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di Pietro Orsatti e Angelo Venti su www.terranews.it - 26 maggio 2009
Enti e comunità locali contro il governo per un provvedimento sulla ricostruzione che esclude la storia e l’economia dell’intero territorio aquilano. Forse in ritardo per le comunità locali, forse in anticipo per il governo, è scoppiata nella valle dell’Aterno e a L’Aquila la rivolta contro il decreto legge dell’esecutivo che dovrebbe dare le linee della ricostruzione dopo il sisma del 6 aprile.



Ad aprire il fuoco di fila contro Roma è il sempre pacato, finora, sindaco de L’Aquila Massimo Cialente: «Soldi subito, perché si ha l’impressione che tutti quelli promessi si limitino ai proventi del “gratta e vinci”. Si vogliono ricostruire solo le case dei residenti nel centro storico de L’Aquila e dei borghi del circondario. Ma per come è strutturata la nostra società e la nostra economia questo sarebbe deleterio». La paura del sindaco è quella di ridurre la ricostruzione a un puzzle, a lavori a macchia di leopardo con la creazione di «città groviera, perché molti abitano contemporaneamente al centro e nei paesi circostanti, veri scrigni di storia e arte, sui quali tanto abbiamo investito per evitare lo spopolamento». Ancora più duro il capogruppo in Comune del Pd, Pietro Di Stefano: «I pochi spiccioli che ci rimangono, spendiamoli per affittare i pullman e portiamo a Roma i cittadini aquilani e degli altri Comuni: sarà la prima volta che si parlerà di un corteo di terremotati e l’Italia saprà davvero che i fondi della ricostruzione esistono solo a chiacchiere». Perché il decreto approvato dal Senato garantisce solo una parziale rimessa in ordine dell’impianto urbanistico. Il rimborso riguarda, parzialmente, i proprietari di prima casa e solo se residenti. Per una città che vive grazie alla presenza dell’Università e il cui centro storico è abitato principalmente da studenti fuori sede, un’ipotesi del genere è assolutamente inaccettabile. Un rimborso “parziale” unico nella storia repubblicana.
Un precedente che gli amministratori e le comunità locali respingono. «Servono i soldi che, al momento, non ci sono - continua Cialente -. Il decreto è un guscio vuoto. Gli enti locali hanno visto azzerare le proprie entrate, dove prenderanno i soldi per andare avanti?».
La dichiarazione del premier Berlusconi riguardo alle prime casette provvisorie dei campus che saranno pronte solo a metà settembre ha fatto salire la temperatura della protesta. A settembre in questa zona già potrebbe nevicare. Nelle zone più in alto, alle pendici del Gran Sasso, a volte le prime imbiancate si segnalano persino a fine agosto.
Quello che si prevede, visti i ritardi e la mancata copertura - come candidamente ammesso dal sottosegretario all’Ambiente Roberto Menia - è un inverno ancora da attendati. Che qui significherebbe un disastro.
Anche in quei paesi dell’alta valle dell’Aterno come Cagnano Amiterno, Capitignano, Montereale e Crognaleto esclusi dalla ricostruzione anche se pesantemente danneggiati. Che sia la prima fase di una “ricostruzione creativa”?


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