E’ “La canzone del maggio” di Fabrizio De André, pubblicata nel 1973 nell’album “Storia di un impiegato” a fare da sfondo. Faber parla di quei giorni di agitazione e protesta. Un testo liberamente tratto da una canzone di Dominique Grange di cui il cantante si era innamorato, cantata durante le rivolte del maggio francese del ‘68. Inizialmente De André si era limitato a tradurla, poi però l’aveva modificata per tenderla più vicina alla realtà italiana. Che puntualmente oggi ci viene ancora sputata in faccia dalla tracotanza di un potere strafottente. Non serve più tramare nell’oscurità. E’ del tutto superfluo incontrarsi incappucciati. Oggi si fa tutto alla luce del sole! Tanto nel micro quanto nel macro. E si rimane impuniti. E se per micro intendiamo il nostro cortile, la nostra povera Italia - peraltro affollata di squallide meretrici di entrambi i sessi, pronte a vendersi al miglior offerente, che si muovono tra il Parlamento e il mainstream - basta dare un’occhiata alle ultime riforme di questo governo (s)fascista per dare ragione al cantautore genovese.
“E se vi siete detti non sta succedendo niente, le fabbriche riapriranno, arresteranno qualche studente convinti che fosse un gioco a cui avremmo giocato poco provate pure a credervi assolti siete lo stesso coinvolti”. E proprio i nostri governanti, politicanti al seguito e lacchè vari, sono visibilmente ubriachi di potere mentre ogni giorno fanno a pezzi la Costituzione ripetendo il loro mantra: e chi se ne fotte! Qui c’è un popolo anestetizzato, spesso complice per acquiescenza, che poi tanto ci rivota! Avanti tutta con il Ddl Sicurezza: presto qui arresteranno solo i ladri di polli mentre per i colletti bianchi depenalizzeranno ogni reato! Picchiate duro con la caccia all’immigrato, imbavagliate l’informazione libera, tagliate le intercettazioni, criminalizzate il dissenso, forza con le norme “anti Ghandi”!
Ma le reazioni scomposte dei politicanti e dei loro sodali di fronte alle poche voci libere che osano dire la verità come ha fatto Saverio Lodato in questo giornale? Tutto secondo copione: i soliti deliri delle vergini violate che si stracciano le vesti. Ma stavolta si sentono ancora di più le spalle coperte e infieriscono con veemenza.
“Anche se avete chiuso le vostre porte sul nostro muso - cantava De André - la notte che le pantere ci mordevano il sedere lasciandoci in buonafede massacrare sui marciapiede anche se ora ve ne fregate, voi quella notte voi c’eravate”. Sì, quel sistema di potere c’era, e c’è anche oggi, per come stanno ricalcando fedelmente la trama de “La fattoria degli animali” di George Orwell.
La verità sui mandanti esterni delle stragi del ‘92/’93? Ma quando mai! Qui siamo tutti ricattabili, il primo che parla trascina giù tutti gli altri! Riesumiamo il dossier mafia appalti – buono per tutte le stagioni, anche per attaccare magistrati simbolo della lotta a Cosa Nostra – e buttiamo fuori dalla Commissione antimafia Roberto Scarpinato e Cafiero De Raho per conflitto di interesse. Discriminiamo quindi i familiari di vittime di mafia: tappeto rosso per le richieste dei figli di Paolo Borsellino; al bando invece il fratello del giudice e gli altri familiari dei morti ammazzati da Cosa Nostra e dal terrorismo che denunciano le gravi condotte della Commissione antimafia.
E se il “conflitto di interessi” nella Commissione antimafia, come ha ricordato Scarpinato, è palesemente quello “dei componenti di questa Commissione, che sono stati amici e solidali di tutti i politici collusi con la mafia che io ho fatto condannare e arrestare”, che si fa? Nulla, tanto il popolino è troppo impegnato a tirare a campare per stare dietro alle nostre nefandezze; o forse cerca solo il modo per imitarci.
