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1di Aaron Pettinari - 3 marzo 2014
E la scorta civica chiede con forza il Bomb Jammer per Di Matteo
Giornata intensa di audizioni per la Commissione nazionale antimafia, in trasferta a Palermo, non solo per andare a fondo sull'ultimo “scandalo” sollevato dal prefetto Giuseppe Caruso, direttore dell'Agenzia per i beni confiscati, che alla fine di gennaio era intervenuto pesantemente sulla gestione dei patrimoni requisiti accusando gli amministratori di privilegiare i propri interessi rispetto all'effettivo utilizzo dei beni.

L'intento della Commissione, per queste due giornate, è proprio quello di fare chiarezza al punto che la stessa presidente Rosy Bindi ha proposto la riforma dell'Agenzia e della normativa che ne regola il funzionamento.
“La legislazione va rivista così come l’organizzazione e forse anche alcune funzioni, pur riconoscendo il grande lavoro fatto – ha detto a margine dell'incontro – Si può e si deve fare di più. Sono maturi i tempi per una legislazione nuova che porti a sequestri sempre più frequenti. Perché in questo momento, con la crisi, l'unica azienda in attivo è quella delle organizzazioni mafiose”. E sulla polemica sollevata da Caruso ha aggiunto: “Le sue accuse sono al sistema nel suo complesso della gestione dei beni confiscati. Noi chiediamo un chiarimento senza schierarci. In questo Paese pesano molto i poteri criminali e il 2costo della corruzione che va combattuta, ma gli strumenti di cui disponiamo sono insufficienti, soprattutto per quanto riguarda la prescrizione di questo reato. Questa mattina dai pm che abbiamo ascoltato sono giunte diverse proposte anche condivisibili. Si deve arrivare ad una modifica del nostro codice di procedura penale”.
Primi ad essere sentiti sono stati il prefetto di Palermo Francesca Cannizzo e dei componenti del Comitato per l'ordine e la sicurezza, del procuratore capo di Palermo Francesco Messineo, gli aggiunti Vittorio Teresi, Maurizio Scalia, Teresa Principato, Leonardo Agueci, il pm Nino Di Matteo ed il procuratore generale Roberto Scarpinato.

La trattativa e le minacce
“Abbiamo fornito alla Commissione dei primi elementi sulla trattativa tramite un'esposizione sintetica e sommaria in particolare collegando la stessa alle ultime vicende che hanno riguardato le esternazioni di Riina in carcere e poi oggetto di minacce nei confronti dei pm”. A spiegare quanto avvenuto nel corso della mattinata è il procuratore di Palermo Francesco Messineo che, visto il poco tempo avuto a disposizione, ha anche detto che può essere probabile una nuova convocazione da parte della presidente Bindi per “approfondire” alcune tematiche. Messineo ha anche confermato che si è parlato di Messina Denaro, delle indagini che hanno riguardato il boss trapanese e la sua famiglia, esponendo il contesto del territorio in cui lo stesso si trova oggi ad operare in base alle acquisizioni della magistratura.
3Il capo della Procura ha anche rispedito al mittente alcuni attacchi, anche mediatici non sempre giustificati o pertinenti. In merito alla questione è intervenuto anche lo stesso Antonino Di Matteo, pm di punta dell'inchiesta sulla trattativa Stato-mafia: “Assistiamo a degli attacchi nei confronti della nostra attività e, soprattutto, dell'impianto accusatorio del processo per la trattativa che riteniamo immotivati. Ma sarebbe bene che chi parla, avesse conoscenza degli atti processuali e rispetto per le decisioni che già un gup ha preso rinviando a giudizio gli imputati. Abbiamo intenzione di dimostrare la fondatezza della nostra ipotesi di accusa”. Alla domanda se il riferimento è alla Direzione nazionale antimafia che nella sua relazione semestrale ha duramente criticato l'impianto accusatorio del processo trattativa, Di Matteo replica: “I riferimenti possono essere tanti. Noi abbiamo uno svantaggio rispetto agli altri, che non possiamo intervenire nel dibattito pubblico sulla fondatezza della nostra tesi giuridica che portiamo avanti in ambito processuale. Ciascuno ha diritto di criticare, ma sarebbe bene e opportuno se lo facesse conoscendo tutti gli atti e rispettando le decisioni dei giudici, dal gup che ha rinviato a giudizio gli imputati alla corte d'assise che ha deciso sulle questioni poste dalle difese, respingendole, e ha accolto le nostre richieste di prova. Ci sembra che da parte di molti si intervenga un po' superficialmente cercando di demolire un impianto accusatorio”. E in merito all'audizione di oggi ha aggiunto: “Ci sono state fatte domande sul processo sulla trattativa Stato-mafia e su alcuni sviluppi investigativi come quelli relativi alle intercettazioni di Riina. Abbiamo chiesto che parti delle audizioni siano secretate”.

