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Qualcuno ha già pensato di sì. Nel silenzio pietoso di una pasquetta celebrata tra le rovine enormi macchinari trituravano e sminuzzavano fino a ridurli in polvere i frammenti di casa, di muri, di ricordi e soprattutto di prove. Elementi fondamentali per scoprire e capire se la casa dello studente, l’ospedale, e gli edifici appena costruiti o ristrutturati e caduti come fossero di marzapane erano stati edificati secondo i criteri adatti ad una città adagiata lungo una delle faglie più instabili.

I giudici, sfollati, dormono in macchina e la polizia giudiziaria, come tutte le altre forze di polizia subordinata alla Protezione Civile, è incaricata solo di vigilare e mantenere l’ordine pubblico. Niente indagini.
Ma accertare le responsabilità non è solo questione giudiziaria. E’ pretendere verità, è regalare il giusto sonno a chi è morto sotto le macerie e affidare al popolo italiano un po’ di dignità. Fare in modo che non si accontenti, che non si faccia comprare dall’elemosina e dalla prospettiva di una casetta nuova di pacca (chissà per quanti poi!) costruita con le macerie e il passato dei propri concittadini mista a sabbia scadente e a cemento poco o niente affatto armato.
Non si perda tempo con le indagini – ha già propagandato il premier – bisogna ricostruire, new town, e farlo a tempo di record così da mostrare ai leader del mondo che verranno a

Mentre scriviamo un gruppo di indomiti cittadini e volontari si ripromette di vigilare, di scoprire come si muovono gli avvoltoi che hanno già fiutato il grande business.
Il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso ha lanciato l’allarme infiltrazioni mafiose suscitando il solito diffuso sdegno che si leva quando si osa supporre che la criminalità organizzata abbia varcato i confini dei territori che le sono stati affidati in gestione.