Salto del Guaira.

- Herminio Dávalos, Ex deputato colorado nel periodo 2008-2013. Mentore politico di “Neneco” Acosta. È il proprietario di due immobili dove sorgono le sedi giudiziarie a Salto del Guairà. Ha organizzato diversi ‘barbecue’ nella sua residenza di Salto, ai quali partecipava anche il ministro Núñez. Ha collocato alcuni dei suoi ‘fedelissimi’ in alcune cariche giudiziarie della zona, grazie al suo legame con il ministro Núñez.

- Eduardo Paniagua, sindaco di Salto del Guairá. Candidato nel 2010 per “Vanguardia Colorada”. Uno dei leader politici regionali del movimento, insieme all’ex deputato Herminio Dávalos. Fu avvocato della famiglia di Claudecir Da Silveira, alias “Mano”, un brasiliano ricercato nel suo paese per diversi delitti. Nel novembre del 2010, Paniagua minacciò il giudice Diosnel Giménez, durante una perquisizione nell’abitazione di un contrabbandiere.

- Domingo Mendieta, avvocato di Vilmar “Neneco” Acosta nel processo per omicidio doloso iniziato nel gennaio del 2011, era contemporaneamente procuratore generale a Canindeyù per “Vanguardia Colorada”, di cui era leader in zona Herminio Dávalos.

- Rosalinda Guens, magistrato destituito dal “Jurado de Enjuiciamiento de Magistrados”.  Destituita nel settembre di quest'anno per un conflitto con i “macoñeros” nella riserva Mburucuyà. Ha fatto parte della Corte di Appello di Salto del Guairà, insieme a Venancio López e Justo Pastor Benitez (entrambi destituiti e vicini a Núñez), che determinò nel marzo del 2011 la libertà di “Neneco” Acosta imputato per omicidio doloso. Vicina al ministro della Corte, Victor Núñez.

- Nora Concepción Sosa Antúnez, è stata l’assistente della presidenza del Tribunale di Appello di Canindeyù. Concesse la libertà a Neneco Acosta. È moglie dell’attuale sindaco di Salto del Guaira, Eduardo Paniagua Duarte, del movimento Vanguardia Colorada e alleato di Herminio Dávalos


Catturato il più sanguinario collaboratore del narco latitante Vilmar "Neneco" Acosta

Traduzione a cura di AMDuemila - 10 novembre 2014
da abc.com.py
Detenuto avrebbe aiutato a fuggire il sindaco ‘Colorado’ da Ypejhú
Il ‘capanga’ più sanguinario ed uomo di fiducia del sindaco latitante di Ypejhú, Vilmar "Neneco" Acosta Marques, è stato catturato ieri pomeriggio. Secondo la Polizia, Benigno Rodríguez alias "Benigno Hû" ha aiutato "Neneco" a fuggire dalla giustizia al arrivare in Brasile, dopo l’omicidio del giornalista di ABC Color, Pablo Medina, e della sua accompagnatrice Antonia Almada.
Rodríguez Barrios (37) è stato arrestato mentre usciva dal suo nascondiglio, nelle vicinanze della tenuta “Dos Naciones”, proprietà del sindaco latitante.
Il detenuto, è considerato uno dei collaboratori più sanguinari di "Neneco", e avrebbe alle spalle pesanti antecedenti ed ordini di cattura internazionali per diversi reati, è incriminato anche in Curuguaty. Benigno "Hû", come viene chiamato, sarebbe uno dei principali elementi della rete di narcos diretta da Acosta, accusato di essere il mandante dell'assassinio del corrispondente del nostro giornale Pablo Medina.
Rodríguez Barrios è stato catturato intorno alle 14:00 durante un’operazione degli agenti del commissariato 6ª di Ypejhú e del nuovo Gruppo Speciale di Operazioni (GEO) che opera nella zona. Il commissario Sebastián Ramírez, responsabile dell'operazione, ha spiegato di avere sorpreso Benigno Hû mentre usciva dalla zona conosciuta come "Cerro Guy", nelle vicinanze della tenuta "Dos Naciones", dove il 22 ottobre scorso è stato smantellato il principale centro di elaborazione della marijuana della rete di Acosta Marques.
Secondo quanto riferito il detenuto avrebbe aiutato il sindaco a fuggire da Ipejhú, dopo i primi sospetti nei suoi confronti a seguito dell’omicidio del nostro compagno. Apparentemente, Benigno "Hû" avrebbe portato Acosta da Ypejhú a Corpus Christi e successivamente a La Paloma, dove si è rifugiato per alcuni giorni nella tenuta del sindaco di quest’ultima città, Carlos Villalba, fratello della deputata colorada, María Cristina Villalba.
Il "clan" Villalba, a sua volta, è sospettato non solo di avere aiutato Acosta a nascondersi, ma di averlo aiutato anche posteriormente a raggiungere la città brasiliana di Sete Quedas, dove il mandante dell'attentato contro Medina ha rinnovato la sua patente avvalendosi della sua doppia nazionalità. Il commissario Ramírez ha sottolineato che le Istituzioni sono ben determinate a sgretolare la struttura criminale gestita da Acosta e che l’impegno della polizia continuerà senza sosta per arrestare tutti i suoi collaboratori.

Assalto al Commissariato
Benigno Hû è un pericoloso criminale di frontiera, coinvolto in diversi fatti eclatanti di traffico di droga, e lo stesso Pablo Medina aveva scritto nei suoi articoli che era uno dei killer più sanguinari al servizio del gruppo di "Neneco" Acosta Marques.
La sua cattura presuppone un duro colpo alla logistica dell'organizzazione criminale di "Neneco", al punto che circolavano voci riguardo l’intenzione dei “marihuaneros” di prendere d’assalto il commissariato per liberarlo. Per questo sono state appunto rafforzate le misure di sicurezza per ordine del giudice Lorenzo Lezcano, recatosi subito sul posto, nonostante le strade intransitabili.
È possibile, secondo il pubblico ministero, che Ramírez venga trasferito nella città di Curuguaty attraversando il territorio del Brasile.

Ramirez parte del primo cerchio
Il giudice Lorenzo Lezcano che ha diretto l'operazione che ha portato alla detenzione di Benigno Ramírez, ha assicurato alla nostra testata che l'uomo in arresto fa parte del ‘primo cerchio di mattoni del muro di sostegno’ del sindaco latitante. Il ‘capanga’ è incriminato in Curuguaty per possesso e traffico di stupefacenti e diversi ordini di cattura pendono sulla sua testa.

Popolazione intimorita
La criminalità organizzata intimorisce e terrorizza la maggior parte degli abitanti dei distretti appartenenti al Dipartimento di Canindeyú, dove il narcotraffico si estende principalmente con la coltivazione della marijuana. A radice di questa situazione molte volte risulta difficile ottenere informazione o testimoni dei fatti criminali. Lo Stato deve essere più presente nella zona.


"Neneco" Acosta in Brasile 12 giorni dopo l’omicidio Medina

Traduzione a cura di AMDuemila - 10 novembre 2014
da abc.com.py
Il sindaco latitante di Ypejhú ha rinnovato personalmente la propria patente a Sete Quedas (Brasile), 12 giorni dopo l'assassinio del nostro corrispondente Pablo Medina, e di Antonia Almada.
Lo ha confermato il giudice Lorenzo Lezcano. Sete Quedas si trova di fronte a Corpus Christi (Canindeyú), vicino alla tenuta dei suoi amici.
Secondo i dati in possesso di Lezcano, la Polizia Militare del Brasile ha confermato alla Polizia Nazionale le pratiche che stava portando avanti "Neneco" come cittadino brasiliano, in Sete Quedas, a poco più di una settimana del duplice omicidio avvenuto in Curuguaty, dopo la perquisizione della sua abitazione. Tra il 28 e 30 ottobre, il latitante ha attraversato la frontiera per rinnovare la sua patente, ciò fa supporre che non aveva il minimo timore di essere fermato. Inoltre, questo dato confermerebbe la versione che il sindaco sarebbe stato scortato da due motovedette della polizia per andare in Brasile.

