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consulta-webI pm perplessi: “Un'invasione di campo”
di Aaron Pettinari - 26 settembre 2012
La Corte Costituzionale, con un'ordinanza istruttoria consegnata in Procura lunedì, ha ufficialmente richiesto ai pm titolari dell'inchiesta sulla trattativa Stato-mafia, le carte riguardanti le intercettazioni con le conversazioni fra il presidente della Repubblica e l'ex ministro dell'Interno Nicola Mancino.

Di fatto la Consulta, chiamata a decidere in merito al conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato presentato da Giorgio Napolitano contro la Procura di Palermo, vuole conoscere i dettagli tecnici che hanno portato alla registrazione “casuale” delle conversazioni ma anche dettagli sulla struttura dell'indagine sulla Trattativa. Nello specifico nell'ordinanza viene richiesto di acquisire il numero e le date delle telefonate registrate, le sintesi delle conversazioni captate, la copia dei decreti e delle proroghe con cui i pm hanno disposto le intercettazioni delle telefonate dell'ex ministro e la copia dei “provvedimenti di separazione” tra i vari pezzi dell'inchiesta sulla trattativa in modo da verificare quando e in che termini le intercettazioni indirette del capo dello Stato sono state stralciate dal procedimento, e in quale fascicolo sono state inserite (anche se i dialoghi non sono stati mai trascritti, in quanto giudicati "irrilevanti" dagli stessi pm).
Un'azione senza precedenti giudicata “perlomeno inusuale” dai magistrati palermitani che vedono la nuova iniziativa come “un'intromissione e un'invasione di campo”. I giudici costituzionali infatti, pur avvalendosi della legge (la numero 87, dell'11 marzo 1953, che permette la possibilità di ascoltare testimoni e disporre, “anche in deroga ai divieti stabiliti da altre leggi, il richiamo di atti o documenti”), mettono i pm nella posizione complicata di dover violare il segreto istruttorio (appunto “in deroga ai divieti stabiliti da altre leggi”) e a scoprire così le carte dell'intera inchiesta.
Del resto la Consulta era stata chiamata esclusivamente ad esprimere un giudizio su un principio, ovvero se la procura avesse l'obbligo o meno di distruggere le intercettazioni senza l'intervento del Gip, mentre la sensazione è che con questo atto si voglia andare anche oltre ed “indagare” sull'operato dei pm.
A questo si aggiunge anche un altro aspetto che ha lasciato perplessi il procuratore Francesco Messineo, il procuratore aggiunto Antonio Ingroia e gli altri pm del pool, Francesco Del Bene, Nino Di Matteo, Lia Sava e Roberto Tartaglia in merito all'accelerazione dei tempi per la valutazione dei ricorsi. Infatti nei giorni scorsi il presidente Alfonso Quaranta ha fatto sì che venissero dimezzati. Se prima il Colle aveva trenta giorni per la notifica e venti la Procura per la replica, con memorie e “controdeduzioni”, ora i tempi sono ridotti a 15 giorni per il Quirinale e a 10 i giorni per la Procura. In sostanza i legali nominati ieri dalla Procura (Alessandro Pace e Giovanni Serges, avvocati costituzionalisti, e l'ex membro del Csm Mario Serio), dovranno studiare velocemente il caso e depositare le loro osservazioni, per dimostrare come il conflitto di attribuzione sollevato da Napolitano sia del tutto infondato già entro i primi di ottobre.

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