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toga-campanelloL'udienza è terminata ed è stata rinviata a domani ore 9:30

Bellini, Carabiniere dei ROS: "Non scendere in Sicilia, abbiamo operazione importante"
di AMDuemila - 11 marzo 2014 - Ore 17.24
Paolo Bellini, la cui deposizione è in corso al processo trattativa Stato-mafia, racconta di aver avuto un incontro con un uomo che "si è qualificato come carabiniere dei ROS". L'ex trafficante di opere d'arte precisa di essere stato da lui apostrofato con lo pseudonimo "Aquila selvaggia" di cui erano a conoscenza solo il colonnello Mori e il maresciallo Tempesta. Il carabiniere dei ROS comunicò a Bellini "di non scendere in Sicilia perché abbiamo in corso un'operazione molto importante". L'uomo, che "non ha fatto alcuna presentazione", disse a Bellini "di essere lui ora il referente dei ROS, di non contattare più Tempesta - finora punto di riferimento per Bellini in merito all'infiltrazione in Cosa nostra per il recupero delle opere d'arte rubate - perchè si sarebbero fatti risentire loro. Non ho mai parlato con nessuno di questo, e loro non hanno più richiamato" conclude il collaboratore.



Stato-Mafia, Bellini: "Per la mia infiltrazione in Cosa nostra Tempesta disse che avrebbe parlato con Mori"

di AMDuemila - 11 marzo 2014 - Ore 16.15

Rispondendo alle domande del pm, Bellini ricostruisce il momento in cui si interessò delle opere d'arte rubate alla Pinacoteca di Modena: "l'ispettore Procaccia mi chiese se potevo darmi da fare per il ritrovo delle opere rapinate". In questo senso Bellini contattò Antonino Gioè - boss di Altofonte (morto in carcere suicida) con il quale già aveva avuto rapporti in precedenza - "dopo le stragi di Falcone e Borsellino".
In seguito, sempre per il recupero delle opere d'arte "conobbi il maresciallo del nucleo patrimonio artistico Roberto Tempesta a San Benedetto del Tronto" tramite l'antiquario Agostino Valorani. Bellini disse al maresciallo di essere disposto a "infiltrarmi in Cosa nostra" per recuperare le opere d'arte, e Tempesta "mi disse che avrebbe parlato con Mori, - l'ex colonnello del ROS Mario Mori, imputato al processo trattativa per aver aperto un canale di dialogo con la mafia siciliana - voleva che fosse lui a decidere sulla mia infiltrazione".


Stato-Mafia, Bellini spiega la sua presenza ad Enna nel dicembre 1991

di AMDuemila - 11 marzo 2014 - Ore 16.05
Continua la deposizione di Paolo Bellini al processo sulla trattativa Stato-Mafia, in trasferta all’aula bunker del carcere romano di Rebibbia. Bellini ripercorre come ha incontrato e conosciuto Antonino Gioè: "Quando fui trasferito da Firenze a Sciacca, li conobbi Gioè". "Ci vedevamo tutti i giorni, lui era una persona di grande rispetto io capii che era una persona posizionata, ci fu una simpatia iniziale… Ha saputo la vera identità quando fummo trasferiti nel carcere di Palermo". "Con Gioè non ha mai parlato di falange armata ma lui lesse tutto sui giornali. All'epoca i giornali hanno scritto a badilate di queste cose". Il pm entra poi nel vivo di uno dei misteri che ruotano attorno a Bellini. La sua strana presenza ad Enna, provata da una ricevuta del hotel Sicilia datato 6 dicembre 1991, proprio pochi mesi prima delle stragi di Falcone e Borsellino. Infatti nello stesso anno i boss di Cosa Nostra si incontravano nella stessa città per pianificare le stragi. Ma l'ex esponente di Avanguardia Nazionale dichiara di essere sceso in Sicilia per affari, per la sua attività di recupero crediti di due ditte di Palermo e Catania e l'unico contatto avuto con Antonino Gioè era per chiedergli aiuto su questa sua attività e capire chi erano queste ditte. Il fatto di rimanere ad Enna per la notte non era programmata per un motivo specifico sostiene Bellini.


Trattativa Stato-mafia: depone in aula la "primula nera" Paolo Bellini
di AMDuemila - 11 marzo 2014 - Ore 15.29
All'udienza di oggi del processo per la trattativa Stato-mafia, in trasferta a Roma, i pubblici ministeri di Palermo esaminano il collaboratore Paolo Bellini. Ex appartenente ad ambienti di estrema destra come Avanguardia nazionale, il suo nome fu collegato a molti misteri d'Italia, dalla strage di Bologna del 2 agosto 1980 agli eccidi del '93 a Firenze, Roma e Milano nei quali Cosa nostra attentò al patrimonio artistico nazionale.
Trafficante d'arte sospettato di avere rapporti con i servizi segreti, Bellini rispondendo alle domande dei magistrati ricostruisce il periodo nel quale trascorre la sua latitanza in Brasile sotto il falso nome di Roberto Da Silva. Prima di partire, racconta Bellini di aver ricevuto supporto "da componenti di Avanguardia nazionale di Massa Carrara" ma precisa di non aver mai conosciuto Stefano Delle Chiaie, il fondatore dell'organizzazione politica di estrema destra.
Scegliendo di pentirsi, Paolo Bellini ha confessato anche un omicidio politico di più di trent’anni fa: l’uccisione del militante di Lotta Continua, Alceste Campanile, avvenuta a Reggio Emilia nel 1975, un mistero rimasto irrisolto per decenni.



A partire da martedì 11 marzo, alle ore 14, fino a venerdì 14 si terrà la trasferta romana al carcere di Rebibbia per il processo sulla trattativa Stato-mafia. Vengono interrogati in questi giorni i collaboratori di giustizia Gaspare Spatuzza e Paolo Bellini, ex esponente di Avanguardia nazionale e latitante per un periodo in Brasile, trafficante di mobili d'arte e indagato per la strage alla stazione di Bologna.
Nel processo, di competenza della Procura di Palermo, i pubblici ministeri dovranno accertare le responsabilità di chi è accusato di aver aperto un dialogo con Cosa nostra, al fine di far cessare la strategia stragista messa in atto nei primi anni ’90. Tra gli imputati, oltre a boss mafiosi (Totò Riina, Leoluca Bagarella, Antonino Cinà) figurano anche collaboratori di giustizia (GiovanniBrusca), ex politici (Nicola Mancino, Marcello Dell’Utri), ex ufficiali del Ros (Mario Mori, Antonio Subranni, Giuseppe De Donno) e MassimoCiancimino.
Del processo si occupano i pm Nino Di Matteo, Francesco Del Bene, Roberto Tartaglia e VittorioTeresi.

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