Doppia nazionalità
Lezcano ha confermato inoltre ai giornalisti in Curuguaty che "Neneco" Acosta Marques ha la doppia nazionalità, grazie alla quale una volta attraversa la frontiera diventa cittadino brasiliano e non può essere reclamato dalla Giustizia paraguaiana perché non esiste trattato di estradizione tra il nostro paese ed il Brasile.
La Polizia Militare del Brasile ha inviato ai loro colleghi del Paraguay alcuni documenti che dimostrano che il personaggio in questione è in possesso del CPF, l’equivalente alla nostra carta di identità, che certifica la sua nazionalità brasiliana", ha spiegato Lezcano.
Una strategia messa in atto da Vilmar Acosta consapevole di non poter essere stradato in Paraguay. Il pubblico ministero ha comunque riferito che a questo punto "rientra nelle competenze della Procura delle Relazioni Internazionali" ed ha assicurato “che si sta lavorando al riguardo, si stanno eseguendo ordini di arresto ad Asunción in risposta agli ordini di cattura internazionale, compito a carico della collega Sandra Quiñónez."

Traduzione degli articoli a cura di AMDuemila


I deliri del Presidente della Corte Suprema del Paraguay contro Pablo Medina
di Giorgio Bongiovanni - 5 novembre 2014
Il Ministro della Corte Suprema Víctor Núñez (in foto) ha attaccato duramente durante una conferenza stampa questo martedì il lavoro del giornalista ucciso Pablo Medina.
nunez-victor“Pablo Medina ha scritto con leggerezza su fatti che non conosceva”, ha esordito il ministro, che ha lamentato di essere vittima di una persecuzione politica nei suoi confronti in questi ultimi anni per essere stato accusato di essere vicino ai narcotrafficanti.
Núñez ha cercato di svincolarsi dalle responsabilità attribuitegli di avere favorito nel 2011 la sentenza assolutoria nei confronti di Vilmar Acosta, ritenuto mandante del duplice omicidio Medina-Almada, e di suo padre Vidal, allora detenuti nel carcere di Coronel Oviedo con l’accusa di omicidio dopo il ritrovamento di resti umani nel cortile di Vidal Acosta.
Núñez ha attaccato gli articoli pubblicati da Medina sul tema affermando che non c’è stata mai una denuncia contro l’allora giudice garante José Benitez.
Il giornalista ucciso aveva infatti denunciato che Núñez si era incontrato con Benitez giorni prima che il Tribunale firmasse la liberazione degli imputati. Poi però i tre giudici del Tribunale di Appello Rosalina Guens, Justo Pastor Benítez e Venancio López furono processati e ritenuti colpevoli di irregolarità, anche se beneficiarono delle attenuanti e la questione si concluse con un semplice “ammonimento”.
Il ministro Núñez ha inoltre dichiarato che non si sottometterà ad alcun processo politico, da lui ritenuto un “circo”, e che “solo Dio può allontanarlo dalla sua carica”.
Alex Lee, sottosegretario agli Affari Esteri per l’emisfero Occidentale degli Stati Uniti, in visita ad Asunción, ha dichiarato che l’omicidio del giornalista del ABC “è intollerabile e che il Governo deve essere in grado di portare i colpevoli dinnanzi alla giustizia”. Ha aggiunto che la stampa libera è vitale per una società democratica e che questa tragedia deve tradursi in determinazione per proteggere e tutelare il lavoro dei giornalisti e dei mezzi di comunicazione. “Il Governo ha tutti i mezzi a disposizione per indagare e far prevalere la giustizia” ha concluso.

La solidarietà del grande scrittore uruguayano
Eduardo Galeano

galeano-eduardoVoglio aggiungere il mio nome alle dichiarazioni di condanna contro le esecuzioni di contadini e giornalisti che stanno seminando orrore nella mia amata terra paraguaiana.  
Chi come me conosce ed ama questo paese sa per esperienza che è il terrorismo messo in atto dal potere  ad agire mascherato per assassinare impunemente coloro che difendono le loro tormentate terre e la loro libertà di espressione.  
Eduardo Galeano - 1° novembre 2014

Omicidio Pablo Medina, ricostruiti i fatti si stringe il cerchio sui killer
di AMDuemila - 3 novembre 2014
È caccia aperta ai killer del giornalista paraguayano Pablo Medina e della sua giovane assistente Antonia Almada. Grazie alle numerose prove raccolte le autorità sono state in grado di ricostruire la dinamica dell’omicidio e nei giorni scorsi il Procuratore generale Javier Diaz Verón il Ministro dell’Interno Francisco de Vargas e Sandra Quiñónez, uno dei giudici a carico delle indagini, ed il Commissario Gilberto Fleitas, hanno fatto il punto della situazione sull’avanzamento delle indagini. Sedici giorni dopo quel terribile attentato, grazie all'analisi dei tabulati telefonici si è riusciti a ricostruire i movimenti dei presunti autori materiali, Wilson Acosta e Flavio Acosta. Entrambi, nel giorno dell'omicidio, sono stati costantemente in contatto con il secondo che avrebbe seguito gli spostamenti di Medina da vicino mentre, subito dopo l’omicidio, il primo si è messo in contatto con il sindaco di Ypejhú, Vilmar Acosta “Neneco” per una comunicazione che è proseguita fino a tarda sera. Sono i tabulati telefonici a rivelare il tragitto percorso dalle vittime e dagli imputati fino al luogo del crimine.
Secondo quanto dichiarato dal commissario Gilberto Fleitas si sarebbe ora in grado di confermare la paternità del delitto con le indagini che si concentrano sulla ricerca e cattura dei sospettati. Al momento gli imputati sono in quattro: il sindaco di Ipejhù Vilmar Acosta, ritenuto mandante dell’omicidio, Wilson Acosta, Flavio Acosta ed Arnaldo Cabrera.

Giudice allontanato dalle indagini
In seguito alle polemiche il giudice Nestor Cañete, membro del gruppo che sta indagando sull'omicidio del giornalista ma che nel 2011, nonostante le pesanti accuse di omicidio, firmò la clamorosa assoluzione di Vilmar Acosta, è stato allontanato dalle indagini su disposizione del Procuratore generale Javier Díaz Verón. Il Pg ha motivato la propria decisione con l'esigenza di “non tradire la fiducia della cittadinanza sullo sviluppo dell'inchiesta”. Da questo momento in poi, quindi, il pool che seguirà le indagini sarà formato dai magistrati Sandra Quiñónez, Christian Roig e Lorenzo Lezcano.

La società civile che si schiera
Sul “caso Medina-Almada” non ha precedenti la presa di posizione da parte della cittadinanza a seguito dell’omicidio. Nonostante le molte vittime del giornalismo, e non, cadute per mani della mafia paraguayana, solo adesso la popolazione è scesa in campo per chiedere “giustizia” e che si vada fino in fondo mettendo fine all’impunità di cui godono i narcotrafficanti e i loro referenti politici. Anche venerdì 31 ottobre si è tenuta una manifestazione dove i partecipanti, tra cui diversi politici, hanno raggiunto il Tribunale di Curuguaty per esprimere la propria rabbia. All'evento era presente anche la giovane nipote di Pablo Medina, Dalma, che ha espresso la propria indignazione per la morte dello zio e per l’imperare del narcotraffico nella città. “Siamo noi che dobbiamo cambiare lo stato di cose” ha ricordato a tutti. Da parte sua il presidente de la Repubblica Horacio Cartes ha convocato per oggi una riunione con le più alte autorità dello Stato. Argomento dell'incontro sarà principalmente la sicurezza del Paese ma anche i casi di corruzione all'interno delle istituzioni.

