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Indice articoli

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di Lorenzo Baldo - 26 marzo 2009
E' sicuramente nel nome della rivista fondata da Graziella Proto e Riccardo Orioles che si può trovare la chiave di interpretazione per comprendere fino in fondo i meccanismi di una città come Catania.



Splendida capitale economica della Sicilia orientale o più semplicemente regno di Casablanca, al di fuori della legge, con tanti vicerè?
Lo scorso 15 marzo la trasmissione Report di Milena Gabanelli (Rai3) ha riacceso le telecamere su un bubbone ormai incancrenito. Il reportage di Sigfrido Ranucci I Vicerè ha puntato il dito sul dissesto del bilancio del Comune di Catania, guidato per otto anni, dal 2000 al 2008, da Umberto Scapagnini, medico di fiducia di Silvio Berlusconi.
Riflettori puntati su un vero e proprio comitato di affari pronto a saccheggiare la città. Una città ridotta al fallimento, sulla quale è “miracolosamente” scesa una manna dal cielo attraverso una manovra statale che ha stanziato 850milioni di euro conferendo al sindaco poteri straordinari nella gestione dei fondi.
Catania – Casablanca, un deserto che avanza nel quale la libera informazione è ormai allo stremo. E mentre il potere dello “sceicco” dei media siciliani, Mario Ciancio Sanfilippo, storico leader di un vero e proprio monopolio dell'informazione, non accenna a diminuire, la città è al collasso.
Nel 2005 ANTIMAFIADuemila pubblicò in esclusiva alcuni stralci di intercettazioni depositate agli atti dell'inchiesta “Gioco d'azzardo”tra l'imprenditore indagato per mafia, Antonello Giostra, e un ignoto interlocutore (vedi articolo).
Giostra diceva di avere incontrato Mario Ciancio il quale gli avrebbe mostrato terreni di circa 300mila metri quadrati nei pressi dell’aeroporto di Fontanarossa e gli avrebbe garantito tutte le autorizzazioni possibili e immaginabili, senza pretendere una lira fino all’inizio dei lavori.
La posizione di Ciancio non ha mai avuto sviluppi giudiziari. L'alone di “protezione” che gravita da decenni attorno a questo personaggio non sembra venire scalfito da alcunché.
La trasmissione di Report deve però averlo alquanto turbato visto che subito dopo la messa in onda del servizio ha comunicato l'intenzione di avviare provvedimenti legali contro lo staff della Gabanelli.
Nell'esprimere la solidarietà per l'azione giudiziaria annunciata l'on. Claudio Fava (Sinistra e Libertà) ha ribadito che Milena Gabanelli e i giornalisti di Report “hanno fatto solo il loro mestiere”, rimarcando poi che Mario Ciancio il mestiere di giornalista “lo offende da 20 anni con un giornale che tace, finge, nega. E soprattutto mente”. E' un dato di fatto che da alcuni anni l'editore del quotidiano La Sicilia ha bandito dalle pagine del suo giornale l'immagine del figlio del giornalista Pippo Fava ammazzato in una convergenza di interessi  tra la mafia e quei “cavalieri del lavoro” molto spesso ospitati nelle pagine del giornale di Ciancio. Un diktat che ci riporta indietro nel tempo. Ma che a Catania è più che attuale.
Per non parlare del necrologio in memoria del commissario Beppe Montana (ucciso da Cosa Nostra nel 1985), inviato dalla sua famiglia a La Sicilia che, così come riportato nella trasmissione Report, non venne pubblicato dal quotidiano catanese per precisa scelta editoriale.
Fino ad arrivare al “patto” tra La Sicilia e la Repubblica di non stampare l'edizione locale del quotidiano fondato da Eugenio Scalfari nella città di Catania. Fatti oggettivi che in un paese “normale” non succederebbero.
Di fronte alla “anormalità” che l'inchiesta di Sigfrido Ranucci ha riportato alla luce, ci scontriamo inevitabilmente con quella classe borghese connivente capace di riciclarsi e di riprodursi negli anni. Quella borghesia mafiosa che conta ancora sull'appoggio del popolino che coscientemente o (raramente) incoscientemente, si presta ai voleri dei suoi padroni. Coprendone o assecondandone le malefatte. Pezzi della cosiddetta “società civile” continuano da anni un'opera meritoria di resistenza civile. Ma ancora non basta per liberare Catania dallo spettro di Casablanca.

Alla redazione di Report, alla famiglia di Beppe Montana, a tutti i catanesi (e non solo) che si battono per ridare un futuro a Catania il nostro totale sostegno e la nostra piena solidarietà


Un affare d’oro con Ciancio. E la Dia indaga.

