Condividiamo con i nostri lettori questo puntuale articolo firmato dall'ex procuratore capo di Palermo Gian Carlo Caselli e dall’avvocato Vittorio Barosio e pubblicato su La Stampa. I due autori commentano l’ultima seduta della Commissione parlamentare antimafia, che ha visto l’illustrazione della relazione redatta dal generale del Ros Mario Mori e dal colonnello Giuseppe De Donno sulla strage di via d’Amelio. Relazione che i membri del M5S della Commissione avrebbero voluto contestare in aula sottoponendo Mori e De Donno a una memoria di 90 pagine che smentiva le valutazioni dei due auditi. Un tentativo però vanificato dall’intervento della Presidente Colosimo che ha impedito l’illustrazione della memoria, predisposta dal senatore Roberto Scarpinato, durante la seduta. Un atteggiamento inaccettabile denunciato dallo stesso Scarpinato, vittima di un disegno di legge della maggioranza che punta ad escluderlo dalla Commissione per "conflitto d’interessi".



 

La nuova antimafia e i giochi su Scarpinato

di Gian Carlo Caselli e Vittorio Barosio

Quella di Presidente della Commissione parlamentare antimafia è una carica prestigiosa. Attenzione quindi a come la si esercita. Sbaglia il Presidente che, invece di essere imparziale, dà anche solo l’impressione di voler rendere dei servizi a qualcuno.
Emblematica al riguardo è la “disinvoltura” del Senatore Centaro, Presidente dell’Antimafia dal 2001 al 2006. All’indomani della sentenza della Corte d’Appello di Palermo, poi confermata in Cassazione, che stabiliva che Andreotti aveva commesso (sic...) fino al 1980 il reato di associazione a delinquere con Cosa nostra, Centaro ebbe a sostenere che “il tentativo di condanna, o di attribuzione di mafiosità malamente sbugiardato dalle pronunce giurisdizionali”. Costringendo così il Presidente della sezione che aveva emesso la sentenza a prendere posizione con un duro comunicato all’agenzia Ansa (cosa del tutto insolita) che respingeva, con toni sferzanti e argomentazioni inattaccabili, la tesi dello sventurato Centaro, invitato… a leggersi la sentenza.
Qualcosa di simile va delineandosi con l’attuale Antimafia. Alla Presidente Colosimo si addebita di non ricercare la verità bensì la conferma – ad ogni costo - di una tesi aprioristicamente assunta come unica possibile: vale a dire che l’esecuzione dell’attentato che causò la morte di Paolo Borsellino fu accelerata per impedire al magistrato di occuparsi dell’inchiesta mafia-appalti, senza degnare di una qualche considerazione nessun’altra ipotesi alternativa o concorrente. Tesi innescata dall’avvocato Trizzino, legale di una parte della famiglia Borsellino, sostenuta da Mario Mori e Giuseppe De Donno, già ufficiali del ROS. Dissentendo da tale impostazione, il senatore Roberto Scarpinato (magistrato assai stimato per come ha operato a Palermo e Caltanissetta, ora componente della Commissione), il 4 settembre 2023 ha consegnato al Presidente Colosimo una articolata memoria di 57 pagine con varie richieste istruttorie. Risultato? Un piano proprio contro l’incauto Scarpinato, mediante la modifica della legge istitutiva della Commissione, così da escludere dai lavori e dalla consultazione dei documenti i membri in presunto conflitto di interesse. Tutti hanno capito che la proposta è stata confezionata su misura proprio per Scarpinato.
Il 13 maggio è stata depositata all’Antimafia (e illustrata in una conferenza stampa) una nuova memoria di circa 90 pagine del Gruppo 5Stelle, predisposta ancora da Scarpinato, nella quale si contestano in vari punti (anche sul versante ricostruzione dei fatti) le dichiarazioni e/o induzioni di M. Mori e G. De Donno rese in sede di audizione all’Antimafia. Risultato? La Commissione affari costituzionali del Senato ha immediatamente calendarizzato la proposta di cui sopra diretta a modificare la legge istitutiva dell’Antimafia.
Ora, sembra a noi evidente lo scopo di scrollarsi di dosso il fastidio di un contendente pericoloso, escludendolo dalla discussione e decisione di casi che stanno molto a cuore al Centrodestra. Una forma di discriminazione, se non anche un tentativo di sottomissione, di persone considerate non interlocutori con cui confrontarsi ma “nemici” fastidiosi a causa delle loro idee. Ed è chiaro come a fronte di questo metodo si aprano scenari cupi e inquietanti, fino a quello (provocatoriamente evocato su AntimafiaDuemila da Saverio Lodato) dell’aula sorda e grigia di infausta memoria.

Tratto da: La Stampa

Foto © Paolo Bassani

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