Irregolarità nelle elezioni del sindaco Vilmar Acosta
Tra gli elementi nuovi che stanno emergendo vi sono anche alcune irregolarità che circondano l'elezione di Vilmar Acosta a sindaco della città di Ipejhù per il Partito Colorado. A quanto pare non avrebbe avuto alcun diritto costituzionale ad accedere alla carica a causa della doppia nazionalità paraguaiana e brasiliana. Solo una persona si oppose e chiese la nullità dell’elezione appellandosi alla costituzione, Julián Núñez Benítez, il secondo più votato, ma inutilmente. Giudici, magistrati e ministri si piegarono di fronte al potere dell’oggi latitante. In ultima istanza Julián Nuñez si appellò alla Corte Suprema, rappresentata da Víctor Nuñez, lo stesso che intercedette per la liberazione di Vilmar Acosta quando era in carcere insieme a suo padre Vidal dopo il ritrovamento di alcuni resti umani nella sua tenuta. L’istanza non venne mai affrontata e lo stesso Julián Núñez pagò con la vita, lo scorso 1°agosto, l’avere osato mettersi contro i poteri forti.

Condannato a morte
Secondo indiscrezioni sulla “testa” di Vilmar Acosta “Neneco” sarebbe stata fissata una ricompensa di 200.000 dollari americani. Questi, decretando la morte del giornalista di ABC Color Pablo Medina ha infatti messo in grave difficoltà le attività di frontiera del narcotraffico. La ferma azione del Governo, intento a risanare l’area di influenza della rete di “Neneco”, nella zona di Ipejhù e Villa Ygatimí, ha generato delle conseguenze imprevedibili per l’organizzazione criminale che in meno di due settimane ha subito la perdita di importanti membri della stessa e di importanti quantità di droga. Inoltre, il fatto che la polizia mantenga presidiata la zona di Ipejhù impedisce per il momento la fluidità del traffico di marijuana lungo il confine con il Brasile. E dal punto di vista dei narcos proprio la cattura o la morte dello stesso Vilmar Acosta potrebbe essere l'unico “sblocco” per questa soluzione di stallo. Non solo. Da quando è stato emesso ordine di cattura internazionale a suo carico, vigente anche in Brasile, paese dove si presume si sia rifugiato, il sindaco di Ypejhù avrebbe rotto gli equilibri tra le diversi fazioni con le quali collaborava. Ed è proprio a causa di ciò che ora Vilmar Acosta non è solo un ricercato ma anche un condannato a morte abbandonato dai suoi stessi “ex compagni d'affari”.

Il giudice che liberò "Neneco" oggi indaga sull'omicidio Medina-Almada
di AMDuemila - 31 ottobre 2014
Il senatore liberale Luis Alberto Wagner ha dichiarato che Néstor Cañete, giudice che insieme a Sandra Quiñónez, Cristian Roig e Lorenzo Lezcano sta conducendo le indagini sull’omicidio di Pablo Medina e della sua assistente Antonia Almada,  nel 2011 avrebbe deciso la liberazione di Vilmar Acosta, primo cittadino di Ipejhù.
Il sindaco di Ipejhù, fortemente sospettato di essere il mandante del duplice omicidio, era stato arrestato insieme al padre, Vidal Acosta, ritenuto un potente boss dei narcos della zona, nella proprietà del quale erano stati ritrovati resti umani.
Nonostante le pesanti accuse e le prove a loro carico i due furono assolti da Néstor Cañete e dagli altri colleghi.

L’omicidio di Pablo Medina pianificato da più persone
di AMDuemila - 29 ottobre 2014
Il vice ministro per la Sicurezza Interna Javier Ibarra ha affermato che l’omicidio del giornalista Pablo Medina e della sua assistente Antonia Almada è stato premeditato e pianificato freddamente da più persone. Le indagini proseguono a ritmo serrato con ogni mezzo a disposizione, scientifico e professionale, e hanno raggiunto risultati soddisfacenti.
Il sindaco di Ipejhù, Vilmar “Neneco” Acosta  è ancora ritenuto mandante dell’omicidio e suo fratello Wilson autore materiale. Sono stati emessi ordini di cattura per entrambi, ancora latitanti.
Gli inquirenti hanno l’ordine di andare fino in fondo nelle investigazioni senza badare alle cariche delle persone coinvolte.
Dopo 11 giorni dal duplice omicidio le massime cariche del partito Colorado hanno rotto il silenzio prendendo posizione sugli eventuali casi di connivenze con il narcotraffico all’interno delle loro fila, affermando che “nessun colpevole sarà coperto, e che ci sarà la massima collaborazione con il ministro dell’interno, Francisco de Vargas”.
Nel frattempo la Commissione Esecutiva dell’ANR (Partito Colorado) ha emesso una risoluzione affinché gli antecedenti di “Neneco” Acosta, siano sottoposti all’attenzione del Tribunale de la Conducta dell’ANR e studiati all’oggetto di una possibile espulsione dal partito. Nonostante Neneco sia ancora presunto innocente, le prove di colpevolezza a suo carico sarebbero preoccupanti. Il provvedimento sarà esteso a tutti gli affiliati.
Si sta effettuando il controllo del tabulato telefonico del sindaco latitante per determinare  con chi il politico del colorado avrebbe parlato prima e dopo l’attentato a Medina.
La deputata colorada, Cristina Villalba, ritenuta vicina a Vilmar Acosata, ha ammesso di aver parlato brevemente con Neneco dopo l’omicidio e di avergli consigliato di presentarsi alla giustizia.

Tra gli ultimi servizi di Medina la marjuana a Crescencio Gonzàlez
La colonia di Crescencio González, a Canindeyù, dove Pablo Medina effettuò uno dei suoi ultimi servizi giornalistici prima di essere ucciso il 16 ottobre scorso, si è rivelata essere una coltivazione di marijuana. Sorge a 50 km dalla frontiera con il Brasile e quasi tutta la popolazione è impegnata nella produzione di droga. Gli abitanti non avrebbero altra fonte di reddito.
Il lucroso business è in mano a grossi narcotrafficanti brasiliani e ad alcuni capi locali come Vilmar Acosta, che rispondono a organizzazioni criminali. Le autorità sarebbero in gran parte compiacenti e in alcuni casi riceverebbero cospicue somme di denaro per il loro silenzio.
Pablo Medina denunciava queste attività criminose e quindi era oggetto di minacce dai capi del narcotraffico che controllano la zona di confine. Ma solo quando alle denunce è seguito l’intervento della polizia e dell’Antidroga che portò al sequestro di tonnellate di droga già processata e alla distruzione di centinaia di ettari di coltivazione i narcos decisero la sua morte.

Impunità per “Neneco”
La rete di narcos gestita da “Neneco” operava nella più totale impunità. Grazie anche alla protezione del gruppo di Maria Cristina Villalba e del governatore di Canindeyù Alfonso Noria Duarte, il controllo del mercato della regione era assoluto, arrivando ad eliminare i pochi produttori che cercavano fonti di reddito alternative lecite.
Le manifestazioni di questi giorni per chiedere giustizia hanno incoraggiato molti abitanti a denunciare le atrocità della rete di narcos.
Medina aveva denunciato in un suo articolo, citando nomi e cognomi, anche la ‘benevolenza’ del potere giudiziario che, con sentenza di appello, aveva liberato l’influente politico in un processo per omicidio, dopo che nella proprietà del padre erano stati trovati resti umani di vittime del latitante.

