Il giornalista: ''C’è stato il tentativo di dire che la trattativa era un’invenzione dei magistrati ma i fatti sono avvenuti''

C’è un mondo capovolto per cui alla fine gente che è stata condannata per mafia, anche se riabilitata come Cuffaro, che rientra in politica e magistrati che hanno combattuto la mafia, come Nino Di Matteo, che vengono additati come appestati da politici o anche da colleghi. Questo credo sia intollerabile”. Così Sigfrido Ranucci, dialogando con il giornalista e autore televisivo Luca Sommi, nella rassegna “Dedalo” a Parma. Il conduttore di Report, rispondendo alle domande del collega, ha commentato la sentenza della Cassazione sul processo Trattativa Stato-mafia che ha assolto (per non aver commesso il fatto) gli ex vertici del Ros Antonio Subranni, Mario Mori e Giuseppe De Donno, e l’ex senatore Marcello Dell’Utri, accusati di minaccia a corpo politico dello Stato, e la prescrizione dei boss Leoluca Bagarella e Antonino Cinà dopo la derubricazione del capo d’accusa in tentata minaccia a corpo politico dello Stato.

Noi abbiamo assistito intorno a questa vicenda ad un’operazione vergognosa. C’è stato il tentativo di dire che la trattativa non c’è stata, che è stata un’invenzione dei magistrati. Voglio ricordare che la prima persona a parlare di trattativa è il Colonnello Mori, uno degli imputati poi assolto, nell’udienza di Firenze dove disse che parlando con Ciancimino disseDottor Ciancimino (l’ex sindaco mafioso di Palermo, ndr) ma questi cosa vogliono per fermare questa guerra allo Stato’”. Quindi, ha sottolineato Ranucci, Mario Moriè stato il primo a parlare dell’esistenza di una trattativa”. “Secondo i pm questo spunto ha fatto credere a Cosa nostra che trattando con lo Stato si poteva ottenere qualcosa e quindi hanno aumentato il quantitativo di attentati”. Una circostanza, questa, avvalorata anche dai giudici di Corte d’Assise e anche dalla Corte d’Appello di Palermo che nelle motivazioni di sentenza, seppur assolvendo il Ros, sosteneva che i carabinieri non valutarono l’effetto di rafforzamento della volontà di ricatto mafioso alle istituzioni della loro iniziativa di dialogo con la mafia.

Leggendo tutte le motivazioni di tutti i gradi giudizi sul processo trattativa uno ha una consapevolezza: che i fatti siano avvenuti”, ha affermato Ranucci. “Poi si possono giudicare dal punto di vista giudiziario, ma quei fatti storicamente sono avvenuti. Cosa è indegno? E’ indegno che alcuni politici e alcuni giornalisti colleghi, purtroppo, hanno additato i magistrati dicendo che si erano inventati questa storia”.

Non solo. Secondo Ranucci la sentenza di Cassazione non spiega come sia possibile, “se questa trattativa non è avvenuta, che Matteo Messina Denaro e Bernardo Provenzano siano stati latitanti per 30-40”. Né come è possibile “che una persona come Ilardo (confidente dei carabinieri che condusse lo Stato da Provenzano per poterlo arrestare, ndr) porti sul posto della latitanza i carabinieri e che non sia stato arrestato Bernardo Provenzano”. “Questo - ha concluso - le sentenze non lo spiegano. E quindi credo che una verità giudiziaria su questa parte, perché quella storica lo sappiamo perché i fatti sono avvenuti, ci potrà essere soltanto quando lo Stato sarà pronto a processare sé stesso”.

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