
Il magistrato: “Rispetto a 30 anni fa, parte della politica esercita una pressione più forte sulla magistratura”
“Da uomo dello Stato ho sempre auspicato che quando membri delle istituzioni vengono sottoposti ad indagini si difendano nel processo e non dal processo, mediante il ricorso e teorie del complotto e della cospirazione, o mediante la denigrazione di inquirenti o di avvocati, come l’avvocato Li Gotti che ha presentato quella analitica e articolata denuncia”. A dirlo, intervistato da Metropolis, è il sostituto procuratore nazionale antimafia Nino Di Matteo. Il magistrato palermitano si è espresso sulle modalità e sulle parole usate dalla premier Giorgia Meloni riguardo all’avviso di garanzia (in realtà un atto dovuto che dovrà passare al vaglio del tribunale dei ministri) notificato dalla procura di Roma a seguito della denuncia presentata dall’avvocato Luigi Li Gotti per favoreggiamento e peculato in merito allo scandalo della liberazione del torturatore Osama Almasri. Una denuncia presentata ai danni di Giorgia Meloni ma anche ai danni del sottosegretario Alfredo Mantovano e dei ministri Carlo Nordio e Matteo Piantedosi. “Io credo che soprattutto in questi casi gli uomini delle istituzioni, che come tutti i soggetti sottoposti ad indagine devono avere lo spazio per difendersi, devono difendersi nelle sedi proprie, nel processo. E non partendo all’attacco dei magistrati o dei soggetti che hanno presentato la denuncia e non evocando inesistenti cospirazioni che tra l’altro hanno la pura funzione di delegittimare la magistratura e di delegittimarla soprattutto quando questa è chiamata al controllo della legalità dell’esercizio del potere”, ha commentato Di Matteo riferendosi al video pubblicato sui social dalla presidente del Consiglio in cui la premier attacca il procuratore di Roma Francesco Lo Voi e l’avvocato Li Gotti. “Il problema del cosiddetto scontro trentennale tra politica e magistratura credo sia stato prospettato in termini non esatti”, ha aggiunto. “Innanzitutto non è stato uno scontro di tutta la politica contro tuta la magistratura ma di parte significativa della politica contro quei magistrati che volevano e vogliono esercitare il controllo di legalità a 360° e poi non c’è stata una contrapposizione reciproca. Non è una guerra ma è stata un’offensiva unilaterale molto ben organizzata rispetto a trent’anni fa”, ha affermato il magistrato palermitano. “E’ cambiato qualcosa, nel senso che probabilmente oggi c’è una magistratura meno forte, che gode nel Paese di meno credibilità anche per gli scandali che l’hanno travolta e che per fortuna sono venuti fuori”. Pertanto, secondo Di Matteo, “probabilmente oggi c’è spazio per una voglia di rivalsa nei confronti della magistratura da parte del politico che però è pericolosissima. Perché finisce per modificare quell’equilibrio costituzionale che è fondato sulla separazione dei poteri. E che oggi, alcune riforme come la riforma costituzionale della separazione delle carriere, rischiano di mettere in pericolo. Ecco la pressione è forte come prima e più di prima ma probabilmente - ha concluso - il momento di debolezza della magistratura apre proprio le porte a una vera e propria resa dei conti”.
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