Scia di morte del clan Acosta
Sono circa una ventina le morti da attribuire al clan Acosta. Le indagini in corso stanno ricostruendo i ruoli dei membri della famiglia: Wilson sarebbe uno dei sicari incaricati di eliminare gli avversari del sindaco, siano essi politici o dei clan rivali. Vidal Yuner, uno dei fratelli, sarebbe un altro dei sicari, mentre altri due fratelli sono morti in regolamenti di conti, e poi Gustavo Acosta, figlio di Wilson, appena ventenne che avrebbe partecipato a diversi omicidi, incluso quello del giornalista. E ancora Cristino Velázquez imparentato con la famiglia. Il padre, Vidal Acosta, secondo voci, è uno dei più grandi narcotrafficanti della zona.

La famiglia Medina chiede protezione
Alcuni giorni prima della sua morte, Pablo Medina avrebbe detto al familiare di un’altra vittima dei narcos, di essere inseguito.
Gaspar Medina, fratello di Pablo, ha chiesto al governo protezione per la sua famiglia: “Temiamo un altro attentato e abbiamo paura, non sappiamo di chi fidarci”.

Istituita Commissione Parlamentare per l’assassinio di Pablo Medina, appello dell’Unesco e commenti da tutto il mondo
di AMDuemila - 27 ottobre 2014
Pablo Medina aveva raccolto prove contro Vilmar Acosta, sindaco di Ipejhù.

Alcuni documenti già in possesso degli investigatori comprometterebbero seriamente il sindaco Vilmar “Neneco” Acosta Marques, suo fratello Wilson Acosta e il figlio di quest'ultimo Gustavo Acosta. Al momento i tre risulterebbero latitanti.
Il giornalista Pablo Medina avrebbe raccolto delle prove, tra cui chiamate telefoniche, descrizioni fisiche e testimonianze che dimostrerebbero il coinvolgimento del clan “Acosta Marques” in due omicidi: l’uccisione di un avversario politico di “Neneco”, ex sindaco della stessa città, colpevole di averlo accusato di essere coinvolto nel narcotraffico, e l’assassinio di un confidente che avrebbe passato informazioni a Medina.
Nonostante fossero noti i vincoli della famiglia del sindaco Vilmar Acosta Marques con il narcotraffico e alcuni violenti omicidi lungo l'area di confine del paese, le autorità non hanno avviato mai nessuna indagine nei loro confronti.
Già nel 2010 i fratelli dell'allora candidato sindaco per il Partito Colorato, morirono sotto i colpi dei sicari di una nota famiglia di narcotrafficanti, i Gimenez Suarez. Il fatto sarebbe maturato in seguito al sequestro di 5 tonnellate di marijuana da parte degli agenti della antinarcotici.
Pablo Medina, corrispondente di ABC Color, pubblicò la notizia della morte dei due fratelli, facendo riferimento alle antiche controversie tra le due famiglie vincolate al narcotraffico. Un'azione che infastidì parecchio “Neneco” al punto di minacciare il giornalista in ripetute occasioni. Da allora gli venne assegnata la scorta poi ritirata, a quanto sembra, un anno fa.
Alcuni giorni dopo, Wilson Acosta, fratello del sindaco, attualmente sospettato di essere uno dei killer di Medina, venne arrestato in Brasile per triplice omicidio.
Nonostante le minacce, Pablo Medina non rimase mai in silenzio e continuò con le sue denunce, rimarcando che il business della marijuana continuava indisturbato ai livelli di sempre.
Nel dicembre del 2010 iniziò una serie di regolamenti di conti tra la famiglia Acosta Marques e i loro rivali del clan Giménez Suàrez, vittima anche un giovane di 18 anni, tenuto sotto sequestro per alcuni giorni e poi ucciso da uno dei fratelli Acosta.
Pochi mesi dopo Vilmar Acosta e suo padre Vidal Acosta furono arrestati dopo il ritrovamento da parte della polizia di resti umani nella proprietà di quest'ultimo.
Nonostante le accuse di omicidio VOLONTARIO a loro carico entrambi furono ASSOLTIcon la sentenza di appello. Dopo la clamorosa sentenza i tre GIUDICI del Tribunale di Appello furono processati per irregolarità, ma grazie a delle attenuanti tutto si concluse in un semplice “ammonimento”.
Le continue denunce che il giornalista pagò con la vita non impedirono però il proseguimento dei regolamenti di conti.

Intimidazioni al magistrato che segue le indagini
Alle prime ore del mattino del 25 ottobre alcuni sconosciuti hanno cercato di forzare la porta dell'abitazione dei suoceri di Carlos Martinez Avalos, il giudice che ha ordinato le prime perquisizioni nella ricerca degli assassini del giornalista, anche nell'abitazione del sindaco, ancora latitante.
Diversi organismi internazionali, tra cui l'Unesco e Reporter senza frontiere (RSF) e voci autorevoli come quella del premio Nobel Adolfo Pérez Esquivel hanno espresso la loro preoccupazione per la scarse condizioni di sicurezza in cui si trovano a svolgere il loro dovere di informazione i giornalisti in Paraguay e chiedono sia fatta piena luce sull'omicidio del giornalista Pablo Medina e della sua giovane assistente Antonia Almada.
La portavoce dell'Unesco, Irina Bokova, ha sottolineato l'importanza di mettere fine all'impunità di chi commette questi atti criminosi e la necessità di garantire la sicurezza ai giornalisti nello svolgimento del loro lavoro di informazione.

Una Commissione indagherà su crimini e infiltrazioni mafiose
Il Senato ha costituito una commissione bicamerale per indagare sull'omicidio del giornalista Pablo Medina e della sua assistente Antonia Almada e le infiltrazioni mafiose nell'ambito politico e istituzionale. Decisione maturata dopo l'incontro tra una delegazione di giornalisti di ABC Color e il senatore Blas Llano.

Omicidio Pablo Medina, arrestato uno dei killer
di AMDuemila - 23 ottobre 2014
Sembra chiudersi il cerchio intorno all’omicidio del giornalista Pablo Medina e della sua assistente Antonia Almada.
Ieri è stato arrestato Carlos Umberto Acosta, nipote del sindaco di Ipehù, Vilmar “Neneco” Acosta, ancora latitante, con l’accusa di aver partecipato all’attentato. Carlos ha precedenti per narcotraffico e avrebbe dichiarato che “a Ipehù l’unica fonte di reddito sarebbe la marijuana”.
Wilson Acosta, fratello del sindaco, è stato identificato dall’unica sopravvissuta come uno degli esecutori dell’attentato.
Nel contempo, gli agenti della Narcotici hanno fatto incursione in una tenuta di proprietà del sindaco Vilmar Acosta dove hanno ritrovato uno dei più grandi centri del gruppo di narcos con oltre tre tonnellate di marijuana. Nel momento dell’irruzione alcuni operai stavano lavorando la droga. Evidentemente il sindaco non ha ritenuto necessario fermare la produzione di droga dopo l’omicidio del giornalista, nonostante fosse ricercato.
Gli articoli pubblicati da Pablo Medina sulla banda di Vilmar Acosta iniziarono proprio dalla tenuta Dos Naciones, adesso smantellata.
Intanto non sembra placarsi la protesta dei giornalisti di tutti i mezzi di comunicazione, ai quali si sono aggiunti gli studenti universitari nel chiedere che sia fatta piena luce sui mandanti e gli esecutori dell’omicidio.
Nella giornata di oggi è stata convocata una nuova manifestazione nazionale per la libertà di espressione.

