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Intervista all'ex ministro degli Interni (Prima parte)

Certamente Vincenzo Scotti, Parlamentare Dc, ex ministro del Lavoro, dei Beni Culturali, della Protezione Civile, degli Esteri e, soprattutto, dell'Interno nell'anno delle stragi del 1992, è stato un testimone di primissimo piano.
Con Giovanni Falcone e Claudio Martelli aveva avuto più di un confronto proprio per porre in essere quelle riforme eccezionali per la lotta alla mafia, che ad oltre trent'anni di distanza restano fondamentali nel contrasto alle organizzazioni criminali.
Lo abbiamo raggiunto per parlare del libro "Sorvegliata speciale - Le reti di condizionamento della Prima Repubblica", (edizione Rubbettino), ma anche per tornare proprio su quella terribile stagione delle bombe degli anni Novanta.
Fu lui a lanciare un allarme inascoltato nel 1992 a tutte le Prefetture del Paese.
In molti definirono quell'azione come ingiustificata, addirittura alcuni vertici istituzionali dissero che era basata su una "patacca" perché la fonte era il faccendiere Elio Ciolini. Scotti, però, aggiunge altro: "Parisi, capo della Polizia, mi invia una raccolta di documenti che consolidava il convincimento che la mafia puntava a mettersi in competizione frontale con lo Stato. Sulla base di questi documenti andammo in Commissione antimafia, alla Camera e dico chiaramente che si doveva scegliere se convivere o meno. Le informazioni di Parisi venivano dai servizi segreti. Notizie di prima mano. All'interno c'era anche il documento in cui non si parlava di Ciolini, ma di una fonte dalle carceri, senza il nome. Il nome di Ciolini fu fatto dopo. Ma non si basava tutto su di lui, tanto che il Presidente dei servizi segreti, il senatore, l'onorevole Gitti disse che condivideva quella mia posizione".

Continua.
 
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