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di-matteo-platea-golden-padi Lorenzo Baldo - 13 gennaio 2014
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Minacce, silenzi e condanne a morte nei confronti dei magistrati più esposti: la risposta della società civile
Palermo. Il titolo della manifestazione organizzata dal “Fatto Quotidiano” era decisamente esplicito. Dopo la condanna a morte di Totò Riina nei confronti di Nino Di Matteo, così come dopo le ulteriori minacce di Cosa Nostra verso i magistrati in prima linea, bisognava focalizzare a 360° la questione mafia e antimafia. A cercare di fare il punto della situazione si sono ritrovati ieri sera duemila palermitani (molte persone non sono riuscite ad entrare e sono rimaste fuori dal teatro Golden) insieme ad Antonio Padellaro, Barbara Spinelli, Marco Travaglio e Roberto Scarpinato. Il dibattito ha avuto luogo all’indomani delle gravissime minacce di morte nei confronti del procuratore aggiunto Teresa Principato (riportate da un confidente), riconducibili al super latitante Matteo Messina Denaro.

Il clima che si respira a Palermo si fa sempre più pesante. Così come a Trapani e a Caltanissetta. Per Nino Di Matteo, Roberto Tartaglia, Francesco Del Bene e Vittorio Teresi impegnati nel processo sulla trattativa Stato-mafia, per Nico Gozzo, pm del Borsellino quater, per Teresa Principato, Paolo Guido e Marzia Sabella impegnati nella cattura di Messina Denaro, e per altri ancora come Marcello Viola ed alcuni suoi colleghi di Trapani il livello di guardia si sta alzando pericolosamente. Mai come in questo momento si avverte un gravissimo silenzio istituzionale nei confronti di determinati magistrati. Di contraltare il ruolo della società civile diventa sempre più determinante. A dimostrazione dell’importanza di fare sentire la presenza della parte sana di questo nostro Paese il direttore del “Fatto Quotidiano” ha introdotto l’incontro rimarcando la rilevanza di manifestare solidarietà in questo momento storico. Nel momento del 2suo ingresso in sala Nino Di Matteo è stato accolto da una vera e propria standing ovation. La gente lo ha chiamato per nome esortandolo a non mollare, mentre gli applausi non accennavano a diminuire. Padellaro ha quindi ricordato che il processo sulla trattativa “parte da lontano e ha avuto tra i suoi protagonisti Antonio Ingroia”, sottolineando con forza che la questione della trattativa “non appartiene al passato, ma riguarda il nostro presente”. Citando il passo biblico “Sentinella, a che punto è la notte?” la giornalista e scrittrice Barbara Spinelli ha tracciato i nodi cruciali che ruotano attorno al tema della trattativa e della lotta alla mafia in sé. Con grande profondità d’animo la Spinelli ha affrontato la questione dell’antimafia “vista come destabilizzazione per l’establishment” in un tempo nel quale “siamo in guerra e la verità è scomoda”. E proprio partendo da quella verità che “non s’ha da dire” la giornalista di Repubblica ha raccontato di uno Stato ricattato e sceso a patti con la mafia dove è preferibile parlare di “minacce” di Riina piuttosto che di “condanna a morte” così da “annacquare” il tutto. Nella sua interpretazione di quelle minacce di morte la Spinelli ha contrassegnato il messaggio subdolo e sibillino del capo di Cosa Nostra che non vuole il processo sulla trattativa in quanto consapevole “di rimanere poi con il cerino in mano”. Ed è citando quegli “indicibili accordi” trascritti da Loris D’Ambrosio nella sua ultima lettera a Napolitano che la giornalista ha evidenziato la gravità di quello che racchiude il termine “indicibili”. Qualcosa di più oscuro e inquietante verso cui bisogna opporre una schierata resistenza nel nome della verità. Così come quando alle “condanne nominative” vengono replicate fragili solidarietà generiche da parte delle istituzioni. Ed è proprio allora che la nostra risposta deve essere “nominativa”, diretta specificatamente a quei magistrati sovraesposti, nei confronti dei quali dobbiamo essere “le loro sentinelle”. Un’analisi asciutta e del tutto gravida di consapevolezza quella del Procuratore Generale di Palermo, Roberto Scarpinato, per il quale “l’escalation” delle minacce ai magistrati di questi ultimi tempi non ha precedenti. “La sensazione complessiva – ha evidenziato l’ex pm al processo Andreotti – è che all'interno dell'universo mafioso stia accadendo qualcosa di epocale e stia lievitando un’insofferenza sempre maggiore, come se si rompessero alcuni argini”. Scarpinato ha quindi elencato due tipi di pericoli da prendere in considerazione: quello presente della mafia della seconda e terza repubblica e quello del passato, proveniente dalla mafia della prima repubblica. Ma è quell’insofferenza nei confronti della “classe dirigente di Cosa Nostra” a preoccupare il Procuratore Generale. Un’insofferenza che dal ventre di Cosa Nostra si trasforma in aspra critica per essere stati “troppo deboli” nei confronti di una magistratura a cui bisogna far “abbassare le corna”. E sono anche i “colletti bianchi” ad incolpare della crisi economica quegli stessi magistrati che colpiscono le aziende sorte nell’illegalità. Una guerra aperta, senza esclusione di colpi. Scarpinato ha di seguito ipotizzato diversi scenari legati alle dichiarazioni di morte di Totò Riina. Da una parte “le minacce di Riina non sembrano avere una causale adeguata”, ha fatto notare il magistrato, che però ha aggiunto che “ciò che preoccupa Riina sta nel ‘fuoriscena’ delle stragi del ‘92/’93, che non è ancora diventato un fatto processuale, ma che potrebbe diventarlo”. “Occorre chiamare in causa il ‘gioco grande’ di cui la mafia ha sempre fatto parte”, ha ribadito con vigore. Quello stesso “gioco grande” dove la mafia ha recitato il ruolo di “co-protagonista” così pubblicocome aveva raccontato il confidente Luigi Ilardo, riferendosi agli eccidi del ‘92/’93, prima di essere ammazzato in circostanze misteriose. Un periodo decisamente cruciale per l’Italia ha evidenziato il magistrato ricordando come tra il 9 e l’11 novembre del ’93, pochi giorni dopo la mancata proroga dei 334 provvedimenti di 41 bis da parte del ministro della giustizia Giovanni Conso, sul territorio italiano era stata disposta un’esercitazione militare del Comando Nato. Dopo aver tracciato un lungo memorandum sul coinvolgimento della mafia nella strategia della tensione a partire da Portella della Ginestra fino alle bombe del ’93 Scarpinato è giunto al termine del suo ragionamento. “Spero fortemente – ha concluso il magistrato – che abbiano ragione coloro  che ritengono le minacce di Riina solo uno sfogo e un delirio di onnipotenza di un uomo ridotto all’impotenza. Se così non dovesse essere quelle minacce suonerebbero come una sorta di chiamata alle armi. Rimarrebbero tutti coloro che più di Riina hanno interesse affinchè questa parte della storia resti per sempre segreta e che sulla scena delle stragi restino soltanto uomini di mafia come Riina, senza porsi troppe domande alle quali non si può dare risposta. Noi magistrati di Palermo a quelle domande continueremo a cercare di dare risposta costi quel che costi”. Un forte applauso si è protratto per qualche minuto. Prima di iniziare con graffiante ironia, e altrettanta intelligenza, a mettere insieme le troppe “anomalie” di questi ultimi 20 anni, Marco Travaglio ha voluto tributare un ringraziamento agli uomini delle scorte. La gente si è alzata in piedi applaudendo vigorosamente in una sorta di abbraccio virtuale verso chi rischia la propria vita per proteggere gli obiettivi sensibili di uno Stato-mafia. “Se la trattativa fosse storia del passato – ha sottolineato successivamente – perché ci sono tutti questi tentativi oggi di non far emergere la verità? Se non c'è stata la trattativa mi spiegate che cosa ci andavano a fare quelli del Ros da Ciancimino?”. E ancora: “Se non c'è stata la trattativa spiegatemi perché un carabiniere entra nella macchina dilaniata di Borsellino, tra macerie e resti, per portare via l'agenda rossa e fatemi entrare in testa perché uomini dello Stato, dopo la strage di via D’Amelio, vanno a perquisire la casa e l'ufficio di Borsellino. Ma quando mai si perquisisce la casa di un magistrato ad appena un'ora dalla morte? E per quale motivo la polizia si attiva per trovare i falsi colpevoli della strage di via D'Amelio? Chi fa tutte queste cose rischiose se non esiste questa benedetta trattativa? Perché, per dirne ancora una, dopo la cattura di Riina ci si ‘dimentica’ di perquisire il covo? Tutti che si attivano a tappare la bocca ad una trattativa che non c’è stata…”. Per concludere il suo intervento il vicedirettore del “Fatto Quotidiano” ha