Intervista al sostituto procuratore generale di Messina
Le affermazioni del sottosegretario della Presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano, che accusa la magistratura di “erodere la sovranità popolare”; gli attacchi continui contro i magistrati; i progetti di riforma della giustizia; la separazione delle carriere; i rischi per la democrazia. Sono questi gli argomenti affrontati nell'intervista che ci ha rilasciato il sostituto procuratore generale di Messina Felice Lima.
“L'intervento del sottosegretario Mantovano è gravissimo per un sacco di motivi in primo luogo per il ruolo che ricopre - ha affermato ai nostri microfoni - Un tempo si parlava di toghe rosse, oggi si dice qualcosa di più grave. Oggi si dice che è ostile l'intera categoria e viene considerata eversiva perché non rispetta la volontà popolare”. Lima ha messo in evidenza tutte le criticità delle riforme poste in essere dalla politica negli ultimi anni, dal limite dei 45 giorni per le intercettazioni fino ad arrivare all'abolizione dell'abuso d'ufficio.
“Questa riforma che ha abolito l'abuso d'ufficio, non ha solo liberato tutti gli amici abusatori del legislatore, ma ha modificato il rapporto tra il cittadino e il potere. Praticamente chiunque abbia un potere adesso può fare quello che vuole” ha denunciato il sostituto procuratore generale di Messina.
Alfredo Mantovano © Imagoeconomica
Quindi ha anche parlato della separazione delle carriere, idea di riforma della giustizia tanto cara al Governo, e del concetto di 'razzismo della giustizia'. “La giustizia italiana oggi è congegnata per perseguitare i poveri cristi e lasciare impuniti i potenti, i colletti bianchi, la gente dei quartieri perbene. Cioè se rubi il Monte dei Paschi di Siena non vai in carcere. L'altro giorno ho partecipato a un processo in cui in primo grado a due rumeni, marito e moglie, che hanno tentato di rubare in un supermercato delle confezioni di caffè Lavazza e otto barattoli Nutella. Gli hanno dato cinque anni e dieci mesi ridotti di un terzo per l'uso del rito abbreviato. Nello stesso distretto negli stessi uffici giudiziari per corruzione si è dato di meno. Praticamente come nelle dittature, esattamente come nelle dittature. La giustizia non come giustizia, ma come strumento di controllo sociale, come braccio armato del potere che prende chi dà fastidio e gli emarginati e li finisce”. E sulla separazione delle carriere ha aggiunto: “L'asservimento del pubblico ministero al potere politico è una strada molto pericolosa che porta al controllo politico della giustizia, che fa sì che chi è al potere spazzerà via le opposizioni incarcerando perché controllerà la giustizia il pubblico ministero”. Quindi ha concluso: “Il problema italiano non è la destra o la sinistra. La questione è che al potere in questo Paese c'è della gente che vuole essere intoccabile e ha perseguito sempre questo obiettivo. Adesso lo ha raggiunto. Un tempo non volevano essere condannati ora non vogliono neanche essere indagati”.
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