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Il quinto episodio del podcast sull'urologo assassinato

Tra i fumi degli incensi e le immagini sacre un uomo è intento a leggere le Scritture. Le conosce bene, tanto da citarle spesso nei suoi messaggi.
Non è un sacerdote, né un pellegrino, ma un ospite; un ospite assai ingombrante.
Siamo nel Convento di Sant'Antonio da Padova a Barcellona Pozzo di Gotto.
Nel 2005, secondo una fonte confidenziale dei carabinieri di Messina, l'ospite ingombrante era Bernardo Provenzano, ed era assistito da un non meglio indicato frate.
Trattandosi di una indicazione fornita da una fonte confidenziale, qualcuno avrebbe dovuto stilare una relazione di servizio; una relazione che non si è mai trovata. Inoltre i rapporti con la fonte, per un qualche strano motivo, vennero interrotti senza una specifica ragione.
Eppure, c'erano gli elementi per ritenere che il latitante si trovava tra quelle sacre stanze.
Il Convento, come fa notare la commissione antimafia, veniva frequentato da soggetti molto vicini a Cosa nostra e da elementi importanti della famiglia mafiosa di Bagheria.
Vi erano i fratelli del frate Salvatore Massimo Ferro, tutti arrestati per mafia nell'ambito dell'operazione 'Grande Mandamento' in quanto ritenuti anelli fondamentali della catena comunicativa di Provenzano.
I Carabinieri del Ros di Messina avevano richiesto all'autorità giudiziaria di Palermo, nella persona dell'allora sostituto procuratore Michele Prestipino, di eseguire delle intercettazioni sulle “tre utenze in uso a frate Salvatore Massimo Ferro (una al Convento Sant'Antonio da Padova di Barcellona Pozzo di Gotto, l'altra al Convento Santa Maria degli Angeli di Messina e una utenza mobile intestata allo stesso Ferro).
Il 17 giugno 2005 le attività di intercettazione erano state avviate ma dismesse “per le due utenze fisse, il 13 luglio 2005, dopo neanche un mese".
Mentre "il 27 luglio successivo", dopo quaranta giorni, erano state interrotte anche le intercettazioni sul cellulare.

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