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L’intervista di Report al magistrato della direzione nazionale antimafia

È accaduto centinaia e centinaia di volte che da indagini e da intercettazioni disposte per reati comuni siano venute fuori, anche dopo 45 giorni, prove evidenti di mafiosità. Si sta assistendo ad un indebolimento di molti strumenti che riguardano soprattutto i rapporti tra le mafie e le pubbliche amministrazioni”. A dirlo è il sostituto procuratore nazionale antimafia Nino Di Matteo, intervistato da Luca Bertazzoni, all’interno dello speciale di Report sulla riforma Nordio. Taglio alle intercettazioni, separazione delle carriere, abrogazione del reato di abuso d’ufficio e tanto altro. Tutti emendamenti che invocano al garantismo, anche se di garantismo hanno poco. È un “oblio di Stato”, per citare il nome dell’inchiesta, che genererà sempre più una giustizia di classe. La direttrice di queste riforme “affonda le radici in un passato molto lontano - ha continuato Di Matteo -. Nei programmi sulla giustizia del primo governo Berlusconi, quello del 1994. Ma per altre parti, non marginali, che riguardano sia l'organizzazione giudiziaria sia il problema del bavaglio alla stampa, anche nei programmi compendiati nel piano di rinascita democratica della loggia P2 di Licio Gelli per soffocare e prevenire il controllo della informazione sulle condotte di chi gestisce il potere, nascondere quello che invece ogni cittadino avrebbe il diritto di conoscere”.


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E ancora: “Abrogando l'abuso d'ufficio non solo si va contro quelle che sono le raccomandazioni e le direttive dell'Unione Europea, ma soprattutto si lascia il cittadino ancora più solo e ancora più indifeso rispetto a tanti abusi del potere, che possono essere gli abusi dei pubblici amministratori, dei politici, dei magistrati. L'insieme delle riforme crea una sorta di scudo di protezione per i potenti, impunità generalizzata. Per i reati tipici dei colletti bianchi, dei pubblici amministratori, dei politici. Andiamo incontro ad una impostazione di giustizia quasi di tipo classista". Ovvero, forte con i deboli e debole con i forti. “E questo non può essere accettato da chi entra in magistratura sognando di contribuire un minimo a realizzare quel principio della legge uguale per tutti”. La riforma Nordio, nel suo insieme, crea delle sacche di impunità. “Una situazione di vuoto rispetto a certi possibili abusi del potere che poi finiscono per danneggiare il cittadino comune”. Durante la trasmissione, Ranucci e il suo staff hanno messo a confronto Carlo Nordio ai tempi della toga - per anni è stato procuratore aggiunto a Venezia - con quello attuale, nei panni del Guardasigilli. Due persone contrapposte. Basti pensare alle intercettazioni. Uno strumento che il “Nordio pm” ha utilizzato spesso e senza il quale, per esempio, l’indagine sul Mose non sarebbe stata la stessa. Nonostante ciò, dopo il giuramento davanti a Mattarella, il Ministro ha iniziato a screditare questo strumento investigativo.


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“Troppo costoso”; “i mafiosi non parlano al telefono”; “troppe sui giornali”, “diritto alla riservatezza demolito” ecc. “La prima bugia è che l'Italia è un Paese in cui siamo tutti intercettati - ha detto Di Matteo -. Da noi le intercettazioni sono disposte da un giudice terzo, rispetto alle richieste del pubblico ministero, che solo in presenza di determinati presupposti possono essere prorogate nella loro durata. La seconda clamorosa bugia, o ipocrisia più che bugia, è quella del costo eccessivo delle intercettazioni. Si deve porre sul piatto della bilancia anche qualcos'altro. Quanti omicidi sono stati evitati grazie alle intercettazioni? Quanti abusi nei confronti di minori, di donne, sono stati scoperti e puniti attraverso il sistema delle intercettazioni? Quanto denaro è stato recuperato alle casse dello Stato attraverso le intercettazioni?” “A Napoli abbiamo sequestrato 280 milioni di Bitcoin, che abbiamo poi convertito in euro e trasferiti nel Fondo Unico di Giustizia. Quando la sentenza sarà definitiva questi soldi potranno essere spesi. Quindi con una sola operazione ci siamo pagati un anno e mezzo di intercettazioni telefoniche”, ha detto il procuratore Nicola Gratteri alla festa de Il Fatto Quotidiano tenutasi a settembre a Roma.

Guarda la puntata di Report: Oblio di Stato

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