Dall’intensa attività di intercettazione è emerso poi uno spaccato piuttosto interessante degli interessi dell’imprenditore Antonello Giostra anche su Catania. Nel corso di una conversazione telefonica con il socio Ripa Nicolò, all’attenzione degli inquirenti per i suoi rapporti con Antonino Sfameni (figlio del più noto Santo Sfameni, attualmente imputato per associazione mafiosa ndr.), il Giostra apprende che un tale Natale, sedicente ingegnere, era in cerca di un terreno per conto del gruppo Rinascente nella zona di Capaci. Interessato, questi suggerisce al giovane imprenditore di reperire ulteriori informazioni in merito, cosa che il Ripa esegue immediatamente. Proprio durante quella telefonata gli investigatori apprendevano “incidentalmente” che Ripa e Giostra erano impegnati nel reperimento di aree nel territorio di Catania sempre per edificare ipermercati. Nel corso di un’altra telefonata – risalente al 20.12.2000 – poi, il Giostra, parlando con Ripa, fa esplicito riferimento ad un mediatore, tale Fiume, e ad un’area di estremo interesse economico nella zona di Misterbianco. Ripa precisava di aver saputo da tale mediatore che quel terreno apparteneva a Mario Ciancio Sanfilippo, il noto editore catanese.
Ripa: “… e Fiume mi ha detto che è quello là di Ciancio”
Giostra: “vada a guardare eh se è Ciancio, Ciancio, trattiamo con Ciancio, se non è Ciancio trattiamo con un altro insomma”.
Tre mesi più tardi, il 30 marzo 2001, sempre il Giostra, dialogando con un soggetto non ancora identificato, riferiva – si legge nell’ordinanza – “di essere stato con  Ciancio, il quale gli aveva fatto vedere due terreni, uno vicino all’aeroporto di 300.000 metri quadrati e l’altro, sempre della stessa dimensione, ‘dove c’è l’autogrill’. L’imprenditore precisava che Ciancio avrebbe garantito per tutte le autorizzazioni possibili ed immaginabili, senza pretendere una lira fino all’inizio dei lavori: l’accordo sarebbe stato siglato la prossima settimana”.
L’episodio in argomento – precisa il giudice – “costituisce il preludio del rapporto di affari che si è instaurato fra il Giostra e l’editore catanese Ciancio, oggetto di approfondimenti investigativi da parte del Centro Operativo DIA di Catania, coordinato in tale attività dalla DDA di quella città”.

Anna Petrozzi

Tratto da ANTIMAFIADuemila N°2 - 2005



Replica alla continua disinformazione de “La Sicilia” dopo Report

Catania 19 marzo 2009
Non sono i sessantacinque minuti della trasmissione REPORT a raccontare il “sistema Catania” come intreccio tra politica, informazione e affari. Un esempio molto chiaro viene dalle paginate pubblicate su LA SICILIA negli ultimi due giorni ed in particolare dai servizi firmati Tony Zermo dove, tentando di discreditare il lavoro giornalistico che sta dietro al servizio I VICERE’, si afferma:

1-Il 18 marzo a pag. 2  intervistando Pietrangelo Buttafuoco –già autore della prefazione al libro del Movimento per l’Autonomia poi nominato presidente del Teatro Stabile- si arriva al punto di negare ciò che è contenuto nel documento che attesta il rifiuto di pubblicazione del necrologio del commissario Beppe Montana ammazzato dalla mafia, “Su disposizione –come sta scritto sul necrologio non pubblicato con tanto di firma e dati anagrafici del dipendente de LA SICILIA- del vicedirettore Conigliaro e del direttore Mario Ciancio”. In barba al dramma della famiglia Montana si aggiungono frasi inesistenti al testo originale mostrato nel servizio di REPORT(«un delitto di mafia dagli alti mandanti»). Tutto questo per arrivare alla conclusione che “si volevano evitare illazioni, ma chi aveva portato il necrologio l’aveva subito ritirato e se n’era andato indispettito”. Per questo esprimo incondizionata solidarietà alla famiglia di Beppe Montana e ferma condanna - come stava scritto sul necrologio la cui pubblicazione è stata rifiutata per iscritto da LA SICILIA- alla mafia e ai suoi anonimi sostenitori.
2-Oggi 19 marzo a pag. 2 sotto il titolo «ECCO TUTTE LE FALSITA’ SU CATANIA» si arriva all’apice dell’alterazione della realtà all’interno di un pezzo che costituisce un pilastro della disinformazione degli ultimi anni. Gesualdo Campo, già assessore provinciale dell’Mpa con delega alle Politiche Culturali, poi divenuto soprintendente ai BBCCAA di Catania dopo la rimozione di MAria Grazia Branciforti, arriva ad affermare che “Scapagnini non era commissario per la prevenzione sismica, era invece commissario per la Protezione Civile”, dopo aver detto “E’ falso che in qualche modo i poteri di commissario avuti dall’allora sindaco Scapagnini si riferiscono al sisma di Santa Lucia del 1990”. Campo in questo modo altera la realtà raccontata da REPORT ed aggiunge: “La verità è che la Gabanelli, la quale confonde anche il commissario alla prevenzione sismica con il Commissario alla protezione Civile, ha confezionato un mucchio di falsità facendole artatamente apparire come verosimili”.