Pablo Medina, amico e fratello
La mafia ancora una volta ha messo fine alla vita di un giusto
di Jorge Figueredo (Magistrato Corte Federale Paraguay) - 17 ottobre 2014
È difficile esprimere a parole ciò che si prova alla notizia dell’assassinio del giornalista Pablo Medina Velásquez, impegnato nella lotta contro la mafia e la corruzione, per mano di sicari, nel pomeriggio del 16 ottobre 2014, mentre ritornava da un servizio giornalistico in compagnia di una giovane donna, Antonia Almada, la quale è deceduta poco dopo il suo arrivo all'Ospedale Distrital di Curuguaty, dove è stata trasportata.  
È difficile esprimere a parole ciò che si prova quando a cadere crivellato dalle pallottole è un amico e fratello con il quale ho condiviso l'ideale di vedere un Paraguay dove regni la Giustizia, libero dai vincoli con la mafia e la corruzione.      
Pablo Medina è un nuovo martire non solo del giornalismo paraguaiano, bensì della lotta contro la mafia nel Paraguay e nel mondo. Proprio come suo fratello, il giornalista Salvador Medina, caduto per mano del crimine organizzato il 5 gennaio 2001, nuovamente il braccio armato della mafia ha ucciso uno storico e coraggioso giornalista noto per la sua operosità, costanza e fermezza nel suo impegno nello smascherare narcotrafficanti, trafficanti di legname, corrotti, poliziotti, politici e funzionari pubblici in genere legati al crimine organizzato.  
A Pablo Medina preoccupava da sempre l’attività mafiosa nel dipartimento di Canindeyú, legata e addirittura usata da referenti politici di ogni bandiera politica, per la maggior parte appartenenti al partito colorato, attualmente al Governo nella figura del presidente Horacio Cartes.  
Pablo Medina è stato collaboratore e lettore assiduo del giornale Antimafia Duemila. Ha partecipato a Congressi Antimafia come ad esempio nella città di Rosario nel 2009. È stato intervistato da Giorgio Bongiovanni, direttore della Rivista Antimafia Duemila. Questa notte, tra le fotografie fatte scorrere da  sfondo ai servizi informativi sul suo omicidio, la televisione nazionale canale 9 tv cerro corá ha mostrato più volte quella scattata insieme a Giorgio ad Asunción, Paraguay, dove Pablo sostiene il giornale antimafia aperto alla pagina dove era stato pubblicato un articolo in memoria di suo fratello Salvador Medina, anch’egli ucciso dalla mafia.  
La morte di Pablo non è stata un caso, ma è un segno che il Paraguay si sta trasformando in una nuova Colombia o Messico, dove la Mafia impera sovrana al di sopra di tutti i poteri dello stato.
Questo assassinio non fa altro che rendere palese che il Governo di Horacio Cartes ha creato le condizioni propizie affinché il crimine organizzato e la mafia si siano non solo estesi quantitativamente, ma soprattutto qualitativamente, e che la mafia si è sposata con lo Stato paraguaiano. Oggi più che mai l’uccisione di Pablo Medina dimostra che lo Stato-mafia vincolato o alleato alla Mafia-stato è una dolorosa e terribile realtà attuale del paese.  
Se noi cittadini paraguaiani non ci risvegliamo in coscienza e affrontiamo il problema uniti con serietà, perseveranza e coraggio, ci saranno molte altre vittime per cui piangere.  
In questi momenti ci troviamo in una situazione uguale o peggiore della dittatura del Generale Alfredo Stroessner. Prima, gli assassini avevano volti, volti al servizio dello stronismo. Adesso gli omicidi della mafia che falciano la vita di giornalisti e contadini, colpevoli di essere critici soprattutto contro il sistema imperante, non hanno identità, e non mi riferisco solo ai sicari, ma ai loro padroni, agli ideologi dei crimini che continueranno ad ammazzare chiunque li denunci e li smascheri.   
Solo se ci uniamo e lottiamo contro il flagello della mafia, queste morti finiranno e un giorno la mafia, come ha avuto un inizio avrà una fine.            
Pablo Medina è un giusto che ha dato la Vita, la cosa più preziosa che ha l'uomo, nella sua lotta a favore della Giustizia e della Legalità in un paese dove l'illegalità, la corruzione e soprattutto la mafia prevale al di sopra di tutte le istituzioni dello stato ed è trasversale a tutta la società. Egli è stato un combattente nato, autentico, integro che ha offerto la propria vita per tutti noi, poiché cercava sempre la verità e non ha fatto mai un passo indietro davanti a nessuno, né venduto la sua coscienza per notorietà.  
Non dobbiamo ricordare Pablo morto perché egli è in questo momento più vivo che mai, ci ha lasciato fisicamente ma il suo esempio di impegno, di lotta, di coraggio, i suoi ideali rimarranno sempre con noi che tenteremo di seguire le sue orme.  
Grazie Pablo, amico e compagno di lotta, perché con il tuo esempio di vita ci hai dimostrato che sei un vero Uomo; che hai amato veramente il tuo prossimo, i bambini, che ti sei preoccupato sempre del benessere del popolo, sei stato e sarai sempre il faro di luce che risplende nell'oscurità della notte, per guidarci ed accompagnarci in questa guerra contro la mafia che è terribile ma che avrà una fine grazie a persone come te.

Pablo Medina, lutto per il giornalismo onesto
di Omar Cristaldo - 17 ottobre 2014
Nel pomeriggio di giovedì 16 ottobre 2014, Pablo Medina, giornalista del quotidiano ABC Color è stato assassinato mentre percorreva la strada verso Villa Ygatimí. L’attentato a colpi di fucile sarebbe avvenuto alle 14:55 circa. Era alla guida della sua macchina, in compagnia di una giovane donna colpita anch’essa da quattro spari. Si tratta di una dirigente campesina che è stata trasportata d’urgenza all'Ospedale di Curuguaty dove è deceduta.
medina-omarPablo Medina, collaboratore ed amico di ANTIMAFIADuemila, ha partecipato a diversi congressi, come ad esempio quello organizzato nella città di Rosario dove egli parlò di come è perché era stato ucciso il fratello Salvador Medina, assassinato il 5 gennaio del 2001. Medina è ricordato per le sue denunce contro la mafia del narcotraffico attraverso i mezzi di comunicazione.
Dolore e tristezza inondano il nostro cuore di fronte a fatti che vestono a lutto il giornalismo onesto. Un giornalismo che mira a smascherare con le proprie denunce il potere nascosto della mafia del narcodollaro che impera sovrano nel nostro paese, il Paraguay, mimetizzato nella società e protetto dal potere complice di molti politici.
Che Dio accolga nella sua pace questo combattente colpito dal braccio criminale delle mafie, impegnato fino all’ultimo respiro per il benessere di tanti innocenti.

PIANETA OGGI TV
TG - EDIZIONE STRAORDINARIA
Assassinato Pablo Medina collaboratore di ANTIMAFIADuemila


Alla luce di questo gravissimo fatto la nostra programmazione è sospesa, previsti solo eventuali aggiornamenti.

