I manifestanti occupano l'autostrada: "Mai complici. La Palestina ci chiede di fare rumore"
Negli ultimi tre giorni Palermo è stata teatro di una mobilitazione imponente in sostegno al popolo palestinese. Oltre 50.000 persone sono scese in strada sabato, paralizzando di fatto la città con un corteo che dalla Stazione Centrale ha attraversato via Roma e corso Vittorio Emanuele fino a piazza Indipendenza, per poi spingersi oltre e bloccare l’autostrada su Viale della Regione Siciliana. Una manifestazione che, per dimensioni e durata, ha assunto un carattere straordinario, segnando la partecipazione di studenti, lavoratori, sindacati, scuole, associazioni e della comunità palestinese in Sicilia.
Il corteo ha voluto lanciare un messaggio diretto al popolo palestinese: “Non siete soli”, si è letto e ascoltato in più punti della marcia, con cori e striscioni che hanno scandito l’intera giornata. Allo stesso tempo, la protesta ha denunciato il silenzio e l’inazione delle istituzioni italiane, regionali e locali, che negli ultimi due anni si sono rese complici del genocidio in corso nella Striscia di Gaza. Non sono mancati i riferimenti diretti al sindaco di Palermo, Roberto Lagalla, e al presidente della Regione, Renato Schifani, accusati dai manifestanti di non aver preso posizione contro il governo israeliano e le sue operazioni militari. Oltre ad aver reso “lettera morta” tutti gli appelli, i comunicati e le richieste della Comunità palestinese locale.
https://www.antimafiaduemila.com/home/primo-piano/106409-gaza-chiama-palermo-risponde-oltre-50mila-persone-bloccano-la-citta-contro-il-genocidio.html#sigProIdab76504b4d
Le rivendicazioni hanno riguardato anche le responsabilità più ampie del Paese: dalle forniture militari agli accordi economici con Israele, veri e propri strumenti di sostegno diretto nel genocidio. La protesta palermitana si è così collegata idealmente a quella di altre città italiane, che nello stesso giorno hanno visto scendere in piazza migliaia di persone in solidarietà con Gaza, dando seguito allo sciopero generale indetto lo scorso 22 settembre e preparando il Paese alla mobilitazione odierna a Roma.
Lo sciopero unitario indetto dai sindacati e sostenuto da decine di realtà sociali e scolastiche ha amplificato il significato della giornata. Aule e uffici vuoti hanno reso evidente che la mobilitazione non si è limitata alla piazza ma ha inciso sulla vita quotidiana, trasformandosi in un atto politico condiviso.
In molti, durante la manifestazione, hanno ricordato anche la vicenda della Global Sumud Flotilla, bloccata dall’esercito israeliano al largo delle coste di Gaza (quasi tutte in acque internazionali) mentre cercava di portare aiuti umanitari. Quelle navi sono diventate un simbolo, percepite come un prolungamento della stessa mobilitazione: un atto di resistenza civile fermato con la forza militare di uno Stato occupante.
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Con questa partecipazione di massa, Palermo ha dato voce a un sentimento diffuso: la solidarietà verso la popolazione palestinese e il rifiuto di rimanere spettatori inermi di fronte a una guerra che provoca migliaia di vittime civili. Una mobilitazione che, per numeri e intensità, difficilmente potrà essere liquidata come episodio isolato, ma che anzi sembra aprire una nuova fase di mobilitazione collettiva in città e nel Paese.
La manifestazione di Palermo è stata anche una risposta forte e decisa al Comune, alla Prefettura e al Ministero della Difesa che negli stessi giorni hanno autorizzato e promosso il cosiddetto “Villaggio dell’Esercito” in piazza Castelnuovo, davanti al Politeama. Un’iniziativa che, secondo molti dei manifestanti e diverse realtà associative, rappresenta una forma di propaganda militare travestita da evento divulgativo e che stride con la vocazione storica e culturale di una città che si è sempre distinta per il suo impegno civile e la difesa dei diritti.
In un contesto in cui la guerra a Gaza continua a mietere vittime, offrire spazi pubblici alla spettacolarizzazione della forza militare è stato percepito come un gesto grave e irresponsabile. Lo hanno denunciato, tra gli altri, la Comunità palestinese “Voci nel Silenzio” e la Rete palermitana solidale con la Palestina, sottolineando come la Sicilia sia già usata come retrovia militare per operazioni belliche della NATO e degli Stati Uniti. La piazza di ieri ha dunque rappresentato non solo la solidarietà con Gaza, ma anche il rifiuto netto della normalizzazione della guerra e della militarizzazione della società civile: un messaggio inequivocabile a chi governa la città e la Regione, chiamati a scegliere se stare dalla parte della pace o della propaganda bellica.
Foto © Paolo Bassani
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