Trump tentenna sulla guerra. La portavoce della Casa Bianca: decisione entro due settimane
Sono ore di massima tensione nella capitale israeliana. I cieli, un tempo inviolati, sono ora uno spazio insidioso. Quello che un tempo era il “fiorito giardino verde” sotto assedio, ora assiste alle stesse drammatiche dinamiche che per anni hanno interessato solo la striscia di Gaza, martoriata senza pietà.
In giornata, oltre 200 israeliani sono rimasti feriti nel lancio mattutino di 30 missili iraniani, quattro dei quali sarebbero in condizioni critiche. Una prima raffica ha colpito diverse zone del distretto più ampio di Tel Aviv e anche a Beersheba, nel sud, dove si trova l'ospedale di Soroka, colpito da un missile ha penetrato i sistemi di difesa israeliani. Almeno tre persone sono rimaste ferite.
Il ministro degli Esteri iraniano Abbas Araghchi, commentando l’accaduto, ha sostenuto che un attacco missilistico avvenuto questa mattina ha colpito un centro militare e di intelligence israeliano situato nei pressi dell'ospedale di Soroka, causando solo "danni superficiali a una piccola sezione" della struttura sanitaria. Araghchi ha anche affermato che la struttura è stata "in gran parte evacuata" e che è stata utilizzata principalmente "per curare i soldati israeliani" che combattono nella guerra di Gaza."Le nostre potenti Forze Armate continueranno a colpire i criminali che prendono di mira il nostro popolo finché non cesseranno e non pagheranno per la loro aggressione criminale contro la nostra nazione", ha affermato Araghchi, esortando i civili israeliani a evitare i siti militari.
“Questo è chiaramente un crimine di guerra", ha ribattuto con evidente beffardo cinismo il ministro degli Esteri israeliano, Gideon Sàar, durante una visita a Bèer Sheva. Basti pensare che l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha documentato che il tasso di attacchi mensili all'assistenza sanitaria a Gaza è stato il più alto rispetto a qualsiasi altro conflitto recente a livello globale, con una media di 73 attacchi al mese.
Obiettivo: assassinare la guida suprema Khamenei
Netanyahu ha minacciato che, in seguito ai danni arrecati alla struttura sanitaria, Teheran pagherà un caro prezzo, evocando ancora una volta la possibilità di assassinare la Guida Suprema iraniana Ali Khamenei, dichiarando che "nessuno è immune" agli attacchi israeliani. Durante una visita all'ospedale Soroka colpito, Netanyahu ha precisato: "Tutte le opzioni sono aperte. È meglio non parlarne sui media”. Al contempo, il ministro della Difesa israeliano Israel Katz ha emesso la minaccia più diretta, dichiarando che Khamenei "non può continuare a esistere", paragonando la Guida Suprema iraniana ad Adolf Hitler e ammettendo che "impedire l'esistenza di Khamenei, il moderno Hitler, è uno degli obiettivi dell'operazione".
Nel frattempo oggi, l'aviazione israeliana ha bombardato questa mattina il reattore ad acqua pesante di Arak (ora chiamato Khondab), situato a 250 chilometri a sud-ovest di Teheran. In particolare le Idf, hanno dichiarato di aver colpito "la struttura del sigillo del nucleo del reattore, un elemento vitale nella produzione di plutonio".
Ali Khamenei
Ma è l’impianto nucleare di Fordow che per Tel Aviv rappresenta un obbiettivo primario, molto più difficile da raggiungere rispetto a Natanz.
Il sito, situato a circa 30 km a nord-est di Qom e scavato a circa 90 metri nelle profondità di una montagna, è uno degli impianti più sorvegliati del programma atomico iraniano. La sua esistenza è stata rivelata pubblicamente dall’Iran nel 2009, dopo che le agenzie d’intelligence occidentali ne avevano già scoperto l’attività. Gli Stati Uniti, insieme a Francia e Regno Unito, confermarono pochi giorni dopo che Fordow era destinato ad arricchire uranio, e che Teheran stava installando circa 3.000 centrifughe. Secondo l’AIEA, durante gli attacchi aerei israeliani del giugno 2025, il sito non ha subito danni.
Trump in mano al complesso militare industriale
Ed è qui che entrerebbe in gioco il ruolo degli Stati Uniti. Israele da solo non sarebbe in grado di distruggere Fordow, se non attraverso un’operazione di commando estremamente rischiosa. Gli Stati Uniti, invece, dispongono della “Massive Ordnance Penetrator”, una bomba anti-bunker da 13 tonnellate che potrebbe, se impiegata in numero sufficiente da bombardieri B-2, abbattere la struttura.
Trump però in questo momento sembra ancora tentennare, mentre è aizzato dalle pressioni del complesso militare industriale, salvo l’ala isolazionista del suo partito.
Il tycoon, ormai in balia delle pressioni del sionismo internazionale, ha abbandonato la sua promessa fatta in campagna elettorale di un mondo senza guerre.
Come evidenzia il New York Times, citando una ventina di funzionari negli Stati Uniti, ha vacillato per mesi su come e se contenere gli impulsi di Netanyahu, mentre affrontava la prima crisi di politica estera del suo secondo mandato. Ma dopo mesi di trattative, il premier israeliano è riuscito a persuaderlo “a non opporsi a un attacco” attraverso una serie di conversazioni strategiche, sfruttando lo stallo nei negoziati per giustificare l'azione militare.
