Gli inquirenti sono arrivati al boss seguendo i suoi fiancheggiatori.
di AMDuemila - 23 ottobre 2010 - FOTOGALLERY ALL'INTERNO!
E’ stato arrestato questo pomeriggio dagli uomini del Gis, a
Favara (Agrigento), il superlatitante Gerlandino Messina, classe ’72, di
Porto Empedocle, un boss di primaria grandezza e killer sanguinario.
Le sentenze lo descrivono sempre armato, anche di mitra, e guardato a vista da una scorta armata. Al momento del blitz il capomafia aveva con sé due pistole. Ma la rapida reazione dei Carabinieri non gli ha concesso alcuna reazione. "Ancora una volta, salvo qualche eccezione, viene dimostrato che i capimafia vivono nel territorio dove operano per non perdere la propria leadership - è stato il commento del procuratore capo di Agrigento Renato Di Natale - . Un arresto che sancisce la fine dei grandi latitanti che c'erano in questo territorio". Già a novembre dello scorso anno la polizia aveva scoperto uno dei covi del latitante nel centro urbano di Favara, in una palazzina, all’interno di un garage, dove le forze dell’ordine hanno trovato una stanza nascosta, una specie di bunker attrezzato con tutti i confort dove il Messina aveva trascorso alcune settimane.
La carriera criminale del boss inizia con le rapine alle banche, anche fuori dalla Sicilia e prosegue con le estorsioni e gli omicidi. Secondo gli inquirenti il capomafia ha avuto un ruolo chiave anche nel delitto di Antonino di Salvo, del maresciallo Guazzelli, di Ignazio Filippazzo, del brigadiere Pasquale Di Lorenzo, di Franco Mallie e Salvatore Dalli Cardillo.
Gerlandino ha alle spalle anche una famiglia che ha solide e robuste tradizioni mafiose in quel di Porto Empedocle. Il padre Giuseppe venne ammazzato nel 1986 durante la guerra di mafia contro gli stiddari e anche lo zio Antonino fece la stessa fine.
I Messina furono addirittura costretti a lasciare Porto Empedocle, divenuta per anni dominio incontrastato del boss Luigi Putrone capo della famiglia locale. Ma l'operazione Akragas, scattata nel 1998, decapitò i vertici provinciali di Cosa Nostra, costringendo diversi boss, tra cui lo stesso Putrone, a darsi alla latitanza. Così mentre il capo della famiglia mafiosa di Agrigento era costretto a trovare riparo all'estero, Gerlandino Messina e lo zio Giuseppe, anche loro latitanti, facevano rientro a Porto Empedocle impadronendosi nuovamente del controllo del territorio. A confermare il ruolo di primo piano ricoperto da Messina nell'organigramma mafioso era stato un altro capomafia agrigentino, Maurizio Di Gati, oggi pentito, che aveva parlato di un summit di mafia svoltosi nel 2003 tra Canicattì e Campobello di Licata. Nel corso di quella riunione il giovane Gerlandino, poco più che trentenne, sarebbe stato indicato dallo stesso Giuseppe Falsone come il suo «delfino». Con l’arresto a Marsiglia di Giuseppe Falsone il Messina è stato proiettato al vertice del mandamento mafioso di Agrigento, definito di recente dalla Dia come il più pericoloso e sanguinario di Cosa Nostra.
FOTOGALLERY Messina ammette:"Sono io"
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