L’ex ministro della Giustizia: "La criminalità organizzata è transnazionale. Così si toglie una gamba alle indagini aperte"
Questo articolo, che riproponiamo ai nostri lettori, è stato scritto in data 10-12-2024.
L'agenzia antidroga del Paraguay (Senad) ha deciso di interrompere la cooperazione con la Dea degli Stati Uniti. La decisione, riferisce il quotidiano Washington Post, è stata comunicata alla U.S. Drug Enforcement Administration questa settimana e avrà effetto a partire dal 2025. La testata statunitense parla di "un duro colpo" per gli sforzi del governo Usa nella lotta alla criminalità organizzata "in un paese in cui il traffico di cocaina è in aumento". La decisione, prosegue il Post, "mette a repentaglio diverse indagini di alto livello, tra cui la ricerca di Sebastián Marset", boss della droga sospettato dell'omicidio del pm Marcelo Pecci e uno dei latitanti più ricercati del Sudamerica. A seguito della pubblicazione della notizia sulla stampa Usa il ministro dell'Interno paraguaiano, Enrique Riera, ha successivamente confermato la decisione rassicurando tuttavia che "la Dea non se ne va dal Paraguay" e che si tratta di una misura legata alla "riorganizzazione" delle forze dell'ordine. "Tutte le informazioni e tutto il supporto tecnologico rafforzeranno l'area di lotta al traffico di droga della Polizia. Quello che faremo è parlare con le autorità attuali in modo che la Dea convogli le sue risorse nella polizia perché questa è la politica che il Paraguay ha deciso", ha concluso Riera.
“Saranno molto felici i narcotrafficanti e ancora più felice sarà la narcopolitica”, è il commento dell’ex ministro della Giustizia Cecilia Pérez. L’ex ministra ha criticato anche l’atteggiamento ambiguo dei ministri Enrique Riera e Jalil Rachid - il primo degli Interni e il secondo dell’Antidroga, - che hanno assicurato che non ci sarà una cessazione della cooperazione tra le due agenzie. Secondo Cecilia Pérez "l'atteggiamento delle agenzie di sicurezza è molto confuso". Poi ha spiegato che "il Paraguay si trova in una posizione privilegiata per alcune questioni e pericoloso per altre", poiché, come ha ricordato, "la via d'acqua è diventata la rotta della cocaina", perché le spedizioni partono dal Sudamerica per andare in Europa o in altri continenti. Allo stesso modo, ha osservato che con il Corridoio Bioceanico "rimarremmo con un rischio importante di un fuoco incrociato" o, peggio ancora, di una "alleanza tra gruppi" che operano nelle vie navigabili e gruppi che potrebbero entrare attraverso il Pacifico".
"La criminalità organizzata è transnazionale. Con questa sospensione della cooperazione si toglie una gamba alle indagini aperte", ha aggiunto. Per esempio indagini sul PCC (Primo Comando Capitale), una banda di criminali brasiliani operanti in Paraguay, che da anni collabora con i broker della ‘Ndrangheta presenti nel Paese (due di loro erano finiti in manette a San Pedro l’anno scorso). Già due anni fa Cecilia Pérez, quando era ancora ministra, aveva riconosciuto la fondatezza della presenza della mafia calabrese nel territorio paraguaiano. Specialmente nella “Triple Frontera”, un fazzoletto di confine tra Paraguay, Brasile e Argentina. Uno snodo fondamentale per gli scambi di merci illegali come armi e droga. Lo stesso Marcelo Pecci, il procuratore antimafia paraguaiano di origine italiana freddato in luna di miele in Colombia nel 2022, si stava occupando di questo trait d’union tra cartelli paraguaiani e ‘Ndrangheta. “Abbiamo ratificato delle azioni congiunte con la Procura, come direttore esclusivo di indagini penali in Paraguay, di fronte all'eventuale presenza della mafia italiana in generale e della ‘Ndrangheta in particolare”, aveva detto di ritorno da Buenos Aires dove aveva incontrato un alto dirigente della polizia italiana.
In Paraguay la 'Ndrangheta controllerebbe la rotta della cocaina. Il Paraguay, infatti, è un paese di transito chiave per inviare la droga in Europa. La cocaina, l’"oro bianco” della ‘Ndrangheta, viene prodotta nelle foreste della Colombia, della Bolla e del Perù, transita per il Paraguay e da qui viene nascosta e imbarcata in container che attraversano l’Atlantico per raggiungere i grandi porti europei.
"I brokers della mafia sono così potenti che trattano direttamente con il PCC. Lavorano con Colombia, Bolivia, Perù e Paraguay come rotte di transito", aveva sottolineato il ministro Zully Rolón già tre anni fa. Ora che l’agenzia Senad ha sospeso la cooperazione con i colleghi americani il pericolo è che vengano congelate le grandi inchieste della magistratura e delle forze dell’ordine sul narcotraffico, così come sulle tangenti che i cartelli pagano a politici e funzionari di Stato infedeli. Rispetto a questo c’è l’ipotesi che questa sospensione di confronto e collaborazione con la Dea, agenzia chiave nella lotta al narcotraffico in America Latina e negli Stati Uniti, sia stata in qualche modo imposta dal governo di Santiago Peña su ordine dell’ex presidente Horacio Cartes (anche lui del partito di destra Colorado). Cartes, in carica dal 2013 al 2018, è nuovamente finito nei guai recentemente per un’inchiesta avviata dai pm paraguaiani con l’accusa di corruzione. Nell’inchiesta è finito anche l’ex vice presidente, Hugo Velazquez. E su di loro stanno indagando, caso vuole, proprio gli Stati Uniti. Il fascicolo viene istruito sulla base delle denunce contenute in un rapporto elaborato a luglio 2022 dal dipartimento di Stato Usa, nel quale i due politici venivano identificati come individui "significativamente corrotti".
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