Tratto da: pianetaoggitv.net



Paraguay: ucciso il giornalista Pablo Medina
Scritto da Redazione il 18/10/2014 in Bavagli & Censure, Brutte notizie, Esteri, Vita da cronisti

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La gente in strada chiede giustizia per l’assassinio del giornalista Pablo Medina (nei manifesti)

ASUNCION (Paraguay) – E’ stato ucciso in un agguato insieme alla donna con cui viaggiava in auto, Pablo Medina, 53 anni, da 16 inviato del quotidiano Abc Color, il più importante giornale indipendente del Paraguay. Il presidente del Paraguay, Horacio Cartes, ha definito l’assassinio del giornalista, avvenuto nel nordest del Paese in un’area nota per il traffico di armi e droga,  un “attacco alla libertà di espressione”.
“Il nostro governo deplora e condanna questo omicidio che minaccia non solo la pace del nostro Paese, ma costituisce anche una diretta violazione dei diritti umani e un attacco alla libertà di espressione”, ha detto il presidente, aggiungendo che “a tutti i media, ai cittadini e alle famiglie delle vittime, ribadisco il nostro impegno a combattere la criminalità organizzata”.
Medina, che è il terzo giornalista ad essere ucciso quest’anno in Paraguay, stava conducendo un’inchiesta sulla produzione di marijuana nella zona di Curuguaty. Vittima dell’agguato anche la su assistente, Antonia Almada, 19 anni. A completare un quadro, che per il quotidiano Abc appare già piuttosto chiaro, anche il fatto che nel 2001 il fratello di Pablo, Salvador, giornalista radiofonico, fu ucciso dopo aver denunciato la corruzione dilagante nella politica paraguaiana.
“Stiamo conducendo un’indagine approfondita per far sì che questo omicidio non resti impunito”, ha assicurato il ministro dell’Interno, Francisco de Vargas, che ha anche dichiarato che “Pablo Medina era già stato oggetto di numerose intimidazioni dovute principalmente alle sue inchieste sulla produzione della marijuana”.

Tratto da: www.giornalistitalia.it

Paraguay, ucciso giornalista. Cartes: “Attacco alla libertà di espressione”
Sabato, ottobre 18th, 2014

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                                              Cannabis (Justin Sullivan/Getty Images)

Ha parlato senza mezzi termini di un “attacco alla libertà di espressione”, il presidente del Paraguay, Horacio Cartes, facendo riferimento all’omicidio del giornalista Pablo Medina, inviato da 16 anni del quotidiano Abc Color, che ultimamente stava conducendo un’inchiesta sul traffico di marijuana che stava crescendo nel dipartimento di Canindeyú, mentre in passato aveva denunciato il malaffare e il narcotraffico nel Paese sudamericano. Il giornalista ucciso era fratello del presidente della “Radio Comunitaria ñemity”, Salvador, anch’egli assassinato mentre era impegnato in prima linea nella lotta alla corruzione diffusa.
“Il nostro governo deplora e condanna questo omicidio che minaccia non solo la pace del nostro paese, ma è anche una diretta violazione dei diritti umani e un attacco alla libertà di espressione nel nostro paese”, ha affermato in un suo intervento il presidente Cortes, concludendo: “A tutti i media, i cittadini e alle famiglie delle vittime, ribadisco il nostro impegno a combattere la criminalità organizzata”. Massimo impegno per la soluzione in poco tempo del caso è stato garantito dal ministro dell’Interno, Francisco de Vargas: “Stiamo conducendo un’indagine approfondita per far sì che questo omicidio non resti impunito”.
“Occorre fare delle indagini, in questo momento non voglio fare ipotesi”, ha affermato Francisco Alvarenga, funzionario della polizia locale arrivando sul luogo del delitto, confermando l’intenzione che “non voglio arrendermi”, mentre un politico locale, Julio Colmán, parla di omicidio opera del narcotraffico. Insieme a Medina, è deceduta anche la donna che si trovava con lui, Antonia Almada.

Redazione online

Tratto da: www.direttanews.it

Pablo ci aspetta...  
di Rosario Pavone - 20 ottobre 2014
Il recente barbaro e sanguinario assassinio di Pablo Medina ci ricorda impietosamente di come su questa Terra la ricerca della Verità e della Giustizia sia divenuta una attività ferocemente avversata.
Di come chiunque "senta" e decida seriamente e concretamente di lottare per le cause a favore della Vita, quindi del prossimo, debba tener in buon conto la altrettanto buonissima evenienza del "sacrificio" e di venir elevato in memoria allo status di martire e di eroe.
Forse per questo abbiamo così pochi martiri ed eroi e moltissimi che invece preferiscono convivere con l'empietà, il crimine e la dissoluzione.
Il Paraguay è purtroppo notoriamente uno Stato che raschia i bassifondi di quasi tutte le classifiche, tanto del continente americano quanto del pianeta, per miseria e povertà, forte disomogeneità nella distribuzione della ricchezza quasi tutta in mano a pochi individui, grandissima corruzione ad ogni livello soprattutto nel pubblico, accesso all'istruzione ed alla sanità ancora tabù per una considerevole parte dei suoi cittadini. In più in costante balia delle multinazionali del Nord che predano regolarmente le sue risorse e fortemente condizionato dalla stratificata presenza di gruppi ed organizzazioni criminali che secondo le varie circostanziate inchieste si vuole conniventi con Politici, parte delle forze di Polizia e persino qualche settore della stessa Magistratura.  
Un habitat chiaramente esplosivo, nel quale si muoveva il lavoro di denuncia di Pablo, che ricordiamo ebbe già altri due fratelli assassinati dalle Mafie di cui Salvador, giornalista anch'esso, nel 2001 il cui omicidio destò parecchia impressione e sul quale lo stesso Pablo mai aveva smesso di chieder giustizia unitamente alle delicate indagini giornalistiche che portava avanti per il dilagante traffico di stupefacenti e per l'altro infernale del traffico di organi che da quelle parti non è squisitamente materia letteraria di "nera" come lo è dalle nostre parti...  
Ed a dispetto delle differenti condizioni ambientali sopra descritte, questo dei Medina, è un "film" che altrove abbiam visto parecchie volte, anche in Italia con le decine dei morti ammazzati "eccellenti",  tanti dei quali nel mondo dell'Informazione.  
Ma tutti accomunati dal desiderio e dalla volontà di affermare, come già detto, il sacro valore della Verità nella luce della Giustizia secondo le leggi e la Legge...  
Adesso però siamo sicuri che Pablo si trovi cosciente in quel particolare luogo dove, assieme a tanti altri "colleghi di missione", reclama a gran voce al Signore che venga fatta giustizia del loro sangue...e per risposta  "..viene data a ciascuno di essi una veste candida e viene detto loro di pazientare ancora un poco, finché sia completo il numero dei loro compagni di servizio e dei loro fratelli che devono essere uccisi come loro..." (Apocalisse 6, 11)
Si, poiché questo Tempo è giunto.  
E forse non è un caso che accanto alla dipartita di Pablo Medina registriamo contestualmente quelle di Masaru Emoto e Dolores Cannon, preziosi ed ispirati ricercatori che, in virtu' dell'amor che muove lo spirito di conoscenza, tanto hanno dato e trasmesso...
Si, è questo.  
Il Tempo delle partenze è arrivato.  
Rosario Pavone  
Kaggi, Italia

Pablo Medina, giornalista paraguaiano ucciso dalla mafia
È il terzo giornalista morto per mano dei sicari del crimine organizzato in questo 2014
di Jean Georges Almendras

