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riina-salvatore-big1di AMDuemila - 23 novembre 2013
E con il boss della mafia pugliese aggiunge: “Sti cornuti portano pure Napolitano”
Minacce, affermazioni tutt'altro che velate contro la Procura di Palermo mentre è a colloquio con un altro capomafia, Alberto Lorusso, personaggio di spicco della Sacra corona unita. Protagonista è ancora una volta il “capo dei capi” Totò Riina. Nei giorni scorsi l'Espresso, ed oggi anche il Fatto Quotidiano, portano alla luce le parole dei due boss, carpite grazie alle intercettazioni durante l'ora d'aria presso il carcere milanese di Opera. “Questi cornuti... (i pm di Palermo, ndr), se fossi fuori gli macinerei le ossa”. E ancora bisbigliando: “Sono stati capaci di portarsi pure Napolitano”.

Il boss corleonese parla anche dell'ex premier Berlusconi: “A quello carcere non gliene fanno fare... Ci vuole solo che gli concedano la grazia”. E poi, rispondendo agli elogi di Lorusso: “Io sono sempre stato un potentoso deciso, non ho mai perso tempo... e se fossi libero, saprei cosa fare, non perderei un minuto, a questi cornuti gli macinerei le ossa”.
Riina non ha freni con il suo interlocutore arrivando a parlare anche delle stragi del 1992, quelle di Capaci e via d'Amelio: “Quello venne per i tonni – ha detto alludendo a Falcone che nel maggio del ’92 era stato invitato a Favignana ad assistere alla mattanza – e gli ho fatto fare la fine del tonno”.
“U curtu” parla di “segreti fittissimi”, in particolare proprio su Capaci. Cose che “i picciotti di Cosa nostra non dovranno sapere mai”. L'unico ad aver avuto il quadro completo, a suo dire, è stato il pentito Totò Cancemi, ex capomandamento di Porta Nuova, deceduto nel 2011.
Ma è sul processo trattativa Stato-mafia che Riina sfoga la sua rabbia: “Mi fa impazzire. Questi pm mi fanno impazzire”. In particolare rivolge le proprie affermazioni contro il pm Antonino Di Matteo: “Ma che vuole questo? Perché mi guarda? A questo devo fargli fare la fine degli altri. Fa parlare i pentiti, gli tira le cose di bocca è uno troppo accanito”.
Le cimici registrano tutto e dall'altra parte ascoltano gli inquirenti della Dia e della Procura di Palermo. Riina è come un fiume in piena e parla anche della strage che ha portato alla morte di Rocco Chinnici nell'83: “A quello l’ho fatto volare in aria, saltò in aria e poi tornò per terra, fece un volo”.
Riina parla delle stragi descrivendosi come il capo dell'organizzazione che sfidò lo Stato, dicendosi rammaricato per non aver potuto proseguire anche se avrebbe agito in maniera diversa rispetto ai suoi “successori”: “Io avrei continuato a fare stragi in Sicilia, piuttosto che queste cose in Continente, cose ambigue... dovevamo continuare qui”.
Secondo quanto scritto dal Fatto, l'idea di intercettare Riina sarebbe arrivata grazie alla lettera dell'anonimo della scorsa primavera. E' stato questi a parlate proprio dell'assenso di Riina, per tramite del figlio,  ad un attentato contro Di Matteo.
E se da un lato l'improvvisa loquacità del boss corleonese può apparire come una vera “chiamata alle armi”, dall'altro traspare un possibile timore, da parte dello stesso Riina, che il processo stesso possa far emergere un aspetto. Ovvero che con la trattativa sia stato lo Stato ad usare lui, e non viceversa, fino ad arrivare agli arresti di tutta l'ala ritenuta più sanguinaria, così come asserito nei giorni scorsi dallo stesso collaboratore di giustizia Giuffré in udienza. “Un sacrificio necessario che è stato parte della trattativa”. Uno scenario che da Riina potrebbe essere visto come una grave perdita di prestigio tra gli affiliati di Cosa Nostra.

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