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ciancimino-autoCondanna a due anni per l'amico Avara
di Aaron Pettinari - 19 novembre 2013
E' arrivata dopo poco più di un'ora di camera di consiglio la sentenza del Gup di Palermo, Daniela Cardamone, che ha condannato a tre anni di carcere e 20 mila euro di multa Massimo Ciancimino per detenzione e cessione di esplosivo. Due anni, pena sospesa, la condanna inflitta al coimputato, Giuseppe Avara, che era accusato di detenzione di esplosivo. Il gup, che non ha concesso le circostanze attenuanti a nessuno dei due imputati, ha dichiarato Ciancimino interdetto per 5 anni dai pubblici uffici e ha inflitto ad Avara la sanzione pecuniaria di 10 mila euro. Accolte quindi in toto le richieste da parte dell'accusa ma la difesa di Ciancimino, per bocca dell'avvocato D'Agostino, ha già annunciato che presenterà ricorso in Appello “quantomeno per vedere riconosciute le attenuanti”. E sono diverse secondo il collegio difensivo del figlio di don Vito, “a partire dalle ripetute minacce subite dallo stesso che di fatto ne hanno condizionato l'agire sin dal primo momento di questa vicenda”.
Gli avvocati hanno ricostruito tutte le fasi relative al recapito, presso la casa dei suoceri a Bologna, dell'esplosivo a Ciancimino jr, nel 2011.

I legali avevano anche cercato di patteggiare, ma non ha raggiunto l'accordo coi pm sull'ammontare della pena, in quanto hanno ritenuto non congrua la richiesta di applicazione ad un anno e undici mesi di reclusione e 400 euro di multa.
Una vicenda dai contorni oscuri, a cominciare proprio dalla provenienza dei 13 candelotti di dinamite. Era stato lo stesso Ciancimino ad indicare ai pm dove trovarli all'interno della propria abitazione. In base a quello che è sempre stato il suo racconto, in parte era stato eliminato dal suo amico, che lo aveva gettato in un cassonetto. Non solo, il figlio di don Vito aveva raccontato che proveniva da Bologna e che era stato portato a Palermo all'insaputa della scorta che all'epoca lo seguiva ancora.
Ciancimino aveva sostenuto di non avere segnalato subito i fatti a Bologna anche per non creare fastidi alla moglie e ai suoi familiari (il suocero era malato ndr) e di aver preferito perciò portarlo Palermo, dove avrebbe potuto disfarsene più facilmente.
Altra nota di mistero è la figura di “mister x” (noto come “Rosselli” o “Rossetti” ndr) che poco tempo prima lo avrebbe contattato direttamente, a Palermo a latere di una presentazione del proprio libro, per dissuaderlo dal continuare a parlare coi pm in merito alla trattativa Stato-mafia. Una figura “ignota” a cui la Procura vorrebbe dare un nome e cognome ma che, fino ad ora, non è stato indicato dallo stesso Ciancimino. E' per questo motivo che durante la requisitoria il pm Antonino Di Matteo, che pure ha riconosciuto il contributo dato dallo stesso imputato in merito alle indagini di altri processi ha detto: “Massimo Ciancimino, con il suo atteggiamento processuale, è rimasto in mezzo al guado”. (…) Ed è proprio questa frase che i difensori non hanno accettato in alcun modo, proprio alla luce delle importanti rivelazioni fatte che hanno permesso di rinfrescare la memoria di tanti rappresentanti delle istituzioni, protagonisti nel '92 e nel '93, che mai avevano reso dichiarazioni ai pm prima dell'intervento del figlio dell'ex sindaco di Palermo. “L'azione del Ciancimino – hanno detto – non è quella di chi è in mezzo al guado, ma di chi ha subito una minaccia grave nei suoi confronti, nei confronti di suo figlio e di sua moglie. Un'azione dettata da chi non ha la possibilità di proteggere la sua famiglia ancor prima che se stesso”.
Ma tale considerazione, basata sul riconoscimento dell'azione del Ciancimino come un agire dettato dalla pressione delle minacce subite (art.54 comma 3), così come quelle relative al tentativo di depotenziamento dello stesso esplosivo o le generiche, non sono bastate al giudice per esprimere una sentenza di assoluzione o una pena inferiore rispetto a quella richiesta dai pm. Ed ugualmente non sono bastate le considerazioni di inconsapevolezza, in merito al contenuto del sacchetto consegnatogli da Ciancimino, di cui si è poi disfatto, richieste dalla difesa di Avara. Ma per capire bene il perché non resta che aspettare le motivazioni della sentenza, il cui deposito è stato annunciato entro i prossimi 60 giorni.


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