di AMDuemila - 14 febbraio 2012
Brescia. A quarant’anni di distanza dalla strage di Piazza della Loggia stamani ha preso il via nelle aule del Tribunale di Brescia il quarto processo d’appello. Il nuovo processo che chiama alla sbarra: gli ordinovisti veneti Delfo Zorzi e Carlo Maria Maggi, la fonte “Tritone” del Sid (Maurizio Tramonte) e dell'ex generale dei carabinieri Francesco Delfino e Giuseppe Rauti ex segretario del Msi e fondatore, nel 1959, del movimento di estrema destra, Ordine Nuovo. Parte da un’assoluzione in base all’articolo 530 secondo comma e dall’inattendibilità completa di Maurizio Tramonte e Carlo Digilio.
Di fronte al presidente Enzo Platè, al giudice a latere Massimo Vacchiano e ai sei giudici popolari, l'accusa, rappresentata dal procuratore Roberto Di Martino e dal sostituto procuratore Francesco Piantoni tenterà di ribadire e rafforzare la tesi che a pianificare l'attentato siano stati ambienti veneti dell'estrema destra eversiva appartenenti a Ordine Nuovo.
In apertura di udienza il giudice a latere ha letto una lunga relazione riassumendo i punti salienti della vicenda storica e giudiziaria degli ultimi 38 anni.
La Corte dovrà inoltre decidere sulla richiesta di rinnovazione parziale dell'istruttoria dibattimentale depositata dall'accusa, ma le difese hanno già depositato memorie di replica alle richieste dei pm sostenendo “l'irritualità degli atti di indagine integrativa in quanto provenienti da un nuovo procedimento penale e depositati tardivamente rispetto alla loro formazione”.
Sarebbero tre i nuovi passaggi chiave preannunciati per questo quarto processo d'appello: la confessione del pentito Carlo Digilio, ex agente della Cia deceduto nel 2005, la cui attendibilità sarebbe provata da nuove testimonianze e che era invece stata bollata come contraddittoria dai giudici di primo grado; la testimonianza di Fulvio Felli, il carabiniere incaricato di seguire Maurizio Tramonte, la cosiddetta “fonte Tritone”, che avrebbe permesso di retrodatare le famose «veline» venute alla luce solo nel 1992; il racconto del collaboratore Giampaolo Stimamiglio, che avrebbe fatto il nome di un attivista di destra allora 17enne Marco Toffaloni che avrebbe avuto un ruolo operativo nella strage.
Erano le 10.12 del 28 maggio 1974 quando in piazza della Loggia a Bresci durante una manifestazione antifascista indetta dai sindacati, una bomba provocò la morte di otto persone e il ferimento di altre 100. Da quel giorno, i magistrati bresciani non hanno mai smesso di indagare per individuare la mano che pose l'ordigno.
Ecco tutte le tappe del processo
2 giugno del ’79: I giudici della Corte d’assise di Brescia condannano all’ergastolo Ermanno Buzzi e a dieci anni Angelino Papa mentre assolvono gran parte delle 16 persone incriminate dal pm Francesco Trovato e dal giudice istruttore Domenico Vino o li condannano a pene inferiori ma per detenzione di esplosivi o per altri attentati.
18 aprile 1981: Buzzi, personaggio in bilico tra criminalità comune e neofascismo, è strangolato dai ‘camerati’ Mario Tuti e Pierluigi Concutelli nel supercarcere di Novara. I due motivarono l’omicidio con il fatto che Buzzi fosse “pederasta” e confidente dei carabinieri ma il sospetto è che temessero fosse intenzionato a fare dichiarazioni nell’imminente processo d’appello.
2 marzo 1982: I giudici della Corte d’assise d’appello di Brescia assolvono tutti gli imputati compreso Angelino Papa; nelle motivazioni definiranno Buzzi «un cadavere da assolvere».
30 novembre 1984: La Cassazione annulla la sentenza di appello e dispone un nuovo processo per Nando Ferrari, Angelino e Raffaele Papa e Marco De Amici.
23 marzo 1984: Il pm Michele Besson e il giudice istruttore Gian Paolo Zorzi aprono la cosiddetta «inchiesta bis». Imputati i neofascisti Cesare Ferri, il fotomodello Alessandro Stepanoff e Sergio Latini. La nuova pista è aperta dopo le dichiarazioni di alcuni pentiti tra cui Angelo Izzo.
20 aprile 1985: La Corte d’assise d’appello di Venezia, davanti alla quale è celebrato il nuovo processo di secondo grado, assolve tutti gli imputati del primo processo bresciano.
23 maggio 1987: I giudici di Brescia assolvono per insufficienza di prove Ferri, Latini e Stepanoff. Ferri e Latini sono assolti anche dall’omicidio di Buzzi che, secondo i pentiti, avrebbero fatto uccidere perché non parlasse.
25 settembre 1987: La Cassazione conferma la sentenza di assoluzione dei giudici della Corte d’appello di Venezia e pone fine alla prima inchiesta sulla strage.
10 marzo 1989: La Corte d’assise d’appello di Brescia assolve, questa volta con formula piena, Ferri, Stepanoff e Latini.
13 novembre 1989: La prima sezione della Corte di Cassazione, presieduta da Corrado Carnevale, conferma e rende definitive le assoluzioni di Ferri, Stepanoff e Latini. I primi due saranno anche risarciti per la carcerazione subita.
23 maggio 1993: Il giudice istruttore Gian Paolo Zorzi proscioglie gli ultimi imputati dell’inchiesta bis. Quello stesso anno sarebbe cominciata la terza inchiesta, sfociata nel processo per cui è prevista la sentenza a fine novembre.
16 novembre 2010: I giudici della Corte d’assise di Brescia assolvono tutti i cinque imputati (Delfo Zorzi, Carlo Maria Maggi, Maurizio Tramonte, Francesco Delfino e Pino Rauti. L’assoluzione è intervenuta in base all’articolo 530 comma 2 assimilabile alla vecchia insufficienza di prove. Revocata la misura cautelare nei confronti dell’ex ordinovista Delfo Zorzi che vive in Giappone.