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Sul Fatto Quotidiano l’anticipazione dello scoop di Report, in onda domani sera su Rai3

“Mori va alla guerra”. È il titolo della nuova inchiesta di Report che andrà in onda domani sera, come sempre, su Rai3. Uno scoop destinato a far discutere che ha avuto un’anticipazione sulle colonne de Il Fatto Quotidiano con due articoli a firma di Marco Lillo.
Al centro dell’inchiesta c’è l’ex generale dei carabinieri Mario Mori, intercettato dalla Dia di Firenze nel 2023 e nel 2024 – nel corso di un’altra indagine – mentre parlava con ex collaboratori, avvocati, giornalisti e personaggi politici. Obiettivo: orientare i lavori della Commissione parlamentare Antimafia, presieduta da Chiara Colosimo
Mori – già imputato e assolto in tre diversi procedimenti – è oggi indagato a Firenze per le stragi del 1993, con l’aggravante della finalità mafiosa e terroristica. L’accusa, formulata in un invito a comparire del maggio 2024 firmato dai pm fiorentini allora coordinati da Luca Tescaroli - oggi procuratore capo di Prato - è chiara: “Pur avendone l’obbligo giuridico, non impediva, mediante doverose segnalazioni e/o denunce all’autorità giudiziaria, ovvero con l’adozione di autonome iniziative investigative e/o preventive, gli eventi stragisti di cui aveva avuto plurime anticipazioni”. 
Le stragi in questione sono quelle “del continente” che colpirono Firenze, Roma e Milano tra maggio e luglio 1993. Secondo l’accusa, Mori era stato messo in allerta già nell’agosto del 1992 dal maresciallo Roberto Tempesta, sulla base delle informazioni ricevute dalla fonte Paolo Bellini. Gli venne comunicato che Cosa Nostra stava progettando attentati contro il patrimonio artistico e culturale del Paese, con particolare riferimento alla Torre di Pisa. Un ulteriore avvertimento arrivò il 25 giugno 1993 dal collaboratore di giustizia Angelo Siino, che parlò esplicitamente di attentati al Nord. 
Secondo quanto ricostruito da Report, grazie alle dichiarazioni di un investigatore rimasto anonimo, le intercettazioni del 2023-2024 mostrano Mori intento a commentare con gli ex ufficiali Mauro Obinu e Giuseppe De Donno le dichiarazioni del senatore del M5S Roberto Scarpinato, secondo il quale dietro le mosse della presidente Colosimo vi sarebbe proprio l’ex generale. Sempre secondo l’investigatore anonimo, Mori non solo non smentisce questa ricostruzione, ma “lo rivendica ridendoci su con i due ufficiali”. “Tanto è vero – riporta Lillo sul Fatto – che briga per inserire tre consulenti da lui segnalati, visto che quelli scelti dalla politica non sanno di cosa parlano”.  


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I nomi? Il professor Giovanni Fiandaca, inizialmente suggerito, viene poi scartato quando, in un articolo su Il Foglio (agosto 2024), tentenna sul movente mafia-appalti dietro la strage di via d’Amelio. Resta in corsa invece il magistrato calabrese Alberto Cisterna, definito da Mori “nemico” dell’ex Procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero de Raho (oggi deputato M5S e vicepresidente della Commissione), e soprattutto di Scarpinato. Mori avrebbe indicato anche il suo avvocato Basilio Milio, e in un primo momento il giornalista Damiano Aliprandi. Ma quest’ultimo declina: “È vero che, nel corso del 2023, il generale Mori ha manifestato l’idea di propormi come consulente della Commissione parlamentare Antimafia. Ed è vero che ho rifiutato – ha scritto giovedì su Il Dubbio – soprattutto perché, per una mia inchiesta a puntate del 2018, sono stato querelato dal dottor Scarpinato, condannato in primo grado e attualmente in attesa di appello”.
Aliprandi avrebbe anche suggerito che Scarpinato dovesse essere sollevato dalla Commissione, per un possibile conflitto d’interessi derivante dalla sua firma, il 13 luglio 1992, sulla richiesta di archiviazione dell’indagine su mafia-appalti, filone che oggi l’Antimafia intende rilanciare a tutti i costi. Paolo Mondani, l’inviato di Report, ricorda che è in discussione una proposta di legge del centrodestra che va proprio in questa direzione. 
Tra i nomi proposti da Mori, chi alla fine viene accettato? L’investigatore risponde: “Sicuramente il magistrato Cisterna. Ma Mori si riprometteva di segnalarne altri. Racconta all’avvocato Milio di aver parlato con due componenti della Commissione per delle consulenze e aggiunge che attende un incontro con Colosimo, che ha autorizzato i due componenti al colloquio con lui. Poi aggiunge che saranno i parlamentari a chiamare i consulenti da lui segnalati e loro dovranno far finta di nulla, tanto i parlamentari sanno che dietro c’è lui”.  
Stando all’anticipazione del Fatto, i microfoni di Mondani hanno raggiunto Mori. Gli viene chiesto se ha proposto Cisterna e chi siano i due parlamentari dell’Antimafia che, secondo la fonte anonima, avrebbero ricevuto il via libera da Colosimo per incontrarlo. “Non vi rispondo - dice Mori -, perché sono cattivo e mi siete antipatici”. 
In questa inchiesta l’investigatore restituisce l’immagine di un Mario Mori “passato all’offensiva”, che prepara le sue audizioni in Commissione con gli avvocati Milio e Fabio Trizzino. Quest’ultimo, marito di Lucia Borsellino e legale dei figli del giudice assassinato il 19 luglio ’92, è stato ascoltato più volte in Commissione a partire da settembre 2023. Tesi che rivalutano la pista mafia-appalti e sminuiscono quella politica, soprattutto quella nera.
La figura di Mori torna così al centro del “depistaggio istituzionale”, come lo ha definito Salvatore Borsellino, sulla strage di via d’Amelio da parte di questa Commissione Antimafia. La strage è ancora fra noi.  