ricordato un passaggio dell’intervista a Roberto Scarpinato della scorsa estate nella quale lo stesso Procuratore Generale aveva spiegato che “i segreti del multiforme sistema criminale che pianificò e realizzò la strategia terroristico-mafiosa del 1992-93 siano a conoscenza, in tutto o in parte, di circa un centinaio di persone”. Quell’intervista si concludeva con una frase di Martin Luther King citata dallo stesso Scarpinato, mai così attuale, in un periodo storico nel quale molti intellettuali e giornalisti si affidano ad un vero e proprio “negazionismo”. “Alla fine – diceva Martin Luther King – non ricorderemo le parole dei nostri nemici, ma il silenzio dei nostri amici”. Un applauso ancora più forte si è alzato quando i pm Di 1Matteo, Del Bene, Tartaglia e Teresi sono saliti sul palco per un saluto finale. “E’ uno strano Paese – ha esordito Teresi – quello in cui  bisogna organizzare manifestazioni di questo genere per mostrare solidarietà a magistrati che fanno solo il proprio lavoro”. “Cercate tutti la verità, a prescindere dai processi”, ha rimarcato poi il procuratore aggiunto di Palermo. Di seguito Nino Di Matteo ha ringraziato calorosamente tutti i cittadini che in questi mesi si sono stretti attorno a lui e agli altri magistrati minacciati, al contrario di una classe politica assente e di un sistema mediatico capace “di accusare il minacciato di essere complice del minacciante”. “Queste manifestazioni – ha proseguito Di Matteo – sono un antidoto, una protezione, uno scudo efficace. Tutto quello che accade mi dà speranza che tutti voi continuerete a pretendere la verità. Mi permetto di esortavi a pretenderla, anche se questa pretesa vi mettesse in una posizione di critica nei confronti del lavoro della magistratura. Sono convinto che stia maturando in larga parte del Paese una consapevolezza e una coscienza di quanto siano importanti i valori costituzionali rispetto al funzionamento della giustizia, di quanto sia importante che i cittadini pretendano che i magistrati siano veramente sganciati dal potere e che obbediscano soltanto al principio di eguaglianza di tutti davanti alla legge anche a costo di sacrificare le loro carriere e le loro stupide ambizioni di carriera. E sono altrettanto convinto che questa consapevolezza tutelerà il principio dell’uguaglianza di tutti davanti alla legge e finirà per tutelare anche la nostra vita e la nostra sicurezza”. Dopo aver ringraziato ulteriormente per la vicinanza e la solidarietà Roberto Tartaglia ha sottolineato la consapevolezza “della posta in gioco” sottolineando con quanto “orgoglio” lui e i suoi colleghi stiano lavorando alla “ricerca della verità”. “Se è vero che non abbiamo bisogno di altri stimoli, è vero altresì che è importante svolgere le proprie funzioni con uno stato d’animo sereno, e se ci sono state giornate di maggiore preoccupazione devo riconoscere che l’affetto e il sostegno di tante persone come voi ci ha aiutato particolarmente”. “Mi auguro che la verità possa essere raggiunta e fatta oggetto di un percorso congiunto che veda il contributo di tanti. Rivendichiamo insieme il diritto alla verità”. “Non essendo siciliano – ha esordito poi Francesco Del Bene – sono davvero molto lieto di notare questa partecipazione, questa forza morale che viene da questa città che per decenni troppe volte si è girata dall’altra parte, oppure è stata indifferente. Proprio per evitare gli errori del passato vi ringrazio moltissimo augurandoci di riprendere quella serenità che il nostro lavoro e il nostro impegno impongono per raggiungere la verità”. Un ultimo richiamo da parte di Marco Travaglio è stato dato nel ricordare l’avvio della scorta civica (indetta da un cartello di associazioni), davanti al palazzo di giustizia, che avverrà lunedì 20 gennaio. Una presenza simbolica per ricordare allo Stato – che promette invano il bomb-jammer per lo stesso Di Matteo, per poi contraddirsi dietro a vergognose bugie – che una società consapevole non intende accettare più nuovi martiri sacrificati sull’altare di vecchie o nuove trattative.

AUDIO INTEGRALE © radioradicale.it
A che punto sono la mafia e l'antimafia

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Solidarietà ai magistrati minacciati, folla al Golden per la manifestazione

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