ECCO IL TESTO DEL SERVIZIO:
SIGFRIDO RANUCCI FUORI CAMPO
Dopo il terremoto di Santa Lucia, nel dicembre del ’90, dove muoiono 17 persone ed in 15mila rimangono senza casa, il governo stanzia circa mille miliardi di lire da spendere per la ricostruzione e per la prevenzione antisismica degli edifici strategici”.
PAOLINO MANISCALCO – EX ASSESSORE ALLA PROTEZIONE CIVILE
 “Sono quelli che debbono restare in piedi in caso di terremoto per dare i soccorsi: per esempio gli ospedali, le caserme dei Vigili del Fuoco, dei Carabinieri, i municipi, per poter coordinare tutta l’assistenza. Quindi prima cosa gli edifici strategici, seconda cosa le scuole.
SIGFRIDO RANUCCI FUORI CAMPO
E’ il 2002 e Silvio Berlusconi conferisce a Umberto scapagnini – ex sindaco di Catania- i poteri speciali per l’emergenza traffico e sicurezza sismica. Senza passare dal Consiglio comuneale, può disporre di 850milioni di euro tra cui anche i fondi per la sicurezza delle scuole (sono i fondi della L 433/91 ndr).

Le carte parlano chiaro, tanto che l’art 1 dell’ordinanza 3259 del 2002 firmata da Silvio Berlusconi recita che “Il sindaco di Catania è nominato commissario delegato per l’attuazione degli interventi volti a fronteggiare l’emergenza determinatasi nella città di Catania in relazione alla situazione del traffico e della mobilità e per gli interventi di riduzione del rischio sismico connessi e funzionali”. Quindi a differenza di quanto afferma Gesualdo Campo Scapagnini non è “Commissario di Protezione Civile”.
Nell’art.4 della stessa ordinanza di Berlusconi vengono poi elencati i fondi che finiscono nel calderone dell’ufficio speciale: fondi ex GESCAL, mutui concessi o da concedersi all’amministrazione comunale e fondi di cui alla legge 433/91, ovvero i fondi per la ricostruzione e prevenzione del rischio sismico derivanti dal terremoto di Santa Lucia. Nel 2004 viene redatta l’ANALISI DELLO STATO DI ATTUAZIONE DEL PIANO PARCHEGGI a pag.24 vengono elencati i parcheggi da realizzare indicando le relative fonti di finanziamento, tra i quali spiccano i fondi della L433/91 del terremoto di S.Lucia insieme ad altri fondi Por tanto da risultare finanziati anche i parcheggi scambiatori che non sono stati mai realizzati. I fondi della L433/91 stanno alla base anche del finanziamento del Viale Alcide de Gasperi indicato come via di fuga e come testimoniano le cronache de LA SICILIA degli anni passati ed i relativi progetti menzionati e pagati anche miliardi di lire,  utile “in caso di maremoto”.

Perché invece non si parla degli appalti gestiti dalla mafia, della pubblicazione dal 41bis della lettera di Vincenzo Santapaola la cui autorizzazione sbandierata da LA SICILIA è stata smentita dal presidente dell’ufficio Gip Dott. Materia, sull’infiltrazione mafiosa nella festa di S.Agata.
In questo momento mentre gli “intellettuali scomodi” intervistati da LA SICILIA continuano a pontificare, i catanesi vivono in mezzo alla melma augurandosi che il politico di turno conceda al proprio figlio un posto trimestrale sottopagato.
Chi illustra la realtà dei fatti, tentando di adempiere al proprio dovere di giornalista, viene criticato, chi la nasconde mentendo, elogiato.
Ecco perché Catania è un caso nazionale.

Antonio Condorelli
(collaboratore servizio I VICERE’ REPORT)



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Due domeniche fa Report si è occupato del comune di Catania, che negli ultimi 10 anni ha accumulato un debito di circa un miliardo di euro. Avrebbe dovuto dichiarare dissesto, ma invece un decreto ad hoc del governo, alla faccia dei comuni che si tirano la cinghia, autorizza il comune di Catania a spendere i 140 milioni di euro destinati allo sviluppo dell’area, a coprire invece le spese di bilancio.
 
- Testo della puntata di Report "Come è andata a finire?" del 29 marzo 2009

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