di Aaron Pettinari - 22 gennaio 2014
Scorrendo le pagine delle intercettazioni tra Salvatore Riina ed il suo “compagno di passeggiate”, Alberto Lorusso, depositate dai pm nell'ambito del processo sulla Trattativa, non emerge solo la condanna a morte nei confronti di Antonino Di Matteo e dei magistrati del pool che indaga sulla trattativa Stato-mafia. 'U curtu infatti parla, si atteggia da grande capomafia (“Io sempre contro la legge sono! Io sono nato contrario e ci sono contrario... Caponnetto piangeva.
Disgraziato, ma cosa ci piangi, ora lo piangi... che stava facendo morire a me... perché non glielo dicevi prima, che smetteva. Disgraziato pure lui era, andrebbe a fare il mestiere dei babbuini. Io dico una cosa, forse sono presuntuoso e mi dispiace se nella discussione sono presuntuoso. Ne dovrebbero nascere mille l’anno come Totò Riina, mille l’anno. I nemici li ho cercati e li ho trovati!... Cosa voglio di più dalla giustizia se la giustizia me la sono fatta io?... La giustizia io l’ho fatta, io l’ho fatta la giustizia giusta”), quindi parla dei rapporti con Provenzano e della trattativa stessa. Su “Binnu”, arrestato nel 2006 dopo quarant'anni di latitanza, Riina parla nel colloquio registrato il 4 agosto: “Ha fatto queste stragi di Stato... disonesta mia madre!... Ci ha pensato lui...”. E poi ancora: “Totò Riina aveva il Paese nelle mani, comandavo io per trent’anni, quarant’anni, ed erano convinti, vivevano come cristiani. Quello non ha capito niente, Binnu. Provenzano non era del convento mio, certo lo rispettavo, ma lui era convinto che le cose erano a tarallucci e vino. Era un ragazzo dabbene, non un ragazzo che poteva fare malavita, non aveva niente a che vedere con la mafia”.
Un rapporto, quello tra i due boss corleonesi, che a leggere queste parole appare controverso: “Era un ragazzo meraviglioso ma che tu non mi fai dormire tranquillo a me no. Dice, ma questa è sfiduciare? No, non è sfiducia, è conoscere, cercare di conoscere la vita degli uomini”. Addirittura parla delle scelte familiari di Provenzano che fece tornare a Corleone i figli e la moglie quaranta giorni prima della strage di Capaci: “Lasciò i suoi figli in mezzo alla strada e suo fratello se li è venuti a prendere a Corleone. Hanno fatto malavita mischini, poverini. È un disgraziato che ha lasciato i picciutteddi in mezzo alla strada. Sono un pezzo di pane questi picciutteddi”.
Le stragi
Poi in un'ulteriore conversazione torna nuovamente a parlare delle stragi del 1993 e la responsabilità viene scaricata proprio sulle spalle di Provenzano: “Se io sono siciliano perché le devo andare a fare fuori dalla Sicilia?”. Quindi aggiunge riferendosi al cognato Leoluca Bagarella: “Hai fatto quello che ti ha detto lui, 'te ne devi andare fuori a farli'... e se n’è andato a Firenze... Gli ho detto: Che ci vai a fare a Firenze, a Firenze ci devi mandare a lui, a Binnu Provenzano... (...) Binnu Provenzano è cresciuto nelle mie mani, è cresciuto con me, perciò poteva essere un personaggio come me, purtroppo...”. In un' altra conversazione parla anche dei fratelli Graviano, capimafia di Brancaccio. “I Graviano per me non contano, non ha mai contato né contano... Devi dirigere a me che me ne devo andare a Firenze? Io me ne vado nella piazza di Palermo, incomincio a cercare chi di dovere!”
La trattativa
Totò Riina si dimostra loquace ma quando si tratta di parlare della trattativa e del papello ecco che “dice e non dice”. “La cosa si fermò... tre-quattro mesi... ma non è che si è fermata... comunque il...(parole incomprensibili)... io l’appunto gliel’ho lasciato”. Non è chiaro quel che il capomafia corleonese volesse intendere e allo stesso Lorusso non dice a chi venne lasciato l'appunto. E se questo “appunto” fosse stato il “papello”? Ma le parole di Riina restano confuse perché poi prosegue: “Però di questo Binnu ne hanno fatto una marionetta con Luigi. Volevano sapere se tu era il responsabile... tu con lui... chi era il sostituto” e poi ancora “Non si può dire fui un... non avete lasciato un appunto, non avete lasciato niente. Io ho lasciato, lasciai...”.
Sulla trattativa si indaga sia in sede processuale che in altre inchieste. Dalle intercettazioni emerge anche un tentativo di colloquio con lo stesso capomafia. “L’avvocato gliel’ha detto, lasciate in pace il mio cliente, Riina vuole essere lasciato in pace per i fatti suoi” racconta a Lorusso che commenta: “Almeno che la finissero, cercano di strumentalizzare”. Ed è in quel momento che Riina va su tutte le furie e parla anche dell'ex ministro degli Interni Nicola Mancino, a processo per falsa testimonianza: “Ma che vogliono sperimentare... che questo Mancino trattava, trattò con me, così loro vorrebbero... così vorrebbero... ma se questo non è avvenuto mai”. Quindi Riina se la prende con l’imputato-testimone Massimo Ciancimino, quello che “io, mio padre, il colonnello Mori convincemmo a Provenzano a fare arrestare Riina. Ma santo cielo... tu, tu Ciancimino... sei un folle di catene... Se dici tu e tuo padre... ma che ci mettete a Provenzano...!!”.
Tra le domande poste da Lorusso anche quella sul ministro della Giustizia Giovanni Conso: “Dice, io ho revocato un poco di 41 bis, ma fu un’idea mia senza accordo di nessuno. Ho pensato di farlo e l’ho fatto. Ancora, questi, a Mancino ci credono. Un po' ci credono e un po' non ci credono”. E Riina se la ride dicendo che è vero. Tante parole che lasciano aperte a diverse interpretazioni.
In un altro passaggio, sempre sibillino il “capo dei capi” rivendica la guerra allo Stato: “Io ero troppo sveglio, sono troppo sveglio, so come provvedere... La svegliatezza mia è una cosa, è un fenomeno... è una materia che tutti non la possono avere. Sono sveglio e sono capace... Io al governo... morti gli devo vendere, al governo morti gli devo dare”.
Berlusconi e Dell'Utri
Nell'intercettazione del 20 settembre 2013, i due detenuti discutono persino di Silvio Berlusconi e delle sue problematiche: “Se lo merita, se lo merita - dice Riina a Lorusso - gli direi io, 'ma perché ti sei andato a prendere lo stalliere (presumibilmente riferendosi a Vittorio Mangano ndr)? Perché te lo sei messo dentro?'”. Eppure già il 6 agosto Lorusso aveva introdotto il tema Berlusconi parlando della condanna per mafia dell’ex senatore di Forza Italia Marcello Dell’Utri. Una condanna a suo avviso pericolosa anche per Berlusconi, che così vedrebbe a rischio confisca i propri beni. Ma a quel punto il boss pugliese viene stoppato e Riina dice: “Come finisce poi si vede”. Del resto si è ancora in attesa del verdetto della Cassazione.
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