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di-matteo-riinadi Aaron Pettinari - 5 dicembre 2013
Nuovi “strali” e venti di minaccia arrivano dal carcere “Opera” di Milano. Ancora una volta è il boss corleonese Salvatore Riina ad emettere “sentenze di morte” nei confronti del sostituto procuratore di Palermo, Antonino Di Matteo, membro del pool che si sta occupando del processo sulla trattativa Stato-mafia. La notizia era emersa già nei giorni scorsi durante il comitato nazionale per l'ordine e la sicurezza che si è tenuto a Palermo, presieduto dal ministro dell'Interno Angelino Alfano. Oggi però se ne apprendono i contenuti. Il capomafia è stato ancora una volta intercettato mentre parlava con un boss della Sacra corona unita. Le microspie hanno registrato le seguenti parole, lo scorso 14 novembre, ovvero il giorno dopo che era stata pubblicata la notizia di altre sue esternazioni di minaccia nei confronti del magistrato e in cui si manifestava la possibilità di un trasferimento del pm, per motivi di sicurezza, in una località segreta. “Questo Di Matteo non ce lo possiamo dimenticare. Corleone non dimentica” ha detto il “Capo dei capi” durante l'ora d'aria. E al mafioso pugliese che gli chiedeva come avrebbe fatto ad eliminarlo se l'avessero portato in una località riservata, Riina avrebbe risposto: “Tanto sempre al processo deve venire”.

Entrambe le conversazioni tra i due boss, sia quelle rese note il 13 novembre che le successive, dovrebbero essere depositate agli atti del processo sulla trattativa Stato-mafia in corso davanti alla corte d'assise di Palermo e che quest'oggi ha visto in dibattimento la testimonianza del collaboratore di giustizia Leonardo Messina. In base ad indiscrezioni giornalistiche è poi emerso che Riina ha inveito anche contro il procuratore capo di Palermo Francesco Messineo e, vedendo in tv un'intervista rilasciata dal capo del pool antimafia di Palermo Messineo durante una pausa del processo per la trattativa tra Stato e mafia, ha iniziato a inveire contro il magistrato con parolacce e ingiurie. Sempre dalle intercettazioni registrate dagli inquirenti lo scorso 14 novembre sono emerse poi invettive ulteriori del boss corleonese anche contro il pentito di mafia Giovanni Brusca, che verrà ascoltato alla prossima udienza del processo sulla trattativa. Le continue intimidazioni ai membri del pool sulla trattativa, che oltre a Di Matteo vede interessati il procuratore aggiunto Vittorio Teresi ed i sostituti Francesco Del Bene e Roberto Tartaglia, contribuisce a caricare ulteriormente di tensione il clima attorno a questo processo.
Nei giorni scorsi, proprio rispondendo ad una domanda di ANTIMAFIADuemila, il ministro Alfano, che ha parlato di un possibile ritorno alla “strategia stragista”, ha confermato l'assegnazione a Di Matteo di una vettura di servizio con un dispositivo cosiddetto “bomb jammer”, così come chiesto a ottobre dal vicepresidente della Camera Luigi Di Maio. I jammer vengono utilizzati per neutralizzare o prevenire attentati terroristici o altri crimini condotti attraverso l’utilizzo di ordigni esplosivi radio-controllati a distanza, mediante impulsi radio, e trovano il loro impiego in aree di guerriglia. Una misura di sicurezza e protezione importante che però non deve far abbassare la guardia e l'attenzione da parte della società civile. Il capomafia di Corleone ha parlato nonostante fosse consapevole che le sue esternazioni erano già state registrate (del resto si commentavano le notizie del giorno prima) e il messaggio all'esterno, per mafiosi e non, è ancora una volta arrivato.

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