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di Stefano Baudino
La Corte d’Assise di Firenze, nel 2012, ha giudicato acclarato il fatto che, all’indomani della strage di Capaci, in cui trovò la morte il giudice Falcone, vi siano stati numerosi contatti tra i rappresentanti delle istituzioni ed i mafiosi di Cosa Nostra: “Una trattativa - scrivono i giudici - indubbiamente ci fu e venne, quantomeno inizialmente, impostata su un do ut des. L’iniziativa fu assunta da rappresentanti delle istituzioni e non dagli uomini di mafia”. Gli uomini del Ros (Raggruppamento Operativo Speciale, organo investigativo dell'Arma con competenza sulla criminalità organizzata), guidati all’epoca da Antonio Subranni, nello specifico il generale Mario Mori e il capitano Giuseppe De Donno, furono infatti inviati a parlare con Vito Ciancimino, individuato dalle parti come mediatore della trattativa tra le istituzioni italiane e i vertici di Cosa Nostra. Proprio in questo periodo emerse il famigerato “papello” di Totò Riina, che conteneva tutte le richieste che la mafia palermitana faceva allo Stato italiano in cambio della fine delle violenze. I dodici punti del “papello” erano i seguenti:

Revisione della sentenza del Maxiprocesso

Eliminazione del regime carcerario del 41-bis

Revisione della legge Rognoni-La Torre, che aveva introdotto il reato di associazione di tipo mafioso

Riforma della legge sui pentiti

Riconoscimento ai condannati per mafia dei benefici previsti per i dissociati del terrorismo

Arresti domiciliari dopo i 70 anni di età

Chiusura delle supercarceri

Reclusione in luoghi vicini ai familiari

Nessuna censura sulla posta dei familiari

Misure di prevenzione e rapporti coi familiari

Arresto solo in caso di flagranza di reato

Defiscalizzazione della benzina in Sicilia

Sebbene Totò Riina fosse allora il capo indiscusso di Cosa Nostra, il referente principale di Vito Ciancimino era in quel frangente Bernardo Provenzano, il quale era a capo dell’ala più moderata della compagine mafiosa, formata da Nino Giuffrè, Pietro Aglieri, Benedetto Spera, Raffaele Ganci, Salvatore Cancemi e Michelangelo La Barbera, incline a portare avanti la trattativa con gli uomini dello Stato senza inutili spargimenti di sangue. Dall’altra parte, Totò Riina, Leoluca Bagarella, Giovanni Brusca, Matteo Messina Denaro e Giuseppe Graviano costituivano l’ala “militare”, ovvero quella che vedeva nella strategia terroristico-stragista un ottimo mezzo per piegare le istituzioni al peso specifico di Cosa Nostra.

Ma da chi furono attivati quei Carabinieri, poi condannati in primo grado nel processo sulla Trattativa Stato-mafia per violenza o minaccia a corpo politico dello Stato assieme al politico Marcello Dell'Utri e ai mafiosi Leoluca Bagarella e Antonino Cinà? E a quale fine furono inviati a trattare con Vito Ciancimino?

Il 6 Febbraio 2019, testimoniando al processo di Caltanissetta sul depistaggio delle indagini sulla strage di Via D'Amelio, Giovanni Brusca ha offerto un intrigante spaccato degli anni dei delitti eccellenti, il cui primo tassello è costituito dall'omicidio Lima del 12 Marzo 1992, nel contesto del periodo immediatamente successivo alla sentenza della Cassazione che aveva inflitto un colpo senza precedenti a Cosa Nostra palermitana. Il momento cruciale in cui, insomma, i mafiosi si vendicarono dei vecchi alleati e cominciarono ad adoperarsi per cercare nuovi referenti politici nazionali. "L'omicidio Lima al 101% si è verificato perché non si era interessato al Maxiprocesso - dice Brusca -, perché fino al momento della collaborazione di Buscetta del 1984 tutto quello che succedeva avveniva in combutta con la politica. Da quel momento in poi lui (Totò Riina, ndr) non ha più trovato una sponda, una mano d'aiuto per il Maxiprocesso, che era l'unico processo in cui aveva preso l'ergastolo. Da quel momento in poi lui ha messo mano per dare il via a queste vendette e a questa stagione stragista. Principalmente c'era l'impegno di chiudere i ponti con il passato e avere contatti con un'altra costruzione politica". Il Pm chiede allora a Brusca se ebbe occasione di incontrare Totò Riina successivamente all'omicidio di Salvo Lima: il pentito risponde alla domanda affermando di averlo incontrato subito dopo la morte del politico democristiano e che la prima riflessione che i due condivisero fu che, indirettamente, erano riusciti ad “azzoppare” Giulio Andreotti, il quale era in lizza per diventare il nuovo Presidente della Repubblica Italiana, carica che poi non ricoprì. Inoltre Brusca sostiene che, al fine di annientare la corrente andreottiana, la mafia pensò di mettere al tappeto anche l'Onorevole Purpura, politico democristiano molto vicino a Salvo Lima. "Lei sa se ci furono soggetti - continua il Pm - che si proposero a Riina per incamerare i voti che Cosa Nostra assicurava a Lima?". Risponde Brusca: "Gli avevano portato la Lega di Bossi, Dell'Utri, Ciancimino e qualche altro. Da quello che ho capito in base alle parole di Riina si erano proposti loro a lui. Dalla mia interpretazione erano soggetti tra loro slegati. In quel frangente Riina si mostrava poco interessato, probabilmente perché non trovava la stessa solidità che aveva trovato con i cugini Salvo, con la corrente andreottiana". Brusca riferisce inoltre di avere incontrato Totò Riina e di essersi con lui confrontato nel periodo compreso tra la morte di Falcone e quella di Borsellino in merito alle connessioni tra Cosa Nostra e lo Stato italiano. Il padrino corleonese gli avrebbe detto che “si erano fatti sotto” (gli uomini delle istituzioni, ndr) e di aver presentato loro “un papello così” (facendo, dice Brusca, un segnale con le mani come ad indicare un foglio A4) con un insieme di richieste. Brusca aggiunge anche di avere ricevuto direttamente da Totò Riina l'ordine di uccidere con un'autobomba l'allora Ministro Calogero Mannino in nome di quel regolamento di conti inaugurato col delitto Lima, ma di essere stato fermato prima di compiere l'omicidio.

Mentre ancora Paolo Borsellino, procuratore aggiunto a Palermo, piangeva sulla tomba del suo amico fraterno Giovanni Falcone, la Trattativa Stato-mafia aveva ufficialmente avuto inizio. E sarebbe stato proprio lui il primo a pagarne le amare conseguenze.

Rubrica Mafia in pillole

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