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L'intervista di Repubblica al procuratore di Prato sulla riforma di Nordio

Sulla decisione di abrogare l'abuso d'ufficio “potrebbero sussistere dubbi di costituzionalità perché la convenzione di Merida del 2003, ratificata dall’Italia nel 2009, prevede proprio all’articolo 19 l’abuso d’ufficio e stabilisce che ciascuno Stato esamini l’adozione di misure necessarie per prevederlo”. Così il pm Luca Tescaroli, in passato procuratore aggiunto tra Palermo, Roma, Firenze e da oggi a capo della procura di Prato, in un'intervista a Repubblica.

Stando alla norma, “la potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali - ha spiegato il magistrato -. L’Italia, innanzitutto, ha già da tempo ratificato la convenzione sottoscrivendola, e quindi è certamente obbligata a adottare le misure necessarie per punire l’eventuale reato. Invece, abrogandolo, potrebbe porsi in contrasto con la Convenzione”.

Secondo Tescaroli, il nuovo reato di peculato per distrazione, introdotto nel decreto sulle carceri dal Guardasigilli Carlo Nordio, non è sufficiente “perché comunque restano dei vuoti di tutela. Ci sono infatti una serie di casi che oggi rientrano nell’abuso d’ufficio e che non verrebbero coperti dal nuovo peculato per distrazione. Faccio degli esempi. L’ipotesi di chi favorisce qualcuno in un concorso pubblico e nelle pubbliche selezioni. E ancora la violazione dell’obbligo di astensione qualora ci si trovi di fronte a un conflitto di interessi”.

Tescaroli, sulla base della sua lunga esperienza investigativa (anche sui rapporti mafia-politica) si è chiesto: “Una volta soppresso l’abuso d’ufficio, quale reato potrebbe essere contestato di fronte a un caso di illegittimo affidamento diretto dei lavori di un appalto senza che vi siano le condizioni per non effettuare la gara. In pratica ciò si verifica tutte le volte che si evita la gara motivandolo con una situazione di inesistente urgenza”.

Quanto al traffico d'influenze, che Nordio vuole restringere, “il nuovo testo riduce in modo significativo l’ambito di applicazione del reato rispetto alla norma attuale che persegue condotte prodromiche a successivi accordi corruttivi. Perché sussista questo illecito, rispetto al testo oggi in vigore, le relazioni del mediatore con il pubblico ufficiale o con l’incaricato di pubblico servizio dovranno esistere davvero ed essere effettivamente sfruttate, e non solo vantate. Tutto questo deve avvenire intenzionalmente. E l’utilità data o promessa dal mediatore dev’essere di natura economica”. Tescaroli intravede il rischio che la nuova norma si traduca in una abolitio criminis e “possa risultare non del tutto conforme rispetto alle previsioni europee e in particolare all’articolo 12 della Convenzione penale sulla corruzione del Consiglio d’Europa del 1999 e all’articolo 11 della proposta di direttiva sempre sulla corruzione della Commissione Ue del 3 maggio scorso”.

E quindi il pericolo che l'Italia subisca una sanzione. “Anche in questo caso, come per l’abuso d’ufficio, sussiste il rischio d’incostituzionalità perché l’articolo 117 della Carta, al primo comma, prevede che la potestà legislativa sia esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto anche dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali, che in questo caso non sarebbero rispettati, perché l’Italia sta cancellando le norme che consentono di punire il traffico d’influenze del mediatore che asserisce solo di avere relazioni con il pubblico funzionario”, ha concluso Tescaroli.

Foto © Paolo Bassani

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