Il senatore alla presentazione del libro “Stragi d’Italia”: la narrativa di regime vuole spacciare le stragi come opera solo di mafiosi
Alla presentazione del libro “Stragi d’Italia” (ed. Fuoriscena) al Teatro Garbatella di Roma, il senatore del Movimento 5 Stelle ed ex procuratore generale di Palermo Roberto Scarpinato ha denunciato “una guerra a pezzi” condotta “muovendo tre leve: le riforme costituzionali, come il premierato e la riforma della magistratura per assoggettarla al potere politico; le leggi ordinarie che incidono sui diritti dei cittadini, come il pacchetto sicurezza; e le prassi di potere, come l’abuso dei decreti legge”. Scarpinato ha parlato di una “narrativa di regime” che tenta di far credere che giustizia sia stata fatta, “come se le stragi fossero solo opera dei mafiosi, tutti già condannati”, mentre “i complici eccellenti sono rimasti impuniti e si sono riciclati nel nuovo ordine politico”. Ricordando le parole di Giovanni Falcone dopo l’attentato dell’Addaura — quando disse a Saverio Lodato che dietro c’erano “menti raffinatissime” — il magistrato ha ripercorso la lunga scia di sangue che, da Portella della Ginestra alle stragi del 1992-93, ha accompagnato la storia della Repubblica. “Le dichiarazioni di decine di collaboratori di giustizia dimostrano che le stragi furono eseguite dai mafiosi ma decise da specialisti del linguaggio delle bombe, per interessi politici superiori”, ha affermato Scarpinato, concludendo che “il marchio di fabbrica della criminalità dei potenti sono i depistaggi, volti a occultare i mandanti eccellenti”.
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