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Gli affari della Gas legano don Vito a Provenzano
Provenzano e don Vito dunque si continuavano a vedere anche durante il periodo di detenzione domicliare del vecchio sindaco malato e alcune questioni erano legate agli affari. In particolare a quelli di metanizzazione della Gas Spa del gruppo Lapis – Brancato di cui don Vito è stato socio occulto fino alla fine della sua vita. “All’inizio era stata costituita la Nissena Gas – ha spiegato Ciancimino - mio padre aveva ottenuto una percentuale che andava dal 12 al 15 per cento e che era stata accompagnata dalla consegna di certificati societari che ne stabilivano la quota”.  “Poi questa azienda, per una serie di motivi, ha cambiato asset ed è subentrato l’arresto di mio padre per cui ovviamente dopo si è cercato di usare un minimo di prudenza…”.
Ma cosa c’entrava Provenzano con le attività della Gas? Secondo Ciancimino l’accordo con il capo di Cosa Nostra prevedeva i lasciti pertinenti all’organizzazione quali la tassa sulla “messa a posto”, del due per cento (di competenza dei subappaltatori e non dall’azienda “madre”) e l’opzione che a scegliere le ditte per i lavori doveva essere lui.

Latitante non per caso

Ma una domanda è d’obbligo: Possibile che Provenzano, allora latitante, non avesse paura di essere arrestato durante la sua permanenza in quell’appartamento che, quantomeno, doveva essere vigilato dalle Forze dell’Ordine? La risposta si rifà a un patto segreto che Massimo Ciancimino, in modo più o meno criptico, cerca di riassumere. “Mio padre affermava che Provenzano non avesse grandi problemi a muoversi”. Riteneva vi fosse uno “pseudo accordo” per non prenderlo. “Aveva la certezza che Provenzano potesse tranquillamente muoversi all’interno del territorio nazionale e anche fuori dallo stesso” che il “Ragioniere di Cosa Nostra” avesse avuto “un ruolo preciso nel dopo stragi” di cui Vito Ciancimino era al corrente, condividendo “alla fine la presa del timone di Cosa Nostra da parte sua” e ritenendo questa scelta “la cosa più intelligente per porre fine alla politica stragista che era stata intrapresa da altri personaggi”. Provenzano traghetterà così l’organizzazione mafiosa in acque più calme sfruttando una strategia meno sanguinaria ma decisamente più subdola e pericolosa di quella precedente, infiltrandosi capillarmente all’interno delle istituzioni politiche, economiche e imprenditoriali. Cosa che gli avrebbe consentito di essere non solo “accettato” ma ben voluto all’interno dei salotti della borghesia palermitana.  
Discorsi questi che potrebbero avviare una nuova stagione d’indagini sulla vecchia questione mafia – politica.

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