“E se credete ora che tutto sia come prima - finiva la canzone di De André - perché avete votato ancora la sicurezza, la disciplina, convinti di allontanare la paura di cambiare verremo ancora alle vostre porte e grideremo ancora più forte per quanto voi vi crediate assolti siete per sempre coinvolti, per quanto voi vi crediate assolti siete per sempre coinvolti”. Governanti, politici, servi e quaquaraquà: coinvolti, complici, ingannatori; o forse solamente semplici esecutori, utili idioti, burattini di un sistema che prima li usa e poi li getta via quando il giocattolino non serve più. Ma certamente colpevoli. Colpevoli di ipotecare il futuro di quei giovani che vengono manganellati per difendere il diritto a manifestare contro un genocidio posto in essere da Benjamin Netanyahu. Che, come è evidente, non fa altro che replicare nel macro quello che avviene nel micro. E quindi tutto avviene alla luce del sole: massacri di civili bruciati vivi sotto le telecamere di tutto il mondo, così come l’attacco all’Unifil senza che l’Unione Europea muova un dito.
Non dimentichiamo che cinque mesi fa il procuratore della Corte penale internazionale Karim Khan ha avanzato le richieste di mandato di arresto nei confronti di leader politici e militari di Hamas, del premier israeliano Netanyahu e del ministro della Difesa Gallant.
Ai due leader israeliani la procura ha imputato la presunta commissione di crimini di guerra tra cui l’uso intenzionale della fame come metodo di guerra e il ricorso ad attacchi intenzionali contro la popolazione civile di Gaza, nonché crimini contro l’umanità tra cui sterminio e persecuzione. Che sia un passo concreto dinanzi alla Cpi e al tentativo di porre fine alle impunità di cui i leader politici e militari israeliani godono da sempre è innegabile. Ma la strada è tutt’altro che in discesa. Alcuni mesi fa un’inchiesta del Guardian ha svelato come l’ex direttore del Mossad avesse minacciato in più occasioni la precedente procuratrice capo della Cpi Fatou Bensouda: la prima che ha ufficialmente aperto le indagini sulla questione Palestina.
Adesso la Corte si trova a un bivio: tenere fede solo allo Statuto di Roma e agire in linea con il proprio mandato (valutando quindi le richieste di Khan sulla base delle prove documentali presentate) ed emettere i mandati di arresto; o arrendersi alle minacce e alle pressioni di paesi come Israele, Stati Uniti, Gran Bretagna e Germania (con l’Italia che non è intervenuta nel procedimento ma ha fortemente criticato le richieste di mandati di arresto contro Netanyahu e Gallant).
Se dovesse prevalere quest’ultima ipotesi sarebbe la conferma dell’esistenza di una pseudo “giustizia” internazionale forte coi deboli e debolissima - e vigliacca - coi potenti. Uno specchio nel quale la giustizia italiana riflette il suo volto più oscuro. La via della consapevolezza del “gioco grande” perennemente in atto in questo mondo passa attraverso l’analisi dei fatti nella loro interezza. Così da riuscire a trovare il nesso che li collega tra loro: quel filo sottile che unisce il passato al presente, la politica nazionale a quella internazionale. Una scacchiera alquanto viscida sulla quale si muovono diverse pedine e dove il ruolo dei popoli diviene sempre più determinante.
Nella prefazione de “La fattoria degli animali”, Orwell aveva descritto la fonte dell'idea di ambientare il libro in una fattoria: “... Ho visto un ragazzino, forse di dieci anni, che guidava un enorme cavallo da tiro lungo uno stretto sentiero, frustandolo ogni volta che cercava di girare. Mi ha colpito il fatto che se solo questi animali prendessero coscienza della loro forza non dovremmo avere alcun potere su di loro e che gli uomini sfruttano gli animali più o meno allo stesso modo in cui i ricchi sfruttano il proletariato”. Osservazione alquanto illuminante. Ma mentre tarda a venire una presa di coscienza civica sul reale potere del popolo - che può evitarci di essere governati dai maiali di cui Orwell parlava - vale quindi la pena di continuare a disobbedire ad ogni provvedimento autoritario, liberticida e classista che intende rinchiuderci ancora in quella fattoria.
Elaborazione grafica di copertina by Paolo Bassani con supporto IA
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Canzone del maggio (Liberamente tratta da un canto del maggio francese 1968) 🎵
Di Fabrizio De André