Trump inizialmente cercava di negoziare con l'Iran, ma la sua insistenza sull'arresto dell'arricchimento dell'uranio ha portato a un punto morto nelle discussioni". Piuttosto che "perseguire i negoziati in modo sensato, ha adottato un obiettivo irrealistico di zero arricchimento, che prevedibilmente ha portato a una situazione di stallo che gli israeliani hanno sfruttato per spingerlo verso un'azione militare.
Nell’ala repubblicana i falchi hanno preso il sopravvento sugli isolazionisti e, secondo la BBC, stanno incitando Trump ad avvallare l’inizio delle ostilità. In particolare il senatore della Carolina del Sud Lindsey Graham ha affermato che è nell'interesse della sicurezza nazionale degli Stati Uniti impedire all'Iran di ottenere una bomba nucleare, sventolando l’ennesimo Casus Belli, pronto a giustificare l’ennesima ecatombe in medio oriente.
Donald Trump
La direttrice dell’Intelligence di Trump contro l’élite che ci porta all’annientamento nucleare
Tuttavia, tra coloro che hanno espresso dubbi sui piani nucleari dell'Iran c'è la direttrice dell'intelligence nazionale di Trump, Tulsi Gabbard, che a marzo ha testimoniato davanti al Congresso che, sebbene l'uranio arricchito dell'Iran avesse raggiunto il massimo storico, gli esperti non credevano che l'Iran stesse lavorando a un'arma nucleare.
Il 10 giugno, appena tre giorni prima dell'inizio degli attacchi israeliani contro l'Iran, la Gabbard ha pubblicato anche un video in cui avvertiva che "l'élite politica e i guerrafondai" stavano "fomentando incautamente paura e tensioni" che rischiavano di mettere il mondo "sull'orlo dell'annientamento nucleare".
Ora si prevede che il presidente Trump prenderà la sua decisione se entrare in guerra contro l'Iran entro le prossime 24-48 ore, afferma Israel Times.
D’altra parte, la portavoce della Casa Bianca, Karoline Leavitt, in un briefing con la stampa, ha sostenuto che “c’è una sostanziale chance di trattative che potrebbero o non potrebbero avvenire con l’Iran nel prossimo futuro. Prenderò una decisione nelle prossime due settimane”, è la dichiarazione di Donald Trump letta dalla portavoce.
Intanto i grandi contractor della difesa americana hanno registrato guadagni straordinari dall'escalation del conflitto Iran-Israele. Le azioni di Lockheed Martin sono balzate del 2,77% a 469,27 dollari dopo gli attacchi israeliani all'Iran, aggiungendo 12,67 dollari per azione in una sola giornata. Raytheon Technologies e Boeing hanno guadagnato rispettivamente l'1,8% e hanno visto aumentare significativamente la domanda per i loro sistemi missilistici. Gli analisti stimano un aumento del 10-15% per i leader del settore, alimentato dagli ordini di rifornimento di missili del governo USA e dalla corsa degli alleati NATO a modernizzare i loro arsenali.
Tulsi Gabbard
L’ingresso degli Usa e la possibile escalation del conflitto
L’Iran ha più volte riacceso la minaccia di bloccare lo stretto di Hormuz, una delle rotte marittime più strategiche al mondo per il trasporto di petrolio e gas. Da questo stretto, largo appena 45 chilometri, transita circa il 20% del petrolio globale e il 30% di quello trasportato via mare, oltre al gas naturale liquefatto del Qatar, fondamentale anche per l’Italia dopo la riduzione delle importazioni dalla Russia.
Questo corridoio marittimo, tuttavia, non è cruciale non solo per l’Occidente, ma soprattutto per l’Asia: il 76% del petrolio che vi transita è destinato a Paesi come la Cina, che nel marzo 2025 ha toccato livelli record di importazioni dall’Iran. La chiusura dello Stretto avrebbe un impatto devastante sui mercati energetici globali, con stime di JP Morgan che indicano un possibile balzo del prezzo del greggio fino a 120 dollari al barile.
In questo contesto, un eventuale intervento militare diretto degli Stati Uniti a fianco di Israele contro Teheran potrebbe far precipitare il conflitto su scala globale. La Cina, primo partner energetico dell’Iran, ha già mostrato segnali chiari di diretto coinvolgimento con l’alleato e principale fornitore di materie prime: tre aerei cargo partiti da città cinesi hanno raggiunto l’Iran nei giorni successivi all’attacco israeliano.
Come riportato dal Wall Street Journal, Teheran ha ordinato da Pechino grandi quantità di perclorato di ammonio, sufficiente per produrre potenzialmente fino a 800 missili balistici.
Ora c’è attesa per la decisione finale del pacifista mascherato, ormai ostaggio dell’ala guerrafondaia del suo partito.
Secondo quanto riportato dal Guardian, l’unico dubbio che balena nella testa di Trump – che lo porta ad esitare di attaccare Teheran – è la mancata certezza che l’impianto nucleare di Fordow possa essere effettivamente distrutto con armi convenzionali.
Tuttavia, Fordow è sepolto a circa 90 metri sotto una montagna di roccia granitica, mentre la GBU-57, sopra menzionata, in realtà può penetrare al massimo 60 metri, e solo in condizioni ideali. Alcuni funzionari del Pentagono credono che un attacco mirato con più bombe potrebbe avere successo, ma altri avvertono che neppure una sequenza precisa di detonazioni garantirebbe la distruzione del sito. Inoltre, ogni bomba successiva diventa meno efficace a causa di detriti e fumo, che ostacolano la visibilità e l’allineamento. L’unica opzione tecnicamente affidabile sarebbe l’uso di una testata nucleare tattica.
Foto © Imagoeconomica
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