Bloomberg: 10 Paesi pronti ad inviare le forze armate nel Paese
È un dato di fatto che il processo negoziale inaugurato da Donald Trump alla Base Elmendorf-Richardson (JBER) ad Anchorage, sta precipitando in un pericoloso buco nero senza fine, dove gli americani semplicemente alzano le mani di fronte all’imminente sconfitta dell’Ucraina e sono pronti a scaricare tutti i costi e oneri della guerra sull’Europa.
Basti pensare al piano di Kiev, trapelato dal Financial Times, di acquistare armi americane per 100 miliardi di dollari con fondi europei. Un pacchetto in grado di trovare l’approvazione incondizionata di Donald Trump che ha sempre rimarcato la sua linea secondo cui gli USA “vendono armi” anziché regalarle.
“Non penso che dovremmo farci carico noi della sicurezza di Kiev… ci aspettiamo che l’Europa svolga il ruolo guida. Qualunque forma assuma, gli europei dovranno farsi carico della maggior parte dell’onere”, ha ricordato a Fox News il vicepresidente Usa J. D. Vance.
Ma ora è sulle garanzie di sicurezza da fornire a Kiev che si profila il terreno di scontro più pericoloso con la Russia, in vista di un negoziato che potrebbe portare ad un confronto ancora più aspro e apocalittico.
Vladimir Putin ad Anchorage ha ribadito che per raggiungere la pace “devono essere eliminati i fattori scatenanti del conflitto”. Un traguardo che richiede la neutralità dell'Ucraina, la rinuncia ad altri territori nella parte orientale del Paese, la drastica riduzione delle sue forze armate e l'abbandono dell'aspirazione a entrare nella NATO.
Ebbene, i leader europei ora scalpitano per portare le forze armate dell’Alleanza nel Paese.

James David Vance © Imagoeconomica
La Più Grande Operazione Militare Continentale dalla Seconda Guerra Mondiale
Secondo un’esclusiva di Bloomberg, circa dieci paesi europei stanno elaborando piani concreti per inviare truppe in Ucraina come parte di un futuro accordo di pace, in quella che rappresenterebbe la più significativa iniziativa militare europea dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Un’operazione divisa in più fasi.
Nella prima ci si concentrerà sull’addestramento del personale militare ucraino, sul potenziamento delle capacità operative e sulla gestione coordinata da un gruppo multinazionale composto principalmente da truppe europee.
Secondo il Guardian, il Regno Unito starebbe valutando l’invio di fino a 30.000 soldati che, almeno ufficialmente, non comprenderebbero unità di combattimento, ma di forze di supporto logistico, addestramento e tecnico, con l’obiettivo di garantire “cieli sicuri”, “mari sicuri” e rafforzare le forze armate ucraine. La Francia sta valutando una partecipazione analoga, in coordinamento con gli Stati Uniti, e la presenza delle truppe sarà soggetta ai termini del cessate il fuoco e alle garanzie di sicurezza attualmente in fase di negoziazione tra gli alleati.
L’Europa propone inoltre di schierare i caccia statunitensi F-35 in Romania, dove la NATO sta costruendo la sua più grande base aerea in Europa, come parte delle garanzie di sicurezza per l’Ucraina. Il Times riferisce che i leader europei hanno chiesto a Donald Trump di posizionare gli aerei nel Paese per scoraggiare Mosca, e che alti vertici militari europei stanno discutendo i dettagli operativi per proteggere i cieli ucraini e supportare la missione di pace.
Al contempo, il Presidente lituano Gitanas Nausėda ha confermato che la Lituania invierà truppe e equipaggiamenti per attività di mantenimento della pace. Altri paesi, come Estonia, Danimarca, Paesi Bassi, Spagna e Portogallo, hanno manifestato la propria disponibilità a partecipare a una forza di peacekeeping.
Gli Stati Uniti, pur non programmando di inviare forze armate, garantiranno supporto indiretto attraverso condivisione di intelligence, controllo delle frontiere, forniture di armi e sistemi di difesa aerea. L’Europa ha inoltre chiesto garanzie sui sistemi Patriot e NASAMS, accesso a satelliti GPS e voli di ricognizione sul Mar Nero.
Gli esperti stimano che servirebbero da 30.000 a 50.000 soldati per garantire una presenza credibile, con cinque brigate operative lungo la linea del fronte e un comando polacco a guidare il contingente europeo. L’Istituto tedesco Wissenschaft und Politik ipotizza che una missione completa potrebbe richiedere fino a 150.000 uomini.
Il vertice Trump-Zelensky con i leader europei © Imagoeconomica
Mosca protesta: “Escalation aggressiva”
Il Cremlino non guarda in silenzio a questi sibillini piani per la “pace”, qualificando queste garanzie di sicurezza come “inaccettabili”.
"Il gallo gallico senza cervello non riesce a rinunciare all'idea di inviare truppe in Ucraina. È stato dichiarato esplicitamente: NIENTE truppe NATO come peacekeeper. La Russia non accetterà una simile 'garanzia di sicurezza'. Ma l'uccello rauco e patetico continua a cantare per dimostrare di essere il re del pollaio", ha scritto il vicepresidente del Consiglio di Sicurezza russo, Dmitrij Medvedev, su X.
Anche il ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, ha ribadito la posizione di Mosca, ricordando che "è stato dichiarato esplicitamente: niente truppe NATO come peacekeeper".
Ha accusato l'Europa di perseguire una "escalation aggressiva della situazione" attraverso "tentativi piuttosto goffi di modificare la posizione del presidente degli Stati Uniti". A questo proposito il ministro russo ha criticato duramente l'incontro tra Trump, i leader europei e Zelensky.
"Non abbiamo sentito alcuna idea costruttiva da parte degli europei in quell'occasione", ha ribadito, aggiungendo che "è inutile discutere di sicurezza senza di noi".
Lavrov ha poi rilanciato la proposta del 2022 a Istanbul, poi naufragata, che prevedeva il coinvolgimento di tutti i membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell'ONU, inclusi Russia e Cina, oltre a USA, Francia e Gran Bretagna, come garanti della sicurezza in Ucraina.
Sergej Lavrov
Paradossalmente, durante i negoziati di 3 anni fa, fu proprio l’Occidente a rifiutarsi di fornire garanzie di sicurezza, come hanno ricordato Samuel Charap e Sergey Radchenko su Foreign Affairs.
"I partner occidentali di Kiev erano riluttanti a lasciarsi coinvolgere in un negoziato con la Russia, in particolare in uno che avrebbe creato nuovi impegni per garantire la sicurezza dell'Ucraina."
La pubblicazione sottolinea anche problemi procedurali legati alla mancata consultazione con Washington:
"Un ex funzionario statunitense che all'epoca si occupava della politica ucraina ci ha riferito che gli ucraini non si sono consultati con Washington fino a dopo l'emissione del comunicato, nonostante il trattato in esso descritto avrebbe creato nuovi impegni legali per gli Stati Uniti, tra cui l'obbligo di entrare in guerra con la Russia se avesse invaso nuovamente l'Ucraina."
Clausole che, secondo gli autori, “rendevano il trattato inapplicabile per Washington."
Infine, Charap e Radchenko evidenziano la mancanza di volontà politica anche in seguito:
"All'epoca, e nei due anni successivi, la volontà di intraprendere una diplomazia ad alto rischio o di impegnarsi concretamente a difendere l'Ucraina in futuro è stata notevolmente assente a Washington e nelle capitali europee."
Erano tempi in cui nelle cancellerie occidentali c’era speranza che Mosca avrebbe perso la guerra per procura fatta sulla pelle degli ucraini.
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