report dellechiaie


Stefano Delle Chiaie era a Palermo, “nel ’92 lo vidi al Giornale di Sicilia”

Dall’anticipazione di Marco Lillo sull’inchiesta di Report emerge un altro dato molto importante. Si tratta della testimonianza di Giuseppe Martorana, giornalista del “Giornale di Sicilia” secondo il quale Stefano Delle Chiaie era a Palermo tra febbraio e marzo del 1992, smentendo così la versione ufficiale fornita all’epoca da Arnaldo La Barbera - ex capo della Squadra Mobile di Palermo -, il quale in un’informativa del dicembre ’92 scriveva: “Delle Chiaie risulta domiciliato a Roma e non si hanno notizie circa eventuali viaggi compiuti in Sicilia”.
“Una mattina vennero una coppia di persone (…) vidi un viso che conoscevo. Era Stefano Delle Chiaie (…) era l’inizio del ’92 - dice Martorana a Mondani -. Tra febbraio e marzo”. L’ex giornalista del GDS sostiene che l’estremista di destra fosse in redazione per proporre un articolo: “Seppi che era venuto a portare una proposta di articolo perché stava formando un partito in Sicilia: la Lega Nazional Popolare. E aveva chiesto al capo cronista se pubblicava qualche cosa”. L’articolo non fu mai pubblicato, ma la presenza di Delle Chiaie in Sicilia trova così una conferma diretta.
Il racconto riporta alla luce anche la cosiddetta “nota Cavallo”, un’informativa del capitano dei Carabinieri Gianfranco Cavallo dell’ottobre 1992. Basata sulle confidenze di Maria Romeo, sorella dell’autista di Delle Chiaie in Sicilia e compagna del collaboratore di giustizia Alberto Lo Cicero, la nota riferiva che Delle Chiaie si era recato a Capaci per recuperare esplosivo. Una segnalazione inquietante, trasmessa a varie autorità giudiziarie, che però fu ignorata e archiviata. A metterci una “pietra” sopra fu proprio La Barbera.


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Giancarlo Donadio intervistato da Paolo Mondani 


La nota fu ritrovata nel 2007 dal pm Giancarlo Donadio e in seguito rilanciata da Roberto Scarpinato, all’epoca procuratore generale di Palermo, che nel 2021 sentì nuovamente Maria Romeo. Ma nel frattempo la Procura di Caltanissetta ha giudicato inattendibile la sua testimonianza. Report aveva già intervistato Romeo nel 2021, ma oggi torna con un nuovo tassello: Martorana riferisce anche di comizi tenuti da Delle Chiaie in Sicilia. “Ci fu stupore però dice vabbè sta formando un nuovo partito, un uomo libero (…) so che ci sono stati dei comizi a Ragusa, poi ci sono stati anche degli incontri ad Agrigento e nel palermitano”.
Dall’anticipazione di Lillo, Mondani gli mostra la foto di Stefano Menicacci, avvocato di Delle Chiaie ed ex parlamentare del MSI, che nel 1991 aveva fondato con Domenico Romeo alcune “leghe meridionali”. “Potrebbe essere lui perché la stazza è questa”, commenta Martorana. Menicacci, arrestato nel 2023 poco prima della morte, è accusato di aver tentato di convincere Romeo a tacere sui viaggi siciliani di allora.
La testimonianza di Martorana non conferma gli aspetti più gravi delle rivelazioni di Maria Romeo, come gli incontri con il boss Mariano Troia o la ricerca di esplosivi, ma smonta la linea difensiva della Mobile di Palermo. Delle Chiaie in Sicilia c’era. E forse non era solo per fare politica.

Foto di copertina © Imagoeconomica

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