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25 febbraio 2008
Palermo.
Antonio Ingroia lancia l’allarme sulla situazione siciliana: “Tra malaffare ed istituzioni il confine appare sfumato ed impercettibile”.


 “Ciò che ha caratterizzato il rapporto tra mafia e politica degli ultimi anni – spiega Antonio Ingroia - è la scomparsa della funzione di mediazione della politica che, anche quando scendeva a patti con il sistema mafioso, aveva ambiti di potere, di autonomia, in grado di contrastare, nei rapporti di forza, la mafia”. La sensazione adesso è che questo ruolo “sia saltato e si sia arrivati alla somma di due sistemi diversi con in comune la predazione dei fondi pubblici: così, al sistema mafioso si è sovrapposto il sistema clientelare politico”. E’ questa la fotografia fatta dal sostituto procuratore di Palermo, Antonio Ingroia, nel suo intervento pubblicato su “A sud’Europa”, il settimanale del Centro studi Pio La Torre. Un’inquadratura della politica incapace di auto-riformarsi e in cui i confini tra malaffare ed istituzioni appaiono sempre più sfumati. “Soprattutto in Sicilia si è raggiunto il punto massimo di crisi del sistema  - sostiene ancora Ingroia - perché qui più che altrove, si è in presenza di un sistema integrato di intervento sull’economia e sui meccanismi politici da parte di organizzazioni criminali che generano così un vero e proprio sistema criminale. Se la politica non affronta questi fatti come sistemi e non singoli episodi è impossibile una rivoluzione culturale in Sicilia”. “Vi è un’insufficiente riflessione – afferma infine il magistrato - sui motivi dello scioglimento dell'Ars. Lo spettro di un possibile ritorno di una stagione come quella del ‘92 che ha portato al crollo della Prima Repubblica, fa sì che vi sia da parte della classe politica preoccupazione e cautela nell’affrontare una questione sintomatica dei mali della Sicilia e della politica in generale”.
Aaron Pettinari

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