Protocollo farfalla
Rispondendo alle domande del direttore Bongiovanni, il presidente della Commissione parlamentare Antimafia, 4Rosy Bindi, ha anche parlato delle indagini sul “Protocollo Farfalla”, un accordo tra il Dap e il Sisde per la gestione dei principali detenuti in regime di massima sicurezza, senza che rimanga alcuna traccia nei registri carcerari. “Abbiamo fatto un pezzo di strada che riteniamo positivo perché abbiamo accertato che questo protocollo non esisteva sul piano documentale. Piuttosto esistevano dei comportamenti che si è sentita la necessità di regolare”. E alla domanda su quali fossero questi comportamenti ha aggiunto: “Siamo in grado di dire che non esisteva un protocollo scritto ma non mi sento di escludere che ci siano stati comportamenti impropri. Come commissione d’inchiesta faremo la nostra parte, la magistratura farà la sua. Indagheremo nei limiti degli strumenti che abbiamo, dell’utilizzazione degli strumenti che abbiamo e degli obiettivi che dobbiamo raggiungere. C'è sempre un rapporto tra fini e mezzi nel nostro lavoro”.

Associazioni unite nella lotta alla mafia
Nel pomeriggio è stata la volta delle associazioni antimafia. Un documento unitario con le priorità da affrontare da qui in avanti è stato presentato dalle associazioni Centro Studi Pio La Torre, Fondazione Chinnici, Libera Coordinamento Sicilia, Centro di accoglienza Padre Nostro ed Sos bongiovanni-cappellani-sartiImpresa. Nel documento si propone alla Commissione antimafia di avviare un'indagine sul territorio, come fece la prima commissione nel 1976, per individuare le nuove mafie e indicare una moderna politica contro la criminalità organizzata; non perdere l'occasione del semestre italiano in Europa per avviare una politica antimafia omogenea nei paesi aderenti, promuovere il varo delle norme contro autoriciclaggio e falso in bilancio e una legge elettorale che introduca la sospensione della candidabilità di tutti coloro che sono rinviati a giudizio per fatti di mafia e reati contro la pubblica amministrazione, restituendo ai cittadini la possibilità di scegliere i candidati senza liste bloccate.

Scorta Civica e bomb jammer per Di Matteo
Mentre dalle 16, all'esterno della Prefettura va in scena il presidio della Scorta Civica per tenere alta l’attenzione e fare quadrato attorno ai magistrati “minacciati da mafia e poteri forti”. Un gruppo di giovani e meno giovani, tra cui spiccano le testimonianze di Vincenzo Agostino e Lina La Mattina, resiste, nonostante la pioggia ed il freddo, nell'attesa di conoscere quel che la Commissione risponderà all'appello della stessa Scorta civica. Sono Simone Cappellani (Agende Rosse) e Giorgio Bongiovanni (direttore di ANTIMAFIADuemila) a testimoniare la forte preoccupazione della società civile per la condanna a morte espressa dal Capo dei capi, Salvatore Riina, nei confronti del pm Nino Di Matteo. I due hanno spiegato i motivi che hanno spinto le associazioni ad unirsi in una simbolica Scorta Civica che ogni mattina è presente davanti al palazzo di giustizia di Palermo. “Noi riteniamo, al di là dei proclami sui giornali, 6che lo Stato possa fare di più per garantire la sicurezza dei magistrati, a partire dall'utilizzo di tutti gli strumenti oggi disponibili per scongiurare il pericolo di attentato come ad esempio il dispositivo anti-bomba denominato 'Bomb Jammer' – hanno detto alla Commissione - Sappiamo, da fonti non ufficiali, che esiste una versione di questo dispositivo di ultima generazione che riduce al minimo i rischi per la salute, versione attualmente usata privatamente da diverse personalità. Noi cittadini siamo preoccupati e ci chiediamo se, nel diritto alla salute che garantisce la nostra Costituzione rientri anche il diritto per il dottor Di Matteo, per gli uomini che valorosamente gli fanno da scorta, per i cittadini, amici, colleghi e bambini che potrebbero rimanere coinvolti nell'ennesima e tragica strage, il diritto di non essere fatti a pezzi da una bomba”.
I rappresentanti della Scorta civica (foto © ACFB) hanno ricordato come il 3 dicembre 2013, davanti ai cronisti e in colloqui privati con Salvatore Borsellino, il ministro dell'Interno Alfano aveva detto che “il bomb jammer era stato già disposto”. Ma dopo tre mesi non si ha ancora notizia concreta di ciò mentre una nuova lettera, indirizzata a Riina a firma “falange armata”, nell'intimare al boss di tacere lo rincuora dicendo “per il resto ci pensiamo noi”.
scorta-civica-visita-com-antimafiaIl presidente Bindi ha quindi risposto che verranno effettuati ulteriori approfondimenti d'indagine anche se allo stato, da quel che la Commissione avrebbe fin qui appreso, le misure di sicurezza assegnate a Di Matteo sarebbero il massimo che lo Stato può offrire. Bongiovanni ha anche chiesto alla Commissione antimafia di compiere un'azione di coraggio indagando a sua volta sui rapporti tra la mafia, la politica e le istituzioni deviate. Un'indagine a 360° che renderebbe più forti e fiduciosi gli stessi cittadini che oggi si trovano a lottare nel tentativo di non far sentire soli i magistrati ed evitare che vi sia una nuova strage.

Foto Commissione Antimafia © Studio Camera

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