Ho ancora negli occhi l’immagine di Vincenzo Agostino, nel 2019, al funerale di sua moglie Augusta. Cattedrale di Palermo. Era lì, davanti all’altare, con lo sguardo lontano, oltre il feretro. Dietro di lui i suoi familiari e una moltitudine di persone venute da ogni parte d’Italia per rendere omaggio alla sua compagna di una vita. E poi quell’abbraccio lungo, silenzioso, infinito con don Ciotti. E infine i suoi occhi, azzurrissimi, che parlavano più di mille parole. L’immagine scolpita di un uomo solo. Senza più la presenza di quel sostegno sempre al suo fianco, discreto. Che racchiudeva la forza sovrumana di una madre a cui avevano strappato l’amore di un figlio. Ricordo l’emozione palpabile di quei momenti, le lacrime che scendevano sui volti di molti e quella sensazione di abbandono che si stava impadronendo dei pensieri di tanta gente. Poi però era stato don Ciotti a cingere con le sue parole la sofferenza di quest’uomo che accomunava tutti i presenti. “Vincenzo – aveva sussurrato il fondatore di Libera -,tutti noi abbiamo un’immagine stupenda di voi due: quella tua mano appoggiata sulla spalla di Augusta, sempre insieme. Ora Vincenzo siamo noi che appoggiamo la nostra mano sulla tua spalla, non ti lasceremo solo per continuare a lottare...”.
In quel momento il dolore sordo di Vincenzo aveva oltrepassato gli argini e aveva solcato il suo viso, attraversando in un attimo le navate dell’imponente basilica. “I proiettili che hanno ucciso Nino e Ida, hanno ucciso tante altre persone, molti loro familiari sono qui oggi - ricordava don Luigi - se non sentiamo che quei proiettili hanno colpito anche noi, tutto diventa retorica, la memoria diventa celebrazione... Quei proiettili devono continuare a colpire le nostre coscienze, devono continuare a graffiarci dentro”. Per poi proseguire ricordandoli ancora l’uno accanto all’altra. “Augusta e Vincenzo: 60 anni insieme, è stato un cammino d’amore, di dolore, di sacrifici, ma anche di tanta speranza. Siete stati e continuate ad esserlo: cercatori di verità e costruttori di giustizia. Augusta, ti diciamo ciao, un ciao forte, forte, forte. Lei ha tanto dato, questo suo dare è stata la colonna sonora della sua vita, una vita che non finisce oggi con la morte, ma che diventa nuova... Ci mancheranno i tuoi abbracci, la tua disponibilità, il tuo non dare mai nulla per scontato, la tua tenacia, la tua volontà, il tuo esempio e la tua serietà. Ci mancherà vederti assieme a Vincenzo. Ma ora lasciamola andare verso il Padre”. L’appello di don Ciotti era andato dritto al cuore: lasciamola andare verso la verità. E soprattutto: “Non cerchiamola tra i morti, sotto una pietra, Augusta continua ad essere con noi, continuiamo a cercarla dentro di noi, nei volti, nei gesti, nella vita di tutte le persone che lei ha amato e che lei ha incontrato”.
Ripenso a quelle parole e non posso fare altro che convincermi che valgano adesso anche per Vincenzo. Penso che nel momento della sua dipartita Augusta sia venuta a prenderlo per accompagnarlo verso quella verità che nessuno potrà più occultare. “Ricordatevi che la verità vincerà sempre!”, aveva detto quest’uomo dalla lunga barba bianca al termine del funerale di sua moglie. Quella verità che su questo mondo bisogna continuare a cercare. E che oggi risuona ancora più forte nelle parole di Vincenzo Agostino pronunciate la sera prima della giornata della Memoria di Libera del 2015. Quel giorno, dal palco di Bologna, don Ciotti aveva gridato che il nostro è un Paese “di stragi in gran parte impunite” e che ci sono ancora “troppe ombre, troppe zone oscure, trattative inconfessabili”. Il fondatore di Libera aveva quindi ricordato con forza le parole pronunciate 24 ore prima da Vincenzo: “il prezzo della ragione di Stato non può essere il nostro bisogno di verità e di giustizia. Ci deve essere la verità!”. A margine dell’incontro Agostino aveva ulteriormente approfondito il suo pensiero.
“Tutti noi familiari delle vittime di mafia non vogliamo più pacche sulle spalle da chi ci governa – aveva dichiarato con determinazione –. Vogliamo risposte, vogliamo fatti concreti, non vogliamo più promesse non mantenute. Io esigo verità e giustizia! Non ne posso più di tutti questi politici corrotti, devono andarsene a casa! Il presente e il futuro della gioventù deve essere libero, non deve essere più condizionato da questi malviventi!”. “So benissimo che ci sono persone in vita che sanno dell’omicidio di mio figlio e di mia nuora ma non vogliono parlare – aveva ribadito con profonda convinzione –. Ma perché questi individui non si fanno un esame di coscienza? Ma forse non ce l’hanno e continuano a dire di non sapere nulla. E comunque io gli chiedo ugualmente di dire la verità perché altrimenti saranno sempre incatenati l’uno con l’altro". Poi si era fermato un attimo per prendere fiato: “Per rendere giustizia a Nino e a Ida bisogna che parlino coloro che sanno, che si ricordino di quello che aveva lasciato scritto mio figlio, devono venire fuori le ‘mele marce’ che c’erano in quegli anni”. Un appello accorato, oltre il tempo e lo spazio. Che ancora oggi va oltre ogni sentenza dove spesso mancano i mandanti esterni dei peggiori crimini.
“Ricordatevi che la verità vincerà sempre!”. Rendiamoci allora degni delle parole di Vincenzo Agostino, e come diceva don Ciotti: non cerchiamo Augusta, e ora Vincenzo, sotto una pietra, ma dentro di noi, nei volti, nei gesti, nella vita di tutti coloro che li hanno amati e che assieme a loro hanno lottato e lottano per avere verità e giustizia.
Ciao, Vincenzo.
Foto © Paolo Bassani
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