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Nella sentenza palermitana di primo grado contro il senatore Marcello Dell'Utri, condannato in appello a 7 anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa, sono riportate alcune intercettazioni effettuate nell'ambito dei processi “Amato” e “Ghiaccio2”, relativi a soggetti vicini a Bernardo Provenzano.

I giudici d'appello che hanno recentemente pronunciato la condanna contro il politico del Pdl hanno ritenuto l'imputato colpevole di rapporti con i boss di Cosa Nostra sin dagli anni Settanta e per tutti gli Ottanta fino al 1992. Per i reati contestati dal '92 in poi il senatore è stato invece assolto con ragioni sconosciute fino a che non saranno depositate le motivazioni della sentenza.

Qualunque siano i motivi dell'”assoluzione” resta comunque un fatto che nel 1999, quando Dell'Utri è candidato al Parlamento Europeo nei collegi di Sicilia e Sardegna, i boss parlano di lui.
Ad ascoltarli sono gli inquirenti che stanno registrando una serie di colloqui tra Carmelo Amato - persona di fiducia del Provenzano -  e soggetti a lui legati, tutti orbitanti attorno alla famiglia mafiosa di Malaspina.
Un contesto assolutamente qualificato, annotavano i giudici di primo grado, anche per la caratura criminale dell'Amato.

Alcuni dei colloqui vengono registrati all’interno dell’autoscuola “Primavera”, gestita dallo stesso Amato, dove, a detta del pentito Antonino Giuffré, venivano organizzate delle riunioni di mafia e “avvenivano degli incontri” con lo stesso “Bernardo Provenzano”.
Ed è il 5 maggio che Amato e Michele Lo Forte discutono delle vicine elezioni del 13 giugno ed in particolare, scrivevano ancora i giudici, dell’impegno assunto dagli associati mafiosi che partecipano alla conversazione di sostenere la candidatura di Dell’Utri: “Un impegno che non teneva conto delle possibili, diverse scelte del singolo elettore di Cosa Nostra; dunque un impegno collettivo di natura elettorale a favore dell’imputato, cui si doveva aderire. E lo scopo palesato a chiare lettere dall’Amato era anche quello di tirar fuori Dell’Utri dai suoi guai giudiziari, dal momento che i rappresentanti delle istituzioni “lo volevano fottere”

Amato: …maaah, ma dobbiamo portare a Dell'Utri!

Lo Forte: Minchia... ora c'è Dell'Utri! Dell'Utri...

Amato: Compare lo dobbiamo aiutare perché se no lo fottono!

Lo Forte: E' logico, perché non lo tocca nessuno, nemmeno qua! (o simile)

Amato: Eh, compa', se passa lui e "acchiana" (sale) alle EUROPEE non lo tocca più nessuno!

Lo Forte: Ma pure qua non lo tocca nessuno!

Amato: Lo so! Ma intanto è sempre bersagliato da qua. Allora perché là dissero di no… la Camera disse: "No".  Eeeeh… e pungono sempre, compare!

Lo Forte: E l'immagino!

Amato: Minchia, questi pezzi di cornuti, compare...


Altra significativa conversazione è quella del 13 giugno 1999 intrattenuta, questa volta, tra Carmelo Amato e Salvatore Carollo.

Amato: TOTO', per chi devi votare tu?

Carollo: Io?   Per nessuno.

Amato: Ah?

Carollo: Presidente? Per il Polo voto io.

Amato: Il Polo?

Carollo: Per il Polo.

Amato: Per il Polo voti?

Carollo: Per il Polo voto io.

Amato: E allora daglielo… daglielo a DELL'UTRI il voto.

Carollo: Per il Polo voto.

Amato: Glielo puoi dare a DELL'UTRI?

Carollo: Io siciliano sono come lo é lui... già questo era scontato! (pp.ii.)


In altra conversazione ancora l’Amato dice testualmente:
“Ci dobbiamo dare aiuto a Dell’Utri compare… perché se no, questi sbirri non gli danno pace, compare…”.

E’ invece Gioacchino Severino, rivolto sempre all’Amato, a riferire: per l’elezione di Dell’Utri “qua già si stanno preparando i cristiani (le persone ndr.)”.

Ma occorre fare attenzione, sollecita il 5 giugno il Lo Forte, che parla dello “zio Cinà”, dato che vi è il pericolo di essere seguiti e fotografati e, specifica, “li fotografano se si incontra con Dell’Utri”.
Tra i soggetti gravitanti attorno all’autoscuola vi è infatti anche l’imputato Gaetano Cinà. Con un ruolo operativo, all’interno della Cosa Nostra di Provenzano, evidentemente per effetto dei suoi rapporti con Dell’Utri. “Io ovunque vado ho amici a livello… a livello buono”, sono le parole di Cinà, rivolte all’Amato che, dal canto suo, risponde: “Tu nella vita ti sei comportato bene… stai tranquillo che sei sempre a galla, Tanino… mi sono spiegato… io per qualsiasi cosa sono a tua completa disposizione”.

Il 13 giugno Dell’Utri viene eletto eurodeputato ed entra a far parte della Commissione Giustizia del Parlamento Europeo.

Due anni più tardi, il 13 maggio del 2001, diventa invece senatore della Repubblica.
Dalle intercettazioni ambientali disposte a casa del boss Giuseppe Guttadauro, reggente del mandamento di Brancaccio, si sente ancora parlare di lui.
Conversando insieme a Pino Conigliaro sull’imminente nomina del “rappresentante siciliano” per il partito Forza Italia Guttadauro esclama: “Macari fussi Dell’Utri! Si è Dell’Utri poi ne riparliamo, poi na riscurriemu”.
Qualche giorno più tardi, lo stesso Guttadauro dirà a Conigliaro: “Dell'Utri nelle elezioni del '99 prese degli impegni”, poi “non è più venuto a Palermo… perché l’unica persona con cui parlava Dell’Utri lo hanno arrestato, quello con cui Dell’Utri ha preso l’impegno”, “questo Iachino (Gioacchino ndr.) Capizzi” della cosca di Villagrazia.

Tali colloqui, intervenivano ancora i primi giudici, confermano quindi l’esistenza di “un patto di scambio politico-mafioso tra Cosa Nostra e l’imputato, relativamente alle elezioni europee del 1999”. Il tramite per tale patto: Gioacchino Capizzi (si ricordi, sottolineava la Corte, “che a quell’epoca Mangano era detenuto”), arrestato, nel 2001, con l’accusa di associazione mafiosa perché ritenuto responsabile del mandamento della Guadagna o Santa Maria di Gesù. Cioè lo stesso mandamento comandato, molti anni prima, da Stefano Bontade, al quale erano succeduti i fratelli Pullarà ed al quale apparteneva anche Vittorio Mangano fino a quando la sua “famiglia” non era passata sotto il comando di Pippo Calò.

Per i giudici di primo grado si trattava di “inconfutabili elementi di prova”. Da tali conversazioni, concludevano, emerge a chiare lettere che la decisione di votare Marcello Dell’Utri alle imminenti elezioni europee era stata presa da tutta l’organizzazione in modo chiaro e preciso. La prova non solo che Dell’Utri aveva promesso alla mafia precisi vantaggi in campo politico, ma anche che la stessa mafia “in esecuzione di quella promessa, si era vieppiù orientata a votare per Forza Italia nella prima competizione elettorale utile e, ancora dopo, si era impegnata a sostenere elettoralmente l’imputato in occasione della sua candidatura al Parlamento Europeo nelle fila dello stesso partito”.

ANTIMAFIADuemila N°46

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