medina-pablo
Il giornalismo mondiale ha aggiunto un'altra vittima al già lungo elenco di martiri dell'informazione, colpevoli di denunciare il crimine organizzato ed i gruppi mafiosi operanti in differenti regioni del Sud America, dell'Europa e del Medio Oriente. Nonostante non tutti i giornali o mezzi di diffusione abbiano diffuso la notizia nel mondo, il fatto accaduto riguarda tutto il giornalismo libero del pianeta. Questa volta i fatti tragici sono accaduti nella Repubblica del Paraguay. La vittima è il giornalista Pablo Medina, corrispondente di ABC Color, nella località paraguaiana di Curuguaty, da tempo minacciato a causa delle indagini sulla produzione di marijuana, ovviamente gestita da gruppi narcotrafficanti e mafiosi residenti nella zona. La notizia è stata data a conoscere a mezzogiorno di giovedì 16 ottobre 2014. Pablo Medina ha subito un agguato mentre si trovava in auto in compagnia di una giovane donna, a sua volta raggiunta dai proiettili che gli hanno causato la morte. Pablo Medina era fratello di un altro giornalista – Salvador Medina – anch’egli ucciso dalla mafia paraguaiana nel 2001.  
Nella redazione sudamericana di Antimafia Dos Mil Uruguay, la notizia della morte di Pablo Medina ha colpito profondamente tutti i redattori. E personalmente non posso escludermi da questo sentimento di ira. Ho incontrato Pablo Medina nell'anno 2009, in occasione di un Congresso organizzato nella città di Rosario, Argentina. Grazie a lui abbiamo conosciuto la storia di suo fratello Salvador. Pablo ci parlò molto della lotta costante di suo fratello contro i gruppi mafiosi del Paraguay raccontandoci i dettagli della sua morte, quel 5 gennaio del 2001. Il nostro direttore e fondatore di Antimafia Duemila, Giorgio Bongiovanni, lo intervistò per la sua rivista italiana, istaurando con lui un sincero legame, legato strettamente alla stessa lotta che li accomunava. Una stessa causa, carica di rischi e di ostacoli.  
Dal 2009 al 2014 sono trascorsi soli cinque anni. Sapevamo che Pablo Medina si muoveva lungo sentieri accidentati. Sentieri dove è frequente l'agguato del nemico. Quando ci troviamo a sostenere ed appoggiare personalmente questi difensori della verità, come Pablo e suo fratello Salvador, pensiamo che il nostro appoggio possa in qualche modo allontanare il nemico. Ma la realtà ci riserva un’altra sorpresa. Una svolta violenta.
È quanto è accaduto a Pablo Medina, 48 anni, nelle prime ore del pomeriggio di giovedì 16 ottobre, mentre era alla guida della sua automobile di ritorno di un servizio giornalistico a Crescencio González, distante circa 45 chilometri da Curuguaty. Era in compagnia della sua assistente Antonia Almada e di una dirigente campesina. Durante il tragitto, in prossimità della zona di Colonia Itanaramí, a Villa Ygatimé, si sono fermati quando una macchina che li inseguiva a breve distanza ha fatto loro segni con i fari. L'automobilista è sceso dall’auto e si è avvicinato a Medina per domandargli chi era; risalito sul suo mezzo si è poi allontanato dalla zona. Alcuni minuti dopo, in una strada appartata, due uomini hanno intercettato il veicolo di Pablo Medina e in pochi secondi hanno messo a segno il colpo.   
I due sconosciuti, armati, hanno sparato al giornalista ed alcuni proiettili hanno raggiunto anche la giovane donna che lo accompagnava, Antonia Almada, seduta nel sedile accanto. Fortunatamente, la terza persona è risultata illesa, seppure ha subito un forte shock.  
Le armi usate hanno provocato gravi ferite a Medina, principalmente alla nuca e al viso. Il suo decesso è avvenuto praticamente sul colpo. La giovane Almada, prima di perdere conoscenza è riuscita a chiedere aiuto utilizzando il cellulare del giornalista, per poi cadere dopo pochi secondi crollando accanto al corpo del giornalista per le gravi ferite riportate.  
La giovane sul sedile posteriore, terrorizzata, ha avuto la vita salva per un miracolo. Gli assassini, sfruttando i primi secondi di terrore e di smarrimento si sono allontanati rapidamente dalla zona su una motocicletta. Alle spalle lasciavano un fatto di sangue ripudiabile e feroce, contro un giornalista che non ha mai abbassato le braccia nella lotta contro il narcotraffico, nonostante fosse stato frequentemente oggetto di minacce di morte. Da sottolineare che Pablo Medina era solito indossare un giubbotto antiproiettili e, da quando le minacce furono rese pubbliche, gli fu assegnata una scorta, che purtroppo gli era stata ritirata - curiosamente - nel mese di settembre.
medina con chaleco antibalasLe autorità poliziesche accorse sulla scena del fatto, oltre a constatare il decesso del giornalista, hanno chiamato l’ambulanza per trasportare la giovane Almada in ospedale, ma l’attesa è stata di circa due ore. Purtroppo la donna è deceduta poco dopo il ricovero. Nel frattempo i periti hanno perlustrato il luogo dell'attentato recuperando i bossoli 9mm dei proiettili sparati ed altri indizi che ovviamente potrebbero essere utili alle indagini del doppio omicidio.
La notizia della morte di Pablo Medina si è diffusa nella regione e nella capitale paraguaiana in pochi minuti suscitando l'indignazione popolare, in special modo tra i giornalisti del quotidiano ABC Color, i quali, profondamente colpiti dal fatto, hanno immediatamente realizzato un presidio di fronte al Comando della Polizia.
I giornalisti esigevano la presenza della massima autorità del Comando. Dopo, altri colleghi di altri giornali di Asunción si sono uniti alla mobilitazione e si sono visti sul posto alcuni momenti di tensione. Successivamente, il Comandante Commissario Francisco Alvarenga si è deciso ad uscire e dialogare con i giornalisti ribadendo che si sarebbe indagato sul doppio omicidio e che non aveva alcuna intenzione di rinunciare alla sua carica. Di fronte a queste dichiarazioni, i giornalisti manifestanti hanno persistito nel loro gesto lasciandosi andare a canti ed esternazioni su una polizia coinvolta in azioni del narcotraffico. I giornalisti hanno poi deciso di marciare pacificamente sulle strade di Asunción fino al Palazzo di Governo. Ma all'improvviso è arrivata sul posto l’unità antisommossa della polizia, con l’appoggio di un carro idrante, che ha ostacolato il passo della marcia. Un gruppo operativo di scontro debitamente equipaggiato è stata la risposta che lo Stato ha offerto ad un gruppo di giornalisti indignati e stufi dell’alto livello di corruzione imperante nelle file governative. I manifestanti non hanno avuto altra alternativa che fermarsi e mostrare alla gente ed ai poliziotti antisommossa che loro, operai dell'informazione, hanno come uniche armi per affrontarli penne e cellulari.
"Il silenzio si è impadronito di tutti noi. Il dolore ha superato la ragione. Niente può spiegare o giustificare la morte vile e codarda di un essere umano. Ancora di più quando quella persona ha reso tributo alla vita, alla libertà e ha lottato fino all'ultimo istante della sua esistenza contro l'assurda e spregevole violenza", hanno dichiarato i corrispondenti di ABC Color, in un comunicato divulgato in tutta la Repubblica del Paraguay e nel mondo.
Ed hanno aggiunto: "Il vile agguato, è nel contempo un'opportunità per far sì che rinasca in ognuno di noi l’impegno che ci ha spinto inizialmente ad abbracciare il nobile mestiere del giornalismo. Abbiamo un debito con la nostra patria, con il nostro popolo, con i nostri compatrioti più esposti che sopravvivono in qualche angolo dimenticato della geografia alla mercé dei banditi”.  
Per concludere, i corrispondenti di ABC Color, compagni di Pablo Medina, hanno ribadito: "In questo momento vorremo gridare alle autorità di adempiere al loro dovere e punire i responsabili, morali e materiali di questo vile  assassinio, tuttavia, la nostra speranza si scontra con la triste realtà che le forze dell'ordine proteggono oggi di più a chi vive fuori legge che ai cittadini onesti. Ci rimane la forza e l’impegno di accendere la fiamma della libertà per la quale Pablo ha speso la sua vita”.
Nello svolgere la nostra professione si raccolgono, prima o poi, i successi di una denuncia e di una lotta perseverante ed intensa, seppur silenziosa. Ed arriva il momento in cui giustizia è fatta. Ma ci si guadagna anche nemici. Nemici che fanno parte del potere. Che fanno parte dello Stato. Che fanno parte del sistema. Un sistema corrotto. Un sistema condizionato dal potere di turno e dal denaro. Potente denaro che compra anime ed armi affinché siano queste anime a farle parlare. Avendo sempre sotto mira  i più indifesi. Sempre contro i più coraggiosi. Sempre contro gli amanti della libertà. Sempre contro chi scrive e parla delle ingiustizie sociali, delle corruzioni e dei crimini, denunciandoli e rendendole pubbliche insieme ai nomi dei loro autori, senza dimenticare nome e cognome. Denunce che comportano desolazione e morte. Denunce che si sentono da diverse  generazioni e da differenti luoghi. Denunce che disturbano la quiete di chi ha la il coltello dalla parte del manico.
Quanti giornalisti e corrispondenti sono morti già nel mondo per il solo fatto di parlare o filmare attraverso le carenze e le deviazioni della comunità umana e dello Stato? Voglio ricordare al lettore che non sono pochi. Sparsi nel mondo. In tempi di dittature ed in tempi di "democrazia". In tempi di democrazie malate, ipocrite ed infiltrate dal crimine organizzato. Che ogni giorno è sempre più organizzato, sia internamente che con lo Stato o con il governo con il quale convive.
Ritornando al Paraguay. Quanti giornalisti sono morti in questo 2014? Con Pablo Medina sono già tre. Il primo del 2014 è stato Fausto Gabriel Alcaraz, morto il 16 maggio a Pedro Juan Caballero, il secondo Edgar Pantaleón Fernández Fleitas, morto il 19 giugno nella città di Concepción a circa 300 chilometri da Asunción.
"È il terzo collega in meno di un anno che abbiamo perso per mano della mafia. Sono mafie che dominano impunite il paese ed il Governo non fa niente", ha detto Santiago Ortiz il rappresentante del Sindacato di Giornalisti del Paraguay.
Ci saranno altri morti? Non dipende da noi oramai, se hanno già deciso dalle file del sistema. Perché? Perché noi non cederemo alle pressioni. Noi: in Sud America, in Europa e nel Medio Oriente, continueremo sulla stessa linea. La linea della verità. La linea di cercare la verità. La linea di rivendicare l’intervento della giustizia affinché si indaghi e si faccia luce su ciò che non si vuole venga allo scoperto. Come in questo momento. Pretendere che la Giustizia paraguaiana intervenga senza deviazioni, affinché il manto dell'impunità non copra queste due morti e si trovino i colpevoli. Questo è stato un omicidio per spaventare. Per incutere terrore. Ci sarà chi si intimorisce. Ci sarà chi sceglierà il silenzio. Noi no.
medina-equipo-abc-colorNelle nostre sedi di redazione dell'Uruguay, Argentina, Paraguay ed Italia, i rischi sono molti. Perché i nostri giornalisti affrontano tematiche sociali impegnative. Perché i nostri giornalisti pensano ed agiscono come Pablo Medina. E così come lui non si è intimorito quando fu minacciato di morte la prima volta, non lo faremo noi. Anche se i nostri boia sono nella penombra. Forse in agguato. Ma sempre in penombra o nell'anonimato. La loro insidia vigliacca, astuta e mafiosa non ci tocca, perché denunciare il sistema corrotto che domina il mondo in molti, moltissimi punti del pianeta, significa onorare la nostra professione ed onorare la vita. Pablo Medina, non potremo vederti più, ma le tue azioni e le tue denunce sono nel nostro sangue come mai, in vita, avresti immaginato. Segno che la tua sofferenza, la tua dedizione ed il tuo martirio non sono stati vani. Siamo noi quelli che pur piangendo la tua assenza, ringraziamo te per avere vissuto, con quell'umiltà che ti caratterizzava e che ti rendeva più saggio.     
Ora non è tempo di lamenti. È tempo di forza. Perché ognuno di questi morti deve fortificarci, affinché uniti, i giornalisti del mondo, possiamo attaccare le fondamenta della macchina del potere mafioso endemico nel sistema politico e nella matrice finanziaria di ognuno dei paesi che soffrono questo male.
Continuare la lotta, giorno per giorno, sarà il migliore omaggio che possiamo rendere a Pablo Medina e a tutti i colleghi caduti per la stessa causa nel passato. La nostra causa. Una causa concreta e molto più estesa, sia in Paraguay che in Italia, dove anche la mafia e lo Stato, in una connivenza maligna, hanno lasciato la loro scia di morte tra giudici, carabinieri, sacerdoti, politici e giornalisti. Forse una mafia senza frontiere richiede una lotta senza frontiere? Sì, ed urgentemente. E richiede inoltre, una maggiore coscienza civile su questa lotta. Ce l’abbiamo forse?
17 ottobre 2014

Omicidio Medina: continua la protesta dei giornalisti
Coinvolto il sindaco di Iperhù, ora è latitante
di AMDuemila - 21 ottobre 2014
Prosegue la protesta dei giornalisti di ABC Color, che hanno manifestato questa domenica in seguito all’agguato in cui è stato ucciso il collega Pablo Medina e la sua giovane assistente Antonia Almada.
All’insegna di “Giustizia per Pablo”, “Giustizia per Antonia”, “Cartes responsabile” i giornalisti di ABC hanno dato vita alla quarta manifestazione. Anche giornalisti di altri canali informativi come Ultima hora, Telefuturo, Unicanal, Radio Ñanduti, Red Guaranì hanno aderito alla protesta.
I manifestanti portavano bandiere e cinture nere e hanno ribadito che andranno avanti fino alle estreme conseguenze, mentre giornalisti e funzionari sono in assemblea permanente a seguito dell'omicidio. Il Ministro dell’Interno Francisco Vargas avrebbe accolto la richiesta del sindacato dei giornalisti di istituire un protocollo di sicurezza per i cronisti che lavorano in zone a rischio.
Venerdì 17, il giorno dopo l’attentato, è stata effettuata una serie di perquisizioni tra cui alla sede del municipio e nell’abitazione del sindaco di Ipehù, Vilmar Acosta Marques, conosciuto anche come “Neneco", sospettato di essere tra gli ideatori dell’omicidio del giornalista e della sua assistente, mentre la polizia paraguaiana ha emanato un ordine di cattura nei confronti di suo fratello Wilson Acosta Márquez per presunta partecipazione all’attentato.
Al momento il sindaco risulta essere latitante e non è stato trovato in nessuno dei sopralluoghi effettuati dalla polizia. Sembrerebbe sia riuscito a far perdere le proprie tracce contando sulla protezione di persone influenti e potrebbe addirittura aver lasciato il paese.
Inizialmente il primo cittadino avrebbe negato un qualsiasi coinvolgimento nell’omicidio e di aver parlato con il giornalista una sola volta nel 2010: “Nel 2010 ho telefonato Pablo Medina. Lui mi perseguitava per una questione risalente a molto prima”. Medina aveva pubblicato nel 2010 un articolo per ABC dove parlava del coinvolgimento di “Neneco” Acosta nel traffico di droga: “Un camioncino appartenente a Diego Candia, cognato del sindaco - si legge nell’articolo - trasportava 1.500 kg di marijuana, secondo i dati forniti da una fonte del Ministero Pubblico di Curuguati. Il mezzo, proprietà della municipalità, venne intercettato e lasciato andare pochi minuti dopo a seguito di pressioni da parte di influenti politici”.
A Medina, nonostante le numerose minacce di morte ricevute, gli era stata ritirata la scorta “per mancanza di risorse”.

Vigilia por Pablo Medina y Antonia Almada

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Periodistas de ABC Color y ciudadanía en general hicieron escuchar nuevamente sus pedidos de justicia por el asesinato de Pablo Medina y Antonia Almada y el arresto de todos los involucrados en doble homicidio. Arsenio Acuña, ABC Color



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